Parte Quarta

 

56.

Roma, aprile, domenica

Ljuda aveva trascorso una settimana in fibrillazione. Quella domenica rischiava di uscire dal gioco, se il pubblico ne avesse decretato l’eliminazione. Lei non voleva andarsene. Lei voleva giocarsi la sua chance fino in fondo. Lo faceva per i bambini, lo faceva per Massimo, lo faceva per la sua agognata addominoplastica. Aveva bisogno di quel montepremi, anche perché, fino a quel momento, con il Reality era stata in perdita. Prima le spese del primo viaggio, poi quelle per i vestiti e i cosmetici, poi il costo del viaggio per approdare finalmente alla Casa, infine la valigia rovinata di Ketty da ricompare… non aveva fatto un conto preciso, ma erano comunque molti soldi, ben più di quelli che si sarebbe potuta permettere.

 

La diretta iniziò. La Presentatrice Bionda introdusse i temi della serata, elencò i concorrenti eliminabili, chiese loro come avevano trascorso la settimana in nomination.

Poi annunciò che ci sarebbero state delle sorprese per alcuni di loro nel corso della puntata.

 

Massimo, davanti allo schermo, stava per assopirsi. Aveva cullato i bambini per mezze ore, era esausto. La vita da padre single era terribilmente faticosa e lui aveva la sensazione di fare tutto male: la Casa di Accoglienza rimaneva trascurata, i bimbi vivevano allo stato brado e anche il suo lavoro di insegnante stava accusando colpi. Persino alcuni studenti particolarmente impudenti lo avevano tempestato di domande non riguardanti la teologia, ma il Reality e la presenza di sua moglie nella Casa.

 

Ad un certo punto, però, dopo una serie di banalità, litigi in diretta, commenti scontati e giudizi insindacabili del Re del Gossip, Ljuda era entrata al centro della scena.

La Presentatrice Bionda le aveva annunciato che c’era una persona estranea al Reality, che era venuta lì per parlarle.

Le disse di recarsi nella Stanza delle Sorprese.

Massimo, dal divano, si ridestò.

Ljuda, nella Casa, corse con emozione nella Stanza indicatale. Sperava che suo marito fosse andato da lei per incoraggiarla. Non vedeva l’ora di parlargli. Percepiva distintamente i battiti del proprio cuore. E chi altri poteva essere, diversamente?

La Presentatrice Bionda esclamò:

  • Dietro la tenda nera c’è una persona che è venuta da Torino appositamente per te, Ljuda.

Quella sorrise. La tenda nera si alzò lentamente. Si intravidero due gambe di uomo, lei si illuse ancora per un attimo. Poi si rese conto che non si trattava di Massimo. Quello dietro la tenda era troppo magro, troppo minuto. Alla fine, dietro a una parete di vetro, comparve un ragazzo dai lineamenti asiatici e con una improbabile chioma di capelli ricci. Ljuda strabuzzò gli occhi. Non aveva la più pallida idea di chi fosse.

La Presentatrice Bionda commentò:

  • Ljuda, tuo marito ha scelto di non essere presente al Reality. La Produzione lo ha contattato numerose volte, ma lui ha sempre declinato ogni invito. Forse lui in questo modo vuole mandarti un messaggio. Noi non lo sappiamo. Ma dal momento che l’altro giorno tu hai dichiarato pubblicamente che il vostro primogenito non è biologicamente suo figlio, la Produzione ha ritenuto giusto farti incontrare questa persona.

Ljuda seguitava a non realizzare. La Presentatrice Bionda continuò:

  • Questo ragazzo sostiene di essere il padre naturale di tuo figlio, e che tu gli hai tenuto nascosta sia la paternità che la gravidanza. È corretto, Ljuda? Ha ragione lui? La Produzione ha organizzato questo incontro proprio perché possiate chiarirvi e perché tu, Ljuda, possa spiegare le ragioni del tuo agire. Adesso vi lascio la parola.

L’asiatico attaccò:

  • Ti ricordi di me, Ljuda?

La ragazza continuò a spremersi le meningi. Poteva anche trattarsi del padre di Sergio, in effetti. Asiatico, era asiatico. Ma lei non si ricordava assolutamente di lui. Aveva concepito il bambino sotto effetto di stupefacenti e nei giorni a seguire non aveva neppure realizzato di avere avuto un rapporto sessuale. Non rammentava con chi era uscita e che cosa aveva fatto. Non si ricordava chi aveva conosciuto e frequentato: nebbia totale per un lasso di tempo di almeno una decina di giorni. Ora, in diretta nazionale, si presentava questo individuo mai visto che asseriva di essere il padre di suo figlio. Ad un certo punto a Ljuda parve di avere un barlume:

  • Si chiamava Bing Xun? – pensò, invece disse: - E tu chi saresti?
  • Il mio nome è Jin Shan, – rispose quell’altro, seccato.

Massimo, da casa, aveva le mani nei capelli.

  • È inutile che fingi di non ricordarti di me! Io sono il padre di tuo figlio, ma tu non mi hai neppure detto che eri incinta! L’ho capito guardando il programma e vedendo il bambino nel tuo videoclip di ingresso alla Casa. L’età del piccolo e la sua etnia mi fanno pensare che sia mio, ed ora io pretendo un test del DNA, e se questo risulterà positivo voglio che tu mi paghi i danni morali per avermi taciuto un’informazione così preziosa. E naturalmente voglio l’affidamento congiunto del piccolo!

Massimo balzò sulla poltrona. Chi era quell’illustre sconosciuto che minacciava di portargli via la creatura di cui si stava occupando da quasi due anni?

Ljuda era più sorpresa che intimorita. Davvero il padre di suo figlio, ammesso che fosse veramente lui, avrebbe voluto occuparsi del bambino? O la sua era tutta una manovra per ottenere notorietà?

E adesso lei che cosa avrebbe dovuto fare? Mettersi a piangere e supplicare pietà? Confessare davanti a tutta Italia che lei, del momento del concepimento, non ricordava nulla perché era completamente fuori? Il pubblico avrebbe gradito? Cosa avrebbe fatto più presa sui telespettatori?

Ljuda optò per una scena melodrammatica di sicuro effetto:

  • No, dicevo, e tu chi saresti? Nel senso, chi sei tu per venire fin qua a muovermi queste accuse? Io ti avrei taciuto la gravidanza? Ehi, bello, guarda che le tue parole qui non fanno impressione a nessuno! Il pubblico capisce perfettamente che tu sei uno che cerca la fama a spese mie che sto qui dentro! La verità è che quando ho scoperto del bambino tu ti sei dileguato! Ti ho cercato a lungo, mi hanno detto pure che avevi lasciato il Paese! Quando finalmente ti sei degnato di rispondermi al telefono, quell’unica volta, è stato per dirmi che potevo pure abortire! Permetti che adesso io ti rispedisca al mittente? Io con te non ho nulla da spartire! La crisi di coscienza te la dovevi far venire in un altro momento, non quando io sono qui che concorro per un montepremi milionario! Se la Produzione vuole abbassare la tenda, io ho finito!

Seguì una standing ovation per Ljuda. La gente in sala apprezzò e quella a casa anche, infatti lei non solo non fu eliminata dal gioco, ma fu anche nominata “Preferita dal Pubblico” per quella settimana.

Ljuda si complimentò con se stessa per la prontezza di riflessi che aveva avuto.

Massimo a casa rimase talmente allibito per la performance a cui aveva assistito da non avere più parole.

Spense il televisore e si preparò alla sua ennesima notte di insonnia.

 

57.

Cork, aprile, domenica

 

Entrato in camera, Patrick si buttò sul letto. Era esausto. Non aveva la forza neppure di andarsi a lavare. Soprattutto, era confuso. Non era certo di dover essere contento. Aveva macinato chilometri, era in viaggio dalla sera prima e tutto quello che aveva ottenuto era stata una proroga della condanna a morte della sua storia con Futura. Si domandò se il tentativo che aveva patteggiato valesse la pena: la ragazza gli sembrava molto diffidente nei suoi confronti. Non era sicuro che in così pochi giorni sarebbe stato in grado di riconquistare la sua fiducia. Non aveva un piano preciso, avrebbe dovuto improvvisare e, ovviamente, avrebbe potuto sbagliare tutto.

La cena che avevano condiviso non gli era piaciuta. Futura era rimasta taciturna e silenziosa, i tentativi che lui aveva messo in atto per farla ridere e rilassare non erano andati del tutto a buon fine. Anche quando lei aveva dato segno di apprezzare, il sorriso con cui lo aveva ripagato era stato così malinconico da mettergli ancora più tristezza. Nel congedo dopo la cena, gli aveva concesso solo un bacio sulla guancia. Un bacio dolce, ma comunque amichevole.

Se quella vacanza doveva essere il preludio ad un addio, forse tanto valeva lasciar perdere: dopo per lui sarebbe stato ancora più doloroso. Ma poi Patrick si disse che non poteva rinunciare senza aver tentato. Eppure lei gli aveva fatto intendere di volergli bene, anzi, più che bene: il problema non era il sentimento reciproco, che evidentemente era ancora molto vivo. Davvero la delusione e l’amarezza provate avevano minato la fiducia a tal punto da rendere impossibile il prosieguo della relazione? Come poteva lui, da solo, cancellare tutti i timori che albergavano nel cuore della sua ragazza? Come poteva indurla a sciogliersi di nuovo con lui, a far sì che lei lo considerasse nuovamente come il suo punto di riferimento?

Mentre si tormentava con le sue domande, Patrick udì dei singhiozzi di pianto provenire dalla camera a fianco alla sua. Uscì e bussò alla porta:

  • Futura, è tutto okay? Ti senti bene?

I singhiozzi si interruppero per un attimo:

  • Sì, stai tranquillo, sto bene.
  • Futura, se stai piangendo vuol dire che c’è qualcosa che non va. Perché non apri la porta?
  • No, Patrick, adesso mi passa. Dai, vai a dormire. Non è niente di grave.
  • Come faccio a dormire se tu stai così? – disse a mezza voce, più rivolto a se stesso che a lei.

Si accasciò a fianco della porta di Futura.

  • Piccola, io non me ne vado finché non smetti di piangere. Io sono qui. Se hai bisogno di me, io sono qui.

Rimase seduto a lungo, poi quando gli parve che la ragazza si fosse addormentata, tornò anche lui a dormire.

 

58.

Torino, aprile, domenica

 

Della reazione di Daniela, Manuela non si era sorpresa per nulla. Ma Futura continuava a non risponderle, e questo le dava sui nervi. Cosa le aveva chiesto, in fondo? Un paio di ricette, mica la luna. Forse il fatto di vivere a Londra aveva fatto sì che Futura si montasse decisamente la testa e ritenesse di non avere più tempo per gli amici italiani. Peccato, perché su quelle ricette lei ci contava parecchio.

Sofia invece le aveva detto subito di sì.

Un unico contributo, tuttavia, era esiguo, quindi Manuela stava meditando di passare al piano B.

Aveva in mente infatti di preparare un pacco di vestiti usati mettendoci dentro solo capi firmati; avrebbe poi finto, con le ragazze ospitate, che fosse uno dei soliti portati dai volontari, in cui la Provvidenza si fosse però data particolarmente da fare. L’avrebbe fatta vedere lei, a Massimo, la differenza tra un pacco ordinario pieno di ciarpame inutile e un pacco come si deve. Ovviamente confezionarlo non sarebbe stato semplice né immediato. Parte degli articoli li avrebbe procurati lei, tirandoli fuori dal fondo dell’armadio, dopo avere selezionato, con una mano sulla coscienza, tutto ciò che realmente non indossava più da tempo immemorabile e che non avrebbe più rispolverato neppure in futuro.

Altri vestiti e borse potevano essere forniti, con lo stesso criterio, da una cerchia ristretta di sue amiche, a cui aveva già provveduto a mandare delle e-mail di sensibilizzazione.

Ora non le restava che sperare che le amiche rispondessero positivamente, anche solo con un pezzo ciascuna, e il pacco sarebbe stato già sufficientemente nutrito.

 

59.

Cork, aprile, lunedì

 

Futura si domandava come diavolo facesse. Come diavolo faceva Patrick a mostrarsi così serafico e spensierato? Era tutta faccia tosta, la sua, oppure lui proprio non si rendeva conto?

Avevano trascorso la mattina al St. Victoria Hospital per la dose bisettimanale di terapia sostitutiva, poi si erano recati, come concordato, a fare gli acquisti necessari per la loro permanenza in Irlanda, quindi avevano vagato per la città, alla scoperta di angoli caratteristici ed attrazioni sufficientemente interessanti. Avevano visitato, seppure velocemente, il Crawford Municipal Art Gallery in omaggio agli artisti irlandesi, nonché il caratteristico Cork Butter Museum, che effettivamente pareva essere una particolarità. Infine erano entrati in un paio di chiese degne di nota, come la St. Finnbarr’s Cathedral, dove persino l’ingresso era a pagamento. Patrick si era comprato anche la più dettagliata delle guide dell’Irlanda – non riteneva sufficienti le applicazioni turistiche del suo pur sofisticatissimo smartphone - e zompava da un’attrazione all’altra con l’entusiasmo e la curiosità di un bambino al luna park. Era il visitatore perfetto. Ogni volta che iniziava a scoprire un nuovo monumento, un nuovo museo, un nuovo angolo caratteristico, consultava il libretto, iniziava a leggere e poi si avvicinava sorridente a lei dicendole:

  • Questo sembra interessante! Qui dice che…

Poi condivideva la spiegazione del manuale ad alta voce e trascinava Futura nel vortice delle sue entusiasmanti scoperte.

In un’altra circostanza la ragazza sarebbe stata a sua volta entusiasta. Aveva sempre ritenuto che viaggiare con Patrick fosse, nel peggiore dei casi, molto istruttivo e, il più delle volte, decisamente divertente. Quando lui iniziava a raccontare, la rapiva con il suo sorriso ipnotico e accattivante e lei non avrebbe desiderato essere in nessun altro luogo che non fosse quello.

Ora però la situazione era diversa. Patrick aveva sfoderato, appunto, la sua miglior espressione da cicerone e sembrava completamente dimentico di tutti i loro problemi di coppia, di tutti i casini capitati, del bambino perduto e del fatto che Futura fosse tentata di mollarlo da un momento all’altro. Lei continuava a domandarsi se la sua posa fosse tutta finzione o se davvero una gita in un posto nuovo avesse il potere di metterlo così di buon umore.

In tutta onestà, c’erano degli istanti in cui l’entusiasmo di lui era stato contagioso e per qualche frazione di secondo le aveva fatto dimenticare tutto il bagaglio di sofferenza che si stava trascinando dietro. Per un po’ la ragazza si era sentita come all’inizio della loro relazione, quando Patrick l’aveva conquistata con la sua parlantina, con il suo trasporto verso ciò che stava raccontando. Lui sapeva parlarle guardandola con i suoi occhi sorridenti e gentili, e lei, puntualmente, si sentiva sciogliere in quello sguardo.

A due anni di distanza, Futura non poteva dirsi ancora immune dall’incantesimo. Patrick continuava ad affascinarla, era innegabile. Sapeva ancora conquistarla con la sua solarità e con le piccole attenzioni di cui la ricopriva. Le lasciava decidere cosa le interessava visitare, le proponeva di fare una pausa se la vedeva stanca, le comperava “il gelato più buono della città”, stando a quello che sosteneva la loro onnipresente guida.

Una parte di lei avrebbe voluto davvero lasciarsi andare e godersi l’escursione come ai vecchi tempi. Ma un’altra parte invece non riusciva a scordare quello che c’era stato, così, più Patrick cercava di essere carino e gentile, più Futura diventava nervosa e si chiudeva a riccio.

 

Nel tardo pomeriggio i due decisero di lasciare Cork e di spostarsi verso ovest per ammirare i caratteristici paesaggi irlandesi delle scogliere. Avevano scelto la costa della Iveragh Peninsula, per poter percorrere anche il Ring of Kerry, ovvero il percorso di 178 chilometri che incornicia il versante della penisola stessa, attraversando anche il Killarney National Park.

Per la notte avevano preferito fermarsi a Kenmare, cittadina in riva al mare famosa per pizzi e merletti.

Quando erano quasi arrivati a destinazione, il cellulare di Patrick, che era alla guida, squillò:

  • Futura, per cortesia potresti guardare chi è?

La ragazza estrasse il telefono:

  • È tua madre.
  • Puoi risponderle tu, per favore?

Futura sbuffò. Non sapeva cosa dire alla madre di Patrick. Tuttavia si prestò:

  • Pronto? Ciao Marjorie!
  • Ciao Futura! Come stai? C’è Patrick, per cortesia, o non può rispondere?
  • Sta guidando, ma metto il viva voce, così vi parlate.
  • Ciao, mamma! – intervenne lui.
  • Ciao, tesoro, dove sei? Sono giorni che ti cerco, cominciavo a preoccuparmi, temevo fosse successo qualcosa. Per fortuna c’è Futura con te, è l’unico motivo per cui sto tranquilla!
  • Scusami, mamma, è che siamo all’estero… Siamo in Irlanda…
  • In Irlanda? E non mi dici niente?
  • Perdonami, ma è stato un viaggio un po’ improvvisato… Futura è dovuta venire fino a Cork per… motivi legati allo studio… Così io l’ho accompagnata, e già che c’eravamo abbiamo deciso di fermarci qualche giorno e visitare qualche contea… Sai, una mini-vacanza per festeggiare la fine del mio progetto al lavoro e per stare un po’ insieme.
  • Avete fatto bene, ma perché non dirmelo?
  • Scusami, te l’ho detto, è stato davvero un simpatico fuori programma…
  • Va bene, d’accordo, siete giovani! L’importante è che vada tutto bene e che siate sereni. Riposatevi e divertitevi. Ci sentiamo quando tornate. Ciao ragazzi, vi abbraccio!
  • Ciao, mamma! Dai un bacio ad Hannah.
  • Ciao Marjorie, a presto! – aggiunse Futura.

 

Dopo aver riattaccato, Futura squadrò Patrick:

  • Tua madre non sa proprio nulla, giusto? Non sa nulla del bambino, non sa nulla di noi, non sa dei nostri problemi… Vero?
  • Okay, è vero, mia madre non sa niente di niente e crede che tu ed io stiamo scorrazzando felici e contenti per le campagne irlandesi come due sposini in luna di miele. E con ciò? Non ho avuto il coraggio di raccontarglielo e sinceramente mi auguro di non doverlo fare mai. Spero che alla fine di questo viaggio tu ed io torniamo a casa come se fossimo veramente reduci da un viaggio di puro piacere. Se non sarà così, avrò modo e tempo di rimediare e le dirò tutto a cose fatte.
  • Fantastico. Comunque vedo che sai mentire molto bene. Non credevo. È evidente che le hai nascosto alla perfezione tutti i tuoi patemi durante la mia gravidanza e dopo il mio aborto. O forse non ti importava davvero molto di quello che stava accadendo, preso com’eri dal lavoro e collaterali.

Patrick accostò l’auto.

  • Futura, io non sono come te, io non corro da mia madre ogni volta che sto male. Sarà carattere, sarà il modo in cui mi hanno educato, o quello in cui si sono infischiati di me, ma, se ho una sofferenza, me la tengo. Ti ho già anche spiegato che per farmi una ragione della tua gravidanza mi ci è voluto parecchio e non sarebbe stato semplice per me andare da mia madre e raccontarle una storia che non sapevo neppure io se fosse bella o brutta. Poi, quando sei andata via di casa, la situazione mi sembrava così surreale che per me non era condivisibile con nessuno dei miei parenti… Io aspettavo che tu tornassi, intanto i giorni passavano e tu non ti facevi viva… Io mi vergognavo ad andare da mia madre e dirle che non sapevo dove tu fossi finita: a quel punto avrei dovuto vuotare il sacco proprio su tutto e, cosa vuoi che ti dica, ammetto che non ne ho avuto il coraggio. Bene, sappi che questo coraggio continua a mancarmi e anche oggi, come hai potuti vedere, ho taciuto. Forse perché nel mio inconscio sento che se io raccontassi cosa è accaduto a qualcuno a cui tengo davvero, questa storia diventerebbe reale… diventerebbe maledettamente vero che tu hai messo in discussione tutto e che potresti decidere di mettere fine al nostro rapporto. Al contrario io non riesco ad accettare che tu possa allontanarti da me definitivamente. Dovrò farlo, certo, se questa sarà la tua scelta. Ma dal momento che la parola “fine” non è ancora stata scritta, io, con la speranza che questa situazione volga positivamente, attendo a fare annunci ufficiali. Fattene una ragione. E ti prego, smettila di insinuare che non mi importasse nulla di te e del bambino: ti ho già spiegato come sono andate le cose e non intendo ripetermi.

Futura tacque. Patrick riprese a guidare:

  • Immagino invece che tua madre sappia tutto. E probabilmente la nostra vicenda è giunta anche al di là dell’oceano, da Elettra e dal suo fidanzato Ted.
  • Ovvio che sì. Ti stupisce? Ti dà fastidio?
  • Non mi aspettavo nulla di diverso. Suppongo però che adesso Ornella non mi vorrà più vedere, sarò diventato il demonio, ai suoi occhi.
  • Al contrario. Vedi, anche tu giudichi senza sapere di cosa stai parlando. Dall’inizio della gravidanza mia madre mi ha sempre incitata a parlarti, a venirti incontro, a condividere con te le mie ansie e il mio dolore. Lei sa quanto so essere permalosa e introversa, quando mi ci metto.

Era vero. Ma era anche vero che Ornella, dopo aver spronato la figlia a comportarsi da adulta e a cercare un confronto con il fidanzato, le aveva anche proposto di tornare in Italia, se le cose non si fossero aggiustate.

  • Perché non ti ha raggiunto a Londra dopo l’aborto? Perché non è venuta a darti una mano?
  • Voleva… ma io le ho detto che non era necessario e gliel’ho impedito. Le ho lasciato intendere che avevo bisogno di tempo e spazio per meditare e per sistemare la questione con te, in un modo o nell’altro. Mia madre è molto dispiaciuta all’idea che tra noi due le cose possano non sistemarsi, - il che era esatto solo in parte.
  • E allora non deludiamola! – sorrise Patrick. – Torniamo insieme come una volta!
  • Lo vorrei, credimi, ma non è semplice.

 

Kenmare sembrava un posto carino, anche se privo di grosse attrazioni turistiche. Patrick e Futura trovarono un bed and breakfast delizioso, un po’ in periferia. Con due camere libere.

Fuori il clima era terribile: la pioggerella non accennava a smettere e dal mare si alzava una nebbia inquietante.

 

60.

Torino, aprile, lunedì

 

Manuela gongolava per il successo ottenuto. Sofia l’aveva raggiunta quello stesso giorno nella Casa di Accoglienza e aveva trascorso il pomeriggio ad insegnare alle ragazze come confezionare colorati cappellini e borsette di lana cotta. Si erano divertite tutte molto ed avevano fatto anche merenda con una torta portata dalla stessa Sofia, la quale aveva promesso che periodicamente sarebbe tornata.

Mercoledì sarebbe stato il giorno dei pacchi di vestiti raccolti dai volontari: a quel punto avrebbe introdotto furtivamente anche quello che aveva confezionato lei, con le sue mani, pieno di roba firmata.

La ragazza si aggirava compiaciuta di se stessa nel corridoio della Casa di Accoglienza quando incrociò Massimo che si trascinava con le spalle curve e l’aria di un cane bastonato. Lì per lì Manuela credette che il suo avvilimento dipendesse dal trionfo di Sofia. Ma poi constatò che lo sguardo spento dell’amico non l’aveva neppure sfiorata. Allora gli domandò:

  • Massimo, va tutto bene?

Il ragazzo parve ridestarsi ed accorgersi finalmente di lei:

  • Oh, ciao, Manuela… No, non va tutto bene… L’hai visto ieri sera il Reality?
  • Veramente no, sai, io non guardo quelle trasmissioni, in genere…
  • Forse sei l’unica. Tutti hanno visto che cosa è successo ieri sera… L’exploit di Ljuda questa volta ha toccato livelli di indecenza indicibili… Io non so più che cosa fare… vorrei girare con un sacchetto di carta sulla testa… non fanno che parlare di me, della mia vita… e tirano giù giudizi sulle mie scelte, sul mio modo di vivere, sulla mia fede… Ho perso credibilità persino di fronte ai miei alunni! Ieri sera, durante la diretta, è persino arrivato un tale che afferma di essere il padre biologico di Sergio! Ma si può? E tutto questo sai perché succede? Perché Ljuda racconta davanti a novantotto telecamere contemporaneamente che io la esorto ai metodi naturali nella contraccezione! Come si fa ad essere così stupidi? Come si può rivelare confidenzialmente al mondo intero la propria vita intima? Poi, se fosse solo per me, potrei ancora lasciare correre, soprassedere… Oddio, non che mi faccia piacere tutto questo, non che io mi diverta a vederla sculettare e strusciarsi con degli sconosciuti di fronte a migliaia di italiani… Ma ci vanno di mezzo i bambini! Quella sciagurata sembra non rendersi conto dei danni che sta facendo da quando è entrata in quel luogo infernale!

Massimo non smetteva più di parlare. Era evidentemente esasperato. Manuela era dispiaciuta, nel vederlo così costernato. Cercò di rassicurarlo:

  • So che è una situazione pesante, di forte stress… Però pensa che tutto questo presto finirà. Quando Ljuda uscirà da quella Casa, in poche settimane nessuno si ricorderà neppure che ci era entrata, e tutto tornerà alla normalità. Capita sempre così ai concorrenti dei reality.
  • Manuela, - il ragazzo ora sembrava furente, – io non sono disposto a tollerare neppure un giorno di più questa situazione surreale. E, in ogni caso, io sono molto, molto arrabbiato con mia moglie. Non sono sicuro di poter nutrire ancora della fiducia nei suoi confronti. Ljuda mi ha profondamente deluso. Se vuole continuare a fare parte di quel circo mediatico, lo farà senza portare più il mio cognome!

Manuela spalancò gli occhi:

  • Va bene, però, in questo caso dovresti trovare il modo di farglielo sapere…

Massimo rispose con risolutezza:

  • È quello che ho intenzione di fare!

 

61.

Kenmare, aprile, martedì

 

Dopo essersi svegliati di buonora Patrick e Futura si erano messi in marcia in fretta con l’obiettivo di percorrere il Ring of Kerry e visitare alcune attrazioni caratteristiche disseminate lungo il tragitto.

Patrick, consultata la guida, aveva pianificato di fermarsi al Ballyberry Castle, una rocca abbandonata che sorgeva in mezzo ad un campo, e così fece.

Futura non aveva obiettato, ignorando di cosa si trattasse.

Scesi dall’auto, però, i due avevano avuto reazioni diametralmente opposte rispetto al rudere che si trovarono di fronte: il primo aveva mostrato un grande entusiasmo, la seconda aveva decisamente storto il naso:

  • Cos’è quel coso?
  • Come, “cos’è”? è quel che resta di un castello costruito decine di secoli fa! È un luogo intriso di storia, il solo fatto di ammirarlo ti permette di immaginare gli avvenimenti che devono essersi succeduti in questo posto…
  • Io vedo solo un muro di pietre grigie con quel che resta di due torri, che emerge da un prato verde e si staglia su un cielo altrettanto grigio. È una vista angosciante, più angosciante delle Porte Palatine di Torino…
  • Angosciante? No, piuttosto direi romantico… l’Irlanda è piena di rocche come questa… è ciò che conferisce un’aura di magia a questo Paese… antichi castelli, vecchie costruzioni decadenti… ti fanno pensare ad un mondo fiabesco ed incantato, no?
  • No.
  • E, comunque sia, il turismo irlandese si basa su edifici come questo…
  • Se questo ammasso di pietre dà da mangiare a quattro milioni di irlandesi, forse è il caso che lo tengano meglio, che lo restaurino un po’, che gli aggiungano gli altri tre lati mancanti…
  • No, al contrario… Una delle più note teorie del restauro è proprio quella che prescrive di non intervenire in alcun modo sulle costruzioni in cui il tempo ha lasciato il suo segno. Ricostruire le parti mancanti di un edificio del genere equivarrebbe a creare un falso storico senza alcun valore artistico.

Patrick era molto preparato anche sulla teoria del restauro. Futura sbuffò:

  • Sarà, ma a me i castelli piacciono fatti e finiti. Non di tre lati, non di due, non di uno: falsi o no, io li voglio integri. Questo obbrobrio mi mette addosso una tristezza infinita… Mi fa pensare che il tempo passa e che distrugge ogni cosa, che niente resiste all’usura del tempo. Tra un secolo questo cosiddetto castello sarà ancora più devastato e alla fine non ne rimarrà più nulla. E allora tanto valeva non farlo neanche.

Patrick la guardò con gli occhi tristi:

  • Non stai parlando del castello, vero?
  • Spiegami, a che serve darsi tanto da fare nella vita, se poi tutto va a catafascio, se poi basta un imprevisto e va tutto a rotoli? Questi due anni con te sono stati bellissimi, ma hanno comportato anche numerosi sacrifici, quantomeno da parte mia. Sono venuta a vivere a Londra perché tu hai deciso di lasciare l’Italia, mi sono adattata a numerosi cambiamenti, ho lavorato sul mio caratteraccio per garantirti una convivenza serena, ho cercato di essere meno disordinata per non turbare il tuo senso dell’equilibrio, e via dicendo. Ho fatto tutto questo volentieri, beninteso, perché ci credevo, ho fatto tutto con amore, non mi è pesato e non ti sto rinfacciando niente. Ma poi è capitata questa… cosa, non sto dicendo che sia colpa tua, ormai è successa, e non so davvero se ho il coraggio di ricominciare a lavorare su me stessa, pensando che ad un certo punto qualcos’altro potrà scombinare le carte e tu ed io ci perderemmo comunque… E allora a che sarà servito?

Patrick era costernato:

  • Non lo so, piccola. Forse certi rapporti non durano in eterno, ma non per questo è un male che ci siano stati. Forse anche le relazioni che finiscono lasciano una traccia dentro di noi, per lo meno ci aiutano a crescere, a maturare…
  • E il bambino, Patrick? Cosa ci ha lasciato il bambino?

Il ragazzo non fu in grado di rispondere. Futura gli disse che aveva bisogno di rimanere sola per un po’ e si allontanò camminando per il prato.

Quando lei tornò, lui non ebbe il coraggio di chiederle se voleva dare un’occhiata al vicino Cahergall Stone Fort, ovvero quello che restava di un grande forte circolare risalente al decimo secolo.

Invece le disse:

  • Okay, mai più edifici diroccati. D’ora in poi con me avrai solo più costruzioni rimesse a nuovo! In barba a tutte le più accreditate teorie del restauro, se i falsi storici ti infondono la speranza che nella vita non esistono terremoti a cui non si può ovviare, visiteremo qualunque patacca abbia quattro lati e un tetto perfettamente rifiniti!

Futura non capiva se stesse scherzando e rimase interdetta.

  • Piccola, come vorrei che tu ti convincessi che la nostra storia vale la pena, a prescindere da quello che può succedere in futuro… La nostra relazione non è un vecchio castello: se vogliamo ricominciare, questo dipende solo da noi, dalle nostre motivazioni.
  • Allora forse è più facile ricostruire un castello diroccato. Falso storico o no, quattro muri si possono sempre aggiungere…

 

Salirono nuovamente in macchina e percorsero il Ring of Kerry senza più fermarsi.

Speravano di poter contemplare qualche bel paesaggio in riva al mare, invece la nebbia copriva ogni cosa, anche la strada. Fu un viaggio pessimo, difficile per più di un motivo. Oltre alle oggettive difficoltà di guida, Patrick era di umore tetro. Le parole di Futura, le metafore a cui lei si era rifatta continuavano a riecheggiargli nella testa e non avevano un bel suono. Man mano che i giorni passavano, perdeva le speranze di tornare a Londra vincitore. Ce la stava mettendo davvero tutta per venirle incontro, per dimostrarle che era armato delle migliori intenzioni, ma non c’era niente da fare. Futura pareva insensibile ad ogni pensiero carino con cui lui cercava di attrarla. Quando si erano incontrati a Cork, Patrick era abbastanza convinto che sarebbe riuscito a riconquistarla, ma più passava il tempo, più Futura si allontanava da lui, pareva sfuggirgli. A nulla valeva che lui assecondasse ogni sua richiesta, anche quella più insensata; a nulla serviva che lui non le facesse pressioni di alcun tipo, che si trattenesse dall’abbracciarla, dallo stringerla a sé, dal coprirla di baci, come avrebbe invece voluto. Forse sarebbe stato meglio finirla lì e rimpatriare. Forse sarebbe stato più sensato ammettere che Futura non era pronta per tornare da lui. Forse il viaggio aveva già raggiunto lo scopo per cui era stato iniziato.

La nebbia era scesa fuori, ma anche nella testa di Patrick.

Appena rientrati a Kenmare andarono direttamente a dormire.

Il mattino seguente si misero presto in viaggio per Limerick.

 

62.

Torino, aprile, martedì

 

Quando il cellulare squillò, Manuela non riusciva a crederci: Daniela la stava cercando. Per un attimo Manuela temette che Daniela volesse coprirla di insulti, tutti gli insulti che aveva omesso nella telefonata precedente. Tuttavia rispose:

  • Pronto?
  • Pronto, Manuela, come va? – la voce di Daniela sembrava flebile, timida.
  • Bene, Dany, cioè, Daniela… E tu come stai?
  • Tutto nella norma. Senti, volevo dirti che ho riflettuto su quello che mi hai chiesto…

Manuela fu percorsa da un debole guizzo di speranza:

  • Sì??
  • Sinceramente non capisco come un trattamento estetico possa considerarsi un modo utile e proficuo di fare beneficenza, ma non sono io l’esperta di Case di Accoglienza e non voglio sindacare… Comunque, se veramente tu e il gruppo con cui collabori ritenete che qualche ceretta e una maschera al viso vi siano utili, per me è okay… Posso dedicarvi questo sabato pomeriggio. Ho una sposa di mattina, poi sono libera. Per te va bene?
  • Cavoli! Per me va più che bene! Le ragazze ne saranno felici! Grazie, Daniela, davvero, grazie mille!
  • Non lo faccio per te, ricordatelo…
  • Lo so, lo so! E non mi importa! Ma grazie di cuore!
  • Mandami un messaggino con l’indirizzo.

Manuela credette di toccare il cielo con un dito. Lo sapeva che Daniela era una persona sensibile! Lo sapeva che non avrebbe rifiutato di aiutare delle ragazze depresse e in difficoltà!

 

63.

Adare, aprile, mercoledì

 

Prima di arrivare a Limerick, Futura e Patrick fecero tappa ad Adare, villaggio noto per la presenza sul suo suolo di ben tre chiese medievali e di caratteristiche case con il tetto costruito in paglia.

I due ragazzi visitarono i luoghi di culto, vagarono per la cittadina, poi acquistarono un paio di panini ed andarono a consumarli in un parco pubblico pieno di panchine e vialetti.

Contrariamente al giorno prima, c’era un bel sole e sembrava che il tempo fosse stabile, e forse per quel motivo anche l’umore di entrambi pareva sensibilmente migliore.

Futura appariva un po’ più serena e Patrick la contemplava mentre lei addentava con gusto il panino che si era scelta.

  • Vedo che ti piace, quel sandwich, – commentò allegro lui.
  • Non è male, non è peggiore del resto del cibo che si trova qui…
  • Pensare che mi sono innamorato di te proprio grazie a un panino come questo… beh, migliore…

Futura abbozzò un sorriso. Patrick le si avvicinò:

  • Hai della maionese qui, – disse indicandole le labbra.
  • È un trucco vecchio come il mondo! – lo smascherò lei.
  • E se anche fosse? Guarda a quali mezzucci devo ricorrere per poter dare un bacio alla mia ragazza! – scherzò lui.
  • Certo con Claire non hai dovuto darti tanto da fare… Lei è stata molto più disponibile, al momento buono, - commentò lei, cattiva.

Patrick alzò gli occhi al cielo:

  • Ancora con questa storia? Pensavo che ci fossimo già chiariti, almeno su questo punto!
  • Patrick, come faccio ad essere sicura che tra voi due c’è stato davvero solo un bacio, per quanto spinto?

Il ragazzo decise di non scomporsi e di scherzarci un po’ su:

  • Temo che dovrai fidarti di me, è l’unica alternativa. Oppure potresti affrontare la cosa in modo scientifico, in fondo sei un ingegnere, no? Potresti chiedere a Sally conferma dell’ora in cui mi sono presentato a casa sua per cercarti e, tenendo conto del tempo di spostamento, del traffico e dell’ora di punta, verificare, con un opportuno studio di funzione, che il limite della durata di questo presunto rapporto sessuale tende decisamente a zero. Quindi capirai che l’intimità tra me e Claire, se anche c’è stata, non è stata poi così soddisfacente, ma anzi piuttosto esigua.
  • Sei disgustoso.
  • E tu sai essere ossessionante, quando ti ci metti. Ti ho già raccontato tutto quello che è successo e perché è successo, e soprattutto mi sono scusato. Mi dispiace se quanto accaduto continua a tormentarti, ma in tutta sincerità non penso che sia il mio momento di défaillance con Claire il torto peggiore che ti ho fatto.
  • Quindi solo un bacio, e poi ti sei fermato.
  • Sì, sì, sì! – ribadì Patrick esasperato.
  • Posso chiederti perché ti sei fermato, allora? Quale pensiero, quale illuminazione ad un certo punto ti ha fatto rifiutare di punto in bianco la disponibilità di una ragazza carina, attraente e che, oltretutto, ti era già saltata addosso?

Patrick, a quel punto, prese tra le mani la testa di Futura con risolutezza, baciò la ragazza sulla bocca e le rispose con fermezza:

  • Futura, non lo capisci anche da sola? È stato il pensiero di queste tue labbra che mi ha trattenuto! È stata l’idea che avrei potuto perderle per sempre a farmi smettere di baciare Claire! Io stavo baciando lei, ma mi accorgevo che pensavo a te! Credevo, con lei, di poterti dimenticare, invece il tuo viso rimaneva perfettamente scolpito nella mente e non accennava ad andarsene… Ho immaginato che tu, a tua volta, potessi baciare qualcun altro, Kenneth, chiunque, e questo pensiero mi ha fatto impazzire, Futura, perché io sono innamorato di te, e il mio dannato orgoglio, e il tuo dannato orgoglio potevano andare a farsi benedire!
  • Mi stai dicendo che ti sei scoperto geloso? Che la tua motivazione è esclusivamente di origine passionale e non che, invece, nasce da considerazioni razionali, dal fatto che tu ed io possiamo ancora funzionare come coppia?

Patrick era sgomento:

  • E questo ti delude? Non ti sembra sufficiente?
  • Temo di no.
  • Futura, ma che cosa stai dicendo? È giusto compiere le proprie scelte con razionalità, ma i rapporti umani non possono basarsi solo su calcoli e premeditazioni! Tu ed io non ci siamo trovati ed innamorati per motivi funzionali, ma perché è nato un feeling, perché ci piacevamo, perché c’è stata subito simpatia reciproca e poi è scoppiata anche la passione, che non è un elemento trascurabile nella vita di coppia. E se ora è stata la passione a farci ritrovare, visto che il cervello di entrambi non stava funzionando a dovere, io ringrazierei il Cielo che esista anche questa componente essenziale, nei rapporti a due.
  • È morbosa una relazione che si basa solo sulla passione!
  • Ma io non ho detto che la nostra relazione di basa solo sulla passione, io ho detto che… - Patrick si interruppe, tolse le mani dal viso di lei e si alzò in piedi. – Basta. Non ho più voglia di stare a discutere con te, di fare filosofia delle relazioni malsane, di ridurre a schemi la complessità dei rapporti a due e di analizzare in quali dosi l’eros e la ratio formano la ricetta vincente della felicità di coppia. Siamo al terzo dei cinque giorni che hai gentilmente voluto accordarmi e mi sto seriamente domandando perché tu lo abbia fatto e se valga la pena proseguire. Io sto tentando tutto quello che posso per farti stare bene: ho assecondato ogni tua richiesta, anche quelle più assurde come dormire in camere separate, ho cercato di farti distrarre, ho cercato di farti divertire, ti ho corteggiato senza pretendere nulla in cambio. Da parte tua ho ricevuto solo provocazioni e lamentele, e persino darti un bacio è diventata un’impresa insormontabile: sembra che non ti vada bene nulla di ciò che sto provando a fare. Ma, dico io, ti diverti a tormentarmi? Lo fai apposta?
  • No, non mi sto divertendo affatto, – Futura era stata presa in contropiede.
  • Allora smettila di tirare la corda! Ascolta, o provi a venirmi incontro, o mi dici che cosa altro vuoi che faccia ancora per te, oppure tanto vale interrompere questa agonia immediatamente. Se pensi che nei prossimi due giorni possa cambiare qualcosa, bene; se al contrario deve continuare ad essere così, e sarebbe sempre così anche a Londra, domani stesso andiamo all’aeroporto di Shannon e cerchiamo il modo di rimpatriare il più velocemente possibile. Dopodiché ognuno andrà per la sua strada. Io ti amo, Futura, ma se la mia presenza ti è così insopportabile mi farò una ragione della fine della nostra relazione. Davvero, preferisco conservare un bel ricordo di quel che è stato piuttosto che trascinare il nostro rapporto fino ad esasperarlo e trasformarlo in odio reciproco.
  • Patrick, io non ti avevo promesso niente…
  • No, però mi avevi detto che tenevi ancora a me, che il sentimento non era in discussione. Dunque conta così poco per te, questo cosiddetto sentimento? È così esiguo? Perché io proprio non lo scorgo da nessuna parte. Davvero, non ho più voglia di discutere. Mi sembra di ripetere concetti già espressi senza venirne mai a capo.

Patrick si risedette di fianco a lei, sconfortato:

  • Avevo messo in conto che ritrovare un equilibrio sarebbe stata un’impresa dura, ma non pensavo così tanto.

Futura lo guardava con gli occhi gonfi di lacrime:

  • Sta succedendo quello che temevo…
  • È come se ci fosse un meccanismo rotto in tutto questo ingranaggio… È per questo che continua a incepparsi tutto quanto. Deve essere qualcosa di veramente a monte, qualcosa che non riesco a vedere. Se io capissi cos’è che non funziona, potrei rimediare, potrei aiutarti... Però mi devi aiutare tu, Futura…

La ragazza cercò di trovare le parole adatte per spiegare:

  • Il problema è che io continuo a stare male, dentro di me… Ho come un macigno qui, sul cuore, di cui non riesco a liberarmi! Io continuo a pensare a…

Patrick credette di avere trovato la soluzione:

  • Ma forse riusciresti a stare meglio proprio se tu ti concentrassi di più sugli aspetti positivi e piacevoli di questo viaggio! Cerca di non pensare più al passato, cerca di vivere il presente!

La ragazza lo abbracciò, senza proferire parola, mentre le lacrime le rigavano il volto. Si rendeva conto che Patrick, pur armato di ottime intenzioni, non aveva ancora capito.

 

64.

Torino, aprile, mercoledì

 

Quando arrivarono i pacchi di vestiti e di altri oggetti tristemente utili dei volontari (o, come li chiamava Massimo, i pacchi della Provvidenza), Manuela si mise in disparte ad osservare le reazioni delle ragazze che frugavano con curiosità nelle scatole. Ad un certo punto fu assalita da un dubbio: chissà se quelle poverine, abituate solo a calci e miseria, avrebbero compreso ed apprezzato il valore di quanto lei, magnanimamente, aveva loro fornito. Così, quando fu aperta la scatola portata in incognito da Manuela, quest’ultima, in allerta, drizzò oltremisura le antenne.

Sì, le ragazze sembravano apprezzare davvero. Nezhat, che nonostante il chador nero amava gli accessori belli e colorati, fu la prima a levare un grido di giubilo quando capì che teneva in mano una borsa Luis Vuitton vera. Maria espresse il dubbio che non si trattasse realmente di firme, ma di capi contraffatti. Quando mai si erano visti oggetti di tale valore (costosi, in ottimo stato, praticamente nuovi) nelle provviste che periodicamente arrivavano? Monica, una ex prostituta rumena con un figlio di tre anni, il cui ex compagno e sfruttatore gestiva un traffico di griffe importate illegalmente, confermò che si trattava di roba autentica.

Il commento che seguì lasciò Manuela un po’ depressa: “Chi può essere così stupido da gettare via tutto questo ben di Dio?”

In generale però, le ragazze parevano entusiaste, anche troppo. Manuela non ebbe il tempo di godere del successo ottenuto perché dovette sedare un litigio tra Monica e Nezhat che affermavano entrambe di avere visto per prime una certa borsetta.

A quel punto lei dovette fare da paciere e porsi come super partes per la divisione dei capi contenuti nel pacco: a chi veramente serviva, e a chi sarebbe stata bene una camicetta taglia 40 di Armani? Se Monica era l’unica in grado di entrare nella camicetta, allora a Maria sarebbero toccati i pantaloni e a Nezhat le scarpe. E via di quel passo.

Fu un lungo pomeriggio. La ragazza non aveva messo in conto che il suo dono avrebbe potuto diventare una mela della discordia. Con gli altri abiti dozzinali tali battibecchi non si erano mai verificati. Chi avrebbe litigato per una triste gonna blu taglia 46? Nessuno. Se la prendeva quella a cui serviva più che a tutte le altre. I vestiti che arrivavano, poi, se inutilizzabili dalle ospiti della casa, ripartivano per altre destinazioni, venivano portati alle famiglie bisognose del quartiere.

Del pacco di Manuela non avanzò nulla. Per lei, pur perplessa sotto molti punti di vista, fu una soddisfazione. Lo avrebbe rifatto. Al momento buono avrebbe riempito un’altra scatola con prodotti di extra-lusso. Con i dovuti accorgimenti e con alcune cautele, ma lo avrebbe rifatto.

 

65.

Limerick, aprile, mercoledì

 

A Limerick il cielo era di nuovo plumbeo e aveva iniziato a piovere. Una volta giunti, Patrick e Futura visitarono senza troppo entusiasmo la St. Mary’s Cathedral e il King John’s Castle, una fortificazione normanna che ospitava anche una mostra. Solo verso la fine della visita i ragazzi si resero conto che il King John a cui era appartenuta la cittadella era nientemeno che il Principe Giovanni antagonista di Robin Hood. La scoperta li fece sorridere e contribuì ad allentare la tensione.

Dopo il dovuto giro turistico, i due si misero alla ricerca di un bed and breakfast per trascorrere la notte, ma non sembrava che la fortuna li volesse assistere.

Al terzo tentativo, Patrick risalì in auto e dichiarò:

  • Qui un posto libero ci sarebbe, ma si tratta di una camera sola. Prendere o lasciare.

Futura si sentì messa alla prova, ma volle dimostrare di essere in buona fede:

  • Va bene, dormiamo qui, – sorrise mesta.
  • Perfetto, – ribatté Patrick, resistendo alla tentazione di cedere all’ottimismo.

Saliti in camera i due si resero conto di quanto questa fosse minuscola. Persino il cosiddetto letto matrimoniale altro non era che un letto a una piazza e mezza. Futura si trattenne dall’esternare commenti.

 

Per la cena scelsero un pub, il Doc’s in St. Michael Street, un locale dove si ballava anche, attratti dall’idea di ascoltare della musica.

Quella sera il sottofondo musicale era molto soft, tutto a base di lenti e in parte di jazz. Verso la fine della cena attaccò una melodia che Patrick amava molto:

  • L’hai riconosciuta? È una di quelle che suonavo con il mio gruppo. Ogni tanto ho un po’ di nostalgia per gli amici di Torino con cui ho condiviso così tante serate di musica.
  • Potresti andarli a trovare, qualche volta… - sorrise Futura.

Patrick temette di non avere capito bene. Aveva detto “potresti”? Tuttavia pose un’altra domanda:

  • Posso chiederti di ballare?

Lei, che di solito non amava né danzare né mettersi in mostra, acconsentì. In fondo quella poteva essere la loro ultima sera insieme. L’imminenza della fine le aveva indotto la voglia di celebrare degnamente quell’ultimo incontro. Lui le aveva prospettato chiaramente l’intenzione di lasciare l’Irlanda il giorno dopo, e lei non aveva trovato motivazioni sufficienti per provare a trattenerlo. A quel punto non aveva senso continuare con le ripicche o con le discussioni. Meglio salutarsi con un bel ricordo. Così si lasciò abbracciare, si lasciò accarezzare i capelli, si lasciò baciare sul collo. Mentre lui la stringeva a sé, Futura avrebbe voluto piangere. Assaggiare nuovamente, per un attimo, la dolcezza delle effusioni di Patrick, sapendo che queste sarebbero state le ultime, era un pensiero che la annientava. Così anche lei lo strinse forte, lo baciò, lo accarezzò più che poté, cercando di imprimersi nella mente ogni singola sensazione. Quando la musica terminò, i due si risedettero. Solo allora Futura si rese conto che lui la guardava e le sorrideva speranzoso.

 

Saliti in camera, la ragazza commentò:

  • È stata una bella serata, grazie, – non aveva più intenzione di essere scortese con Patrick. Voleva fargli capire per davvero che apprezzava ogni suo sforzo, seppure inutile, verso di lei.
  • Non è ancora finita… - ribatté lui, sedendosi di fianco a lei sul letto.

Futura non voleva essere antipatica, ma neppure oltrepassare dei limiti:

  • Sono molto stanca, sai? Davvero…

Patrick le circondò le spalle con un braccio e rilanciò, comprensivo:

  • Allora andiamo a nanna. Ci addormentiamo stretti stretti come ai vecchi tempi… anche perché in questo posto stare larghi è difficile… - scherzò.

Lei sorrise ancora:

  • Perfetto. Mi faccio una doccia e ti raggiungo, – rispose cortese, persino un po’ formale.

Quando si infilò nel letto, Patrick la abbracciò come faceva un tempo, le accarezzò i capelli, la baciò sul collo.

Lei avrebbe voluto dirgli di smettere. Avrebbe voluto chiedergli di lasciarla in pace, che se avesse ceduto alle sue avances, pur gradite, quella sera, poi il cervello le sarebbe andato in corto circuito. Avrebbe voluto spiegargli che lo desiderava, ma che fare l’amore sarebbe stato sbagliato, e che aver danzato insieme dopo cena era stato bellissimo, ma non per questo la situazione era cambiata.

Invece disse solo:

  • Davvero, Patrick, ho un gran mal di testa. Ti prego, dormiamo.

Lui aveva intuito perfettamente che il mal di testa era la più banale delle scuse, ma decise di non insistere. Come prima sera poteva accontentarsi e farsi bastare i baci che Futura gli aveva concesso. Nella sua testa erano comunque un importante segnale di apertura. Si addormentò un po’ rammaricato, ma sereno e speranzoso: era convinto che la sua ragazza stesse finalmente seguendo il suo consiglio di provare a lasciarsi andare.

 

66.

Roma, aprile, mercoledì

 

Nella Casa, il ciclo di sonno e veglia era completamente alterato. Erano le due di notte e Ljuda avrebbe dovuto dormire, ma si sentiva completamente sveglia e non aveva voglia di assopirsi. Un po’ perché lei, come gli altri inquilini, si alzava mediamente verso mezzogiorno. Un po’ perché l’adrenalina sembrava non abbandonarla mai. Sia che litigasse con qualche altro concorrente, sia che se ne stesse ferma a non fare nulla, Ljuda si sentiva sempre, costantemente, su di giri. La faccenda di quello pseudo-cinese dalla chioma fintamente africana che si era presentato alle porte della Casa la domenica prima durante la diretta l’aveva in effetti turbata, però era convinta che tutto sarebbe andato a posto. Il plauso del pubblico, che ne era seguito, aveva rafforzato in lei la speranza di poter arrivare fino in fondo al Reality e di uscirne vincitrice. Lei piaceva alla gente, ne era sicura. Il pubblico l’aveva amata e la stava considerando, a ragione, come una madre coraggio, abbandonata dal padre biologico del suo primo bambino e ora, nonostante tutto, lì nella Casa a combattere per assicurare un futuro alla sua discendenza. Ljuda ne era più che certa, alla faccia di tutti gli altri concorrenti: lei avrebbe resistito fino alla fine. Peraltro non era chiaro quando sarebbe arrivata la cosiddetta fine e quanto lei avrebbe dovuto attendere prima di tornare dai suoi piccoli. Infatti, se ogni settimana usciva un concorrente, un altro nuovo ne entrava: in casa erano ancora in sedici, come all’inizio. La Produzione non si premurava di far conoscere ai partecipanti il momento esatto in cui sarebbero iniziate le eliminazioni secche, la riduzione netta del numero dei contendenti e quando, di conseguenza, ci si sarebbe avviati veramente verso la fine. Fino a quel momento, nonostante il ricambio dei concorrenti, a Ljuda pareva di essere immersa sempre nel solito casino, come il primo giorno. Non che fosse un male. Più il pubblico la seguiva (lei era entrata all’inizio), più le si affezionava, più possibilità avrebbe avuto di vincere. Di fatto, però, in quel momento si sentiva un po’ un ostaggio della televisione.

Spesso poi si sorprendeva a pensare a Massimo. Certo lui le mancava, ma tutto sommato nella Casa riusciva a non struggersi per la sua assenza. Poi, per dirla tutta, Ljuda era anche contrariata dal fatto che il marito si fosse rifiutato categoricamente di mandarle anche solo una letterina o un videomessaggio. Insomma, anche lui avrebbe potuto essere un po’ più carino di come era stato, no? In fondo era lei quella prigioniera della trasmissione, quella che si stava sacrificando per portare a casa i soldi per tutta la famiglia. Massimo avrebbe dovuto capire. Ma tutto sommato Ljuda si sentiva ottimista. Ogni questione in sospeso sarebbe stata risolta a tempo debito. Ora lei doveva concentrarsi sulla sua permanenza nella Casa e trovare un modo per impressionare il pubblico definitivamente. Lei era lì per vincere, quello era l’obiettivo.

Sorridendo tra sé all’idea della vittoria, Ljuda finalmente si assopì.

 

67.

Limerick, aprile, tra mercoledì e giovedì

 

Due ore dopo essersi finalmente addormentato Patrick fu svegliato di soprassalto dai singhiozzi di Futura:

  • Piccola, che cosa succede? Non stai bene?

Lei se ne stava raggomitolata nel letto e continuava a ripetere:

  • Non finisce mai, non finisce mai… è un incubo che non può finire!

Patrick si chinò sopra di lei:

  • Che cosa “non finisce”? Che incubo hai avuto?
  • È successo di nuovo, Patrick, è successo di nuovo!

Lui la abbracciò:

  • Sono qui con te, adesso… Dimmi cosa hai sognato!
  • Non era un sogno… Tutto quel sangue… tutte le lenzuola inzuppate… e il bambino, Patrick, il bambino tra le lenzuola… Lui così piccolo, inerme, ed io che non posso fare più nulla per lui! Perché la verità, Patrick, è che quando l’ho perso, quando lui mi ha lasciata, quando non sono riuscita più a trattenerlo, io l’ho visto! E adesso quasi tutte le notti io continuo a sognarlo, continuo a rivivere quel giorno… Sogno di essere incinta, sogno di avere una creatura dentro di me, e poi, improvvisamente, la pancia mi fa un gran male ed io mi accorgo che il mio ventre è vuoto e tutt’intorno a me c’è un mare di sangue e lui è lì, morto!

Patrick non aveva parole, ma qualcosa gli diceva di avere trovato finalmente l’ingranaggio inceppato. Pensò che lui, quel dannato giorno, non era stato presente, non era stato lì con lei.

  • Poi arriva un’infermiera, sempre la stessa, e porta via tutto, il sangue, le lenzuola e il bambino. Ed io rimango irrimediabilmente sola. A quel punto, Patrick, ti cerco, ma non ti trovo. Sono sola, sola, completamente sola.

Il ragazzo la strinse a sé con tutta la forza che aveva.

  • Mi dispiace, mi dispiace tantissimo… Se io quel giorno avessi saputo, se io avessi immaginato… Ma adesso sono qui.

Futura sembrava non ascoltarlo neppure:

  • Secondo te, lui adesso dov’è?

Patrick azzardò la risposta più rassicurante:

  • Adesso lui è un angioletto, nelle mani di Dio…?
  • Sì, ma fisicamente, intendo, lui dov’è? Hanno buttato via tutto, ad un essere così minuscolo non si fa un funerale, un feto così piccolo non è ancora considerato un bambino, quindi non ha alcun diritto… Non può avere una degna sepoltura! Lo hanno buttato via, forse l’hanno incenerito, oppure l’hanno gettato nella fogna!

Patrick era sconvolto. Avrebbe voluto essere più forte. Avrebbe voluto essere lui la roccia, il porto sicuro in cui la sua donna avrebbe dovuto rifugiarsi in quel momento. Avrebbe voluto trovare le parole rassicuranti per risolvere ogni problema, per consolare tutto quel dolore.

Invece scoppiò in singhiozzi. Iniziò a singhiozzare come un bambino.

Futura rimase per un attimo interdetta. In passato le era capitato di vedere il suo ragazzo sofferente, lo aveva visto in preda al panico più cupo, lo aveva visto sconvolto. Ma non lo aveva mai visto piangere. Di certo non così.

  • Scusami, non avevo capito quanto bisogno tu avessi di raccontarmi tutto questo! Io pensavo che distrarti e farti dimenticare l’accaduto fosse il modo migliore per aiutarti a superare il trauma, invece evidentemente mi sbagliavo. Perciò, sia dopo l’aborto che durante questi giorni in Irlanda, non ti ho mai chiesto nulla in merito ed ho sempre evitato l’argomento. Forse tu hai pensato che io fossi un insensibile, che non mi interessasse parlare di nostro figlio, ma non è così, devi credermi.
  • Non immaginavi che io stessi sulle mie perché continuavo a pensare al piccolo? – chiese Futura incredula.
  • Sì, questo lo immaginavo! Ma non volevo affrontare l’argomento! Mi concentravo esclusivamente sul nostro rapporto che andava male e litigavo con te per questo! Ma non l’ho fatto per disinteresse nei confronti del bambino, o del tuo trauma… l’ho fatto perché parlare dell’aborto è doloroso anche per me! anche io penso al piccolo molto spesso… lo so che puoi non crederci, lo so che sembra assurdo, dato che neppure lo volevo, ma anch’io mi ritrovo tante volte a immaginare, a sognare, con rammarico, come sarebbe stato, da chi avrebbe preso gli occhi, i capelli, il carattere… e mi rendo conto, con angoscia, che sono stato pessimo… non sono stato in grado di amarlo finché era con noi, anzi, l’ho rifiutato, ed ora mi scopro a rimpiangerlo, ma lui non c’è più! Non sai quanto questo mi faccia stare male, non sai quanto io mi senta in colpa!

Futura guardava Patrick con occhi increduli:

  • Davvero? Non me l’avevi detto…
  • Non volevo dirtelo… Mi sembrava che, se te ne avessi parlato, avrei solo continuato ad alimentare il tuo dolore… te l’ho spiegato… supponevo che la via migliore per la guarigione fosse la distrazione, sia mia che tua... Pensavo che, continuando a discuterne, non saremmo riusciti a voltare pagina!
  • Oh, Patrick, avremmo dovuto essere più franchi… tutti e due…
  • Hai ragione, ma non era semplice... Forse questa mattina, ad Adare, tu ci hai anche provato, ma io non ero pronto per ascoltare… – il ragazzo non aveva ancora smesso di singhiozzare. – Però voglio dirti che il senso di solitudine e di vuoto che stai provando tu, lo provo pure io… Non pensavo che sarebbe successo, e sembra una cosa senza senso a me per primo, ma è così. E adesso impazzisco all’idea di perdere anche te! Non abbandonarmi anche tu, per favore! Non lasciarmi da solo! Io sono perso senza di te! Mi ero ripromesso che non ti avrei mai implorato, che avrei rispettato ogni tua scelta, ma stanotte non ce la faccio, se è necessario ti supplicherò…

Futura lo zittì gettandogli le braccia al collo e baciandolo sulle labbra:

  • No, no, amore mio, non mi devi supplicare… io non ti lascio… io non me ne vado… non dopo questa notte… Non adesso che ho capito… Non ora che mi hai detto queste parole…