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Aeroporto nazionale Reagan, Washington, D.C.

Ore 5.30

Il vicepresidente James Sandecker si accese un sigaro con uno Zippo d’argento che aveva comprato alle Hawaii almeno quarant’anni prima. Aveva parecchi altri accendini, alcuni anche molto costosi, ma lo Zippo, che l’aveva accompagnato in ogni dove ed era consumato dal tocco delle sue dita in alcuni punti, rimaneva il suo preferito. Gli ricordava che certe cose erano costruite per durare.

Diede un tiro al sigaro, assaporandone l’aroma, e poi sbuffò fuori il fumo in un cerchio storto. Così facendo, attirò su di sé qualche occhiata furtiva: era vietato fumare sull’Air Force Two, ma nessuno l’avrebbe detto al vicepresidente. Soprattutto dal momento che erano fermi sulla pista quando invece avrebbero dovuto essere in volo verso Roma per un vertice sull’economia.

A dire il vero erano in attesa soltanto da dieci, forse quindici minuti, ma l’Air Force One e l’Air Force Two non aspettavano mai a terra a meno che non ci fosse un problema meccanico. E se così fosse stato, i servizi segreti avrebbero ordinato ai piloti di tornare indietro e avrebbero fatto scendere il vicepresidente dall’aereo finché il guasto non fosse stato sistemato.

Sandecker si tirò fuori il sigaro di bocca e guardò Terry Carruthers, il suo assistente, un uomo di grande intelligenza, formatosi a Princeton. Era la classica persona che non avrebbe mai lasciato un lavoro incompiuto ed era bravissimo a obbedire agli ordini. In realtà era fin troppo bravo a farlo, pensava Sandecker: prendere l’iniziativa non sembrava costituire una componente importante del suo vocabolario.

«Terry», disse Sandecker.

«Sì, signor vicepresidente?»

«Non rimanevo fermo su una pista per così tanto tempo da quando prendevo voli di linea. E, per darti un’idea di quanto tempo è passato, la Braniff era la compagnia aerea che andava per la maggiore.»

«Interessante», commentò Terry.

«Proprio così», proseguì Sandecker. Dal suo tono si intuiva che voleva andare a parare da un’altra parte. «Secondo te qual è il motivo del nostro ritardo? Il maltempo?»

«No», rispose Carruthers. «Il tempo era ottimo lungo tutta la costa est l’ultima volta che ho controllato.»

«Che i piloti abbiano perso le chiavi?»

«Ne dubito, signore.»

«Bene... Forse allora si sono dimenticati qual è la strada per arrivare in Italia?»

Carruthers ridacchiò. «Sono piuttosto certo che abbiano delle mappe, signore.»

«Okay», disse Sandecker. «Allora qual è secondo te il motivo per cui il secondo uomo più importante degli Stati Uniti se ne sta qui a farsi venire il latte alle ginocchia quando invece dovrebbe essere in volo in cieli alleati?»

«Ecco, io non saprei proprio», balbettò Carruthers. «Sono stato qui dietro con lei per tutto il tempo.»

«Appunto.»

Ci fu una piccola pausa mentre Carruthers elaborava ciò che Sandecker intendeva dire. «Vado subito in cabina a scoprirlo.»

«Se non lo fai», disse Sandecker, «avrò una crisi isterica e ti incaricherò di condurre una revisione su scala nazionale del sistema di controllo di tutto il traffico aereo del Paese.»

Carruthers si slacciò la cintura e partì come un razzo. Sandecker diede un altro tiro al sigaro e si accorse che i due agenti dei servizi segreti assegnati alla cabina stavano cercando di soffocare le risate.

«Questo», disse Sandecker, «è quello che definisco un momento educativo di massimo livello.»

Poco dopo, il telefono sul bracciolo del sedile di Sandecker cominciò a lampeggiare e lui rispose.

«Signor vicepresidente», disse Carruthers. «Siamo appena stati informati di un incidente avvenuto nel Mediterraneo. C’è stato un attacco terroristico su una piccola isola al largo della Sicilia, che ha provocato un’esplosione tossica di qualche natura. Al momento tutti i voli vengono deviati o sospesi.»

«Capisco», rispose Sandecker, facendosi di nuovo serio. Qualcosa nella voce di Carruthers lasciava intendere che c’era di più. «Altri dettagli?»

«Solo che i primi a darne notizia sono stati i membri della sua vecchia squadra, la NUMA.»

Sandecker aveva fondato la NUMA e l’aveva guidata per gran parte della sua vita prima di accettare l’offerta di diventare vicepresidente. «La NUMA?» chiese. «Perché mai dovrebbero essere stati loro i primi a saperlo?»

«Non lo so, signor vicepresidente.»

«Grazie, Terry», rispose Sandecker. «Sarà meglio che torni a sederti.»

Carruthers riagganciò e Sandecker chiamò immediatamente l’addetto alle comunicazioni. «Mettimi in contatto con il quartier generale della NUMA.»

La chiamata fu trasferita nel giro di qualche secondo, e di lì a poco Sandecker stava parlando con Rudi Gunn, il vicedirettore della NUMA.

«Rudi, sono Sandecker. Mi sembra di capire che siamo coinvolti in un incidente nel Mediterraneo.»

«Esatto», rispose Rudi.

«Si tratta di Dirk?»

Dirk Pitt era il direttore della NUMA, ma, durante la permanenza in carica di Sandecker come direttore, era stato la sua risorsa più preziosa. Anche adesso passava più tempo sul campo che in ufficio.

«No», disse Rudi, «Dirk è in Sudamerica per un altro progetto. Stavolta si tratta di Austin e Zavala.»

«Se non c’è uno a darci problemi, ci pensa sempre qualcun altro», si lamentò Sandecker. «Dimmi tutto quello che sai.»

Rudi spiegò ciò che sapevano e ciò che non sapevano, poi disse di aver già avuto una conversazione con un ufficiale di alto grado della guardia costiera italiana e con il direttore di una delle agenzie di intelligence del Paese. A parte questo, aveva poco su cui basarsi.

«Non ho nemmeno sentito Kurt o Joe», ammise Rudi. «Il comandante della Sea Dragon ha detto che sono scesi a terra ore fa. Da allora più nulla.»

Qualcun altro si sarebbe potuto domandare perché due uomini fossero stati così folli da addentrarsi in una zona contaminata potendo contare solo su un equipaggiamento protettivo improvvisato, ma Sandecker aveva assunto Austin e Zavala proprio perché erano fatti così. «Se al mondo esistono persone in grado di badare a loro stesse, si tratta di quei due», disse.

«Sono d’accordo», rispose Rudi. «La tengo informata, signor vicepresidente.»

«Te ne sarei grato», disse Sandecker mentre i motori cominciavano a girare. «Pare che qui ci stiamo muovendo. Quando senti Kurt e Joe, digli che sono diretto da quelle parti, e che se non si rimettono in riga all’istante potrei essere costretto ad andare di persona a controllare cosa stanno combinando.»

Naturalmente aveva usato un tono scherzoso, ma quello era il tipico sottile incoraggiamento che Sandecker era abituato a dare.

«Sarà fatto, signor vicepresidente.» Il tono di Rudi era marcatamente più positivo rispetto a prima.

Sandecker riagganciò mentre l’aereo curvava sulla pista e, con i motori che rombavano, cominciava ad accelerare. Dopo un paio di chilometri, il muso si alzò e l’Air Force Two si staccò da terra, iniziando il suo lungo viaggio verso Roma. Durante il decollo, Sandecker si appoggiò allo schienale del sedile, domandandosi per un bel po’ in cosa si fossero imbattuti Kurt e Joe. Non immaginava certo che avrebbe scoperto la risposta di persona.

Il segreto di Osiride
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