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Non è facile ottenere in una narrazione, nella sua essenza collegata meno alla fantasia che ai fatti, la simmetria formale raggiungibile nella finzione pura. La verità raccontata senza ammiccamenti ha sempre certe asprezze di contorno; ne consegue che la conclusione di una storia del genere non sarà rifinita come potrebbe esserlo un pinnacolo architettonico.
È stato fedelmente narrato quello che accadde al Bel Marinaio nell’anno del grande ammutinamento. Ma sebbene la storia finisca propriamente con la sua vita, non sarà fuori luogo una specie di epilogo. Basteranno tre capitoletti.
Sotto il Direttorio, quando si ribattezzarono tutte le navi che in origine formavano la flotta della monarchia francese, la nave da battaglia St. Louis fu denominata Athée (l’Atea). Questo nome, al pari di altri sostituiti nella flotta rivoluzionaria, mentre proclamava la profana audacia degli uomini al potere, era tuttavia, pur senza averne l’intenzione, il nome più adatto, a ben considerare, mai dato a una nave da guerra; molto più adatto, anzi, di Devastation, Erebus (Inferno) e altri analoghi. Nel viaggio di ritorno per raggiungere la flotta inglese, dopo la crociera distaccata durante la quale si erano verificati gli avvenimenti narrati, la Bellipotent si imbatté nell’Athée. Ne seguì un combattimento, nel corso del quale il capitano Vere, nella manovra di accostare la sua nave a quella nemica per mandare i suoi uomini all’abbordaggio oltre le murate, fu colpito da una palla di moschetto proveniente da un portello della cabina principale della nave nemica. Ferito gravemente, cadde sul ponte e venne portato di sotto nella stessa infermeria ove giacevano già altri uomini. A prendere il comando fu l’ufficiale più anziano. Sotto la sua guida la nave nemica venne alla fine catturata e, pur molto danneggiata, si riuscì a portarla, con rara fortuna, a Gibilterra, un porto inglese non molto distante dal teatro della battaglia. Lì, insieme agli altri feriti, venne sbarcato il capitano Vere. Per qualche giorno si trascinò, ma giunse la fine. Purtroppo fu falciato troppo presto per il Nilo e Trafalgar. Lo spirito che, malgrado la sua filosofica austerità, forse si era abbandonato alla più segreta di tutte le passioni, l’ambizione, non attinse mai la pienezza della fama.
Non molto prima della morte, mentre giaceva sotto l’influenza di quella droga magica che, lenitrice del fisico, opera in modo misterioso sull’elemento più sottile dell’uomo, lo si sentì mormorare parole incomprensibili per il suo attendente:
— Billy Budd, Billy Budd. — Che non fossero queste le parole del rimorso parve chiaro, da quanto disse l’attendente, all’ufficiale anziano della fanteria di marina sulla Bellipotent, lui che, il più riluttante alla condanna fra gli uomini della corte marziale, sapeva fin troppo bene, sebbene lo tenesse per sé, chi fosse stato Billy Budd.