IL SEGRETO DELLA SFERA
L'annunciavano da giorni e il primo giugno colpì. Una tempesta proveniente dal nord-est avrebbe investito la punta più orientale dell'Inghilterra, vale a dire Broadstairs. Thomas la sentì arrivare ancora prima che l'annunciassero alla radio. Parlavano delle avvisaglie della tempesta:"Si preannuncia una violenta tempesta che colpirà le zone costiere, Dogger, Dover, Thames, Viking, North Utsire, South Utsire, German Bight".
Broadstairs non veniva menzionata, ma si trovava proprio nel cuore della tempesta. Arrivò in piena notte: all'alba il vento soffiava a centocinquanta chilometri all'ora. Volavano via le tegole dai tetti e tremavano le finestre. Nel gabinetto il vento fischiava una nota acuta di sol e, per tutta la casa, si verificavano improvvisi cambiamenti di pressione. Sbattevano perfino le porte interne. La BBC diceva che a Whitstable si era aperta una breccia nei frangiflutti e a Dover avevano chiuso il porto. Dicevano anche che una petroliera spagnola si era incagliata al largo dei Goodwins con più di cinquantamila tonnellate di petrolio. Avevano provato a far uscire un elicottero, ma non era stato possibile. Una lancia di salvataggio era pronta a partire.
Quando Bel scese per colazione, con la gonna a pieghe e la cravatta della scuola, Thomas le raccontò tutto della tempesta, ricostruendo lo sfondo dell'imminente tragedia.
"Ci sono quaranta marinai a bordo," disse,"non hanno la minima speranza. Mi sa che la maggioranza è già finita in mare."
Lei era abituata ai suoi atteggiamenti teatrali ma disse lo stesso:"Spero di no".
"In una tempesta così non duri cinque minuti."
Bel era diretta alla dispensa ma deviò per dare un'occhiata fuori dalla porta sul retro. I lillà sembravano isterici, come un gruppo di ballerini dementi in un rito vudù.
"È una vera tempesta," disse.
"Hanno provato a far uscire un lynx: non ci si sono nemmeno avvicinati."
"A far uscire cosa?"
"Un Sea-lynx," ripetè,"è un elicottero per il soccorso in mare. Una perdita di tempo con un venticello del genere."
Pensava di parlare proprio come uno della RAF.
Bel prese un pacco di Weetabix e si mise a sedere.
"Dev'essere terribile stare su una nave."
"Voglio andare a dare un'occhiata," disse Thomas.
"Non mi ci avvicinerei nemmeno al molo, le onde ti spazzeranno via."
"Voglio andare a North Foreland, a dare un'occhiata dal faro. Da lassù si vede molto più in là dei Goodwins."
"E la scuola?"
"Sono giustificato. Ho un appuntamento."
"Con chi?"
"Non sono nella posizione di poterne discutere," disse, dando un'occhiata anche lui in giardino,"forse te lo potrò dire più tardi, dipende da come va."
Tornò a guardarla aspettandosi un supplemento di indagine, ma non ce ne furono.
"Posso farti una domanda?" disse lui.
"Va bene."
"Ne sai qualcosa tu del metodo Ogino-Knaus?"
"Che?"
"L'hai provato qualche volta?"
"Non so di che stai parlando."
"Sto parlando di 'rapporti sessuali'."
"Pensa ai fatti tuoi."
"Ma che cos'è il metodo Ogino-Knaus?" domandò lui.
La risposta di lei non fu una risposta.
"Penso che dovresti andare a scuola, Thomas."
Invece lui uscì dalla porta sul retro.
Andare in bicicletta a North Foreland era praticamente impossibile. C'era un vento incredibile. Gli toglieva il fiato e gli faceva venire il mal d'orecchi. Anche per andare in discesa doveva pedalare, e in pianura doveva scendere e spingere. La tempesta infuriava ovunque, le strade erano bloccate dagli alberi abbattuti ed era triste vedere quelle chiome gigantesche nel disastro della loro ultima primavera.
North Foreland si spingeva nel cuore delle intemperie, un promontorio di gesso fatto di scogliere e di rape, l'antico faro che svettava sui campi e sorvegliava una delle più pericolose vie d'acqua sulla terra. Migliaia di navi erano affondate sui Goodwins. Qualcuno una volta aveva detto a Thomas che in autunno, con la bassa marea, si riuscivano a vedere alcuni alberi maestri, anche più vecchi di cento anni...
Arrivò sul promontorio, spingendo a mano la bicicletta lungo un sentiero pieno di solchi che alla fine lo avrebbe portato al faro. Le siepi, da ambo i lati, gli davano un falso senso di protezione, ma alla fine del sentiero c'era di nuovo il vento e Thomas si accorse di ciò che stava accadendo al mare. Era diventato giallastro ed era impazzito. Non aveva mai visto il mare in quel modo. Era l'evento più impressionante cui avesse mai assistito in vita sua.
Stringendo il binocolo salì fino in cima alla base del faro e si schiacciò contro il muro per evitare di essere spazzato via. Quelle erano lenti di qualità, Zeis a quaranta ingrandimenti, ma anche così ci volle un po' per trovare la nave e metterla a fuoco.
Le onde là fuori erano larghe come strade, alte dieci, quindici metri, masse colossali che si separavano in aria e rovinavano in fosse sottomarine e cisterne senza fondo piene di annegati. Dentro quel mare c'era la nave sciagurata, nera e rossa, visibile a intermittenza, quando la tempesta la faceva bollire come un'aragosta ...- - -... Là fuori non c'era speranza ...- - -... Ecco un altro albero, pensò Thomas...
"Ehi tu! Laggiù!"
Se non avesse avuto il binocolo al collo gli sarebbe caduto. La voce era severa e arrabbiata. Guardò in quella direzione ma la voce non c'era più, portata via dal vento.
"Scendi, ti dico. Tu! Laggiù!"
Aspettandosi la rabbia di un tipo da faro, Thomas scese e un viso inaspettato spuntò da sotto la scala di metallo. Maurice sogghignò, i capelli dritti che sembrava un vaso di erba cipollina.
"Ciao, faccia di minchia."
"Avrei dovuto immaginarlo che eri tu," disse Thomas.
"Ma non lo immaginavi, vero?" Ancora sogghignando, Maurice si rifugiò sotto una tettoia arrugginita, accendendo la sigaretta prima di riemergerne."Ti ho visto arrivare," proseguì,"alla curva del sentiero."
"Eri già qui?"
"Naa, venivo su dalla spiaggia. Speravo di trovare un cadavere."
"Uno di loro è finito in mare?"
"Cazzo, tutti!" Soffiò fuori il fumo da un ghigno disgustoso."Ma per salire sulla lancia di salvataggio, purtroppo. Là sopra c'è rimasto solo il capitano e qualche altro coglione."
Thomas risalì faticosamente la scala, con Maurice che lo seguiva. La sua sigaretta bruciava nella tempesta.
"Diamo un'occhiata," disse e afferrò il binocolo, costringendo Thomas a salire qualche altro gradino insieme a lui,"non vedo niente."
"Devi mettere a fuoco. Devi aspettare le onde."
"Fatto," disse Maurice,"ce l'ho." Stringeva la sigaretta tra i denti, ci respirava attorno ed espirava senza spostare il mozzicone."Porco Cristo!" esclamò.
"Che c'è?" domandò Thomas.
"Quella cazzo di nave si è spezzata in due."
"Dammi il binocolo."
L'aveva già preso e dovette riaggiustarlo perché Maurice ci vedeva da schifo. Per un attimo la petroliera rimase nascosta, poi si sollevò e Maurice aveva ragione. Sembrava si fosse spezzata vicino a poppa e quella gigantesca sovrastruttura batteva sul mare come un cardine. Ed era successo qualcosa alle onde. La spuma delle creste aveva cambiato colore. Era marrone.
"Sta perdendo petrolio," disse Thomas.
Nessuna risposta, abbassò il binocolo e Maurice se n'era andato. Lo vide per un attimo sotto il graticcio mentre correva di nuovo a rifugiarsi sotto la tettoia. Quando Thomas scese per raggiungerlo si stava accendendo un'altra sigaretta.
"Devo pensare che non ne vuoi una?"
Pensava giusto.
Come il resto del faro quella nicchia era dipinta di bianco, una porta di ferro in una cornice di metallo che trasudava ruggine nella vernice. Si accovacciarono con la schiena contro la porta, guardando i campi arati e, ancora più in là, il mare infuriato.
"Vorrei che il vento soffiasse verso ovest," disse Thomas.
"Perché?"
"Sta perdendo petrolio."
Un argomento per cui Maurice dimostrò un disinteresse singolare.
"Niente scuola?" gli chiese.
"Ho un appuntamento."
Il fumatore aggrottò le sopracciglia ma non domandò quale.
"E tu?" replicò Thomas."Quando torni?"
"Credo che starò a casa un'altra settimana."
"Non sembri malato."
"Mi sto esercitando, sai?"
"Davvero?"
Maurice fece un sorrisetto compiaciuto e diede una tirata devastante lasciando uscire il fumo dalle falangi aperte nella classica presa del poliziotto.
"Lo sapevi," disse,"che una bella sega è come una corsa di dieci chilometri?"
Thomas non lo sapeva.
"Probabilmente mi sto facendo duecento chilometri alla settimana. Mi tengo in forma."
Tirò su col naso.
Thomas alzò il binocolo, scrutò la spiaggia e le scogliere. Il vento infuriava su tutto, strappava le ali agli uccelli e buttava per aria le alghe come una parrucca.
"Fottuti gabbiani, non so come fanno a volare in quest'inferno," osservò Thomas.
"Non sono gabbiani," disse Maurice,"sono procellarie."
"Come fai a saperlo?"
"Sono nella Bibbia. Sono un cattivo presagio, le procellarie."
"Davvero?"
"Il peggiore," aggiunse Maurice. Spense la sigaretta e si alzò in piedi."Il mio vecchio dice che sono il presagio di una malattia gravissima."
Non era verosimile che il reverendo Potts conoscesse altri generi di presagi. Thomas non voleva parlare di Potts, ma visto che Maurice l'aveva rammentato, gli domandò come stava il padre. Implicita nella domanda, naturalmente, era la reazione di Potts all'ultima visita di Thomas...
"Gli passerà," disse Maurice,"mi fa ridere, ti chiama 'Le Cattive Compagnie'."
"Davvero?"
"Il ragazzo dei Penman."
"Non è stata colpa mia."
"Dice che sei venuto su come il vomito."
Maurice si divertiva, Thomas no. Insieme si lanciarono nel vento, i capelli di Maurice soffiati di nuovo a posto, la sua sciarpa fatta a mano che gli svolazzava dietro.
"Fa freddo per essere giugno, no?"
"Già," annuì Thomas,"dov'è la tua bici?"
"Sono venuto a piedi, no?"
E tornò a piedi insieme a Thomas seguendo il sentiero finché non sbucarono sulla Bay road. Thomas salì sulla bici; il vento era dalla sua parte, ora, in pratica poteva far vela fino in città.
"Senti un po'," disse con una disinvoltura che nascondeva a malapena l'agitazione,"sai quelle 'protezioni' di cui mi parlavi? Pensi che potrei averne una?"
Maurice convertì un'espressione neutra nel sogghigno dannatamente più lascivo che Thomas avesse mai visto in vita sua.
"Va alla grande, eh?"
"Ne posso avere una?"
"E con lei il tuo 'appuntamento'?"
Il sogghigno persisteva. Thomas scosse la testa. Anche Maurice.
"Li ho usati tutti," disse.
"Usati tutti con chi?"
"Facendomi le seghe."
"Facendoti le seghe?"
"Di sinistro con un Durex: la sega viene meglio."
Thomas guardò l'orologio, era quasi il momento di andare.
"Dovrai fare il salto della quaglia," dichiarò Maurice,"le piacerà sicuramente."
Thomas si alzò su un pedale e partì, non osando domandare che cosa significasse. Gwendolin era troppo pura perché chiunque a parte lui pensasse a lei in termini sessuali. Dieci minuti più tardi era di nuovo a Broadstairs, parcheggiava la bicicletta sul lungomare e faceva gli ultimi duecento metri a piedi. Non c'era nessuno in giro e, in un giorno come quello, non sarebbe uscito nessuno se proprio non fosse stato costretto. La tempesta inseguiva le luci colorate del lungomare e dall'altra parte della spiaggia se la prendeva con il molo...
Arrivò nei pressi della sua destinazione. Guardò l'orologio. Era in anticipo. Lei gli aveva detto di arrivare quando voleva, purché dopo le undici nei giorni feriali: se veniva in un giorno feriale era sicuro di essere servito.
Indugiò per qualche minuto fuori dalla baracca. C'erano due immagini virate seppia della Sfinge e delle piramidi e la foto autografata di una celebrità. Delle tende nere riempivano il resto dello spazio, insieme a un listino prezzi. La sfera era la cosa più cara, a cinque scellini. Tarocchi, tre e sei. Mano, mezza corona. Nella baracca vicina c'era un venditore di pesce fritto chiuso con delle assi inchiodate che aveva un listino prezzi simile. Se non volevi la sfera potevi mangiare un merluzzo. O un nasello per tre e sei. Thomas all'improvviso si preoccupò per i soldi. E se lei gli avesse detto che serviva la sfera? Aveva abbastanza soldi solo per i tarocchi, o per un asinello. L'essere andato lì cominciava a sembrargli un errore di valutazione - non l'avrebbe mai preso in considerazione se non fosse stato per Gwen - e se lei avesse saputo che il depositario del segreto era Madame Olanda, probabilmente non l'avrebbe preso in considerazione nemmeno lei...
Tornò davanti alla baracca e si mise a sedere su una panca tirandosi su il bavero. C'erano anche altri problemi. Madame Olanda odiava Rob e, quando avesse visto entrare suo figlio, magari poteva rifiutarsi di ascoltarlo. E in ogni modo a che serviva? In verità non aveva bisogno della sua parte medianica, aveva bisogno di risposte e lei risposte non ne dava. Lui era il cliente sbagliato, ne sapeva abbastanza dell'indovina per immaginarlo. Lei era un'esperta di occultismo che ogni tanto parlava con i morti. I suoi clienti, nel complesso, erano signore con un piede nella fossa il cui destino era fin troppo ovvio - non molte settantenni sono disposte a credere che saranno scopate da un italiano coi baffi - nascite e matrimoni non c'entravano mai e questo restringeva in maniera sostanziale il campo di Madame Olanda. Però sulle morti non sbagliava mai. Per tutta l'estate distribuiva Canti del Cigno per tre e sei. Loro le davano il denaro, lei gli dava una data."Ma non ancora," diceva,"ancora no, per molto tempo." E loro se ne andavano felici coi loro novantun'anni sulle spalle e, come profughi, tornavano a passi pesanti nell'interno, per quelle strade tristi, ai loro bed & breakfast, a tutti i Sea Views che non ne avevano alcuna, e ai Four Winds che ne avevano solo uno, da est, carico di pioggia...
Thomas bussò alla porta della baracca."Entrate," disse una voce, e lui lo fece.
Era come entrare in un vecchio cinema sudicio, lo stesso tipo di buio, lo stesso tipo di odore. Il buio aumentava le proporzioni dello spazio e allontanava la sensazione di trovarsi in un capanno da giardino. L'aria era rancida di vapore: non capiva da dove venisse, o cosa significasse. Non capiva bene nemmeno dove fosse l'indovina. I muri erano tutti coperti di tende nere: pensò che lei si trovasse dietro uno di loro (e forse lo osservava da un forellino).
"Siediti," disse la voce.
Si sedette goffamente sull'unica sedia. Aveva un occhio addosso? Non lo sapeva, ma sentì un'ondata di fastidio, come fosse in presenza di una grande autorità, come Enright o la polizia. Davanti a lui c'era un tavolo coperto di nero, e sopra la sfera. Era più piccola di quello che immaginava, non più grande di una cipolla, appoggiata su un treppiede di ebano e ottone. Accanto, un piattino stracolmo di mozziconi di sigarette, sbaffi di rossetto color ciliegia tra la cenere...
Improvvisamente comparve un volto, con le tende trattenute intorno al mento."Sarò a tua disposizione tra un momento," disse e sparì di nuovo. Thomas si accorse che quel posto era diviso in due e il vapore proveniva dalla parte di lei. Là dietro stava bollendo qualcosa.
"Avevi un appuntamento, giovanotto?"
Fissava la tenda, non gli piaceva l'idea di doverci parlare attraverso, ma disse:"Sì, ho telefonato. Alle undici, no?".
Il vento ululava intorno alla baracca e, quando i suoi occhi si abituarono, diede un'occhiata titubante all'interno. Quel po' di luce che c'era usciva fuori dalle orbite di un teschio di scimmia e, sopra, da un fila di lampadine da albero di Natale avvolte intorno a un pezzo di pneumatico. Era stato tagliato a forma di orecchio e dipinto di rosa. Sui muri c'era inchiodata immondizia di ogni genere. C'erano dromedari in cornice, sacchi di foglie e ritratti di pellerossa che stendevano le mani verso un'alba gialla e rossa. Dominava su tutto, attaccato in qualche modo alle tende, il ritratto di una specie di dio dall'aspetto maligno con troppe braccia e un occhio al centro della fronte. Il Papa degli Inferi, c'era scritto. Um.
Altri rumori da dietro le tende e Madame Olanda uscì nella sua interezza con in mano una tazza di tè. Portava il turbante e una veste di velluto, aveva lo smalto alle unghie, rosse come fiammiferi. La metà già usati. C'era rimasto un tiro nella sua Abdulla senza filtro, che lei diede prima di schiacciare il mozzicone nel portacenere.
"Cosa ti conduce da me?" domandò.
La voce era tronfia, con sfumature di Wolverhampton. Thomas non sapeva proprio come dirlo.
"Volevo sapere qualcosa."
"Dalla sfera?"
"Non lo so," rispose lui,"pensavo di lasciar decidere a lei."
Lei si sedette dall'altra parte della sfera guardandolo e lui guardò lei. L'aveva riconosciuto? Era sicuro di no. Si erano appena visti, e sempre in penombra (e molto di rado al deposito). Anche così era nervoso per paura delle maledizioni. Ne aveva lanciata una contro Rob e non ne voleva una anche lui.
"Vuoi un po' di tè?"
"No," rispose Thomas.
La tazza si sollevò e lei bevve un sorso. Era la prima volta che la vedeva da vicino. Aveva un viso orribile, le spuntavano dei peli dal naso che sembravano zampe di insetti. A dispetto del tè nella stanza c'era un forte odore di rum. Erano le undici del mattino e lei era già ubriaca.
"Come ti chiami, ragazzo?"
"Christopher."
"Christopher come?"
"Christopher Bantock?"
C'era un punto interrogativo di troppo nella sua risposta: se ne accorse mentre lo diceva. Madame Olanda lo guardò come le avesse dato dei soldi in meno.
"Non sei qui per ordine di qualcun altro?"
"Oh no."
"Perché non pochi traviati entrano dalla mia porta come potrebbero entrare da quella di un dottore e là a descrivere sintomi, attribuendoli a un altro, quando sono loro, loro stessi, che soffrono."
"Oh no, io no. Non ho nessun sintomo."
Lo guardò abbastanza intensamente da fargli spostare gli occhi.
"Cosa cerchi, Christopher Bantock?"
"C'è un segreto?"
"Riguardo a cosa?"
"Affari di famiglia."
"Penso che parli di una morte."
"È vero."
"Di una persona cara?"
"È così."
"Con cui vuoi parlare?"
"No, in verità no, non è ancora morto."
Ci fu un lungo silenzio, con la macabra orchestra del vento.
"Avvicinati," disse lei,"dammi la mano."
Lui gliela porse con riluttanza: lei la prese tra le sue per esaminarla. Quelle mani erano peggio della faccia, rosso violaceo in tono con dita grottesche da quant'erano lunghe, con dei nodi qua e là, come il bambù. Uno di questi nodi aveva un'incrostatura di diamanti, sopra un un anello che era chiaramente di diverse misure troppo grande. Per evitare di perderlo, era assicurato sopra la nocca dell'indice con una rondella di gomma da masticare annerita.
"Vivrai molto a lungo," disse lei e sembrava fosse tutto lì, ma Thomas la guardò aspettandosi che gli chiedesse tre e sei. Alla fine lei gli lasciò andare la mano e gli rivelò qualcosa di più.
"Ci sono forse dei problemi?"
"Sì," concordò lui.
"Vedo i segni premonitori," sussurrò,"di una malattia grave."
"Malattia?" Sentì il brivido aspro dell'adrenalina che gli scorreva d'un tratto nelle cosce. Era la seconda persona nello spazio di una mattina a vedere la malattia."Che vuole dire?" domandò.
"Devo usare la sfera."
Accese un fiammifero e con quello una candela e spense la scimmia con un soffio. La baracca piombò nell'oscurità. Anche se non si aspettava un oracolo, Thomas era paralizzato. Gli occhi di entrambi erano fissi sul cristallo.
"Devo tornare indietro," disse lei, muovendo le mani verso la sfera come per sollevarla,"indietro, indietro. Quando sei nato, Christopher?"
"Il primo luglio del 1945."
"È il primo novembre del 1944."
Qualche refolo di vento trovò il modo di entrare nella baracca e gonfiò le tende facendo uscire dell'altro vapore. Qualunque cosa ci fosse stava ancora bollendo.
"Vedo una donna... vedo una moglie... c'è un appuntamento, nel West End di Londra... Un oscuro segreto... Sei tu."
"Io?"
"Vedo un albergo... baci per le scale... uniformi... vedo tuo padre con l'uniforme dell'esercito."
"Era nella RAF."
"Esercito," disse lei, confermandolo con la sfera,"era nell'esercito americano."
"Rob?"
L'involontario riferimento al nome proibito fu solo una distrazione momentanea, a malapena notata da entrambi.
"Tua madre era innamorata dell'esercito americano."
"Di tutto l'esercito?"
"Di un soldato."
"Ma mia madre si è sposata nel 1943."
"Adulterio!" esultò lei, stendendo le dita."L'adulterio si consuma nel West End di Londra... C'è amore, c'è una gravidanza, c'è un problema... Lacrime, lacrime... Tua madre porta il frutto di uno, ma è sposata con un altro... Lacrime e bugie... bugie e bugie... Camminare per strade fatte di bugie e case fatte di bugie... Vivendo tra le bugie e mentendo anche sulle bugie... Anni di bugie... finché alla fine, ecco la la verità!"
Alzò le braccia all'improvviso, come alla fine di un incantesimo. Thomas restò quasi senza fiato. Gli occhi di Madame Olanda si volsero tortuosamente al soffitto e lui li seguì, mentre erano lassù lei disse:"Io parlo di occhi che guardano ma non vedono, orecchie che ascoltano ma non sentono, lingue che mentono e tacciono la verità".
Seguì un momento di silenzio, lungo e drammatico, con nient'altro che la tempesta. Quando lei parlò di nuovo, fu tra le parentesi di un sussurro:"Con una clessidra piena di lacrime vengono scanditi questi giorni".
E quindi gli occhi si abbassarono, sporgenti come quelli di un insetto e la bocca si rianimò, parlando sempre più in fretta, schizzando saliva mentre i suoi presagi sgorgavano nell'ipnotico culmine di un inevitabile crescendo:"La verità", intonò,"la verità, repressa sotto le bugie, disprezzata, negata del suo tempo, la verità, col cuore spezzato nel buio che la soffoca, la verità, troppo terribile per rivelarsi, che non osa dire il suo nome... ma parlare dovrà, dovrà gridare forte... Il suo nome è Thomas... Il suo nome è Thomas Penman!".
"Ahhhh!" gridò Thomas."Ahhh!" indietreggiando su piedi malfermi."Oh Dio, oh Dio, lei sa!"
Lei girò intorno al tavolo, senza preoccuparsi di stare in piedi nel tragitto."Siediti," ordinò,"siediti e ascoltami."
"Mi maledirà?"
"Siediti. Siediti."
Crollò indietro sulla sedia con la lingua che gli era diventata enorme."Le ho detto di chiamarmi Bantock," farfugliò,"soltanto perché ce l'ha con Rob e pensavo che se fossi venuto qui come il figlio di Rob non mi avrebbe ricevuto."
"Non sto parlando col figlio di Rob," disse lei,"se tu fossi il figlio di Rob, non saresti il benvenuto qui. Sto parlando al nipote di tuo nonno."
"Che differenza c'è?" domandò Thomas ansimando.
"Lo vedi questo?" Olanda tuffò le dita nel davanti della sua veste e sguainò un amuleto. Oro massiccio appeso a una catena d'oro. Thomas riconobbe la forma: un crocifisso con un rubino al centro circondato da foglie di quercia...
"Che cos'è?" chiese.
"Il Sacro Ordine dei Profeti Svelati. Me l'ha dato tuo nonno, come pegno d'affetto e di fiducia."
"Chi sono i Profeti Svelati?"
"Lui è uno di loro e io sono un membro onorario."
"È un ordine religioso?"
"Sono massoni. Tu lo sai chi sono, vero?"
"No."
"Un massone è iniziato con un cappio al collo e un pugnale puntato al cuore. Ti puoi fidare di un massone." Si sedette prima di dire altro."Puoi fidarti, un massone ti dirà la verità e io ti dirò la verità, se sei pronto per riceverla."
"Lo sono."
"Lo so che lo sei e sei venuto da me appena in tempo. Tu non lo sai, Thomas, ma ho discusso di te in molte occasioni."
"Davvero?"
"Con tuo nonno. Tuo nonno e io eravamo molto intimi prima che si ammalasse... Ti fidi di tuo nonno?"
"Sì, certo."
"Allora devi fidarti di me. Sei venuto da me perché la mattina di questa grande tempesta non c'era altro posto dove andare. Tu lo capisci, vero?"
Supponeva di sì e annuì di conseguenza.
"E tu hai un segreto," proseguì lei,"costruito su un ignobile oltraggio. Così ora abbattiamo gli anni soffocanti di inganno, sotterfugio e vergogna e ti gettiamo nella luce."
"Va bene," disse lui.
"Tua madre ama un altro uomo."
"Mia madre?"
"Tuo padre è un altro uomo."
"Che vuol dire?"
"Conoscerai la verità, ma mai il tuo vero padre."
"È Rob."
"Non è vero." I suoi occhi tornarono a posarsi sulla sfera."Torna indietro con me, Thomas. Posa le mani sul tavolo e torna indietro."
Era chiaro che non ne aveva molta voglia.
"Non devi avere paura," disse lei, con toni acuti e accento di Wolverhampton,"ti parlerò di due cose, due soltanto. Amore e luce."
Lei gli prese le mani e lui la lasciò fare, le posò entrambe sul tavolo con delicatezza, come un paio di piattini.
"La verità, Thomas, io ti parlerò della verità. L'amore e la verità sono inseparabili. Metti la verità al buio e l'amore morirà, perché come può alimentarsi con questa concordia di disonestà e negazione? Cosa potrebbe prosperare qui se non le calunnie che la sostengono? Bugie che si nutrono di bugie, un'arrogante falsità che ne allatta un'altra? È un purgatorio senza luce, una buca dentro una buca, un'eternità di buche e, in ciascuna buca, un prigioniero."
"Che prigionieri?"
"I tuoi genitori, Thomas, loro sono prigionieri nelle buche e tu sei prigioniero degli imprigionati, scuoti le tue catene e urli nel buio della loro falsità. Perché dove l'amore è negato c'è la protesta, nelle viscere della notte più oscura c'è la protesta, come devi aver protestato nei tuoi anni innocenti."
"Non credo di averlo fatto."
"Oh, sì, sì, l'hai fatto. Una protesta delle più abiette. Ma non con le parole, non avresti avuto le parole. Stiamo tornando indietro, Thomas, indietro fino all'inizio, dove non c'erano parole, dove l'amore negato era una materia schifosa, schifosa e punitiva, la moneta della fogna, forse l'unica lingua che avrebbero potuto capire."
Voleva dire la merda? Sembrava proprio la merda. Era tornata sulla sfera.
"Diamo un'occhiata a qualche data. È il 1943. Tua madre si è sposata nel 1943?"
"Sì."
"Era inverno."
"Era estate."
"Va bene," disse Madame Olanda, aggiustando le stagioni alla sua sfera,"era estate, ma pioveva e faceva freddo?" Fatti che Thomas non era in grado né di smentire né di confermare."Pioggia battente sui selciati di Londra, un vento che ululava come fa oggi, e così freddo che qualcuno diceva che sembrava inverno? Ha sposato Rob in un edificio di mattoni rossi al piano terra e, poco dopo, lui era in guerra, nella RAF."
"Sì."
"Era un pilota?"
"Era un navigatore."
"Era un navigatore vicino a un pilota?"
"Sì, sullo stesso aeroplano."
"È il 1944. Settembre 1944. Il 15 ti dice niente?"
"No," disse Thomas.
"Fu allora che incontrò un uomo," alzò brevemente un solo occhio, con tutta l'eloquenza del mestiere,"un uomo con i capelli scuri, gli occhi verdi e orecchie insolitamente grandi. Un uomo americano, un bel soldato. Fu sopraffatta dall'emozione, proprio lì e allora ci fu una notte d'amore."
Seguì un silenzio magnetico, durante il quale si avvicinò all'oracolo. Sembrava avesse notato qualcosa di importante.
"Oh povera me, oh povera me."
"Che?" chiese Thomas.
"21 settembre? Rob è in licenza per una settimana. Il destino ha trattenuto il fiato. Novembre. Dicembre. Lacrime a Natale?"
"Natale?"
Fece un riassunto sconvolgente di quella terribile stagione, Rob partito, lo yankee tornato e Mabs nel gabinetto con una gruccia e una bottiglia di gin...
"Troppo tardi. Troppo tardi. Il seme era stato piantato. 1945. Una lettera da Rob? Come dovrebbe rispondere? La guerra era finita, lei era incinta, sarebbe andata in America. Aprile. Gli alberi di melo in fiore. La guerra finì tra le lacrime. L'americano partì all'improvviso, fece i bagagli per Chicago in piena notte. Lei venne abbandonata, con il figlio di un altro e Rob che tornava a casa. Che poteva fare? Un male estremo richiedeva un estremo rimedio. Questo concepimento nel peccato coincideva con una delle licenze, poteva essere stato di Rob. Perché non poteva essere suo? Era suo. Lei gli diede il bambino."
Se Thomas provava qualcosa, non sapeva che cosa. L'unica cosa di cui era cosciente erano le sue orecchie, che ascoltavano.
"Andò tutto bene," continuò Olanda,"come può andar bene questo genere di cose. Poi arrivarono le lettere. Lettere indecenti, lettere dall'America. Nel 1948 lui scoprì tutto. Non era per niente figlio suo! Bugie e lacrime. Ora toccava a Rob trovarsi a mal partito, toccava a lui decidere cosa fare. Doveva restare, perdonare, crescere il bambino come fosse suo? O doveva dichiarare solennemente la sua ferita, troppo dolore per poterlo sopportare e andarsene? Non fece nessuna delle due cose. Non perdonò e non se ne andò. La perfidia fu la sua vendetta. L'odiava e la punì punendo il bambino, negandogli il diritto a un padre amorevole, anche quello a una madre amorevole. Tua madre sul banco degli accusati. La sua vergogna era così profonda che non riuscì mai a proteggerti. Eri una testimonianza ambulante della sua colpa. Un tradimento vivente. Il segreto, Thomas, sei tu."
Thomas si accorse di stare trattenendo il respiro. Perfino le ombre erano immobili. Dopo quello che fu un considerevole silenzio, lei soffiò sulla candela e riaccese la scimmia. Il vento andava in giro per la baracca, tormentando le tende, facendo uscire altro vapore. Thomas sedeva fissando il cristallo, poi di nuovo lei. Aveva voluto scoprire il segreto, ma non si aspettava niente del genere. Essendo formulata da questa strega, un'accusa del genere era ai limiti dell'incredibile. Aveva un interesse personale. Eppure in qualche modo le credeva. Era ancora stordito e ciò, forse, era una fortuna.
"Ho così tante cose cui pensare," confessò.
"No, in realtà il tuo piano migliore è concentrarti su una sola."
"Perché me l'ha detto?"
"Sei venuto qui e me l'hai chiesto."
"Sì, ma non mi aspettavo tutto questo."
"Avresti preferito un'altra bugia?"
Non aveva niente da dire e allora tacque. Volle domandare solo qualcosa sul vapore.
"È il mio fornello a petrolio," gli rispose,"vuoi un po' di tè?"
"No."
"Qualche consiglio allora?" Si alzò."Quando combatti contro i demoni, è meglio avere una sola spada in mano che il peso di dieci."
"Che vuoi dire?"
"Ora sei libero, Thomas, hai la verità. È la sola arma di cui hai bisogno."
Toccò a lui di alzarsi, con le mani in tasca, annaspando in cerca di parole e di soldi.
"Quanto le devo?" disse.
"Non mi devi niente. Non devi niente nemmeno a loro."
Era un pensiero sconvolgente, ma in quel momento si sentiva più vicino a questa brutta vecchia megera che a sua madre.
"È meglio che vada."
Guardò la porta e si apprestò a oltrepassarla con gli occhi dell'indovina su di sé.
"Fai la corte a qualcuno, Thomas?"
"Che?"
"Esci con una ragazza?"
"Sì."
"Allora devi stare attento," disse lei,"ricordati le parole di Um. Perché come dice il profeta: 'Quello che è successo prima, quasi certamente succederà anche dopo'."
Che voleva dire? Non poteva affrontare un'altra autopsia come quella e non si trattenne per domandarglielo. Cominciò a camminare ed era già a metà strada verso casa quando si rese conto che avrebbe dovuto essere in bicicletta. Troppo tardi per tornare indietro, ed era meglio camminare comunque, gli dava il tempo di pensare. Le rivelazioni di Madame Olanda erano stupefacenti, ma sinceramente non poteva dire di essere proprio stupito. Combattendo contro il tempaccio lungo Ramsgate road pensò a uno dei possibili motivi. Non puoi sentirti davvero stupefatto se non puoi far circolare la notizia, dirla a qualcun altro e stupire anche lui. Lo stupore acquista un valore solo nella sua comunicazione. Ma se ciò che aveva detto Madame Olanda era vero, lo sapevano già tutti e lui a ogni modo non poteva proprio discuterne con loro. E allora che valore aveva? Era andato lì per dissotterrare uno scheletro e ne aveva stanato un altro (in verità non aveva nemmeno domandato della relazione tra Walter e Rob). Il segreto era diventato un altro segreto. Era come scoprire la penicillina e dover tenere tutto per sé. Che importava se Rob era o non era suo padre? Se la sfera aveva ragione non l'avrebbe mai saputo per certo. E chiunque fosse quell'altro stronzo, doveva essere stato una terribile canaglia a svignarsela e a piantare in asso Mabs in quel modo. Che bella scelta di padri.
La difficoltà, chiaramente, era separare le informazioni che l'indovina aveva raccolto tramite Walter da quelle fornite dalla sfera. La sfera diceva che Mabs era entrata in un gabinetto con lui e una bottiglia di gin. Doveva essere Gordon's. Fu soltanto quando i suoi pensieri passarono a concentrarsi su sua madre che cominciò a sentire un po' di dolore. Se Madame Olanda aveva ragione, voleva dire che Mabs aveva cominciato a respingerlo addirittura prima che nascesse - non soltanto un bastardo, ma un aborto mancato - nessuno poteva sentirsi a suo agio con quel pensiero. Per uno o due chilometri si sentì molto depresso: era una calunnia troppo grande da sopportare. E poi, certo, in aggiunta, c'era un'altra ipotesi da considerare, contraddittoria e completamente nuova, cioè che forse Madame Olanda si era inventata tutto. Lei disprezzava Rob, ed era perfettamente capace di raffazzonare tutto ciò per il suo rancore. Anche lui la odiava. Odiava i suoi uccelli. Si era preso gioco dei suoi mariti. Forse lei si stava vendicando?
Mentre si avvicinava a casa, sollevò meccanicamente lo sguardo verso una finestra del piano di sopra, sapendo che avrebbe dovuto scoprirlo.
C'era soltanto una persona che conosceva la verità ed era anche in grado di raccontarla, era Walter. Avrebbe dovuto andare da lui e confessare tutto, dirgli che aveva letto la lettera, dirgli perché l'aveva letta, dirgli che stava cercando di impossessarsi dell'archivio pornografico, dirgli la verità...
Ethel stava scendendo le scale mentre lui entrava. Il vento s'impadronì della porta e la sbatté dietro di lui. Voleva andare subito su e l'avrebbe fatto se non fosse stato per l'espressione sul viso di sua nonna. Stava succedendo qualcosa e fu l'argomento della sua domanda.
"Tuo nonno sta male," affermò lei,"ho già telefonato al dottore una volta. Dovrò chiamarlo ancora."
"Vado su a vederlo," disse Thomas.
"Ora no. Si è appena addormentato."
Continuò fino al suo salottino e lui la seguì. Ethel non era molto pratica del telefono. Non le piaceva, compose il numero, con le labbra che si muovevano come cercasse di ricordare le istruzioni. Fino a poco tempo prima quel telefono stava nell'ingresso e lei lo considerava così: un visitatore, un estraneo con cui parlare restando sulla porta. Quando l'ambulatorio rispose era ovvio che la voce che ci lavorava la faceva sentire a disagio. Era evidentemente una centralinista diversa e Thomas ascoltò mentre le raccontava di nuovo tutto.
"Sembra non riesca a calmarsi," disse. Aveva le visioni e sembrava che non la riconoscesse. Aveva preso le sue pillole, ma si lamentava per il dolore. Si scusava del disturbo, ma sarebbe stato possibile per il dottore venire subito?
Ethel sentì le scuse dall'altra parte del filo, chiese scusa a sua volta e riabbassò il ricevitore come appartenesse a qualcuno più importante di lei.
"Dicono che verrà appena possibile."
"Mamma è su con lui?"
"No. È fuori."
"Dove?"
"Non fare domande, non ti diranno bugie."
Si sedette sulla sua poltrona ad aspettare. Quando qualcuno attende non puoi fare altro che attendere insieme a lui, è più o meno in quel modo che trascorse il pomeriggio. Lunghi silenzi e lunghi pensieri. Thomas era tanto ansioso per l'arrivo del dottore quanto Ethel. Chiaramente, finché non si fosse verificata quell'eventualità, c'erano ben poche possibilità di poter andare a far visita a Walter.
"Non sarebbe potuto accadere in un giorno peggiore," disse Ethel.
Thomas annuì senza preoccuparsi di che cosa aveva detto. Non faceva altro che pensare. Era tornato all'inizio e stava ricominciando tutto da capo. Certo la maggior parte di ciò che aveva detto Madame Olanda era del tutto sensato e molto si poteva anche dimostrare. Ma a che si riferiva tutto quel discorso sulla fogna?"Schifosa e punitiva?""Una protesta delle più abiette?" Voleva dire che si cacava addosso perché Mabs non gli voleva bene? Per quel che si ricordava, si cacava addosso perché gli piaceva. Era uno dei suoi pochi grandi piaceri. Ma allora, che ne sapeva? Forse la Borsa del Sabato era una specie di protesta? Forse la stava punendo, sebbene in un modo singolare? Quel pensiero, come il resto, non lo portò da nessuna parte. Non riusciva a trovare le parole per riordinare le dinamiche di tutto ciò - cosa che in un certo senso ripeteva quello che aveva detto Madame Olanda - non avresti avuto le parole, aveva detto...
"Dovrebbe essere in ospedale, davvero."
La voce era piena di anni e di pena, la frase era detta come facesse parte dello svolgersi di qualche conversazione, e in verità era proprio così. Thomas la guardò, accorgendosi che era già trascorso metà pomeriggio, e per ogni singolo istante lei era rimasta lì a sedere a preoccuparsi esclusivamente per Walter. Dopo tutti quegli anni c'era ancora un po' d'amore, lo fece sentire triste e in colpa.
"Andrà tutto bene, nonna."
"Non sarebbe potuto capitare in un momento peggiore," ribatté lei.
Fuori arrivò una macchina ed Ethel si alzò per poter guardare meglio dalla finestra. Non era la macchina che voleva. Era Rob.
"È tornato presto," disse lei.
E neanche un minuto dopo era tornata anche Bel. La sentirono che lasciava cadere lo zaino nell'ingresso e andava subito di sopra. Ethel si tolse gli occhiali, si sedette e se li rimise.
"Speravo fosse il dottore. O almeno che fosse tornata tua madre."
"Dov'è, nonna?"
"A Canterbury."
Era una risposta dovuta più che altro alla distrazione. Thomas si fece subito sotto.
"A Canterbury? E cosa ci fa a Canterbury?"
Ethel si accorse che qualcosa le era sfuggito senza volerlo, ma non sapeva bene cosa. Ignorava quanto Thomas sapeva. La richiesta di chiarimento fu simultanea.
"È andata là per divorziare da lui?"
Ci fu una pausa piena di apprensione. La sua reticenza era innocente.
"Io non c'entro niente, Tom. Me ne tengo fuori."
Thomas era in piedi, incalzando, mantenendola su un piano di amicizia.
"A me lo puoi dire, nonna. So già tutto di Brackett, e di Ruby Dietrolangolo. E delle assisi. È per questo che è andata a Canterbury?"
"Se è così," disse Ethel,"non l'hai saputo da me."
Un pollice, riferito a Rob, indicò sopra la spalla di Thomas.
"Lui lo sa?"
"Non lo so."
"Beh, lo deve sapere. Che senso ha divorziare da lui se lui non lo sa?"
"Non lo so, Thomas, ho abbastanza cose cui pensare per conto mio. Me ne tengo fuori."
Con un senso del tempo che non era lontano dalla perfezione, l'Anglia spuntò dal vialetto. Thomas la vide arrivare e si sentì drizzare i capelli. Non voleva assolutamente trovarsi nei paraggi quando Mabs fosse tornata. Se il bigamo diventava una bestia, erano affari loro, era il loro matrimonio e il loro divorzio. Lui sarebbe stato dietro i chiavistelli.
"Anch'io me ne chiamo fuori, nonna." Si voltò, già a metà fuori dalla porta."Vado a parlare con Bel. Me lo fai sapere quando va via il dottore?"
Salì le scale a due gradini per volta. Dalla camera della sorella si sentiva della musica. Stava per entrare, ma non lo fece. Perché glielo avrebbe dovuto dire? Non lo avrebbe fatto, probabilmente lei lo sapeva già. L'aveva vista la mattina e lei non glielo aveva detto. Era meglio tenere la bocca chiusa finché non si fossero viste le conseguenze di quegli eventi? Diede una gomitata alla porta di Bel ed entrò nella sua. La chiuse e tirò i chiavistelli e non successe niente per più di un'ora.
Poi qualcuno bussò.
"Chi è?" domandò Thomas.
"Sono io. Bel."
La tensione del momento svanì presto. Lo sapevano entrambi ed entrambi sapevano di sapere.
"Quando te lo ha detto?"
"Mezz'ora fa."
"Lui lo sa?" chiese Thomas.
"Sì."
"L'ha picchiata?"
"Nessuno dei due ha detto una parola."
Il vento soffiava contro il retro della casa. Condivisero come potevano un'espressione incredula.
"Non me ne importa un cazzo," disse Bel,"sono molto più preoccupata per il nonno. Il dottore gli farà un'iniezione."
"Quando è arrivato?"
"Ora è dentro." Si scostò i capelli dal viso."In ogni modo lei mi ha mandato a dirti che la cena è pronta."
"La cena?" chiese Thomas."Che vuoi dire?"
"C'è un fritto misto, su dei vassoi."
"Rob si mangia un fritto misto?"
Pareva proprio di sì.
Thomas sembrava ammutolito, ma in realtà non lo era.
"Lei è andata fuori e ha divorziato, poi è tornata e gli ha preparato una cena del cazzo?"
Bel annuì, da qualche parte sbatté una porta.
"Non ci credo," disse Thomas,"e non voglio mangiare."
"Se loro non dicono niente, perché dovremmo farlo noi?" Sua sorella fece uno o due passi per il corridoio."Forza, scendiamo e mangiamo, e basta."
Era ancora in cottura quando entrarono in cucina. In Town Tonight alla TV e Rob con gli occhiali da sole. Si era versato uno scotch. Per convenzione, il posto di Thomas era all'estremità opposta dello stesso divano. Si sedette e sentì il profumo delle uova. Il dobermann arrivò per la sua palpatina. Lui osservava Rob (anche se non lo stava guardando), gli parve lampante, non c'era alcuna somiglianza fisica. Rob era biondo e un vero rinoceronte, Thomas scuro e magro come uno stecco. Erano quello che erano sempre stati, estranei che la sorte a quanto pareva aveva messo nella stessa casa. Seguì il notiziario: era un'altra serata come tutte. Niente di diverso, a parte il fatto che suo padre non era suo padre e non era nemmeno più sposato con sua madre.
Mabs entrò con il primo vassoio. Portava un vestito di lana color camoscio e un paio di scarpe scollate, a tacco alto, era stata dal parrucchiere. Aveva una curiosa espressione di soddisfazione, non ci avresti scommesso ma sembrava in qualche modo compiaciuta di sé. Era tipico di lei, essere compiaciuta per l'attenzione di qualche stronzo di avvocato,"Prego, lasci che le baci il culo." Aveva rimesso i fogli di plastica, che facevano cic ciac sotto i piedi. Rob non guardava lei ma intorno a lei, per tenere gli occhi sulla TV. Quando gli si avvicinò, diede un calcio a uno stronzo con il lato della scarpa. Lo fece con una mossa esperta, con tale astuta indifferenza che Thomas si sorprese addirittura che l'avesse visto. Forse era uno di quelli vecchi, già notato in precedenza, lei aveva già pensato di toglierlo di mezzo? Rotolò sotto la televisione.
Rob ebbe il suo vassoio di fritto misto, uova comprese, e anche funghi che trasudavano un'acqua nera. Mentre il resto dei vassoi arrivava in tavola finì il suo whisky e cominciò a mangiare con gli occhi sempre fissi sullo schermo. L'attenzione di Thomas era rivolta allo stronzo sotto il televisore: stava riflettendo su ciò che aveva detto suo nonno."Lei pensa che lui le stia tirando la merda addosso, e allora glielo dice con la merda." Ecco che cosa aveva detto, o in ogni modo qualcosa del genere. Walter sapeva tutto. Quello che aveva detto il nonno era sensato. E anche ciò che aveva detto Madame Olanda sembrava verosimile. L'ambiente in cui viveva era un profondo riconoscimento dell'impotenza delle parole, della loro mancanza di valore. Anche se si fosse verificata l'opportunità (ed era qualcosa di inconcepibile), Thomas non riusciva a pensare che cosa avrebbe potuto dire, di cosa discutere con loro. Eppure non aveva più spazio nella mente per l'agitazione con cui stava lottando. Voleva alzarsi e gridargli contro, cacciargli quei fottuti funghi giù per la gola. Chi cazzo credete di essere? Che cazzo credete di fare? Come fate a star lì seduti tutti tranquilli col vostro mediocre divorzio e i funghi? Lo sapete che sto per fare? Ve lo dico cosa sto per fare. Sto per fare una tonnellata di esplosivo del cazzo, dieci tonnellate del cazzo e sto per spargere detonatori per tutta questa cazzo di casa di merda e farla saltare questa bastarda e sbriciolarla.
Mangiò il suo bacon e l'uovo sopra il pane fritto. Senza volere, guardò Bel dall'altra parte della tavola. Lei da che parte stava? Non dalla loro e questa era una consolazione. Ma tutto questo non poteva voler dire che lei non era la sua vera sorella? Tutt'al più era la sua sorellastra. Aveva bisogno di vedere Walter, in fretta. Aveva bisogno di sapere chi era.
In coda al notiziario c'era un servizio su quello che tutti potevano vedere dalla finestra. C'era una tempesta nel Kent. C'erano immagini di onde che s'infrangevano sulle dighe foranee a Dover. La giornalista menzionava anche la petroliera spagnola incagliata, ma di quella non avevano le immagini."È sugli scogli," diceva, dimostrando di non conoscere le secche di Goodwin."E perde migliaia di tonnellate di petrolio." Quelle erano le notizie. Dall'ingresso ne arrivavano di migliori. Thomas sentì il dottore andar via. Lo guardò incamminarsi lungo il vialetto, tenendosi il cappello, e salire su una Vauxhall gialla.
Dieci minuti più tardi, Thomas era diretto al piano di sopra. Sarebbe entrato difilato in camera di suo nonno, sennonché Ethel era di nuovo nei paraggi.
"Non entrare adesso, Tom. Il dottore gli ha dato qualcosa per dormire."
"Solo un minuto? Voglio vederlo solo per un minuto."
Lei lo guardò senza sentimento, c'era troppa stanchezza sul suo viso per mostrare altro.
"Solo un minuto, nonna."
"Non dire niente di Canterbury."
"Va bene."
Ethel trovò la ringhiera, scosse la testa e continuò per la sua strada. C'era un odore strano per le scale, che diventò più intenso mentre si infilava in silenzio in camera di Walter. Era un odore metallico e dolciastro. Un odore come di bambini, eppure l'opposto di quello. Era un odore complesso che Thomas non aveva mai incontrato prima, ma lo capì subito che cos'era, era la morte...
Il vento percorreva il tetto a passi pesanti, faceva tremare le tende che erano chiuse a metà. Fuori la sera stava diventando verdastra. C'era una sedia già pronta: Thomas l'avvicinò al letto e si sedette, guardando suo nonno. Walter era sdraiato sulla schiena, avviluppato in un pigiama a strisce bianche e azzurre, la barba ispida e argentea sul volto non rasato. Aveva gli occhi aperti e rivolti, sbarrati, verso l'alto. Non mostrò affatto di essersi accorto di Thomas, nemmeno dopo che questi ebbe ripetuto il suo nome.
"Sono io, nonno."
Allungò il braccio e prese la mano del vecchio, o piuttosto posò una mano sopra una delle sue.
"Puoi sentirmi?"
Thomas sentiva soltanto il respiro di Walter, lento e affannoso, come se l'aria gli facesse male. Dopo che quelle parole si tramutarono in un silenzio interminabile, Walter voltò il viso verso il ragazzo.
Sì, era probabile che lo sentisse.
"Ho bisogno di domandarti qualcosa," sussurrò Thomas,"scusa se te lo chiedo adesso."
Walter lo fissò con una tale mancanza di espressione, come non lo vedesse. I suoi occhi erano le finestre di una fabbrica abbandonata, così affossati nel cranio che sembrava un uccello in decomposizione.
Thomas si schiarì ripetutamente la gola, ancora brancolando in cerca del modo giusto di sputare il rospo...
"Sono stato a far visita a Madame Olanda stamani. Sai, l'indovina. Mi ha detto ogni genere di cose sul periodo prima della mia nascita. Mi ha detto delle cose strane su mamma e Rob."
Nessun cambiamento nell'espressione, o nel tono impacciato di Thomas.
"Madame Olanda odia Rob, per via dei piccioni. E volevo sapere se ciò che mi ha detto è vero."
Continuò, raccontandogli tutta la storia quasi parola per parola, come Madame Olanda l'aveva raccontata a lui. Gli raccontò dell'adulterio nel West End di Londra, dell'americano che se n'era andato a Chicago, gli raccontò persino del gabinetto e della bottiglia di gin...
"Hai detto che stavo cercando il segreto sbagliato. Quello giusto è questo? È per questo motivo che non parli con Rob? Non a causa di mamma? A causa mia?"
Durante tutto quel discorso Walter non si era mosso. Nemmeno una palpebra. Thomas era preoccupato che non avesse nemmeno la forza di ascoltare.
"Sei il solo cui posso chiederlo, nonno. Nessun altro mi dirà la verità. Non è perché voglio dare la colpa a qualcuno, voglio solo sapere chi sono."
Di nuovo silenzio riempito dal vento. Involontariamente sentì la propria mano chiudersi su quella di Walter, e ci fu una reazione. Quel poco di vita che gli era rimasto lo mise tutto in quel gesto. Anche Walter gli strinse la mano.
Anche se non riusciva a dirlo, Thomas comprese che suo nonno l'amava, e restò seduto, aggrappato alla mano del vecchio, finché la stanza non diventò buia e non ci fu nient'altro da ascoltare che la tempesta.