XIX

Robineau lo trasse dalla sua solitudine.

“Signor direttore, ho pensato... Si potrebbe forse tentare...”

Non aveva nessuna proposta da fare, ma dimostrava così la sua buona volontà. Avrebbe tanto voluto trovare una soluzione, e l’andava cercando come si cerca quella d’un rebus. Egli trovava sempre soluzioni che Rivière non ascoltava mai: “Vede, Robineau, nella vita non ci sono soluzioni. Ci sono delle forze in cammino: bisogna crearle, e le soluzioni vengono dopo.” Così Robineau limitava la sua parte a creare una forza in cammino nella corporazione dei meccanici. Un’umile forza in marcia che preservava dalla ruggine i mozzi delle eliche.

Ma gli avvenimenti di quella notte trovavano Robineau disarmato. Il suo titolo d’ispettore non aveva alcun potere sugli uragani, né su un equipaggio fantasma, il quale non si dibatteva più per guadagnare un premio d’esattezza, ma per sfuggire a una sola sanzione, che annullava quelle di Robineau: la morte.

E Robineau, ormai inutile, errava per gli uffici senza lavoro.

La moglie di Fabien si fece annunciare. Essa attendeva, spinta dall’inquietudine, nell’ufficio dei segretari, che Rivière si decidesse a riceverla. I segretari, di sottecchi, alzavano gli occhi verso il suo volto; ed essa ne provava una specie di vergogna e guardava timorosa intorno a sé: tutto qui la respingeva. Quegli uomini che continuavano il loro lavoro, come se passassero su un cadavere; quegli incartamenti nei quali la vita umana, la sofferenza umana non lasciavano che un residuo di cifre dure. Cercava dei segni che le parlassero di Fabien. In casa sua tutto parlava di quell’assenza: il letto colle coltri ripiegate, il caffè pronto, un mazzo di fiori... Qui, non scopriva alcun segno. Tutto s’opponeva all’amicizia, alla pietà, al ricordo. La sola frase che riuscì a cogliere, perché nessuno alzava la voce dinanzi a lei, fu la bestemmia d’un impiegato, che reclamava un borderò. “... Il borderò delle dinamo, santo Dio!, che dobbiamo spedire a Santos.” Alzò gli occhi su quell’uomo, con un’espressione d’infinito stupore; poi sul muro ov’era appesa una carta. Le sue labbra tremavano un po’, appena.

La giovane donna intuiva con imbarazzo come lì essa esprimesse una verità nemica, e rimpiangeva quasi d’essere venuta, avrebbe voluto nascondersi, e, per tema d’essere troppo notata, si faceva forza per non tossire e per non piangere. Si scopriva sconveniente, come se fosse nuda. Ma la sua verità era così forte, che gli sguardi furtivi risalivano, instancabilmente, a leggerla sul suo viso. Quella donna era molto bella. Rivelava agli uomini il mondo sacro della felicità; rivelava quale materia augusta si tocchi talvolta, senza saperlo, operando. Sotto tanti sguardi, chiuse gli occhi. Rivelava quale pace, senza saperlo, si possa distruggere.

Rivière la ricevette.

Essa veniva a perorare timidamente per i suoi fiori, per il suo caffè pronto, per la sua carne giovane. E di nuovo, in quell’ufficio ancora più freddo, il lieve tremito delle sue labbra ricominciò. Anch’essa scopriva la sua verità in questo mondo diverso dal suo, inesprimibile. Tutto quello che v’era in lei d’amore quasi selvaggio a furia di fervore, di devozione, le pareva assumere qui un volto importuno, egoista.

E avrebbe voluto fuggire: “La disturbo...”

“Signora”, disse Rivière, “lei non mi disturba. Disgraziatamente, signora, tanto io che lei non possiamo fare altro che attendere.”

Essa alzò lievemente le spalle e Rivière comprese il senso di quel gesto: “A che serviranno quella lampada, quel pranzo pronto, quei fiori che ritroverò a casa...” Un giorno una giovane madre aveva confessato a Rivière: “Non sono ancora riuscita a capire la morte del mio bimbo. Sono le piccole cose che si mostrano più dure: i vestitini che ritrovo, e, se mi risveglio la notte, quella tenerezza, che mi sale ugualmente al cuore, inutile ormai come il mio latte...” Anche per questa donna, la morte di Fabien comincerà domani, in ogni atto ormai vano, in ogni oggetto. Così Fabien lascerà lentamente la sua casa. Rivière taceva una profonda pietà.

“Signora...”

La giovane donna si ritirava con un sorriso quasi umile, ignorando quale fosse la sua forza.

Rivière sedette, un po’ pesante.

“Anche lei mi aiuta a scoprire quello che cercavo...”

Batteva distrattamente il dito sui telegrammi di protezione degli scali del nord. Pensava: “Noi non chiediamo d’essere eterni, ma di non vedere gli atti e le cose perdere improvvisamente il loro senso. Allora il vuoto che ci sta intorno si mostra...”

I suoi sguardi caddero sui telegrammi.

“Ed ecco, come tra noi, s’introduce la morte: questi messaggi che non hanno più senso alcuno...”

Guardò Robineau. Quel ragazzo mediocre, ormai inutile, non aveva più senso. Rivière gli disse quasi duramente: “Debbo cercarle io qualche cosa da fare?”

Poi Rivière aprì la porta che dava nella sala dei segretari, e la scomparsa di Fabien lo colpì, evidente, a certi segni che la signora Fabien non aveva visto. La scheda dell’RB 903, l’aeroplano di Fabien, figurava già sul quadro murale, nella colonna del materiale scomparso. I segretari che preparavano le carte del corriere d’Europa, sapendo che sarebbe partito in ritardo, lavoravano di malavoglia. Dal campo venivano chieste telefonicamente istruzioni per le squadre che, ormai, vegliavano inutilmente. Le funzioni della vita erano rallentate. “La morte, eccola!” pensò Rivière. La sua opera era simile a un veliero in panne, senza vento, sul mare.

E udì la voce di Robineau: “Signor direttore... Erano sposati da appena sei settimane.”

“Vada a lavorare.”

Rivière guardava sempre i segretari, e, di là di quelli, gli uomini di manovra, i meccanici, i piloti, tutti quelli che l’avevano aiutato nella sua opera, con fede di costruttori. Pensò alle piccole città d’un tempo che udivano parlare delle “isole” e si costruivano una nave. Per caricarla con le loro speranze. Perché gli uomini potessero vedere le loro speranze aprire le vele sul mare. Fatti tutti più grandi, tratti fuori di se stessi, liberati da una nave. “Lo scopo, forse, non giustifica niente, ma l’azione libera dalla morte. Quegli uomini duravano grazie alla loro nave.”

E anche Rivière lotterà contro la morte, quando renderà ai telegrammi il loro senso, la loro inquietudine alle squadre di turno e ai piloti la loro drammatica meta. Quando la vita rianimerà quell’opera, come il vento, in alto mare, un veliero.