Abbraccia il crocifisso ai fianchi, la faccia pressata al ventre. Cammina di lato, gambe un poco divaricate, non respira, fatica a vedere. Una mano del Cristo urta lo stipite della porta, la donna perde il passo, sbatte la schiena, si regge. Un lampo, dal lucernaio del piano di sotto, apre dinanzi la notte. Le ombre si creano e si rincorrono. Sul pianerottolo, qualcosa striscia. È un istante e il buio si richiude. L’istante dopo il tuono e alla donna mancano le forze. Fa ancora un passo, il crocifisso pesa, se lo lascia scivolare addosso fino a che le punte dei piedi toccano il pavimento. Si volta. Il Cristo resta in equilibrio, dietro di lei, sovrastandola, appena piegato a sinistra, le scapole alla parete.
La luce dall’appartamento dà forma al corpo e quel corpo, nudo, tende un braccio. La donna trema, lo stomaco indurito, i polmoni vuoti. Vuole respirare, proteggersi dentro la casa.
Il cellulare vibra sul tavolo e lui apre gli occhi. Ha la testa infossata nelle braccia, la bottiglia di gin quasi vuota, le sigarette, i dieci euro ancora arrotolati. Sente la pioggia, il vento che infuria sul balcone. Accetta la chiamata, risponde che arriva, si mette in piedi. Quello che vede, appena uscito sul pianerottolo, è un crocifisso delle dimensioni di un uomo e, per terra, le gambe, il corpo nudo, le ali sulla schiena inarcata, la testa sotto un braccio proteso verso la tromba delle scale. Scende due gradini, si piega sulle ginocchia per cercarne il viso. Gli tocca una spalla, il corpo rimane immobile. Alla sua destra, invece, qualcosa si muove, lo percepisce appena, accenna a voltarsi. Il colpo è devastante, il tuono sbraita, il vento si rincorre, la plastica delle impalcature sembra volersi strappare e gli scrosci di pioggia si gonfiano in una furia malsana, si riversano sul condominio, sulle utilitarie parcheggiate, sulla strada deserta, sui lampioni che ondeggiano, sui tombini che strabordano e la luce, sulle scale, si spegne.