VII

VITA E MORTE

Vivere la propria vita non è mai facile. La morte è ancora più difficile.

In ricordo di Holbrooke

Titolo del «New York Times»:

Richard C. Holbrooke, 1941-2010: Una forte voce americana nella diplomazia e nelle crisi

Giovedì 16 dicembre 2010

«New York Times»

Al direttore:

quando accompagnai l’ambasciatore Richard Holbrooke in una visita personale all’appena aperto Rose Center for Earth and Space e all’Hayden Planetarium nel 2000, non potei fare a meno di notare quanto fosse schietto nell’esternare la sua vasta e profonda curiosità sul cosmo.

La vera competenza scientifica di base non risiede tanto in ciò che si sa, quanto nel modo in cui il proprio cervello è attrezzato per fare domande. Nel seguito della visita Holbrooke mi confessò che, da allievo della Brown University, aveva studiato fisica prima di passare alla politica.

Non riuscii a resistere alla tentazione di chiedergli se tale dimestichezza con la fisica avesse avuto un qualche rilievo nella sua carriera di diplomatico, specialmente in zone del mondo cariche di tensione e lacerate dalla guerra che sono refrattarie ad accordi di pace negoziati.

Mi rispose con enfasi di sì, citando la pratica ispirata alla fisica di vagliare cause e fenomeni, spogliati di ogni orpello, alla ricerca dei loro elementi chiave. Per arrivarci, occorre valutare come e quando ignorare i particolari di contorno, che possono dare l’illusione di essere importanti, ma in definitiva sono spesso distrazioni estranee alle soluzioni di problemi altrimenti intrattabili.

La carriera del signor Holbrooke è stata un esempio vivente della necessità a livello mondiale di negoziatori di pace dotati di una più solida formazione scientifica.

Neil deGrasse Tyson

New York

Morto che parla

Mercoledì 27 marzo 2019

Caro cugino Neil,

il giorno dopo la morte di mio padre sono andato nella camera ardente a vedere il suo corpo. Era malato da quasi un decennio in seguito a una serie di attacchi debilitanti e la sua morte, per quanto dolorosa, era attesa.

Entrato nella stanza, potevo a malapena vedere la salma distesa su un tavolo di fronte a me. Raccolsi il coraggio e mi resi conto che era venuto il momento di dargli l’addio. Proprio in quel mentre sentii una vecchia voce familiare dirmi: «Che c…o stai facendo, ragazzo? Vattene di qui!».

Mi fermai di colpo e mi guardai intorno, soltanto per scoprire che non c’era nessuno.

Conoscevo quella voce, ma non l’avevo più sentita da dieci anni. L’ictus gliel’aveva cambiata per sempre; eppure sapevo con tutto me stesso che la voce che avevo sentito apparteneva a mio padre.

Anche sentirgli usare le parole «ragazzo» e «c…o» confermava che era proprio lui. Mi chiamava sempre così, e per lui c…o era soltanto un intercalare.

Senza pensarci, dissi (ad alta voce): «Sono qui per vedere te». Mi rispose: «Io non sono qui!». Stavo per andarmene, ma mi bloccai, mi voltai e dissi: «No! Sono venuto per vederti e ti vedrò!». E lui: «Va bene, vai a vedere».

Nell’avvicinarmi al corpo non ero più triste. Mentre lo guardavo, con l’incarnato cereo e il viso deformato dal tubo dell’ossigeno che gli avevano messo, lo sentii dire: «Visto? Te l’avevo detto che non sono qui».

Più felice e sereno di quanto fossi stato soltanto qualche minuto prima, me la squagliai letteralmente dalla camera ardente. Ad anni di distanza, tutto ciò mi sembra ancora reale ma da un punto di vista logico non ha senso.

Che cosa pensi che sia accaduto in realtà?

Seanlai Cochrane

Delray Beach, Florida

Ornamento di separazione

Caro Seanlai,

o il mio cugino di primo grado (il tuo defunto padre) ti stava realmente parlando, oppure hai sentito la sua voce in un’allucinazione acustica. Sebbene questa seconda alternativa sia di gran lunga la più probabile, permettimi di suggerirti un esperimento da fare se qualcosa del genere ti accadesse nuovamente.

La prossima volta che un morto ti parla, cerca di fare una conversazione che ti dia più informazioni. Cerca di raccogliere informazioni sull’aldilà. Sii curioso. Fai delle buone domande. Eccone alcune che mi vengono in mente:

  • Dove sei di preciso?
  • C’è qualcun altro lì? Se sì, chi?
  • Hai indosso degli abiti? Se sì, dove li hai presi?
  • Mangi cibo? Se sì, chi lo prepara?
  • Descrivi quello che vedi intorno a te.
  • Quanti anni hai? Come stai di salute?
  • È giorno o notte?
  • Dormi? Dove dormi?

Se hai un cervello attivo, creativo, fantasioso, è senz’altro possibile che la voce da allucinazione di tuo padre fornisca risposte interessanti e plausibili a ciascuna di queste domande. Quindi, per ridurre tale possibilità, fatti scrivere da qualcuno una breve frase su un pezzo di carta – per esempio «ciao, amico» oppure «i diamanti sono per sempre» – stando ben attento a non vederla. Poi tieni il foglio in alto e chiedi al tuo defunto padre di leggerlo. Così solleciterai un’informazione che non risiede nel tuo cervello.

Se sarai in grado di dimostrare che la persona morta conosce (con precisione) cose che tu non sai, diventerai famoso da un giorno all’altro. Se non ci riesci, fai tesoro dell’esperienza per la prossima occasione in cui il tuo cervello traviserà, distorcerà o storpierà delle realtà oggettive.

Neil

Addio1

Giovedì 24 dicembre 2009

A tutti i miei professori e maestri,

quello che vi dirò forse vi rattristerà, ma spero che alla fine del mio messaggio non sia questo l’effetto.

Il dato medico nudo e crudo è che sono praticamente spacciato. Ho avuto dei disturbi per circa un anno, ho deciso di sottopormi a degli esami e, per farla breve, ho un cancro diffuso in così tanti posti che ho smesso di ascoltare il dottore dopo i primi quattro. È terminale, e non mi lascia molto tempo.

L’unica cosa su cui devo insistere è che non mi vanno le e-mail di «piagnistei». Mi considero una persona abbastanza fortunata. Ho lasciato la vita aziendale nel 1995, sono andato in pensione definitivamente nel 2002, in tutto questo periodo ho avuto una vita veramente interessante. Negli ultimi sette anni ho dedicato tutto il mio tempo a me stesso per studiare scienze e matematica, e per aiutare dei principianti in questi studi. Ho un telescopio da sogno e ho visto nel cielo notturno meraviglie che la maggior parte della gente non vedrà mai per proprio conto. Grazie a tutto questo, l’universo mi ha donato un risveglio spirituale che mi convince che la vita qui sulla Terra è soltanto una fase. E, come se tutto ciò non fosse sufficiente, ho avuto la fortuna di ricevere un «preavviso di due minuti» per rendere questa transizione ordinata e significativa quanto più possibile (nonché, per inciso, il tempo per imparare ad apprezzare le moltissime cose che avevo sempre dato per scontate). Voi avete reso gratificanti gli ultimi anni della mia vita, dandole un obiettivo, una motivazione, uno scopo. Moltissime persone passano gli ultimi anni della loro vita impegnate soltanto a cercare qualcosa da fare. Io mi trovo un piano sopra di loro; ed è stata la scoperta della Teaching Company,2 dell’astronomia, della scienza e della matematica a condurmi a queste altezze, che non avrei conosciuto altrimenti. No, non siete stati soltanto voi – sono stati anche la mia ricerca e i miei studi sui libri a spingermi in avanti – ma voi, collettivamente, avete fornito il propellente.

Se per caso risponderete a questa e-mail, vi prego di farlo per augurarmi ogni bene nella fantastica avventura che presto intraprenderò. La mia anima è forte, e ce la farò.

Buona fortuna e grazie a ognuno di voi, e non sottovalutate mai i vostri contributi. Ne riparleremo dall’altra parte.

Saluti e addio,

M.J. «Morg» Staley

Ornamento di separazione

Caro Morg,

ormai di certo saprai che una prospettiva cosmica offre orizzonti che possono servire a lenire il tuo attuale stato d’animo, oltre alla condizione fisica.

E, come si dice, tutti dobbiamo morire. Ma soltanto a pochi eletti capita di sapere quando.

Neil

Post scriptum: Morg Staley morì otto mesi più tardi, nell’agosto 2010.

La prospettiva cosmica

Martedì 19 giugno 2012

Signor Tyson,

grazie!

Mia madre in questi giorni sta morendo. Sono stato al suo fianco quanto mi era possibile. Non avevo mai passato molto tempo con lei, dato che le nostre vite hanno preso strade differenti; lei è rimasta con mia sorella e io ho perso molti anni.

Qualche anno fa ha chiesto di venire a stare da me e da mia moglie. Non abbiamo mai veramente condiviso nulla né parlato molto. Ma lei, signor Tyson, ci ha aiutato a trovare un terreno di discussione. Grazie.

Siamo nati soli e moriamo soli. È ciò che facciamo nella vita a rappresentare l’unico bagaglio che portiamo con noi.

I miei più sentiti ringraziamenti.

Ossequi,

Robert Clark

Ornamento di separazione

Caro Robert,

anche se non l’hai specificato, presumo che i temi di discussione con tua madre siano stati le varie cose che ho scritto o detto sull’universo. Una cosa positiva (tra le tante) del cosmo è che appartiene a tutti noi. Di conseguenza, più cose ne vieni a sapere, più ti senti obbligato a prenderne possesso.

Un pensiero che certamente avrò sul mio letto di morte mi viene dal biologo evoluzionista Richard Dawkins. Questi osserva che siamo noi che moriamo quelli fortunati. La maggior parte delle persone – la maggior parte delle combinazioni genetiche di chi potrebbe esistere – non nascerà mai, e quindi non avrà mai l’opportunità di morire.

Questa e altre riflessioni sul nostro posto nell’universo non mancano mai di assicurarmi illuminazione intellettuale e pace spirituale quando ne sono in cerca. Sarei onorato se tu leggessi a tua madre i capoversi conclusivi del mio saggio La prospettiva cosmica,3 se ne avete ancora il tempo. È riprodotto qui di seguito.

Coraggio a te, pace a tua madre,

Neil

La prospettiva cosmica deriva dalla conoscenza di base. Ma non è solo l’insieme delle nostre conoscenze. È anche l’intuizione e la saggezza di applicare queste conoscenze per stabilire il nostro posto nell’universo. E i suoi attributi sono chiari:

  • La prospettiva cosmica viene dalle frontiere della scienza, ma non è solo appannaggio dello scienziato. Appartiene a tutti.
  • La prospettiva cosmica è umile.
  • La prospettiva cosmica è spirituale – perfino redentiva – ma non religiosa.
  • La prospettiva cosmica ci permette di spiegare, mediante lo stesso concetto, il grande e il piccolo.
  • La prospettiva cosmica apre le nostre menti a idee straordinarie ma non le lascia aperte a tal punto che il nostro cervello fuoriesca e che iniziamo a credere a qualunque cosa ci venga detta.
  • La prospettiva cosmica apre i nostri occhi e ci fa vedere l’universo non come una culla benevola progettata per far sviluppare la vita, ma come un posto freddo, solitario e pericoloso …
  • La prospettiva cosmica mostra che la Terra è un granello di polvere. Ma è un prezioso granello di polvere, e per il momento è l’unica casa che abbiamo.
  • La prospettiva cosmica coglie la bellezza nelle immagini dei pianeti, delle lune, delle stelle e delle nebulose, ma celebra le leggi fisiche che danno loro forma.
  • La prospettiva cosmica ci permette di vedere oltre la nostra particolare condizione e andare al di là dei bisogni primari di cibo, riparo e riproduzione.
  • La prospettiva cosmica ci ricorda che nello spazio, dove non c’è aria, una bandiera non sventola: probabilmente un segno che l’esplorazione spaziale e lo sventolio di bandiere non vanno d’accordo.
  • La prospettiva cosmica non comprende solo la nostra affinità genetica con tutte le altre forme di vita sulla Terra, ma valorizza anche la nostra affinità chimica con qualsiasi forma di vita ancora da scoprire nell’universo, così come la nostra affinità atomica con l’universo stesso. Siamo Polvere di Stelle.

Ornamento di separazione

Robert Clark rispose…

GRAZIE. Il suo sostegno mi ha aiutato moltissimo e il suo incoraggiamento a mia madre non è passato inosservato da parte sua. Le sue condizioni si sono stabilizzate, ma è ancora in ospedale in un reparto per malati gravi.

A quanto pare, sapere che coloro che ammirava stanno facendo il tifo per lei l’ha incoraggiata moltissimo. Le starò accanto questo weekend e le leggerò di nuovo tutto il saggio. Mia madre non si perdeva una sua parola, signor Tyson, ha reagito meglio alle sue parole che a quelle della Bibbia che altri le hanno letto (mi dispiace se questo paragone la mette sotto pressione).

Grazie ancora, e resto sempre suo allievo,

Robert Clark

In cerca dell’anima

Nel luglio 2007 Jeff Ryan mi scrisse ponendomi delle domande sulla vita dopo la morte. Esiste un’anima o un’essenza del nostro io che migra altrove, garantendo un’esistenza eterna? Ma soprattutto una cosa lo incuriosiva sapere: che cosa dice la scienza di tutto ciò?

Caro signor Ryan,

il corpo umano contiene una quantità misurabile di energia, immagazzinata chimicamente (nel grasso e negli altri tessuti molli), oltre all’energia che deriva dall’avere una temperatura di 37 gradi, di norma più elevata di quella dell’aria circostante e sostenuta, in vita, dal rilascio dell’energia chimica immagazzinata entro il nostro corpo. Inoltre ospitiamo migliaia di miliardi di organismi simbiotici e parassitici sulla nostra pelle e specialmente nel nostro apparato digerente.

Quando moriamo, i nostri processi chimici (il metabolismo) cessano di operare e cominciamo immediatamente a disperdere energia nell’aria, mentre il nostro corpo si raffredda. Ciò che ne rimane diventa cibo gustoso per i microrganismi già presenti nel nostro corpo e anche per altri che vi vengono attratti, come larve di mosca, vermi e così via. Con il tempo, l’intero contenuto di energia del nostro corpo torna alla terra e all’atmosfera da cui proveniva.

Se si viene cremati, nessuna frazione di questa energia viene restituita alla natura, sebbene dalla natura avessimo tratto fonti di cibo per tutta la nostra vita. Quando si è cremati, l’energia chimica immagazzinata viene rilasciata nell’atmosfera, riscalda l’aria e poi viene irradiata nello spazio.

Per questa ragione preferisco decisamente essere sepolto, completando così il ciclo energetico iniziato con la mia nascita.

Tutto ciò deriva da processi chimici e fisici che coinvolgono grandezze misurabili.

Se lei crede di avere un’anima, come affermano parecchie delle religioni del mondo, deve sapere che la sua esistenza è materia di fede, e quindi non è possibile fare appello ai metodi e agli strumenti della scienza per stabilire che cosa le accade. A meno che, ovviamente, lei riesca a fare una previsione verificabile basata su un modo per misurare l’anima. Ciò, in effetti, fu tentato poco tempo dopo la scoperta dei raggi X. Ci fu chi, ansioso di confermare la propria fede nell’anima, identificò alcuni pazienti in punto di morte in un ospedale e li radiografò al momento del decesso per vedere se qualche cosa fuoriusciva dal loro corpo. Non fu osservato nulla.

Cordialmente,

Neil deGrasse Tyson

L’uragano Katrina

27 gennaio 2010

Via Facebook

Come mai sono tutti così desiderosi di aiutare la gente di Haiti mentre sembrano essersi dimenticati dei poveri e degli sfollati in America? Perché non fare invece donazioni a un ente benefico che aiuti gli statunitensi? Ci sono ancora persone che, a causa di Katrina, sono in difficoltà non meno di quelle di Haiti, ma nessuno se ne preoccupa.

Ron Marish

Ornamento di separazione

Caro Ron,

è la scala degli eventi che conta. Per il cedimento degli argini, a New Orleans sono morte circa 2000 persone. Finora, il bilancio dei morti per il terremoto di Haiti ha raggiunto le 250.000 unità, all’incirca il 3 per cento della popolazione del paese. Ecco dunque che le dimensioni del terremoto di Haiti fanno sembrare piccole quelle di Katrina.

Personalmente, trovo che si superi il limite quando le persone scavalcano un senzatetto sdraiato per strada per andare a dar da mangiare o a adottare un cane randagio.

Neil deGrasse Tyson

Post scriptum: Stime governative più recenti hanno ridotto il bilancio delle vittime del terremoto del 2005 a meno di 100.000 persone.

Curare le malattie

Randy M. Zeitman era interessato all’antico dilemma che riguarda le persone dotate di talento intellettuale: dovrebbero perseguire i propri interessi personali oppure dedicare le loro capacità mentali a risolvere i problemi urgenti della società? Metteva quindi in discussione il valore delle passeggiate sulla Luna o del telescopio spaziale Hubble, quando non abbiamo ancora trovato la cura per il cancro, o abbiamo difficoltà a sfamare il mondo. Nell’ottobre 2004 il signor Zeitman mi sfidò (cortesemente) a prendere posizione su questo conflitto tra il fare ciò che si vuole e il fare ciò che è giusto.

Caro signor Zeitman,

grazie per aver condiviso i suoi commenti e le sue posizioni critiche. In passato la pensavo esattamente come lei, ma ho cambiato idea dopo essermi reso conto di alcuni fatti fondamentali (ancora non ben compresi da tutti) relativi alla vita e alla società.

Lei ha menzionato la cura del cancro. Il gettito fiscale speso in America per la ricerca sul cancro e le malattie supera di un fattore dieci quello che spendiamo per lo spazio. Se si tiene conto anche delle attività di ricerca e sviluppo in campo medico finanziate da privati e società, il fattore sale a cento. Quindi non è che non stiamo già investendo enormi risorse in questi campi cruciali. La NASA si trova semplicemente a essere il bersaglio più visibile per la sua linea di ragionamento.

Noti che non ha paragonato il costo della cura del cancro con il denaro che gli americani spendono per il dipartimento della Difesa, o per i sussidi all’agricoltura. Perché no? Il dipartimento della Difesa spende in dieci giorni quello che la NASA spende in un anno, senza contare il costo delle provvidenze per i veterani di guerra. L’America spende oltre 100 miliardi di dollari all’anno per pagamenti in contanti agli agricoltori affinché non producano raccolti. Questa cifra, da sola, è pari a oltre sei volte il bilancio annuale della NASA.

Ma più importante di tutti i confronti fin qui delineati è il fatto che le soluzioni veramente innovative dei problemi nascono in primo luogo dalla contaminazione fra diverse discipline. E questa contaminazione è del tutto imprevedibile nella sua natura e nella sua direzione. Le fornisco alcuni esempi tratti dall’ambito sanitario, ma ve ne sono migliaia in tutti i campi. Un nuovo algoritmo informatico per l’analisi delle immagini fu inventato quando il telescopio Hubble venne lanciato e si scoprì che lo specchio originale era difettoso. Fino a quando l’ottica non fu riparata, l’applicazione di tale algoritmo fu la cosa migliore che si potesse fare con le immagini sfocate. In seguito si scoprì che l’algoritmo era ideale per la rivelazione precoce del cancro al seno, in quanto consentiva la diagnosi molto prima che un occhio umano pur allenato potesse determinare la presenza del cancro. Pochi medici hanno la formazione necessaria anche solo per pensare ad algoritmi informatici da usare a tal fine. E lo stesso vale per le macchine per i raggi X (inventate da fisici che esploravano lo spettro elettromagnetico), per le macchine per la risonanza magnetica (un concetto scoperto dai fisici) e per i dispositivi a ultrasuoni, sviluppati dall’esercito per la sorveglianza sottomarina.

Aggiungerò che la mia visibilità come scienziato nero aiuta a infrangere stereotipi che, da soli, hanno un prezzo incalcolabile per la società, in quanto opportunità e risorse vengono bloccate perché chi ha il potere non vede la gente di colore come dotata della tempra intellettuale necessaria per competere sul posto di lavoro, nel mondo accademico o altrove.

Quindi non potrei essere meno d’accordo con la sua opinione. La realtà di come funziona la società depone fortemente contro di essa. Nella misura in cui lei rappresenta una minoranza altrimenti silenziosa, sono incuriosito dalla forza della sua convinzione.

Viviamo in un paese ricco. Il più ricco che il mondo abbia mai conosciuto. Per certi versi, definiamo la nostra cultura (in senso passivo o attivo) da ciò che facciamo in quanto nazione, come espresso dalle priorità degli stanziamenti del Congresso. Il National Endowment for the Arts viene finanziato perché aggiunge una dimensione alla qualità della vita di cui godiamo come americani. I trasporti vengono finanziati (e anche sovvenzionati) perché diamo valore alla vitalità economica che essi comportano. La National Science Foundation viene finanziata perché promuove la ricerca di base che, la storia l’ha dimostrato, è un fondamento del progresso tecnologico, specialmente dove le attività aziendali di ricerca e sviluppo non arrivano. La Smithsonian Institution viene finanziata perché apprezziamo la conservazione della memoria di chi e che cosa siamo stati, per noi stessi e per il mondo. Gli apparati militari sono finanziati perché noi (come nazione) valutiamo sopra ogni altra cosa la sicurezza reale o percepita che ci danno. I National Institutes of Health sono finanziati perché ci preoccupiamo moltissimo della cura delle malattie, e così via. È questa miscela che definisce l’America come nazione.

Suppongo che un altro modo di stabilire le priorità consisterebbe nel fare una graduatoria dei problemi dell’America (e del mondo) e risolverli in ordine, destinando tutte le risorse in una volta sola. Credo che questo scenario sia maggiormente in sintonia con quello che secondo lei dovrei fare della mia vita. Ma la storia della ricerca di soluzioni non convalida questa opinione. Come ho detto, le soluzioni più innovative dei problemi vengono spesso dall’esterno del campo interessato, da persone ispirate da priorità differenti. Il governo questo lo sa (principalmente per aver combattuto delle guerre, e non tramite qualche profonda intuizione sulla natura umana) e lo dimostra, per esempio, effettuando investimenti più elevati nella scienza pura che nell’arte.

Nessuno ha mai lasciato intendere che ricevere immagini dal telescopio Hubble sia più importante che dar da mangiare alla gente. Ma proprio questa premessa sembra all’origine delle sue obiezioni. Il migliore dei mondi è quello in cui si fanno tutte le cose. E, sia pure con alcuni difetti nel sistema, noi facciamo tutto meglio di chiunque altro.

Di nuovo, grazie del suo interesse per la mia intervista, e sappia che apprezzo i suoi commenti nonostante i nostri punti di dissenso (o forse proprio a causa di essi).

Cordialmente,

Neil deGrasse Tyson

Semper fidelisa

Giovedì 14 marzo 2019

Ciao Neil,

sono accadute molte cose dall’ultima volta che ti ho scritto.4 Non so bene da dove cominciare. Alcune cose sono andate bene, ma la maggior parte male.

Penso che fra tutte comincerò con le cose positive. La mia carriera sta andando in modo meraviglioso. Ho lavorato sugli elicotteri del servizio di emergenza «Flight for Life» e ho salvato qualche vita! Adesso sono di nuovo a Las Vegas e lavoro come capopilota per la Maverick Helicopters, portando in giro la gente a vedere, da alcuni degli strati del Grand Canyon, come si è formata la Terra. Sotto questo aspetto le cose sono andate benissimo!

Quanto alle cose negative, non so bene da dove cominciare. Ne ho passate un bel po’. Mi rendo conto che non sai molto di me dalle mie poche e-mail (a parte il fatto che sono un tuo grande ammiratore). Sono stato per sei anni nel corpo dei marine e in quel periodo ho perso alcuni amici, uno era il mio migliore amico. Mi sembrava di aver pagato un bel prezzo quando ho posto fine a quel folle periodo della mia vita. Fu allora che conobbi mia moglie e che avemmo una figlia. Ero al settimo cielo! Mia moglie lavorava come ingegnere per il poligono nucleare del Nevada ed eravamo fatti l’uno per l’altra.

Circa quattro anni fa le fu diagnosticato un cancro al seno. L’ha combattuto coraggiosamente per tre anni, ma l’anno scorso ha perso la sua battaglia. Pensavo di essere preparato alla cosa, ma mi ha distrutto. Se non fosse stato per nostra figlia Ella, non sono certo che mi sarei ripreso.

Volevo soltanto mettermi in contatto con te per sapere come stavi. Scusami se questa mail è un po’ deprimente. Ma spero che tu stia bene! Ti seguo ancora e avrai sempre il mio appoggio!

Il tuo amico

Jay Scoble

Ornamento di separazione

Venerdì 15 marzo 2019

Caro Jay,

quando si considerano tutte le parti e le funzioni del corpo, ci si dovrebbe stupire già del semplice fatto che la fisiologia umana funzioni. Così, quando delle parti si guastano, come accadrà prima o poi per tutti noi, o anche quando è una tragedia a colpirci, come nel caso dei tuoi amici marine perduti, troppo pochi di noi riflettono su quanto straordinario sia stato fin dall’inizio essere vivi.

Considera inoltre che il genoma di Homo sapiens è in grado di generare migliaia di miliardi di esseri umani unici, il che significa che la maggior parte delle persone che sarebbero potute esistere nel tempo nemmeno nascerà mai. Quindi la morte è una sorta di privilegio di quei pochi di noi che hanno conosciuto la vita.

Una simile prospettiva cosmica mi consente di festeggiare ogni giorno in cui sono vivo. E la condivido con te come una specie di consolazione scientifica per la vita e la morte dei tuoi cari.

La pace sia con te,

Neil

a. È il motto del corpo dei marine, spesso abbreviato in «Semper Fi». (NdT)