Padova, Villa Contarini – Febbraio 1822

 

 

Domenico osservò la donna distesa sul letto con aria distratta, non le riservò più di una rapida occhiata sebbene lei stesse facendo del suo meglio per farsi notare dall’uomo. Nuda, con i soli lunghi riccioli scuri a sfiorarle i seni e coprirle le spalle, accarezzava la pelle candida e setosa del suo meraviglioso corpo con fare languido e sensuale nella speranza di ridestare l’interesse del suo amante. L’uomo però era distratto, svogliato e pareva non curarsi affatto della donna con cui aveva condiviso il letto negli ultimi giorni. Portare la sua amante a Padova era stato un errore, si era già stancato di lei ancor prima che quella relazione iniziasse a prendere forma e adesso sentiva di non desiderarla più.

Bevve svuotando il calice in pregiato cristallo, il vino rosso era forte, speziato e gli diede una sensazione di calore che sperava lo aiutasse a distendere i nervi.

Era nervoso e sempre meno tollerante ai capricci delle sue amanti. Posò il bicchiere sul davanzale della finestra da cui stava osservando il tramontare del sole. Era quasi buio, gli ultimi raggi del pallido sole di febbraio si specchiavano sulla  superficie ghiacciata del lago che si poteva scorgere dalla sua camera da letto, sul retro dell’imponente villa appartenente alla famiglia Contarini da generazioni. Costruita su progetto dell’architetto Palladio nel XVI secolo e rimodernata negli anni fino a ottenere l’aspetto tipicamente barocco di quei primi anni del XIX secolo. A pochi chilometri da Padova, era la residenza della famiglia da generazioni da alternare con il palazzo patrizio che affacciava sul Canal Grande a Venezia. Domenico da sempre preferiva la città di Venezia e tornava raramente nella residenza padovana. Quell’inverno però gli anziani genitori avevano insistito perché fosse presente anche lui per i festeggiamenti del Carnevale. Aveva accettato l’invito di buon grado anche se senza entusiasmo. Rimanere a Venezia per il Carnevale non avrebbe fatto altro che ricordargli con più intensità quanto accaduto l’anno prima. Ma la permanenza a Padova si stava rivelando disastrosa: non riusciva a rilassarsi e presenziare ogni sera a una festa diversa di cui non nutriva alcun interesse, non l’aiutava a migliorare la situazione. La costante presenza dei familiari poi, non faceva che irritarlo ancora di più.

Voleva lasciare Padova il prima possibile e tornare nel posto che più di tutti considerava casa sua.

Venezia e il Carnevale veneziano…

Possibile che un  uomo come lui a distanza di tutto quel tempo continuasse a pensare a lei? La sconosciuta di cui non sapeva nemmeno il nome, la giovane che gli aveva donato se stessa e la sua innocenza, la donna che da quel momento era rimasta costantemente nei suoi pensieri.

Lasciarla quella mattina era stato un errore e sebbene più volte nel corso della giornata avesse pensato di tornare da lei, quando la sera era rincasato della giovane non era rimasta traccia se non la maschera rossa che indossava adagiata sui cuscini del letto.

Più di una volta aveva fatto indossare quella maschera alle sue amanti senza però raggiungere lo stesso risultato ottenuto con la sconosciuta. Una magia e delle sensazioni mai provate in tutta una vita fatta di eccessi, passioni e lussuria.

Si passò una mano tra i capelli scuri, li aveva lasciati crescere nell’ultimo anno infischiandosene delle mode e gli arrivavano alle spalle. Si volse verso la donna distesa sul letto cercando con lo sguardo gli abiti di lei. Raccolse una sottoveste gettata sul pavimento e si avvicinò al letto porgendogliela. La donna gli riservò un’occhiata interrogativa e irritata allo stesso tempo, doveva aver compreso che l’uomo la stava liquidando senza troppe cerimonie.

«Tesoro, vestiti e vattene» le disse in tono freddo lasciando cadere l’indumento di seta sul letto.

 La donna si alzò stizzita raccogliendo il resto della biancheria e delle sue vesti con gesti bruschi. Domenico le volse le spalle tornando a riempirsi il bicchiere di vino e riservando la sua attenzione ai giardini della villa , alla fontana e al lago ghiacciato. Continuò a sorseggiare il suo vino fino a quando non sentì la porta della camera da letto aprirsi e richiudersi rumorosamente alle spalle della donna che era stata la sua amante delle ultime settimane. Sapeva poco di lei se non che come molte delle donne che si intrattenevano con lui per periodi più o meno lunghi, era una nobile sposata con un uomo indifferente e tollerante ai passatempi extraconiugali della moglie.

La camera era silenziosa, fredda nonostante il caminetto acceso. Domenico posò il bicchiere su un tavolino allontanandosi dalla finestra, era nudo e sentiva la pelle gelare. Raccolse da una poltrona la sua veste da camera e la indossò annodando la cintura intorno alla vita. Tirò con forza un cordone nascosto tra i tendaggi del letto a baldacchino e uno scampanellio ruppe il silenzio di quelle stanze. Pochi istanti e un valletto apparve alla porta.

«Avete chiamato, signore?» domandò l’uomo fermo sulla soglia.

«Preparami un bagno caldo. Poi fammi trovare in camera gli abiti che ho scelto di indossare questa sera» disse Domenico con tono più annoiato che imperativo. Quella sera avrebbe dovuto presenziare all’ennesima festa in onore del Carnevale e quell’anno non era dello spirito giusto per affrontare i festeggiamenti con il consueto entusiasmo. Come se non bastasse, a incupirlo ancora di più in quel periodo si erano messi gli anziani genitori. Aveva compiuto trentatré anni e insistevano perché trovasse anche lui una moglie come avevano già fatto prima di lui i fratelli e le sorelle maggiori.

Una moglie…

Al pensiero gli sfuggì una risata di scherno.

Uno come lui difficilmente avrebbe acconsentito ad accettare una moglie e un’unione impostagli dalla famiglia, ma il periodo di tempo che i genitori gli avevano concesso per vivere come più gli piaceva stava volgendo al termine.

Avrebbe dovuto trovare una moglie entro quell’inverno altrimenti la fetta del patrimonio familiare a lui riservata si sarebbe ridotta drasticamente.

Forse sposarsi e giurare eterna fedeltà a un’unica donna non era così terribile, pensò mentre entrava nella stanza da bagno dove una piacevole sensazione di calore lo avvolse. Congedò i due servitori presenti con un gesto della mano, tolse la vestaglia in velluto lasciandola scivolare sul freddo pavimento in marmo bianco e nero ed entrò nella vasca da bagno colma d’acqua fumante. La villa, come molte abitazioni patrizie, era dotata di impianti idraulici e quello dell’acqua calda era un lusso a cui sempre più nobili non potevano rinunciare.

Domenico chiuse gli occhi cercando di rilassarsi.

“Fedeltà”, pensò e non riuscì a evitare di sorridere.

Vedeva bene come funzionava la maggior parte dei matrimoni. Molte delle sue amanti erano donne sposate che ripagavano l’infedeltà dei mariti con la stessa moneta. Di matrimoni felici ancora non aveva avuto il piacere di vederne, di conseguenza perché pensare di mantenere la promessa di fedeltà fatta a una donna che con ogni probabilità gli avrebbe imposto la famiglia? Una sconosciuta che difficilmente riuscirà mai a rubargli il cuore e scaldargli i sensi.

Mai avrebbe rivelato a qualcuno se non a se stesso quanto in realtà, a dispetto del suo comportamento dissoluto, credesse nell’amore. Sorrise al pensiero, suonava tanto ridicolo e improbabile associato a un uomo come lui ma in cuor suo sapeva essere la verità.

Voleva amare ed essere amato ma non riusciva a svestire i panni del libertino che da troppi anni lo caratterizzavano e che però iniziavano a stargli stretti.

Forse sposarsi non sarebbe stato così terribile, valutò immergendosi ancora di più nell’acqua calda concentrandosi sul vapore che risaliva dalla superficie.

Quella sera si sarebbe tenuta l’ultima e più importante festa delle celebrazioni legate al Carnevale. La più sfarzosa ed eccessiva, la più stravagante e memorabile a detta degli organizzatori, i nobili Trevisan che avevano invitato il fior fiore della nobiltà veneta nella loro elegante villa padovana.

Domenico era tentato di declinare l’invito e ritornare a Venezia già quel pomeriggio, ma la famiglia aveva insistito perché si fermasse ancora quella notte per presenziare ai festeggiamenti. Aveva acconsentito ma quell’anno del Carnevale non gliene importava nulla. Chiuse gli occhi immergendo la testa sott’acqua e ancora una volta l’unico pensiero che continuava a tornargli alla mente con sempre più frequenza, era quello di una maschera rossa, degli occhi color dell’oro e una cascata di riccioli castani.

Perché l’aveva lasciata andare?

Perché non era rimasto insieme a lei quella mattina?

Il pensiero della sconosciuta stava diventando per lui un tormento a cui non riusciva a dar pace…