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Ludovica aprì gli occhi. La stanza in penombra per via delle imposte ancora chiuse ma doveva già essere giorno. Ci mise un attimo a realizzare dove si trovasse, il ricordo della notte appena trascorsa momentaneamente accantonato, e per un istante si sentì smarrita credendo di trovarsi ancora nella sua stanza tra le mura del convento di Santa Teresa.

Poi il ricordo la travolse.

Il Carnevale, i suoi diciotto anni, la festa, la musica, la sua maschera rossa e poi lui. Lui di cui non conosceva nemmeno il nome.

Si portò una mano al viso, conscia di quanto accaduto e si rannicchiò su se stessa in cerca di tepore. Poi si volse, lui non era più nel letto insieme a lei. Allungò una mano toccando la metà vuota del grande letto matrimoniale. Le lenzuola e il cuscino erano freddi, segno che lui doveva aver lasciato la stanza da diverso tempo ormai.

Si tirò su a sedere stringendo le lenzuola e la pesante trapunta intorno al corpo nudo, sia per pudore sia per ripararsi dal freddo pungente della stanza. La fiamma morente nel caminetto non era di certo sufficiente per riscaldare l’ambiente e Ludovica rabbrividì.

Si guardò intorno smarrita, i ricordi della notte appena trascorsa erano impressi nella sua mente e nel suo corpo, non avrebbe mai dimenticato le mani di lui, il suo corpo, la sua bocca. Loro due uniti e appassionati. Il pensiero dei loro corpi e della passione che avevano condiviso la fece arrossire e si domandò cosa sarebbe successo. Cosa sarebbe stato di lei dopo quella notte.

Lui non era lì, l’aveva lasciata sola e sebbene una parte nascosta del suo cuore desiderasse il contrario, sentiva che non sarebbe tornato. Quanto avevano condiviso quella notte non era altro che pura passione fisica, niente di più. Era giovane, inesperta della vita e forse troppo ingenua ma aveva compreso perfettamente che l’uomo a cui aveva donato se stessa non l’avrebbe di certo aiutata ad affrontare un futuro incerto.

Non doveva dare ascolto al cuore e alla parte di sé che sapeva sentirsi ferita. Non doveva in alcun modo lasciarsi abbattere ma doveva invece pensare e agire per prendere in mano la sua vita come aveva intenzione di fare la mattina precedente quando aveva lasciato il convento.

 L’incontro con lo sconosciuto e la passione che lui le aveva fatto vivere non dovevano in alcun modo alterare il corso degli eventi che aveva pensato per se stessa.

Scese dal letto abbandonando il piacevole tepore delle coperte e corse a recuperare gli abiti e la biancheria che aveva lasciato su una poltrona la sera precedente. Si rivestì in fretta tremando per il freddo, prese la spazzola nella sacca con le sue cose e cercò di sistemare i lunghi capelli castani acconciandoli poi in una treccia. Nel riporre la spazzola non poté evitare di controllare che la preziosa collana della madre fosse ancora al suo posto e una volta appurato che tutto fosse come l’aveva lasciato, si prese qualche momento per pensare.

Andò alla finestra, la aprì e schiuse le imposte. L’aria gelida di quella grigia mattina di febbraio la investì in pieno. La neve imbiancava i tetti delle abitazioni circostanti e il canale sottostante in quel momento era deserto, non una gondola né un’imbarcazione di qualunque tipo. Chiuse la finestra e andò a sedersi sul letto, lo sguardo fisso in un punto imprecisato della stanza. Poi comprese cosa doveva fare, tutto le sembrò finalmente chiaro.

Cercò la campanella per chiamare la servitù e dopo pochi istanti di attesa comparve una serva.

«Buongiorno, signorina. Come posso aiutarvi?» domandò la giovane facendo una riverenza.

«Vorrei fare colazione, ho fame e gradirei mangiare qualcosa» cominciò a dire Ludovica, poi si fermò.

La giovane annuì in attesa che la signora che aveva passato la notte con il suo padrone continuasse.

«Lui… Il vostro padrone, non c’è?» domandò con finta indifferenza ma ancora una volta con la remota speranza che le cose non fossero come aveva immaginato.

«Oh, lui…» la ragazza era in imbarazzo e Ludovica comprese immediatamente il significato di quel tentennamento. Sorrise alla giovane, consapevole una volta per tutte che non avrebbe più dovuto pensare alla notte di passione con lo sconosciuto e relegarla in un angolo della mente e del cuore fino a dimenticarla.

«Va bene. Portatemi qualcosa da mangiare e poi lascerò questa casa» disse e congedò la giovane con un sorriso osservandola lasciare la stanza.

Non ci volle molto perché la serva tornasse insieme a un servitore, le portarono una colazione abbondante servita su un vassoio d’argento e mentre mangiava i due si occuparono del camino. Ora la fiamma era di nuovo viva e il calore arrivava a scaldarle la pelle.

«Avete bisogno d’altro?» domandò poi la serva tornando da lei.

Ludovica ci pensò un momento prima di rispondere.

«Sì» disse infine posando la tazza di tè che aveva in mano. Guardò la giovane negli occhi «Devo raggiungere Padova e vorrei partire il prima possibile. Ho bisogno che qualcuno mi accompagni e vorrei mettermi in viaggio prima che ricominci a nevicare o che faccia buio».

La giovane annuì e solerte chiamò il servitore perché andasse a preparare la gondola per la signora.

«So che le diligenze per Padova partono una volta al giorno, accompagnatemi fino alla stazione di posta e non vi chiederò altro» disse alzandosi dalla sedia su cui era seduta. Congedò la giovane e indossò il suo pesante mantello, cercò i guanti nella sacca che mise poi a tracolla. Stava per lasciare la stanza quando un pensiero le bloccò il passo. Tornò indietro. La maschera rossa era ancora lì dove ricordava di averla tolta. Per terra, davanti allo specchio a figura intera dove si era vista completamente nuda per la prima volta in vita sua e con lui a toccarla dove nemmeno lei stessa aveva mai osato.

La raccolse, la osservò qualche istante stringendola tra le mani e sfiorandone la superficie vellutata. Non ne aveva più bisogno e non aveva senso tenerla per alimentare un ricordo che voleva accantonare. Si avvicinò al letto matrimoniale. Un’ultima occhiata alle lenzuola che portavano ancora i segni della sua innocenza perduta. Distolse lo sguardo imbarazzata, era ora di andarsene da lì, per sempre. Prima però, poggiò la maschera rossa tra i cuscini, rimase qualche istante ancora a osservare ciò che rimaneva di quella notte poi si volse e risoluta attraversò la stanza.

Un servitore la stava aspettando sulla soglia, attese che la giovane donna dai capelli dai riflessi dorati e dallo sguardo triste lasciasse la stanza e le richiuse la porta alle spalle.