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L’alba era vicina. Domenico sistemò meglio le coperte intorno al corpo della sua amante e scese dal letto per andare a ravvivare il fuoco morente nel camino. Rabbrividì quando l’aria gelida di febbraio gli gelò la pelle ancora calda e si sbrigò ad aggiungere legna al fuoco. Era nudo e le stanze del palazzo erano gelide. In pochi minuti le fiamme tornarono a scoppiettare nel camino, posò l’attizzatoio e tornò a letto accanto alla ragazza ancora addormentata.

Le accarezzò i lunghi capelli sparsi sul cuscino per poi sfiorarle la fronte e le guance con la punta delle dita. Dormiva tranquilla e sembrava serena, le labbra parevano sorridere e in quel momento si rese conto quanto doveva essere giovane. Non sapeva nulla di lei, né il suo nome né da dove venisse, non conosceva la sua storia né tantomeno cosa ci facesse da sola il pomeriggio precedente tra la folla del Carnevale. L’abito che indossava era semplice ma dalla foggia elegante, non era di certo una popolana e anche i modi e il linguaggio con cui si esprimeva gliel’avevano confermato. Eppure era sola, una giovane nobile sarebbe stata accompagnata come minimo da un servitore e non si sarebbe di certo aggirata senza un accompagnatore per la città in festa.

Quella giovane per lui era un mistero. Un affascinante e sensualissimo mistero.

Per un momento aveva sospettato che potesse trattarsi di una cortigiana che recitava la parte della fanciulla innocente, ma aveva subito accantonato questo pensiero quando aveva compreso che la giovane era davvero innocente e inesperta. Gli aveva donato la propria verginità come se per lei non avesse importanza concedersi a un uomo sconosciuto.

La baciò sulla spalla nuda e la strinse a sé facendo aderire il corpo caldo e sinuoso di lei contro il suo. Era minuta in confronto a lui e all’apparenza fragile.

«Chi sei, maschera rossa?» sussurrò accarezzandola con delicatezza e la sentì mormorare qualcosa nel sonno che però non comprese. Stava sorridendo però e capì che stava bene. Così come si sentiva bene lui in quel momento, una sensazione di pace e appagamento che raramente provava insieme a un’amante occasionale.

Una parte di sé sentiva che stava accadendo qualcosa ma allo stesso tempo non voleva che una sensazione nuova e probabilmente passeggera lo influenzasse su quelle che erano state le sue abitudini e il suo stile di vita fino a quel momento. Un ultimo bacio sulla fronte e si sciolse dall’abbraccio deciso a lasciare per sempre la giovane e bella sconosciuta che dormiva nel suo letto e che sentiva aver fatto breccia nel suo cuore di ghiaccio. Scosse la testa e scese dal letto, si avvicinò al camino e rimase qualche istante immobile a osservare le fiamme. Non voleva guardarla, non voleva voltarsi e vederla addormentata perché sapeva che non avrebbe resistito alla tentazione di tornare a letto con lei e fare ancora l’amore. Una volta, un giorno intero, per sempre.

Si passò una mano sul viso chiudendo gli occhi.

Doveva uscire da quella stanza e subito.

Indossò una vestaglia in morbido velluto che però non attenuò la sensazione di gelo che aveva addosso. Attraversò la camera da letto senza fare rumore e facendo attenzione a non guardarla ancora. Prima di uscire notò il mantello e la sacca della giovane che la sera prima aveva poggiato su una poltrona e si ritrovò a sfiorarli senza sapere realmente perché. Si riscosse, risoluto a non cedere e uscì dalla stanza.

Percorse il lungo corridoio del secondo piano di Palazzo Contarini, i piedi nudi poggiavano sul gelido pavimento di marmo e si strinse nelle spalle. Guardò fuori da una delle finestre che davano sul canale sottostante dando un’occhiata al cielo che stava lentamente rischiarando. Aveva smesso di nevicare ma i tetti delle case e dei palazzi erano imbiancati per la neve caduta durante la notte.

Stava per voltarsi e tornare da lei quando comparve un servitore che doveva avere sentito aprirsi la porta della camera da letto del suo padrone ed era già pronto per ricevere ordini.

Si inchinò e attese che l’uomo parlasse.

Domenico rimase spiazzato ma doveva aspettarselo dopotutto, la servitù era abituata a comparire prima dell’alba quando il loro signore  aveva compagnia per la notte. Questo perché sapevano bene che l’uomo non amava prendere congedo dalle donne che condividevano il letto con lui per qualche ora e preferiva invece sparire.

«Il camino nella vostra seconda stanza da letto è già acceso, signore» azzardò a dire il servitore impacciato.

«Sì… Va bene. Servitemi lì la colazione poi fate preparare la mia gondola. Oggi non rimarrò in casa» fece Domenico e senza aggiungere una parola, entrò nella stanza da letto chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.