LETTERA W…
WOMAN
Che l'uomo abbia irregimentato, recintato, confinato, soggiogato la donna perché ha paura della sua sessualità, della sua fecondità, del mistero che nasce e si nasconde in lei, della sua vitalità, della sua caoticità, della sua insofferenza alla regola, all'ordine e, insomma, della sua naturalità, è un dato di fatto. Tutta la filosofia, tutte le religioni, occidentali e orientali, e quasi tutta la letteratura, dalla Genesi al Deuteronomio ai Codici di Manu, a Platone ad Aristotele a Pitagora a Paola a Tertulliano a Sant'Agostino a San Tommaso, per finire a Rousseau a Kant a Hegel a Fichte a Schopenhauer a Nietzsche a Malthus a Kierkegaard a Lombroso, sono animate da una misoginia ossessiva, e a volte ridicola, che non esprime altro che l'autentico terrore che l'uomo ha della femmina. Per dominarla e soggiogarla meglio, è stata quindi elaborata e avvalorata la teoria che ciò che è naturale, cioè la donna, è inferiore a ciò che è, o si pretende che sia, culturale e spirituale, cioè il mondo, vero e presunto, dell'uomo. Su queste basi le donne e le loro potenzialità sono state effettivamente conculcate nel corso dei secoli, a volte in modo feroce.
L'errore del femminismo, o perlomeno di una sua lunga stagione i cui effetti durano a tutt'oggi e si avvertiranno ancora per molto tempo, è di aver preso per buona proprio l'ottica maschile e di considerare quindi ciò che è naturale inferiore a ciò che è culturale. Questo misunderstanding è stato potentemente favorito dall'affermarsi, con la Rivoluzione industriale, dello scientismo, della razionalizzazione dell'intero esistente, della meccanizzazione, della tecnologia e quindi della manipolazione e della compulsione sistematica della natura di cui l'uomo si è ritenuto e si sente padrone. Così la donna ha provato a sottrarsi alla propria naturalità, percepita come una condizione subalterna, cercando una nuova soggettività, peraltro mai individuata, che le permettesse di competere alla pari nell'astratto mondo maschile. Senza comprendere che la sua non è affatto una condizione di inferiorità ma di assoluto favore proprio perché, molto più dell'uomo, fa parte della natura, è legata alle leggi immutabili del Cosmo e ha l'inestimabile privilegio di dare la vita, l'unica cosa concreta e certa in un mondo dove tutto il resto è dubbio e illusione. La donna non ha quindi bisogno di tutto l'ambaradan che si è creato l'uomo, per dare un senso alla propria esistenza.
Le femministe si infuriano perché il maschilismo ha affidato alla donna la Terra e all'uomo il Cielo. Dovrebbero invece rallegrarsene dato che la Terra esiste e il Cielo no. Sarebbe bastato invertire i termini e mettere il segno positivo davanti alla Natura perché tutto il discorso sull'inferiorità della donna cadesse. Invece il femminismo ha continuato a considerare, proprio come il maschilismo, la Natura, la Terra e quindi, in definitiva, anche la donna, di grado inferiore al Cielo e ha lottato e lotta perché anche le donne entrino a far parte, a pieno titolo, di questo fantastico e fantomatico Cielo. Da questo tragico errore è venuta fuori una donna che è diventata davvero ciò che la peggiore misoginia la accusava di essere: un maschio incompleto, un uomo mancato. È diventata un ibrido, una desidenza in U.
Può darsi — è un augurio e una speranza — che il ritorno alla Natura e alla Terra, di cui si intravedono i primi, timidi, movimenti in controtendenza all'industrialismo e all'astrazione razionalizzatrice oggi dominanti, induca la donna a recuperare e ritrovare le proprie radici, a piantarla di fare la guerra al maschio, nemico sconfitto in partenza, e a smetterla di cercare altrove una pienezza che ha già, da sempre, dentro di sé.