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Nonostante fosse sabato, l’ufficio di Victor era un viavai di gente.

Avevano un modo di dire, nella sua azienda: «Se non vieni il sabato, non ti scomodare a venire la domenica».

Victor fece cenni di saluto a vari impiegati mentre Roger lo spingeva per i corridoi. Alto e pallido, con le guance che gli pendevano dalla faccia come quelle di un segugio, Roger era quasi sempre al suo fianco. Era di una lealtà assoluta, non discuteva mai gli ordini ricevuti, e Victor lo ricompensava generosamente.

«Buon pomeriggio» biascicò mentre Roger lo spingeva dentro la sala conferenze dove cinque avvocati si erano riuniti attorno al lungo tavolo rettangolare. Il sole invernale penetrava fra le fessure delle veneziane.

«Allora, qual è la situazione?»

Un avvocato si sporse in avanti, spingendo un mucchio di carte sul piano del tavolo.

«È incredibilmente complicata, Victor. Noi possiamo stilare documenti solo in base alle leggi vigenti.»

«Che però potrebbero essere superate da nuove regole» aggiunse un altro.

«Non possiamo proteggerci da tutto» fece un terzo.

«Dipende dalla durata del periodo in questione» disse il primo.

«Di norma, i tuoi averi passerebbero a Grace» spiegò un quarto avvocato.

Victor ripensò a lei, che non sapeva niente del suo piano. Per un attimo si sentì colpevole.

«Vai avanti» incalzò.

«Ma in questo modo lei prenderebbe possesso di tutto. E quando anche lei se ne sarà andata, per farlo tornare a te… be’, la legge non è molto chiara sulla possibilità di lasciare un patrimonio a qualcuno che è tecnicamente…»

I presenti ammutolirono.

«Morto?» chiese Victor.

L’avvocato si strinse nelle spalle. «Meglio istituire dei fondi adesso, un’assicurazione, un fondo fiduciario speciale…»

L’altro avvocato lo interruppe: «Un trust familiare».

«Esatto. Come quelli che si usano per l’istruzione di un pronipote. In questo modo i soldi potranno tornare a te quando sarai… Qual è la parola giusta?»

«Rianimato?»

«Sì, rianimato.»

Victor annuì. Pensava ancora a Grace, a quanto mettere da parte per prendersene cura. Lei ripeteva sempre che non lo aveva sposato per i soldi. Ma che figura ci avrebbe fatto se non le avesse lasciato una somma sufficiente per far fronte a qualunque necessità?

«Signor Delamonte» chiese il terzo avvocato, «quando ha intenzione di… ehm…»

Victor sbuffò. Nessuno riusciva a pronunciare quella parola.

«Dovrei essermene andato entro la fine dell’anno. Ci risulterebbe vantaggioso, no?»

Gli avvocati si scambiarono occhiate.

«Faciliterebbe l’aspetto burocratico» fece uno.

«Entro l’ultimo dell’anno, allora» annunciò Victor.

«Non c’è abbastanza tempo» protestò qualcuno.

Victor si avvicinò alla finestra.

«È vero» disse. «Ma io non ho molto tempo…»

Si allungò verso il vetro, fissando attonito la strada. Sul marciapiede opposto c’era un uomo seduto sul cornicione di un grattacielo, con i piedi che penzolavano nel vuoto. Aveva qualcosa fra le braccia.

«Cosa c’è?» chiese uno degli avvocati.

«Un pazzo che vuole morire» rispose Victor.

Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Non per la preoccupazione che l’uomo potesse cadere, ma perché quel tizio sembrava guardare dritto verso di lui.

«Allora, cominciamo dal portafoglio azionario?»

«Come? Ah, sì.»

Victor chiuse le veneziane e tornò a concentrarsi sulla cifra da portare con sé alla propria morte.