53. Le potenze europee

Negli ultimi cinquant’ anni del secolo la Francia rinsaldò la sua unità nazionale e consolidò la monarchia assoluta sotto Luigi X I , che assicurò i confini nazionali verso il Reno ad Est e ver-84

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so i Pirenei ad Occidente, potenziando l’agricoltura e l’industria e affermando la sua potenza nel Mediterraneo. Dura fu la sua lotta contro Carlo il Temerario, duca di Borgogna, sconfitto, poi, dagli Svizzeri a Morat (1476). Dopo di che la parte mag-giore dei domini borgognoni passò all’imperatore Massimiliano d’Austria, sposo di Maria, figlia del morto duca.

Durante il suo processo di espansione la Francia si scontrò contro il regno di Spagna, unificatosi definitivamente con la conquista di Granada, tolta agli Arabi nel 1492. Forti dell’unificazione e dell’appoggio ecclesiastico, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia misero da parte tutte le forze che in qualche misura potevano ridurre l’autorità dei sovrani. La loro azione politica e militare si identificò con quella religiosa, acquisì grande potere il tribunale dell’Inquisizione, mentre si intensificò la lotta contro gli eretici, gli Ebrei, i «marrani» (Ebrei convertiti al cattolicesimo) e i moriscos (musulmani convertiti), tutti quanti scacciati dalla penisola iberica nel 1492. L’assolutismo monarchico inglese, dopo la fine della Guerra dei Cento Anni, si affermò con la dinastia dei Tudor. In precedenza, per trent’anni, il regno fu insanguinato dalla lotta scatenatasi tra i Lancaster e gli York per il possesso del trono. I seguaci delle due casate portarono sul loro scudo una rosa rossa per i Lancaster e bianca per gli York e perciò tale guerra fu detta delle

«Due Rose». Essa continuò attraverso vari momenti ed ebbe termine con l’assegnazione della corona ad Enrico VII della famiglia Tudor (1485-1509), imparentato con le due famiglie contendenti. Enrico fu colui che incoraggiò sensibilmente l’espansione commerciale ed industriale del regno, ormai disinteressato al continente e proteso verso la conquista dell’oceano e del Nuovo mondo. Egli, poi, specialmente per quanto riguardò l’industria laniera, cercò di proteggere la produzione nazionale contro la concorrenza straniera, facendo lavorare in patria i «panni lani», prima inviati grezzi all’estero.

Come si vede, i vari paesi consolidarono l’assolutismo monarchico, basato su una politica che adeguò i mezzi atti a tradurre in concreto le direttive espansive. Furono presi in considera-zione gli ordinamenti militari, mentre si dette importanza anche all’azione diplomatica, volta a determinare spesso successi politici. Si organizzarono gli eserciti regi e si impiegarono eserciti di soldati professionali, dipendenti dai re o dal signore, mentre UMANESIMO, RINASCIMENTO E GRANDI SCOPERTE GEOGRAFICHE

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si fissarono i problemi dell’arte della guerra: la tattica, i piani d’azione, l’addestramento delle fanterie e della cavalleria; si sperimentarono le nuove armi da fuoco — il cui primo impiego è attestato nella battaglia di Crécy (1346) — l’uso delle bom-barde, delle colubrine, dei cannoni. Il potenziamento della cavalleria — la base della «guerra di movimento» — trasformò le vecchie «battaglie senza sangue», combattute da eserciti nume-ricamente modesti e conclusesi con pochi morti e feriti, in azioni offensive, ove furono distrutti mezzi, centri urbani e campagne con un consistente dispendio di energie e di sangue.

54. Umanesimo, Rinascimento e grandi scoperte geografiche

Al di là degli eventi politici e militari, dei rivolgimenti interni, delle congiure, delle campagne militari si può ben dire che con gli ultimi decenni del Quattrocento e i primi del Cinquecen-to si chiuse un periodo che vide istituzioni e Stati rinnovati e protesi verso mete nuove. La Chiesa medievale, basata sulla concezione del Papato teocratico, s’era trasformata per le tendenze conciliariste, mentre i regni nazionali perseguivano disegni espansionistici. Ma oltre l’organizzazione della vita ecclesiastica, furono la concezione ecclesiologica e la spiritualità stessa a modificarsi sensibilmente. Sbaglia però chi ritiene che con la fine del Medioevo la fede si affievolisca e si esteriorizzi: in realtà, si cominciò a credere in un modo diverso, mentre gli ideali religiosi dell’evo medio subirono una notevole evoluzione. Per secoli si era attesa la fine dei tempi e ora l’escatologismo andava spostandosi sui binari dell’attesa di una nuova età, volta a condurre verso una palingenesi oltre che spirituale anche politica e culturale, realizzatasi nel Rinascimento. Egualmente si trasformarono i consueti ideali della salvezza collettiva, del peccato e della colpa, per cui tutti sarebbero stati condannati alla stessa maniera. Sulla base del concetto di colpa e di salvezza individuale si prepararono le fondamenta di una morale rinnovata e di una religiosità che pose al centro l’uomo con la sua coscienza. Proprio in questa sostituzione dell’individuale al col-lettivo si realizzò il passaggio dal Medioevo al Rinascimento, un cambiamento da non intendersi come una brusca rottura, che infranse un mondo per crearne un altro tutto nuovo, ma come 86

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lenta trasformazione, ove a qualcosa di morente si sostituiva qualcosa che nasceva.

Poi, nonostante le difficoltà, vi fu in quel periodo una rigo-gliosa fioritura letteraria, artistica, filosofica, che indicò come stesse preparandosi un periodo di slancio e di ripresa costruito dall’uomo che poneva se stesso al centro dell’universo. Col nome di Umanesimo si denominò, pertanto, quel movimento culturale continuato per tutto il Quattrocento, originato dal culto delle humanae litterae che considerò l’ humanitas e gli studia

humanitatis un mezzo di perfezionamento spirituale dell’uomo.

Questo ideale ritorno alla cultura latina e alla greca e la fiducia nella saldatura tra virtù e sapere formarono le peculiari caratteristiche del movimento umanistico. Allo stesso tempo pittori, scultori, architetti cominciarono a respingere i dettami dell’arte medievale per tornare alle proporzioni di quella classica. Giorgio Vasari e Leon Battista Alberti teorizzarono il distacco dall’arte definita «gotica» e il ritorno alle raffinate forme di quella greca e romana. Negli scriptoria monastici e nelle biblioteche si scoprirono e si copiarono le opere classiche, mentre si diffusero ancor più i testi di Virgilio, di Orazio, di Ovidio, di Stazio, di Lucano, di Cicerone, di Tito Livio. Gli umanisti insomma, si consacrarono alla ricerca dei codici degli antichi autori, quasi con la venerazione con cui si rinvengono le memorie degli avi. Importante fu la fondazione dell’Accademia platoni-ca, fondata a Firenze da Cosimo il Vecchio, tra i cui più famosi esponenti figurarono Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mi-randola. Strettamente connessa con l’Umanesimo fu, poi, l’invenzione della stampa dovuta al Gutenberg, frutto della passione per il libro e vigoroso mezzo di trasmissione della nuova cultura e dei suoi valori.

Di pari passo con il movimento culturale umanistico si affermò, tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecen-to, la civiltà del Rinascimento, che conseguì, soprattutto in Italia, le affermazioni più alte e originali. Motivo fondamentale dell’Umanesimo fu una sorta di religione per le letterature e le civiltà antiche e da essa scaturì la tendenza di far rinascere, mediante l’imitazione, forme ed espressioni dell’antica civiltà considerata come un modello insuperato e insuperabile. Scultori, pittori e architetti, come Nicola e Giovanni Pisano, Brunelleschi, Donatello, Masaccio, Botticelli, Piero della Francesca, Ja-UMANESIMO, RINASCIMENTO E GRANDI SCOPERTE GEOGRAFICHE

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copo della Quercia, Leonardo da Vinci, Raffaello, Bramante, Michelangelo, Mantegna, Giorgione, Tiziano, Correggio, il Veronese, il Tintoretto crearono opere considerate un patrimonio prezioso per l’umanità. Alla ripresa dell’arte fece, altresì, riscontro quella della scienza e Leonardo da Vinci (1452-1519) tracciò il cammino della scienza nuova sul quale, poco dopo, si posero Nicola Copernico e il grande Galilei. Anche la creazione dello Stato nel Rinascimento fu considerata un’opera d’arte fondata sul genio di un uomo d’eccezione, il Principe, dotato di

«virtù» e «fortuna», il quale non riconobbe sopra di sé alcun ente superiore. Niccolò Machiavelli espose con lucida incisività nel trattato il Principe la teorica per la conquista e il manteni-mento del potere, in cui si affermò l’indipendenza della politica dai presupposti di carattere morale. Sorgeva, in tal modo, il mondo moderno, basato su un’articolazione di problemi e di motivi, su cui dominarono l’uomo, la società laica, lo Stato. Nel campo religioso, infine, la Riforma protestante di Martin Lutero infranse l’unità della fede medievale in nome di ideali di rigenerazione della Chiesa e del Papato.

Il generale sviluppo della civiltà rinascimentale, lo spirito di ricerca, l’intendimento di affermare la potenza umana nella natura, nell’arte e nel sapere dettero luogo ad un’intensa attività di viaggi e di scoperte, che determinarono un prodigioso amplia-mento dei confini del mondo conosciuto, le cui conseguenze sugli indirizzi della moderna civiltà furono di eccezionale importanza. L’uso della bussola favorì la navigazione in mare aperto e negli oceani. L’ardore della ricerca e la gioia della scoperta dettero cuore ai naviganti di oltrepassare le Colonne d’Ercole, nel Medioevo considerate il limite estremo verso l’ignoto oceano, popolato di mostri e ritenuto sede di fenomeni spaventosi. Alle numerose scoperte derivate da tale impulso, volte ad allargare la conoscenza del continente africano e dell’asiatico, seguì la più importante conquista, dovuta a Cristoforo Colombo, nato a Genova nel 1451. La sua scoperta era basata sulla convinzione, allora comune, della sfericità della terra e sulla possibilità di giungere alle Indie, navigando verso Occidente, senza affronta-re il faticoso viaggio della circumnavigazione dell’Africa. Fu nel 1492, quasi conseguenza della conquista di Granada, che Isabella di Castiglia gli affidò tre caravelle, la Nina, la Pinta e la Santa Maria, salpate da Palos il 3 agosto 1492. Il 12 ottobre del-88

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lo stesso anno Colombo toccò terra in un’isoletta detta Guana-hani, dell’arcipelago delle Bahamas, da lui ritenuto il bordo delle Indie, descritte nel Milione da Marco Polo, cui dette il nome di San Salvador. La fortunata impresa fu destinata, poi, a confi-gurarsi secondo proporzioni più esatte in seguito ai viaggi di Amerigo Vespucci, compiuti fra il 1499 e il 1501, lungo le coste meridionali del nuovo continente, allorché si comprese che Colombo non era giunto nelle Indie, bensì nel nuovo mondo da allora in poi denominato America.

Le conseguenze di tali eventi, unite agli effetti introdotti dagli studia humanitatis e dalla civiltà rinascimentale, furono di grande portata per la storia d’Europa. Si trasformarono così oltre alla cultura, la politica e l’economia e il centro dei commerci e della civiltà si spostò dal vecchio Mediterraneo all’Atlantico.

Di conseguenza città e Stati, allora potenti come Venezia e Genova, videro appannato il loro potere, mentre si accrebbe quello dei regni affacciati sull’Atlantico. La Spagna, il Portogallo, l’Inghilterra, l’Olanda e, in qualche misura, la Francia, orienta-rono politica e commerci verso i nuovi mercati e il volume degli affari aumentò notevolmente il quantitativo di merci e di capitali posti in circolazione. Sorsero compagnie commerciali e ban-che. Uomini d’affari fiamminghi e olandesi, italiani e tedeschi, compresero l’importanza delle nuove scoperte, che portarono a una grande espansione e alla creazione di eccezionali ricchezze.

55. È salvo il Medioevo?

A questo punto le apprensioni, la sfida e l’intellettualistico gioco, cui accennammo nel cominciare, possono considerarsi conclusi. Non so se chi mi ha seguito fin qui, in questo vorti-ce di pagine, necessariamente troppo concentrate e costellate di nomi e di date, ma pur di concetti rapidamente enunciati, abbia le idee più o meno chiare di quanto non le avesse prima della lettura. Ancor meno, poi, riesco a intendere se e in qual misura sia riuscito a «salvare» — come mi riproponevo — almeno una parte del Medioevo.

Comunque, due cose conto siano almeno emerse: la prima è la grande vitalità di un’epoca che, lungi dall’essere oscura, bar-barica e intrisa di solo fanatismo, come molti pretesero, brillò È SALVO IL MEDIOEVO?

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per più motivi di luce propria e dette vita ad una civiltà completa e complessa che ha lasciato di sé orme indelebili. Infatti, le lingue, di cui ancora oggi ci serviamo, sono sorte allora e così gli ordinamenti giuridici e gli istituti che ci governano a livello sovranazionale, nazionale e locale (assise parlamentari e comunali). La religione che unisce centinaia di milioni di fedeli, con le sue gerarchie, è venuta costituendosi durante i secoli dell’età di mezzo. Al principio del secondo millennio sono nati gli ordinamenti universitari in buona sostanza ancora adesso vigenti, e così la maggior parte delle città di cui ci vantiamo con i loro ca-polavori, i fastosi palazzi e le tortuose strade dei nostri centri storici sono cresciute lungo l’età medievale, assumendo l’aspetto che tuttora riconosciamo loro.

La seconda cosa da porre in rilievo è costituita dai numerosi punti di contatto spirituali, politici, economici e culturali, vòlti a saldar quei secoli, incautamente denominati bui, ai nostri, forse troppo ottimisticamente considerati di progresso. Quanti atteggiamenti e quante convinzioni ancora adesso vitali non sorsero nel Medioevo? Quanti modi di vivere e di credere, di stare insieme, di festeggiare ricorrenze più o meno solenni, di concludere patti e contratti, di cucinare e di mangiare non si sono formati in quel tempo e quanti cibi destinati a rallegrare le mense, quanti medica-menti destinati a curare e a lenire il dolore non sono, forse incon-sapevolmente, preparati secondo ricette di allora? Quante volte, esaminando la maniera di vestirci e di accoppiare i colori, a seconda delle circostanze più o meno liete, festose o tristi, non scopria-mo che mutamenti molto sostanziosi rispetto a mille anni fa non si sono registrati? E così nel modo di studiare e di apprendere, di te-mere e di sperare, di rallegrarci e di rattristarci, di manifestare il proprio rispetto, la stima, di promettere fedeltà, di comportarsi nella società, nel mondo del lavoro: quanti agganci non ci richiamano alla vita feudale o alla comunale e al primo sviluppo dei regni nazionali? Proprio di qui, concludendo, l’importanza di individuare le connessioni, le mutazioni, le continuazioni di tante vicissitudi-ni allora originatesi e tali da produrre effetti e valori ancora non del tutto tramontati. Perché le vicende, nonostante pareri in contrario, non conoscono salti né ritorni, ma evoluzione lenta e più o meno scoperti contatti tra loro. Così accadde tra l’evo antico e il medio, così tra il medievale e il moderno: dopo tutto, a vincere rimangono sempre la continuità e la storia.