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minò la penisola come moderatore e ago della bilancia della politica italiana fino alla morte (1492).

51. L’Italia del Sud

Nel Trecento e nel Quattrocento il Sud della penisola, più unitario del Centro-Nord, fu, tuttavia, diviso tra gli Aragonesi stabilitisi in Sicilia, mentre le regioni della terra ferma rimasero in mani angioine. Nel Quattrocento, poi, la depressione socio-economica e la confusione dominarono il regno di Napoli. Ladi-slao di Durazzo, ad esempio, compì imprese militari di grande rilievo contro il pontefice e contro Firenze, ma, quando venne a morte (1414), lasciò nella completa oppressione la classe baronale di cui affrettò la disgregazione. Tale situazione divenne elemento costante, che spiegò la confusione e l’arretratezza del regno con Giovanna II (1414-1435). Mentre ella regnò, lo Stato piombò, infatti, nella più totale anarchia, aggravata dalla circo-stanza che la regina non aveva eredi diretti e perciò già negli anni in cui sedette sul trono di Napoli si aprì un delicato problema di successione. Alla sua morte si fecero avanti Renato d’An-giò e Alfonso d’Aragona il quale, dopo lunghe lotte, cui parteci-parono variamente Milano, Firenze, Venezia e il papa, fece il suo ingresso a Napoli come vincitore nel 1442. In tal modo si unificò nuovamente il Mezzogiorno d’Italia, comprese la Sicilia e la Sardegna, ma l’insediamento sul trono di Alfonso, detto il Ma-gnanimo, finì con l’impoverire ulteriormente il Sud del paese. Gli successe il figlio naturale, Ferdinando I, il quale dovette battersi contro i baroni, in rivolta nel 1485-1486 e successivamente entrati in contatto con Milano e il regno di Francia, per consentire l’allon-tanamento degli Aragonesi dal Mezzogiorno. Alla sua morte (1494) gli successe Alfonso II che, di fronte all’invasione francese, cedette la corona al figlio Ferrandino e fuggì in Sicilia, mentre Carlo VIII entrava come trionfatore a Napoli (1495).

Negli ultimi cinquant’anni del secolo, riassumendo, si formò un complesso abbastanza stabile di Stati italiani, e, cioè, il ducato di Milano, dominio degli Sforza, la Signoria dei Medici a Firenze, la Repubblica di Venezia, lo Stato pontificio e il regno aragonese di Napoli. La pace e la cultura sembrarono allora fi-nalmente dominare la scena politica e, tuttavia, presto si rivelò 82 IL MEDIOEVO

la fragilità dell’equilibrio conseguito. Le congiure qua e là ordi-tesi, le guerre intestine, il desiderio sfrenato dei governanti di superarsi gli uni con gli altri anche a costo di concludere accordi con potenze straniere — macroscopici in tal senso l’appello di Milano al re di Francia contro Napoli e pure il tacito consenso napoletano all’espansionismo turco, contro Venezia e Firenze

— e altresì la crisi economica malamente celata dal fasto corti-giano, risvegliarono gli intenti di conquista della Francia e della Spagna, tese ad assicurarsi il predominio della penisola italiana, predominio che esse raggiunsero nel secolo successivo.

52. La Chiesa nel Quattrocento

Le vicende rappresentate mostrano come nel Quattrocento la Chiesa fosse pressoché estranea agli eventi italiani. Certo, non era facile che essa potesse profondamente influire sulla politica della penisola e del continente, dato lo stato di divisione in cui permaneva. In questa situazione si riunì un Concilio a Pisa (1409), nel corso del quale le contese si accesero a tal punto che alla cristianità, oltre a Innocenzo VII e a Gregorio XII, fu regala-to un terzo papa, Alessandro V, che pose la terza sede pontificia a Bologna. Una decisione presa in Pisa obbligò il nuovo pontefice a convocare un Concilio ecumenico che sciogliesse la crisi.

Alessandro non potè convocarlo prima di morire; così l’imperatore Sigismondo lo impose all’antipapa Giovanni XXIII. La sede fu fissata a Costanza, controllata dall’imperatore e non sgradita ai tre pontefici. Al Concilio (1414-1418) intervennero Gregorio XII, Benedetto XIII e Giovanni XXIII, che riteneva di essere il più forte. Ma, inauguratasi l’assemblea, Giovanni ne constatò l’ostilità. Disdisse allora il Concilio e fuggì. Tuttavia il Sinodo, già convocato e operante, depose i tre pontefici ed elesse nuovo papa Martino v Colonna, il quale fissò nel 1431 una nuova assemblea a Basilea, cui non potè partecipare per la morte. Il grave compito fu assunto allora dal veneziano Gabriele Condulmer

— Eugenio IV — il quale sostenne l’urto con la maggioranza dei vescovi, convinta dalla forza del «conciliarismo» a togliere la supremazia al papa. Per timore della minaccia turca Eugenio spostò i padri conciliari prima a Ferrara poi a Firenze. I prelati più autorevoli obbedirono al papa, i più sfrenati, invece, deposero Eu-LE POTENZE EUROPEE

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genio IV ed elessero Amedeo VIII di Savoia con il nome di Felice V,

[‘ultimo antipapa della storia. Ma le scissioni nel gruppo del con-ciliaristi e soprattutto la «riconciliazione della Chiesa latina con la greca», ottenuta da Eugenio IV per allontanare il pericolo turco, rialzarono il prestigio del papato. Con la rinuncia di Felice v si chiuse lo scisma e si restaurò l’unità della Chiesa.

In questa nuova situazione i papi consolidarono la loro autorità di sovrani, di mecenati e protettori delle arti e delle lettere.

Niccolò V (1447-1455) aprì la serie dei pontefici del Rinascimento, fondò la Biblioteca Vaticana e promosse la raccolta di codici latini e greci. Quindi Enea Silvio Piccolomini, umanista salito al soglio di Pietro con il nome di Pio II (1458-1464), tentò di organizzare la crociata contro i Turchi, ma i suoi veri intendimenti furono di carattere culturale. In quegli stessi anni, infatti, l’invenzione della stampa, la composizione delle singole pagine delle opere, su piccoli stampi di legno e di metallo, la riproduzione illi-mitata di pagine e di copie, fornì un mezzo di espressione volto a determinare profonde trasformazioni anche sociali e politiche. La sostituzione della carta alla pergamena abbassò, poi, il prezzo del libro e diffuse vieppiù la cultura. La prima Bibbia stampata da Giovanni Gutenberg a Magonza nel 1455, le stamperie italiane di Subiaco, Roma, Firenze, Bologna, Venezia, l’arte del romano Antonio Biado, dei fiorentini Giunta e di Aldo Manuzio, con le sue celebri Aldine, crearono condizioni di espansione culturale colte con prontezza dalla Chiesa, di cui Pio II e i successori intelligen-temente si avvalsero. Con Innocenzo VIII (1484-1492) inoltre, il pontificato assunse un deciso orientamento verso gli interessi della politica familiare e nepotistica. Allo stesso indirizzo appartenne Alessandro VI (1492-1503), della famiglia Borgia, di notevole ingegno e di costumi corrotti, il quale si avvalse della potenza ecclesiastica per creare uno Stato al figlio Cesare. La corte pontificia raccolse allora artisti e letterati di prim’ordine e Roma divenne una vera, sontuosa capitale.