di cile: malgrado le gambe corte e la massa
considerevole, quel a donna avanzava spedita.
Quanto ai nomi del e vie, Yel owknife mi ricordava
Charlot e. Dopo un breve trat o, la 50a Strada
incontrava la 50a Avenue. Molto creativo.
Nel ie at raversò l’incrocio senza aspet are il verde.
Mi tenni indietro un momento per non farmi scoprire,
poi at raversai anch’io e mi riparai dentro la
rientranza di un negozio di souvenir.
Mezzo isolato più giù lungo la 50a Strada, avvistai
Mezzo isolato più giù lungo la 50a Strada, avvistai
una lunghissima tenda arancione sopra l’ingresso di un
edi cio a tre piani che aveva visto giorni migliori.
Molto migliori. La scrit a sul a tenda e sul ’intonaco al
secondo piano recitava: GOLD RANGE HOTEL. Senza
esitare, Nel ie aprì la porta e si intrufolò.
S lai l’iPhone dal a tasca dei jeans e cercai il
numero di Ryan. Le mani mi tremavano talmente per
il freddo che sbagliai tasto.
Segreteria.
Lasciai un messaggio. Chiamami. Subito.
Con gli occhi che sfrecciavano dal Gold Range al
mio display, tentai con Ol ie.
Stesso risultato. Stesso messaggio.
I due tonti stavano ancora dormendo? Avevano tolto
la suoneria? Erano svegli e già usciti? Improbabile,
dopo meno di sei ore di sonno.
Abbracciandomi per cercare di scaldarmi, osservai
l’albergo. Con la vistosa tenda al ’entrata, le persiane
intagliate, le niture in nto stile Tudor ai piani
superiori e la perlinatura in legno scuro al
pianterreno, pareva un incrocio tra uno chalet in
Svizzera e un Motel Super 8.
Nel ie viveva al ’hotel? O Annaliese Ruben? Poteva
essere lì dentro proprio in quel momento?
Considerai le possibili opzioni.
Entrare e tentare di localizzare l’una o l’altra?
Entrare e tentare di localizzare l’una o l’altra?
Aspet are?
Quanto?
Mandare al diavolo l’intera faccenda e tornarmene
al ’Explorer?
Sot o la felpa e la maglia leggera di cotone, avevo la
pel e d’oca. Mi massaggiai energicamente le braccia
con i palmi e saltel ai da un piede al ’altro.
Dove diavolo erano Ryan e Ol ie?
Lanciai un’occhiata al negozio accanto. At raverso la
vetrina si vedevano poster, orsi polari in plastica e
altra paccot iglia per turisti. Più giacche imbot ite e
maglioni con la scrit a I LOVE YELLOWKNIFE.
Gli orari d’apertura erano indicati su un cartel o
appeso al a porta: dal lunedì al venerdì, dal e nove
al e venti. Industrioso. Ma inutile al a sot oscrit a. E,
comunque, scendendo a colazione non mi ero portata
contanti, né la carta di credito.
Sguardo al ’orologio.
Le 7.10.
Fissai il Gold Range.
L’hotel mi ssò a sua volta, con le nestre silenziose
e scure nel a foschia mat utina.
7.14.
Scossa dai brividi, tentai di nuovo con Ryan e Ol ie.
Nessuno dei due rispose.
Nessuno dei due rispose.
Decisi. Avrei at eso no al e 7.30, poi sarei tornata
in albergo.
Se non morivo prima di ipotermia.
Ripresi a saltel are e a massaggiarmi.
Piano piano, la nebbiolina gelida cambiò colore. In
cima al a col ina, al e spal e del ’Explorer, toni del
rosa e del gial o il uminavano da dietro lunghe nuvole
color peltro paral ele al ’orizzonte.
7.17.
Al Gold Range nul a si muoveva. Con la luce più
intensa, vidi sto a drappeggiata in stile «amaca»
dietro una finestra. Un tocco simpatico.
Dopo quel a che mi parve un’ora, guardai di nuovo
l’orologio.
7.20.
Gli appostamenti non erano decisamente
l’emozione al cardiopalma per cui erano famosi.
Stavo per modi care il piano e anticipare la fase
due, quando la porta del ’albergo si aprì. A capo
chino, Nel ie marciò lungo il marciapiede venendo
drit a nel a mia direzione.
Lo ammet o: in quel momento, il vecchio muscolo
cardiaco fece un bel po’ di balzi.
Prima di arrivare al ’angolo, la donna at raversò in
diagonale la 50a Strada e subito dopo svoltò a destra
sul a 50a Avenue.
sul a 50a Avenue.
Emet endo un vaporoso sospiro di sol ievo, mi
af ret ai a seguirla.
Yel owknife ormai brulicava di vita. Nel senso che
vidi tre persone sul a via principale.
Al a rosticceria A&W, due uomini interruppero la
conversazione per seguire con gli occhi i miei
movimenti, i volti appena visibili sot o i cappucci dei
parka. Al Kentucky Fried Chicken, oltrepassai un
ragazzino in tuta rossa, smanicato in pile nero e
berret o di lana arancione con uno skateboard gial o
sot obraccio.
Ogni volta sorrisi e dissi buongiorno. Ogni volta
ot enni sguardi assai poco amichevoli.
Andate al diavolo, al ora.
Da qualche parte oltre la 44a Strada, la 50a Avenue
diventava la Franklin, in perfet o stile Charlot e.
Procedendo spedita, memorizzavo i nomi del e vie e
le svolte.
Vari isolati dopo la School Draw Avenue, Nel ie
girò a destra sul a Hamilton, poi di nuovo in una
viuzza non asfaltata. Un cartel o ssato a una roccia
recava la scrit a RAGGED ASS ROAD. Via «Pezze al culo»,
un nome che non vedrete mai sul a mappa del a
Queen City.
Nel ie proseguì sparata lungo la Ragged Ass, sempre
ignara del a mia presenza.
ignara del a mia presenza.
Al a curva mi tenni indietro, temendo che il rumore
di passi sul ghiaiet o mi tradisse. Lanciando sguardi a
sinistra e a destra, osservai i dintorni.
Ora il sole era più alto, faceva evaporare la bruma e
i det agli apparivano più nitidi.
Il quartiere era residenziale, con erba bruciata ai
margini del a strada e li del a luce bassi sopra la mia
testa. Mi giunse odore di acque pescose, di fango,
piante lacustri e intui la presenza di un lago nel e
vicinanze.
Il tema architet onico ricorrente in quel e zone era il
«miscuglio nordico». Le case più recenti sembravano
assemblate con kit ordinati per posta: rivestimenti
esterni in al uminio, nestre prefabbricate, persiane e
porte in falso stile coloniale.
Le abitazioni più datate somigliavano ai bungalow
dei campi estivi hippie: strut ure esterne non
intonacate abbel ite da murales o da motivi ispirati
al a natura; pluviali e fumaioli di metal o; girandole,
animali in plastica e gnomi in ceramica nei giardini o
sul e staccionate.
Ogni casa aveva almeno un edi cio di servizio o
dépendance, un serbatoio arrugginito, una catasta di
legna per il camino. E sospet avo che gli occupanti
fossero ostili agli estranei non invitati.
Cani? Respinsi un’immagine al armante.
Come strada, la Ragged Ass non era granché, lunga
Come strada, la Ragged Ass non era granché, lunga
giusto un paio di isolati. Senza mai guardarsi indietro,
Nel ie andò no in fondo al a via, imboccando un
vialet o sterrato ed entrando in un edi cio che
apparteneva decisamente al a categoria «campo estivo
hippie».
Ignara o indi erente al ’intrusa di quel ’inizio
giornata, la strada seguitò a sonnecchiare.
Con la pel e che mi formicolava per il freddo e
l’agitazione, avanzai lentamente.
Nessun rot weiler abbaiò. Nessun pitbul mi si
scagliò contro.
Evvai! Tenevo comunque gli occhi ben aperti.
La casa in cui era entrata Nel ie era poco più di una
baracca, con strut ura esterna in legno e forse una
super cie di un’ot antina di metri quadri. Le cifre
inchiodate al a facciata dicevano 7243.
Una serra fai-da-te in legno e plastica era addossata
a un lato del ’abitazione e una malandata tenda da
sole marrone sporgeva dal ’altro. Sot o, vidi un tavolo,
una sedia in vinile, una griglia arrugginita.
Nessun veicolo era parcheggiato sul corto vialet o,
né sot o la tet oia di lamiera ondulata.
E adesso?
Fino a quel momento, aspet are era stata la strategia
migliore. Decisi di farlo ancora per un po’.
Nascondendomi dietro un capanno, restai a
Nascondendomi dietro un capanno, restai a
guardare dal lato opposto del a strada.
Come sul a 50a, le lancet e si spostavano al a
velocità di un ghiacciaio.
Riaccesi il cel ulare.
Le 7.50. Niente messaggi in segreteria o SMS.
Cercai il numero di Ryan nel a rubrica e lasciai un
aggiornamento sui miei ultimi movimenti.
Sot o l’aspet o termico, il mio nuovo punto di
osservazione era una specie di compromesso: se la
luce del sole aveva dissolto la nebbia del mat ino e
alzato un minimo la temperatura, un venticel o
costante portava con sé l’umidità di un lago non
visibile dal luogo in cui mi trovavo.
Incrociai le braccia e mi in lai le mani sot o le
ascel e. Non emet evo più pennacchi di ato, ma ci
andavo vicina.
Per circa un secolo l’unica at ività sul a Ragged Ass
fu quel a dei corvi che si contendevano la posizione
sui li del a luce, poi una portiera sbat é e un motore
si accese.
La mia testa si alzò di scat o. Trenta metri più a
nord, un pick-up rosso stava facendo marcia indietro
su un vialet o. Lo guardai uscire, fermarsi, poi partire
nel a direzione del a Hamilton.
Al e 8.15, l’entusiasmo per la sorveglianza era
crol ato più in basso del a mia temperatura corporea.
crol ato più in basso del a mia temperatura corporea.
Un milione di buone ragioni per mol are mi vorticava
nel cervel o.
Forse quel a casa non aveva nul a a che fare con
Annaliese Ruben. Forse era la casa di Nel ie e lei se ne
stava al calduccio nel suo let o, mentre Annaliese era
al Gold Range. Forse Nel ie si era fermata al ’albergo
per avvertirla del a nostra presenza a Yel owknife.
Oppure la Ruben era già sot oterra e io avevo fat o un
altro buco nel ’acqua.
Diavolo! Ora conoscevo l’indirizzo. Potevamo
tornare più tardi a control are.
A volte mi do dei buoni consigli. E, in rare
occasioni, li seguo. Purtroppo non fu uno di quei casi.
Prima di levare le tende, decisi di dare un’occhiatina
veloce. No, è impreciso. Non fu una decisione
consapevole: i miei piedi semintorpiditi si mossero di
propria volontà verso l’edificio.
Control o rapido a sinistra e a destra, poi at raversai
a passet i veloci la Ragged Ass, percorsi il vialet o e
girai sul lato con la tenda da sole.
Passai accanto al barbecue con quel a che speravo
fosse un’andatura furtiva e mi addossai al muro
accanto a una doppia porta a vetri.
Trat enni il respiro e restai in ascolto.
Dal ’interno mi giunsero le voci at utite di un talk
show televisivo o di un programma radiofonico. Fuori,
show televisivo o di un programma radiofonico. Fuori,
intorno a me, solo silenzio.
Con la massima delicatezza, staccai la spal a destra
dal a parete e mi ruotai a sinistra.
Inutile. Veneziane di metal o con le stecche
completamente chiuse coprivano l’interno del a porta-
finestra.
Strisciai al a mia destra e ritentai la stessa manovra
con una finestra il cui davanzale mi arrivava al ’altezza
del e spal e. Ancora veneziane chiuse.
Stavo per cedere quando senti quel o che mi parve
un guaito al di là del muro. Il cane del a Ruben?
Gasata al massimo, mi diressi in punta di piedi sul
retro.
A destra del cortile posteriore, un lo per il bucato
correva dal muro del a casa a una betul a striminzita,
a circa sei metri di distanza. Dietro l’albero, c’era un
capanno per gli at rezzi in al uminio e vicino a
quest’ultimo un cassonet o con il coperchio ribaltabile.
Tre pericolanti gradini in legno scendevano da una
porta di servizio e, oltre quel i, si vedeva una oriera
in ceramica piena di crepe.
Al di là del a oriera c’era un tavolo dal ’aspet o
trabal ante. Le macchie sul piano e il coltel o
arrugginito appoggiato sopra dimostravano che veniva
usato per pulire il pesce.
Tra l’angolo sinistro, dove stavo io, e i gradini c’era
un’altra nestra, leggermente più alta. Anche se non
Tra l’angolo sinistro, dove stavo io, e i gradini c’era
un’altra nestra, leggermente più alta. Anche se non
potevo esserne sicura, a giudicare dal e ombre
sembrava che le veneziane non fossero abbassate
completamente.
Con i sensi in massima al ’erta, girai l’angolo e
cominciai a camminare lungo il muro posteriore. Un
corvo gracchiò e si alzò in volo dal a betul a.
Mi immobilizzai.
Niente.
Ot o passi mi portarono al a nestra e sul ’orlo di
una buca non molto profonda. Apparentemente era
stata scavata a mano, poi foderata con materiale
plastico nero e circondata da pietre. Un tubo da
giardino arrivava serpeggiando dal e pietre a un
rubinet o sul a parete del ’edificio.
Con la fanghiglia che la circondava e circa dieci
centimetri d’acqua torbida d’un verde iridescente,
pareva il laghet o ornamentale del giardino del
diavolo.
Cercai di sbirciare in casa, sporgendomi dal lato
opposto del piccolo stagno, ma da quel ’angolazione
non vedevo nul a.
Valutai la distanza tra il bordo e la parete più vicina
del a casa: una sessantina di centimetri. Insidioso, ma
suf iciente per stazionarci.
Tastando il legno con i palmi, costeggiai piano il
muro, spostandomi lateralmente; il fango era viscido e
muro, spostandomi lateralmente; il fango era viscido e
scivoloso sot o le suole del e scarpe da ginnastica.
Due passi e avevo raggiunto il telaio del a nestra.
Il davanzale sporgeva al ’altezza del mio naso. Mi ci
aggrappai con le dita gelate e mi sol evai sul e punte.
Anche se le luci erano spente, alcuni ogget i
spiccavano nel a semioscurità del ’interno: il piano
superiore di un frigorifero, un orologio a parete a
forma di pesce, una striscia di carta moschicida che
aveva fat o un ot imo lavoro.
Stavo per fare un altro passo a sinistra, quando
qualcosa di duro mi colpì il polpaccio. Un dolore
lancinante mi percorse la gamba. Repressi un urlo.
Ero stata morsa? Ferita?
Senza lasciarmi il tempo di abbassare lo sguardo,
due tentacoli mi avvilupparono le caviglie serrandole
in una morsa.
La terra mi mancò sot o i piedi.
Nero e verde iridescente s’avvicinarono
pericolosamente al mio viso.
19
I miei piedi persero la presa. At errai con i gomiti e
le ginocchia.
Tentacoli invisibili diedero uno strat one,
trascinandomi al ’indietro sul fango, poi sul e rocce. Il
volto mi af ondò nel pantano.
Acqua fetida mi riempì gli occhi, il naso, la bocca.
Non potevo respirare, né vedere.
Terrorizzata, artigliai l’aria in cerca di un appiglio.
Trovai la sponda del laghet o e provai a issarmi con
entrambe le mani.
Strisciai con il torace in quel a melma piena di cose
che non volevo immaginare. La testa af iorò.
Boccheggiando, ancora accecata, tentai di
raggiungere il prato da cui ero caduta. Avverti una
resistenza, una forte stret a al e caviglie.
La mia mente annaspava in cerca di una
resistenza, una forte stret a al e caviglie.
La mia mente annaspava in cerca di una
spiegazione, quando i piedi mi partirono verso l’alto.
La colonna vertebrale andò in iper essione,
comprimendo le vertebre lombari e spedendo dardi
dolorosi drit i al cervel o.
Il mio corpo arretrò a sobbalzi, al ontanandosi dal a
casa. Persi la presa. Il mento mi urtò contro le rocce e
poi la testa fu di nuovo sot ’acqua, seguita dal e
braccia; le dita artigliavano senza successo la plastica
viscida di fango.
Come un pesce at accato al a lenza, mi senti
trascinare fuori dal o stagno per i piedi e depositare
sul ’erba.
Con il cuore che mi martel ava nel pet o, mi
sol evai sugli avambracci, a amata d’aria e desiderosa
di capire cosa era accaduto.
Un nuovo strappo in su dei piedi mi inchiodò al
suolo.
Tentai di girarmi.
La suola di uno scarpone tra le scapole mi rimandò
pancia a terra, bloccandomi sul ’erba gelida e fangosa.
«Cosa crede di fare?» Benché acuta, la voce era
maschile e decisamente non amichevole.
«Cercavo una persona» rantolai.
«Chi?»
«Annaliese Ruben.»
«Annaliese Ruben.»
Nessuna risposta.
«Pensavo fosse in casa.» Con voce rot a: il polso
galoppava ancora e la respirazione non si era
regolarizzata.
Silenzio.
«Ho informazioni importanti per lei.»
Con la coda del ’occhio coglievo una scura
silhouet e incombere sopra di me.
«Devo trovarla.»
«E lei cerca la gente spiando dal a finestra?»
«Stavo provando a…»
«È una pervertita?»
«Cosa?»
«Spia la gente a culo nudo?»
«No! Tentavo solo di capire se l’indirizzo era quel o
giusto.»
«Non le è venuto in mente di bussare?»
Impossibile ribat ere.
«Non volevo fare niente di male.»
«Chi mi dice che non aveva intenzione di ripulire
questo posto?»
«Le sembro una ladra?»
«Ci va piut osto vicina.»
Benché non potessi vederlo in volto, sentivo il suo
sguardo torvo su di me.
Benché non potessi vederlo in volto, sentivo il suo
sguardo torvo su di me.
«Mi sta facendo male.»
Un istante, poi la pressione tra le scapole sparì.
Udi un fruscio di nylon, quindi la sagoma scomparve
dal mio campo visivo periferico.
Mi girai a pancia in su, e con dita tremanti, mi
scostai ciocche infangate dagli occhi, poi alzai lo
sguardo.
Il mio aggressore era di statura media, muscoloso
sot o i jeans e la giacca a vento blu. La pel e aveva il
colore del legno di noce, gli occhi quel o del ca è
vecchio di un giorno, i capel i ingel ati formavano un
lucido casco.
Notai le mani screpolate e coriacee. Nel a sinistra
stringeva un a are di corda con un cappio a
un’estremità e tre funicel e dal ’altra. Queste
terminavano con i pezzi d’osso dal taglio obliquo
stret i intorno al e mie caviglie.
«Bel kipooyaq.»
«Parla un po’ di inuit. Sono molto colpito.»
«Questa era facile.» Certo! Avevo dovuto riesumarla
da un corso di archeologia circumpolare seguito
al ’università.
Gli occhi color ca è mi perlustrarono il volto,
stimando ancora la potenziale minaccia.
«Posso?» Mi indicai le gambe.
«Posso?» Mi indicai le gambe.
L’uomo annuì secco.
Con dita intorpidite, cominciai a sciogliere le bolas.
«Le ho chiesto cosa ci faceva qui.»
«E io ho già risposto: sto cercando Annaliese Ruben.
La conosce?»
«Ha mai pensato di provare a telefonare?»
«Non ho il numero.»
Non disse nul a.
«Forse potrebbe aiutarmi lei…»
«Provi con il servizio informazioni.»
«Potrebbe non essere sul ’elenco. Rintracciarla
sarebbe dif icile, in quel caso.»
«Se non è sul ’elenco, ci sarà un motivo.»
«Annaliese vive qui?»
«Se la signora avesse voluto farle avere il suo
indirizzo, glielo avrebbe dato.»
«La conosce?»
«Di sicuro non conosco lei.»
Sciolsi l’ultimo groviglio e liberai i piedi. Mentre mi
alzavo, lui riavvolse le corde intorno a una mano.
«Documento.»
«Come?» Merda.
«Patente? Previdenza sociale? Qualcosa con una foto
sopra.»
«Non ho niente con me.»
sopra.»
«Non ho niente con me.»
«Ricevo una lamentela su qualcuno che sbircia dal e
nestre in Ragged Ass Road. Passo di qui e la trovo
con il naso appiccicato ai vetri. E, guarda caso, non ha
con sé nemmeno un documento.»
«Sto al ’Explorer Hotel. Non avevo in programma di
lasciare l’albergo, stamat ina.»
«Eppure eccola qui.»
«Mi chiamo Temperance Brennan. Sono
un’antropologa forense» mi presentai, bat endo i
denti. «Mi trovo a Yel owknife per un’indagine
uf iciale di polizia.»
«E questa indagine richiede di spiare ignari
cit adini?»
Anche se non avevo idea di chi fosse quel tizio, non
avevo scelta. E mi stavo congelando.
Forni una versione riveduta e corret a. Ol ie. Ryan.
La possibile minaccia che Ronnie Scarborough
rappresentava per Annaliese Ruben.
Lui ascoltò, lo sguardo impassibile.
«Ho il cel ulare. Possiamo fare una telefonata al
detective Ryan o al sergente Hasty. O al sergente
Rainwater. È nel a Divisione G. RCMP. Qui a
Yel owknife.»
Rendendomi conto che stavo balbet ando e non
ricevendo obiezioni, pescai l’iPhone dal a tasca e
ricevendo obiezioni, pescai l’iPhone dal a tasca e
premet i il tasto d’accensione con il pol ice tremante.
Niente.
Provai ancora.
Niente.
Per quanto schiacciassi e scuotessi, il display non si
risvegliò.
Merda. Merda.
Alzai gli occhi. L’espressione del lanciatore di bolas
era indecifrabile.
«È morto.»
Nessuna risposta.
«Dev’essersi bagnato.»
Con sguardo severo, si sganciò un cel ulare dal a
cintura e premet e il tasto di chiamata rapida.
«Zeb Chalker. C’è Rainwater?»
Pausa.
«Non c’è male. Conosci un tizio del a Divisione K di
nome Oliver Hasty?»
Pausa.
«Perché è in cit à?»
Pausa prolungata.
«Viaggia da solo?»
Pausa.
«Marsí» ringraziò in inuit e si rimise il telefono in
«Marsí» ringraziò in inuit e si rimise il telefono in
vita, incrociò le braccia e mi ssò, molto, molto a
lungo. E nalmente: «Ecco cosa facciamo. Lei se ne
torna al ’Explorer. E d’ora in poi stia incol ata ai suoi
amici, capito?».
L’at eggiamento di Chalker mi irritava
profondamente. Chi era per darmi ordini? Però non
desideravo altro che tornarmene in camera a fare una
doccia bol ente. E, comunque, non ero nel a posizione
di obiet are.
Annui .
Senza un’altra parola, l’uomo si al ontanò.
«Non si preoccupi per me» borbot ai tra i denti al
suo fondoschiena. «Chiamo un taxi.»
Quando arrivai sul a strada, Chalker non si vedeva
da nessuna parte. Mentre percorrevo a passo svelto la
Ragged Ass, mi domandai chi fosse quel tizio. Perché
mi aveva lanciato le bolas? Era una specie di
vigilante? Un parente dei padroni di casa? O un
poliziot o?
Chalker conosceva Rainwater: aveva il suo numero
in memoria. Ma quel a era Yel owknife, popolazione
inferiore ai ventimila abitanti. Non si conoscevano
tut i?
Al diavolo. Quel ’individuo non si era lasciato
cavare uno straccio d’informazione.
Decisamente non era la mia giornata. Stavo
svoltando sul a Hamilton, marciando a testa bassa,
svoltando sul a Hamilton, marciando a testa bassa,
quando una biciclet a in corsa mi travolse. Feci un
volo. La bici sbandò, ma proseguì per la discesa.
At errai sul e natiche, il mio ato partito per ignota
destinazione. Per un at imo riusci a concentrarmi solo
sul ’immissione di ossigeno.
Stavo ancora tentando di respirare, quando senti un
rumore di ghiaia calpestata, poi una specie di clacson.
Mi voltai.
Cinque metri più giù, il ragazzino del Kentucky
Fried Chicken era a caval o di una pesante Schwinn
rossa: pensavo fossero uscite di produzione negli anni
Cinquanta. Lo skateboard gial o sporgeva da un
cestel o metal ico fissato al paraurti posteriore.
«O-oh!» Ridendo, puntò il dito verso di me. «Sembri
mia nonna quando è caduta nel recinto dei maiali.»
«E tu sembri uno che dovrebbe andare in giro
ancora con il triciclo» ribat ei ansimando.
Era alto, mi arrivava circa al mento, la tuta troppo
grande gli pendeva addosso come a uno
spaventapasseri. Gli davo circa dodici anni e, sì e no,
una trentina di chili di peso.
«Mi prendi per un moccioso?»
I miei polmoni erano ancora in preda a troppi
spasmi, perché potessi rispondere.
Mentre mi alzavo, si avvicinò. Gli occhi scuri erano
molto distanti e dal berret o scendevano riccioli
molto distanti e dal berret o scendevano riccioli
castani. Una cicatrice sul labbro superiore faceva
pensare al a correzione chirurgica di una palatoschisi.
«Dio, sei ridot a proprio uno schifo.»
Come dargli torto? Avevo il mento sbucciato, i
capel i umidi, gli abiti zuppi e coperti di fango.
«E puzzi pure di merda.»
«Al ’asilo non si accorgeranno che manchi
al ’appel o?» Infantile, ma lo stronzet o provocava.
«Se stai cercando l’ospizio, forse mia nonna ti può
aiutare.»
«Forse tua nonna potrebbe insegnarti un po’ di
buone maniere.»
«Non cambierebbe il fat o che sei una matusa.»
Mi riavviai lungo la Hamilton. Lui si mise a
pedalarmi al fianco.
«Ti ho visto stamat ina, sul a 50a.»
«Fantastico. Ma ho finito i lecca-lecca.»
«Stavi seguendo la signora Snook.»
Nel ie Snook. Annotai mentalmente il cognome.
«Che ci fai da queste parti?»
«Cerco un’amica.»
«Perché sei coperta di letame?»
«Sono caduta.»
«Probabilmente è l’Alzheimer.»
«Probabilmente è l’Alzheimer.»
«E probabilmente tu non avrai bisogno di un
sospensorio per altri dieci anni.»
«Proprio quando tu avrai bisogno del pannolone.»
Ral entando la marcia, gli lanciai un’occhiata. La sua
espressione era impertinente, ma senza traccia di
malevolenza.
«Il nome del a mia amica è Annaliese Ruben.»
«Perché la stai cercando?»
«Ho una cosa da consegnarle.»
«Dal a a me. Gliela porto io.»
«Tu finisci drit o contro la prima staccionata.»
«Io ci ho provato.» Fece un ampio sorriso,
scoprendo denti radi e storti.
«Quindi conosci Nel ie Snook?»
«Mai det o questo.»
«E Annaliese Ruben?»
«È una vecchia bacucca come te?»
«Come ti chiami?»
«Binny.»
«Binny come?»
«Binny Fat i-gli-af ari-tuoi.»
Ero certa che sarebbe sparito appena avessi svoltato
sul a Franklin. Non lo fece.
Avevamo percorso mezzo isolato, quando mi venne
un’idea.
Avevamo percorso mezzo isolato, quando mi venne
un’idea.
«Ehi, pisel ino.»
«Dimmi, nonna.»
«Conosci un tizio di nome Horace Tyne?»
«Tut i conoscono Horace.»
«Perché?»
«È un ambientista.»
«Ambientalista?»
Un’ombra d’imbarazzo gli apparve fugace sul volto.
«Molte persone s’interessano al ’ambiente, perché
Horace è così speciale?»
«Gli altri chiacchierano e basta. Horace fa.»
«Cioè?»
«Tenta di salvare i caribù… Stronzate del genere.»
«E come li salva, i caribù?»
«Creando una riserva. Nessuno può rompere le
pal e al e mandrie, se stanno in una riserva.»
«La nonna approva il tuo linguaggio?»
«Qualcuno approva la tua vecchia faccia rugosa?»
«Perché non sei a scuola?»
«Ho la varicel a.»
Di nuovo pensai che se ne sarebbe andato. Di nuovo
mi sbagliavo.
Camminando, ripercorsi mentalmente la mia
conversazione con Nel ie: la sua domanda, in sala da
Camminando, ripercorsi mentalmente la mia
conversazione con Nel ie: la sua domanda, in sala da
pranzo, implicava un legame tra la Ruben e Tyne. E il
ragazzino conosceva Tyne.
«Il Kentucky Fried Chicken era aperto quando ci sei
stato questa mat ina, pisel ino?»
«No, nonna.»
«E adesso lo sarà?»
«Ne dubito.»
«Sei abbastanza grande per mangiare le frit el e?»
«Of ri tu?»
«Possiamo parlare un po’ di Horace Tyne?»
«Accendi l’apparecchio acustico.»
20
Binny e io ci stavamo avvicinando al a 43a Strada,
quando il rumore di un motore ci indusse a voltarci.
Ryan era al volante di una Toyota Camry bianca.
Era dietro di noi e procedeva a passo d’uomo
costeggiando il marciapiede.
Mi fermai.
Il ragazzino esitò, mi guardò, poi mise un piede sul
cordolo per non perdere l’equilibrio.
Ryan accostò e parcheggiò piut osto bruscamente.
Mi avvicinai al a macchina. Binny restò a guardare,
un piede sul pedale.
Sorridendo, mi chinai e bussai al nestrino del lato
passeggero.
Invece di abbassare il vetro, Ryan a errò la
maniglia, si lanciò fuori e fece il giro dal a parte del
maniglia, si lanciò fuori e fece il giro dal a parte del
bagagliaio.
«Dio, come sono contenta di vederti!» Ancora
sorridente.
«Che cazzo, Brennan!» L’espressione di lui era un
misto di rabbia e sol ievo.
«Ho le chiappe congelate» dissi. Il sorriso vacil ò,
ma resse.
«Dove diavolo sei stata?»
«A indagare.»
I gomiti di Binny si erano sol evati, le sue dita
stret e intorno al manubrio: tra un secondo sarebbe
partito a razzo, e tentavo di al eggerire l’atmosfera con
un po’ di umorismo.
«Lo trovi divertente?»
Al argai le braccia per mostrargli in quali condizioni
ero. «Un po’.»
«Stai scherzando?»
«Non hai ricevuto le mie chiamate?»
«Certo che le ho ricevute! Mi si è spel ato il dito a
forza di premere Richiama!»
«Ehi, calma, muchacho.» Non l’avevo mai visto così
alterato.
«Perché non hai risposto?»
«Il mio telefono si è fat o una nuotatina.» Al argai le
braccia di nuovo.
braccia di nuovo.
Finalmente sembrò rendersi conto del mio stato. Il
vecchio Ryan avrebbe sfoderato tut o il suo repertorio
comico, vedendomi apparire in versione fradicia.
Invece, continuò a tuonare.
«Questa storia non è roba per dilet anti, Brennan.»
Dilet anti? Il colmo! Il mio sorriso svanì.
«Mi stai accusando di essere poco professionale?»
«Super ciale, incosciente, stupida, irresponsabile.
Devo andare avanti?»
«Forse ho trovato la Ruben.»
Ma ormai era lanciato e non mi sentiva nemmeno.
«Non siamo venuti qui per una riunione dei
boyscout. Scar e i suoi giocano duro e non scherzano.»
«Dat i una calmata, Ryan.»
«Mi hai appena det o di darmi una calmata?»
«Non farla tanto tragica.»
«Ogni poliziot o di Yel owknife ti sta cercando. A
me sembra già abbastanza tragica.»
A questo punto Binny sfrecciò lungo l’isolato, le
gambe magre che pedalavano a tut a forza. Al ’angolo,
svoltò a destra e sparì al a vista.
«Questo è poco professionale.» Risposi al o sguardo
severo di Ryan con il mio.
«Sali in macchina» ordinò. Mi girò intorno e aprì la
mia portiera con uno strat one.
mia portiera con uno strat one.
«Quel ragazzino aveva informazioni utili.»
«Sali.»
Non mi mossi.
«Sali su questa fot uta macchina!»
Mi piazzai sul sedile, richiusi sbat endo, agganciai la
cintura e incrociai le braccia.
Ryan scivolò al volante, inspirò e poi emise un
respiro lungo dieci chilometri. La mascel a gli si
contrasse, si rilassò, quindi chiamò un numero sul suo
cel ulare.
«L’ho trovata.»
Aspet ò la fine del a risposta.
«Sì, hai capito bene. Stiamo tornando al ’Explorer.»
Dopo essersi rimesso il telefono in tasca, al acciò la
cintura, accese il motore e si immise nel tra co del a
50a Strada.
«Non dimenticarti di richiamare gli elicot eri da
ricognizione e le unità cino le.» Tenevo gli occhi ssi
davanti a me, la bocca piegata al ’ingiù.
Silenzio gelido.
Bene. Ero arrabbiata anch’io. Ma anche umiliata:
evidentemente, dopo la chiamata di Chalker,
Rainwater aveva parlato con Ol ie. E lui aveva
telefonato a Ryan. Le guance mi ardevano al pensiero
di quanti altri fossero stati messi in al arme.
Gesù.
Gesù.
Ryan non riaprì bocca nché non ci fermammo
davanti al ’Explorer.
«Fa’ uno squil o quando sei pronta.»
In camera, feci una doccia molto calda e molto
lunga. ’Fanculo. Ryan poteva aspet are.
Dopo essermi tamponata i capel i con
l’asciugamano, li fonai senza staccare gli occhi dal o
specchio. Abbastanza folti, né lunghi né corti, né
biondi né mori; qualche lo grigio qua e là si
avventurava timidamente in avanscoperta.
Di nuovo, mi osservai mentre applicavo il mascara:
linea del a mascel a ancora tonica, occhi verdi – e
furibondi – tra palpebre che ancora si opponevano
al a forza di gravità.
Quando misi il rosset o e il fard, avevo quasi
recuperato il mio aspet o abituale.
A eccezione del mento. Quel o aveva lasciato un bel
po’ di pel e sul e rocce del laghet o ornamentale.
Feci un fagot o dei miei abiti sporchi, riempi il
modulo di richiesta per il servizio lavanderia e
chiamai Ryan. Mi chiese di raggiungerlo in sala da
pranzo.
Lo trovai mentre parlava al cel ulare, seduto al o
stesso tavolo occupato da me qualche ora prima. La
tazza e le sei bustine vuote di zucchero indicavano che
era lì da un po’.
era lì da un po’.
Mentre prendevo posto di fronte a lui, la cameriera
che aveva sostituito Nel ie al bu et apparve con una
tazza anche per me e la ca et iera. Al mio cenno di
assenso, mi servì. Per un at imo pensai di chiederle
del a col ega, ma decisi di lasciar perdere.
Dal e risposte di Ryan, capi che era al telefono con
Ol ie.
Chiuse la comunicazione e cominciò a mescolare il
caf è con una diligenza ammirevole.
Quando il silenzio si fu protrat o troppo a lungo,
chiesi: «Era Ol ie?».
Annuì, sempre girando il cucchiaino.
«Parlava del e aspirazioni imprenditoriali di Scar a
Yel owknife?»
Altro cenno af ermativo, altra girata.
«E del a concorrenza locale.»
«Esat o.»
Scrutò il paesaggio zen in divenire fuori dal a
finestra.
«Hai intenzione di ragguagliarmi?» domandai.
«Gli at ori principali sono Tom Unka e Arty Castain.
Unka ha una fedina penale lunga un chilometro,
Castain è stato più fortunato.»
«Lavorano in tandem?»
«Sì.»
«Sì.»
«Cosa trat ano?»
«Per lo più coca, erba, un po’ di speed.»
«Unka e Castain non sono molto felici al ’idea di
avere un concorrente…»
Ryan annuì. «E si dice che entrambi siano assassini
spietati.»
At esi.
«Un paio di anni fa, uno spacciatore di Jasper aveva
tentato di met ersi in proprio quassù. Unka e Castain
gli mandarono un avvertimento: ammazzarono il suo
col ie e gli spedirono per posta le orecchie mozzate. Il
tizio continuò a spacciare. Tre mesi dopo, un aereo da
col egamento avvistò il suo cadavere che gal eggiava a
faccia in giù nel a Baia di Back.»
«Senza orecchie.»
«Hai af errato.»
«Se Scar vuole espandersi a Yel owknife, questi sono
i tipi che dovrà intimidire.» Facendo del male al a
Ruben. Non lo dissi.
«E così pure la loro clientela.» Ryan sorseggiò il
ca è. «La storia del a Ruben ormai fa notizia a livel o
nazionale.»
Il commento mi lasciò di sasso. «Cosa?»
«White» disse, a mo’ di spiegazione.
La mia espressione dovet e telegrafargli estremo
La mia espressione dovet e telegrafargli estremo
smarrimento.
«Il cazzone che aveva chiamato Okeke.»
«Il giornalista che aveva telefonato in sala
autopsia?» Ero inorridita. «Ha scrit o un articolo sul
neonato di Edmonton?»
«“National Post”. E non solo sul neonato di
Edmonton: su tut i e quat ro. Di lì in poi la notizia si è
di usa come un virus in tut o il Canada.» Levò la tazza
in un caustico accenno di brindisi. «Niente di meglio
che dei bambini morti per alzare la tiratura.»
«Aspet a.» Non aveva senso. «White come ha avuto
accesso a informazioni confidenziali?»
«Da noi.»
«Cosa?»
«Aurora Devereaux ci ha sentiti parlare nel suo
appartamento, ha utato un’occasione e ci è saltata
sopra. Come tu stessa avevi suggerito a Okeke,
probabilmente ha venduto lo scoop al miglior
of erente.»
«Porca put ana.»
«Già.»
Per un lungo istante ci limitammo entrambi a fissare
il giardino.
«Mi vuoi spiegare la tua trovata di questa mat ina?»
domandò, freddo.
«Non usare quel tono con me, Ryan.»
«Non usare quel tono con me, Ryan.»
«Bene.» Due amme ossidriche mi perforarono con
una sola occhiata. «Come ha trascorso la mat inata,
dot oressa Brennan?»
Glielo dissi. La foto segnaletica del a Ruben. Nel ie.
Il Gold Range. La casa in Ragged Ass Road. Chalker.
«Il tizio ti ha but ata giù con le bolas?» Un accenno
di sorriso gli addolcì l’espressione.
«Sono un’arma formidabile. Nel a preistoria le
usavano per cacciare i mammut.» Non ne ero molto
sicura, ma suonava bene.
«E ti ha trascinata in un laghet o ornamentale…»
Il mio sguardo chiarì che non ero in vena di farmi
prendere in giro.
«Tu dov’eri quando ti ho chiamato… Quante? Tre
volte?» dissi.
Ignorando la domanda, o in risposta al a stessa,
Ryan tirò fuori il suo bloc notes e sfogliò qualche
pagina.
«La casa in Ragged Ass risulta intestata a tale Josiah
Stanley Snook.»
«Nel ie Snook. È la cameriera che ho seguito.»
«È tornata a casa dopo aver staccato dal lavoro.
Davvero molto strano» commentò sarcastico.
«È uscita di corsa perché le ho chiesto del a Ruben.
Doveva ancora finire di apparecchiare il buf et.»
Doveva ancora finire di apparecchiare il buf et.»
«Mmm. Dici che prima si è fermata al Gold Range.
Probabilmente la Ruben si è instal ata lì: è il porto
del e prostitute e rientrerebbe nel a sua zona di
sicurezza.»
«Con un cane?»
«Cos’è questa fissazione?»
«Ralph Trees aveva det o che la Ruben ha un cane.»
«A giudicare dal a sua condot a, con tut a
probabilità l’ha abbandonato da un pezzo.»
Prese il telefono e fece un numero. Di nuovo, senti
solo metà del a conversazione.
«Meglio, a parte il mento.»
Grandioso.
«Hai avuto fortuna al Gold Range?»
Guardai il mio cel ulare. Sempre defunto.
«Hasty sta ancora parlando con Unka e Castain?»
domandò Ryan al ’interlocutore.
Pausa.
«Che sorpresa!»
Pausa.
«È credibile?»
Pausa.
«Okay, tienimi informato.»
Riagganciò e chiese il conto con un cenno.
«Ol ie ha mandato qualcuno a verificare al ’hotel?»
«Ol ie ha mandato qualcuno a verificare al ’hotel?»
«Rainwater. Lui invece si sta ancora lavorando Unka
e Castain.»
«Cos’ha scoperto?»
«I ragazzi non sono troppo loquaci.»
«Hai domandato se non-so-chi era credibile. A chi ti
riferivi?»
«Una prostituta sostiene di aver visto un tizio
corrispondente al a descrizione di Scar. Da Bad Sam,
verso le tre del mat ino.»
«Bad Sam?»
«La taverna del Gold Range. L’albergo ha una
variegata o erta di ambienti: non per niente i locali lo
chiamano Strange Range.»
«Birbantel i. E la tipa è credibile?»
«Quando è sobria.»
«Merda. Dobbiamo andare là?»
«Se ne sta occupando Rainwater. Chiamerà se c’è la
Ruben.»
«E al ora?»
«Al ora aspet iamo.»
«Ma…»
«Brennan. Io sono “in visita temporanea”. Sai cosa
signi ca? Questa non è la mia giurisdizione, e io
posso solo adeguarmi al e richieste di chi mi ospita.»
posso solo adeguarmi al e richieste di chi mi ospita.»
«Ho sentito il verso di un cane al ’interno di casa
Snook.»
«Gesù, di nuovo il cane?»
«Supponi che la Ruben non sia al Gold Range.
Supponi sia in quel a casa. Se Scar è davvero a
Yel owknife quanto credi ci met erà a trovarla?»
Non disse niente.
«Dobbiamo fare qualcosa.»
«Stiamo facendo qualcosa: aspet iamo la chiamata
di Rainwater. Ricordati che non abbiamo un mandato
del Québec per la Ruben. È ricercata solo per essere
interrogata. L’unico mandato esistente è quel o di
Edmonton, per non essersi presentata al ’udienza in
tribunale.»
«Perché non arriviamo giusto in Ragged Ass Road?
Non dobbiamo bussare al a porta o roba del genere:
possiamo guardare dal ’auto. Nel caso qualcuno entri
o esca. Che male c’è?»
La cameriera arrivò e Ryan rmò il conto. Poi mi
guardò e prese una decisione.
«Andiamo.»
21
Eravamo parcheggiati in Ragged Ass Road da trenta
minuti, quando Ryan ricevet e la telefonata.
Rainwater aveva interrogato il personale diurno e
not urno, control ato i registri, domandato a ogni
cliente disposto ad ascoltarlo. Aveva fat o ciò che
poteva senza un mandato e sentiva di poter a ermare
con sicurezza che la Ruben non era al Gold Range:
dubitava anzi che ci fosse mai stata.
Poco dopo la ne del a conversazione, la porta
d’ingresso degli Snook si aprì e apparve Nel ie.
Portava la stessa giacca a vento grigia, ma aveva
sostituito la gonna con un paio di jeans.
Mi voltai per vedere se Ryan si fosse accorto di lei:
gli occhiali da sole puntavano nel a sua direzione.
Ignara del a nostra presenza, la donna emise un
fischio e si bat é una mano sul a coscia.
fischio e si bat é una mano sul a coscia.
Un cagnet o grigio uscì di corsa dal a porta
saltel ando, superò il portichet o con un balzo e come
un piccolo derviscio rotante cominciò a girare in
circolo sul prato.
«Sì ì!» Sferrai un cazzot o trionfante al ’aria.
«Due famiglie su tre, in America Set entrionale,
hanno un cane.»
«Te lo sei inventato.»
«Sono certo che il dato non si discosta troppo dal e
statistiche uf iciali.»
«Tank!» chiamò Nel ie. «Fai pipì.»
Tank? Carro armato? Il bastardino pareva più che
altro un incrocio tra uno yorkshire e un gerbil o.
Continuò a girare in tondo come un mat o.
«Tank, fai pipì adesso.»
Altri giri frenetici.
«Se lo fai, ho qui un premio per te.» Nel ie agitò un
sacchet ino.
Tank smise di correre e la guardò, orecchie tese,
testa piegata da una parte. Assodato che la padrona
aveva le provviste, annusò l’erba in vari punti, poi si
acquat ò e rimase fermo in posizione per un tempo
considerevolmente lungo.
Svuotata la vescica, tornò trot erel ando da Nel ie e
ricevet e la sua ricompensa. Lei lo prese in braccio e
ricevet e la sua ricompensa. Lei lo prese in braccio e
lo depositò in casa.
Dopo aver chiuso la porta a chiave, scomparve sot o
la tenda da sole e riapparve dopo poco tirandosi
dietro un trol ey per la spesa.
«A quanto pare sta andando a fare compere» dissi.
«Forse.»
«Mentre è fuori potremmo dare un’occhiata, che ne
dici?»
«Hai già tentato quel genere di approccio stamat ina
e non ha funzionato.»
«Bene. Al ora tu tieni d’occhio la casa e io vado a
parlare con lei.»
«Neanche questa è una buona idea.»
L’at eggiamento di Ryan cominciava a darmi sui
nervi. Come pure il senso di frustrazione scaturito
dal a prolungata inat ività. E avevo fat o il pieno di
caf è.
«Sai una cosa? Non ho bisogno di un mandato per
fare un paio di domande. E men che meno del tuo
permesso.»
Det o ciò, saltai giù dal ’auto e mi avviai spedita
lungo la strada.
Il rumore del carrel o sul a ghiaia coprì quel o dei
miei passi. O forse la Snook era dura d’orecchi.
Parlai quando fummo a un paio di metri di
distanza.
distanza.
«Nel ie.»
Si voltò.
La sua espressione passò dal a sorpresa al a
confusione per poi assestarsi sul ’al arme.
«La prego» la supplicai alzando i palmi. «Possiamo
parlare?»
«Ha tentato di introdursi in casa mia.»
«No, davvero.»
«L’ho vista. Ho chiamato mio cugino. Lui è venuto e
l’ha trovata nel cortile.»
«Non avevo intenzione di entrare.»
«Perché mi sta seguendo?»
«Gliel’ho det o al ristorante. Sono preoccupata per
Annaliese Ruben.»
«Perché le importa di lei?»
Già. Perché? Quel a donna aveva forse ucciso
quat ro bambini in fasce. Volevo proteggerla? O
soltanto acciuf arla e farla incriminare?
«Non mi piace veder sof rire le persone» risposi.
Sembrò rilassarsi un po’.
«Annaliese è a casa sua?»
«Glielo ripeto: non la conosco.»
«È al Gold Range?»
Le dita si contrassero intorno al manico del trol ey.
Le dita si contrassero intorno al manico del trol ey.
«Perché si è fermata in quel ’albergo, stamat ina?»
«Ci lavora mio marito.»
«Josiah.»
La paura si riaccese nei suoi occhi. «Mi lasci in
pace.»
«Può dirmi il vero motivo per cui è andata al Gold
Range?»
«Se lo faccio, la smet erà di molestarmi?»
«Sì.»
Esitò, probabilmente dibat uta su cosa dire o come
cavarsela.
«Avevo dimenticato le mie chiavi di casa. Mio
marito ha un duplicato.»
Ero scet ica: ciò non spiegava la sua fret olosa
partenza dal ’Explorer, ma non riusci a formulare la
domanda giusta da fare.
Sentirle menzionare Horace Tyne, quel a mat ina,
mi aveva dato una piccola sensazione di vit oria: mi
era sembrato di scoprire una pista, un possibile
legame con Annaliese Ruben. In realtà, a parte quel
nome, che forse non aveva alcun signi cato, non ne
avevo cavato nul a di nuovo. E la cosa mi faceva
impazzire.
Così, mantenni la parola e non chiesi più nul a.
«Il mio nome è Temperance Brennan.» Le porsi un
bigliet o da visita. «Annaliese potrebbe essere in
«Il mio nome è Temperance Brennan.» Le porsi un
bigliet o da visita. «Annaliese potrebbe essere in
pericolo. Se ha sue notizie, la prego, mi chiami
al ’Explorer.»
Quando risali sul a Camry, Ryan mi lanciò
un’occhiata interrogativa da dietro le lenti scure.
Credo. Scossi il capo.
«Ol ie sta mandando qui Rainwater.»
Annui .
Restammo altri cinque minuti in silenzio. Poi lui
domandò: «Quel o non è il ragazzino che camminava
con te, prima?».
Segui la traiet oria del suo sguardo.
Binny era seduto a gambe incrociate su un masso
al ’estremo opposto del a Ragged Ass. La biciclet a
giaceva sul ’erba accanto a lui, gli occhi erano ssi su
di noi.
Abbassai il finestrino e gli feci un cenno. Non reagì.
«Si chiama Binny.»
«Ha un aspet o strano.»
«Mi piace! È coraggioso.»
«Non lo avrei det o da come scappava pedalando a
manet a sul a 50a.»
«Gli hai messo addosso una paura del diavolo.»
Agitai ancora la mano.
Binny inforcò la bici e pedalò via.
Forse Ryan aveva ragione: la mia abilità con la
Binny inforcò la bici e pedalò via.
Forse Ryan aveva ragione: la mia abilità con la
gente lasciava parecchio a desiderare.
«Perché ritieni che il ragazzino può tornare utile?»
«Quando ho chiesto a Nel ie del a Ruben, lei si è
lasciata sfuggire un nome. Horace Tyne. Binny sostiene
di conoscerlo.»
Ryan fece un gesto con la mano per dirmi «va’
avanti».
«Sembra sia un at ivista ambientale.»
«Altro?»
«Nient’altro. La tua piazzata l’ha terrorizzato a
morte.»
Ryan si alzò gli occhiali sul a fronte e compose un
numero sul cel ulare. Riagganciò. Riprovò. Riagganciò
di nuovo.
«Okay. Tentiamo per la via facile.»
Pigiò alcuni tasti. Molti tasti.
«Tombola» esclamò, con gli occhi fissi sul minuscolo
schermo.
«L’hai trovato su Google?»
Mi ignorò.
«Fuochino?»
«Fuochissimo. Horace Tyne gestisce un’associazione
chiamata Amici del a tundra. Secondo il sito, piut osto
scarno, l’organizzazione è nalizzata a preservare ora
e fauna tipiche del ’ecosistema dei Territori del Nord-
scarno, l’organizzazione è nalizzata a preservare ora
e fauna tipiche del ’ecosistema dei Territori del Nord-
Ovest.»
Lesse ancora un po’, scorrendo la schermata.
«Tyne sta cercando di realizzare una specie di
riserva naturale.»
«La pagina fornisce i contat i?»
«Un indirizzo cui mandare donazioni.»
«Qui a Yel owknife?»
«In un posto chiamato Behchoko.»
Mentre cercava l’itinerario su Google, un’auto del a
RCMP si fermò accanto a noi. Al volante c’era
Rainwater.
Ci salutò rapidamente con la mano.
Ryan restituì il saluto, poi si calò gli occhiali sul
naso.
E ripartimmo.
Behchoko era una comunità dené di circa duemila
anime che, no al 2005, si era chiamata Rae-Edzo.
Non sapevo di preciso perché il nome fosse cambiato,
né cosa signi casse Rae, ma, stando al a cartina
del ’autonoleggio che pescai dal vano portaogget i,
Edzo era stato uno dei capi locali.
Non serviva il GPS: la Yel owknife Highway era
l’unica strada possibile.
l’unica strada possibile.
Ryan la spuntò nel braccio di ferro su chi dovesse
guidare. Il noleggio era suo, perciò era lui il capitano
del a nave. Di nuovo, avrei dovuto restarmene seduta
con le mani in mano. Almeno non c’era Ol ie a
lanciare frecciate dal sedile posteriore: era ancora
impegnato a spremere Unka e Castain.
La nostra destinazione si trovava circa ot anta
chilometri a nord-ovest di Yel owknife. Dal a mappa
scopri anche che, dopo Behchoko, la strada asfaltata
oltrepassava Dehk’è, il Frank Channel, proseguiva per
circa sessantacinque chilometri, e poi si divideva nel e
piste che, ghiacciate d’inverno, venivano usate dai
camion per rifornire le miniere. Doveva esserci
del ’oro nel e vicinanze.
Comunicai la mia deduzione a Ryan. Normalmente
avrebbe intonato un paio di versi di Livin’ on the
Edge. Oggi, niente Aerosmith.
Il viaggio richiese circa un’ora. Non incrociammo
altre auto; solo molti, molti alberi.
Behchoko consisteva in un gruppet o di edi ci che
costeggiava una sponda brul a, punteggiata di massi.
Stando al a mappa, era la punta set entrionale del
Grande lago degli schiavi.
Mentre Ryan percorreva la via principale del a
cit adina, notai una scuola con un’altalena in legno
grezzo nel cortile, una costruzione senza nestre con
l’insegna di un Bancomat, case con variazioni scrostate
l’insegna di un Bancomat, case con variazioni scrostate
di rosso sequoia, marrone, grigio e azzurro, decine di
pali del a luce inclinati in varie angolazioni.
Il paesaggio comprendeva chiazze d’erba e boschet i
qua e là; non una sola strada asfaltata.
Ryan parcheggiò davanti a una piccola capanna di
tronchi con un cartel o che riportava il nome per
esteso del a RCMP in inglese e in francese. Scendemmo.
L’u cio conteneva un tavolo e una sedia, qualche
schedario e poco altro. Il tavolo era occupato da un
agente. Schultz, stando al a targhet a di identificazione.
Quando entrammo alzò la testa, ma non disse nul a.
Era poco sot o i trenta, basso e tarchiato, con guance
da scoiat olo che gli davano un’aria tenera.
Poiché teneva gli occhi inchiodati su Ryan,
ignorando me, lasciai parlare il capitano.
«Buongiorno, agente» esordì, levandosi gli occhiali.
«Buongiorno.» Se l’uomo era sorpreso del a nostra
visita, non lo diede a vedere.
«Stiamo cercando gli Amici del a tundra.»
Schultz piegò la testa e si grat ò la nuca.
«Horace Tyne?»
«Esat o. Che perspicacia!»
Schultz puntò quat ro dita verso la porta al e nostre
spal e. «Arrivate al a ne del a via principale e
svoltate a sinistra al a casa blu con il capanno verde:
quat ro porte più giù c’è un edi cio rosso con porta
quat ro porte più giù c’è un edi cio rosso con porta
bianca e staccionata. È lì.»
«Lei conosce Tyne?»
«L’ho visto in giro.»
Non of rì ulteriori spiegazioni.
Ci voltammo.
«Venite da Yel owknife?»
«Sì.»
«In visita ai parenti?» Riconobbi il tono vago da
poliziot o.
«No.»
«Siete di Greenpeace?»
«Lei sa qualcosa del ’organizzazione di Tyne?»
«Non molto. Immagino che lo tenga occupato.»
«Cioè?»
«È senza un lavoro stabile da quando hanno chiuso
le miniere d’oro.»
«Ossia?» domandai.
«Nei primi anni Novanta. Io non ero ancora qui.»
«È un tipo rispet abile?»
Schultz alzò una spal a. «Non si ubriaca e non si
met e a fare a pugni.»
«Cosa vuoi di più?» Ryan si rin lò gli occhiali.
«Grazie per l’aiuto.»
Le indicazioni erano giuste: trovammo la casa senza
Le indicazioni erano giuste: trovammo la casa senza
di coltà. Era piccola, rivestita di assicel e color
mirtil o rosso e con un paio di tubi metal ici che
sporgevano dal tet o, circondata da uno steccato di
palet i grezzi, disposti a cinque centimetri l’uno
dal ’altro. Una betul a striminzita tendeva dita
d’ombra sul cortile sterrato. Un pick-up grigio era
parcheggiato nel vialet o.
Ryan osservò la proprietà. «Non proprio sfarzosa
come la Trump Tower.»
«Forse a Tyne basta un computer, per lavorare.»
«Contiene le spese.»
«Tut o a vantaggio dei caribù.»
Raggiungemmo la piccola veranda e bussò al a
porta d’ingresso.
Niente.
Bussò ancora. Più forte.
Una voce abbaiò qualcosa, poi la porta si aprì.
Perlustrai i miei archivi mentali.
Mmm… No. Mai visto prima.
22
Tyne portava un perizoma leopardato, una col ana
di perline e un elastico per capel i. Nient’altro.
La pelata gli splendeva come se fosse di rame, la
coda di caval o, con i suoi quat ro capel i in croce, era
lunga e nera, partiva dal a periferia del capo e
scintil ava di gel o di umidità.
Non avrei saputo dire se il tizio stesse onorando gli
antenati o fosse appena uscito dal a doccia.
«Come va, signor Tyne?» Ryan tese una mano.
«Spero di non averla disturbata.»
«Non compro niente. Se mi serve qualcosa, me lo
vado a cercare.»
«Non siamo venditori.»
«Testimoni di Geova?»
«No, signore.»
«No, signore.»
L’uomo strinse la mano a Ryan, poi a me, quindi si
bat é il pet o con un palmo. «Stavo per fare il mio
bagno di vapore. Aiuta la circolazione.»
Ryan si lanciò a testa bassa, optando per la tat ica
del mil antare amicizie comuni.
«Sono Andy. Questa è Tempe. Abbiamo avuto il suo
nominativo da Nel ie Snook. Siamo conoscenti di
Annaliese Ruben.»
Tyne rimase zit o per qualche istante. Quando
pensavo ormai che ci avrebbe chiesto di togliere il
disturbo, abbozzò un lievissimo sorriso.
«Annaliese! Okay. Cominciamo da lì.»
«Scusi?»
«Simpatiche ragazze, quel e due. Le conosco da una
vita. Si ccavano sempre nei guai. Annaliese se n’è
andata qualche anno fa. Non mi dispiacerebbe sentire
come se la passa.»
«Crediamo sia tornata a Yel owknife.»
«Sul serio?»
Era la mia immaginazione o gli occhi di Tyne si
assot igliarono appena impercet ibilmente?
«Era venuta a Edmonton. Noi siamo di lì.
Conosciamo la sua ex padrona di casa. Quando la
signora Forex ha saputo del nostro viaggio a
Yel owknife ci ha a dato alcuni e et i personali che
Annaliese aveva lasciato da lei. Ci piacerebbe trovarla
Annaliese aveva lasciato da lei. Ci piacerebbe trovarla
prima di lasciare la cit à.»
Ciascuna a ermazione, presa da sola, era del tut o
veritiera.
«Entrate.» L’uomo si scostò per farci passare.
«Ditemi quel o che sapete e io farò altret anto.»
Lo seguimmo at raverso un’anticamera poco
il uminata, in un soggiorno arredato con mobili
ordinari. Il pavimento era rivestito da un linoleum che
tentava di farsi passare per piastrel ato. Nel ’aria
aleggiava un profumo di bacon e cipol e.
Tyne accennò al divano. Ryan e io ci sedemmo.
Propose del caf è. Declinammo.
Quando sprofondò nel a poltrona di fronte a noi, le
sue ginocchia ossute si divaricarono, o rendo una
visione fin troppo chiara dei gioiel i di famiglia.
Ringraziai il cielo di non avere ancora pranzato.
«La prego, si senta libero di andare a met ersi degli
abiti più caldi.» Ryan sorrise. «Aspet iamo senza
problemi.»
«Ah, teme che la signora si lasci distrarre dagli
zebedei!» Tyne strizzò l’occhio.
Ryan sorrise di nuovo.
Sorrisi anch’io.
L’uomo uscì, tornò pochi minuti dopo con una felpa
e un paio di jeans. «Al ora. Uniamo i nostri cervel i.»
Un’immagine rivoltante quanto la vista dei suoi
Un’immagine rivoltante quanto la vista dei suoi
zebedei.
«Innanzitut o, grazie del a sua disponibilità»
cominciò Ryan. «Non le ruberemo troppo tempo.»
«Se c’è una cosa che non mi manca è il tempo.»
«Un lusso!»
«Non quando arrivano i conti da pagare.»
«Lei non lavora, signore?»
«Ho lavorato quindici anni al a Giant. Un giorno,
prendono e chiudono. “Spiacenti, amico: non servi
più.” Ho fat o un po’ di picchet amenti, guidato i
camion. Non ci sono molte opportunità da queste
parti.»
«La Giant è una miniera d’oro?» chiesi.
«Lo era. L’oro è stato la linfa vitale di questa
regione per decenni.»
«Non lo sapevo.»
«Certo, tut i conoscono sempre e solo l’epopea del
Klondike. Be’, anche Yel owknife ha avuto i suoi
giorni di gloria.»
«Davvero?» A Ryan non fregava un bel niente
del ’oro, ma sapevo che lo stava lisciando un po’.
«1898. Un cercatore diret o nel o Yukon ebbe
fortuna. Nel giro di una not e, la cit à era in pieno
boom.» Tyne rise. Il suono fu quel o di un singhiozzo.
«Vale a dire che il numero di abitanti arrivò a mil e
«Vale a dire che il numero di abitanti arrivò a mil e
anime. Ma è stato solo nel Ventesimo secolo che
l’industria estrat iva ha avuto un reale impat o
economico.»
«Quante miniere c’erano, qui?»
«La Con ha aperto nel 1936 e ha chiuso nel 2003; la
Giant è stata in at ività dal 1948 al 2004. Riserve
esaurite, costi di produzione elevati: solite stronzate
aziendali. “I pro t i sono calati, perciò, amico, sei
senza lavoro.”»
«Mi dispiace» commentò Ryan.
«Anche a me.» Tyne scosse il capo. «La Con era
davvero fenomenale. Gli impianti arrivavano a
centosessanta metri di profondità, si estendevano sot o
quasi tut a Yel owknife e la baia, praticamente no a
Det ah. E neppure la Giant era da disprezzare. Nel
1986 era una del e poche miniere che arrivava a
produrre diecimila lingot i. Una del e poche al
mondo, intendo.»
Ricordai un altro motivo per cui la Giant Mine era
famosa. Nel 1992, durante una protesta, un minatore
in sciopero aveva ucciso nove uomini, di cui sei
colpevoli di avere oltrepassato la linea del picchet o.
La sua bomba fece esplodere il loro carrel o mentre si
trovavano due metri sot o terra. Il crimine più grave
nel a storia del e morti sul lavoro in Canada.
«Ci è parso di capire che ora si occupa di
conservazione del ’ambiente» dissi.
conservazione del ’ambiente» dissi.
«Qualcuno doveva pur prendere posizione.»
«Per i caribù.»
«I caribù, i laghi, i pesci. L’estrazione di diamanti sta
distruggendo l’intero ecosistema.»
Questa non la sapevo.
«Diamanti?»
«“Tesori sot o la tundra”? » La voce di Tyne
grondava disprezzo. «Morte al a tundra, dico io.»
Ryan mi lanciò un’occhiata fugace: basta menare il
can per l’aia.
«Ci ha det o di conoscere la famiglia di Annaliese
Ruben» cominciò, tentando di arrivare al punto.
«Conoscevo abbastanza bene il padre, Farley
McLeod. Era davvero un personaggio.»
«Era?»
«È morto. Lui e io abbiamo lavorato per Fipke.»
«Fipke?»
«Me lo sta chiedendo seriamente?» Mi guardò come
se gli avessi chiesto di spiegare cos’è il sapone.
«Sì.»
«Chuck Fipke è considerato lo scopritore dei
diamanti nel ’Artide. E lo è stato, insieme a un tizio di
nome Stu Blusson. Li credevano pazzi, ma non lo
erano a at o. Oggi, grazie a loro, i caribù se lo
prendono in quel posto.»
prendono in quel posto.»
«I diamanti hanno sostituito l’oro nei Territori?»
domandai.
«Me lo sta chiedendo seriamente?»
Gli piaceva quel ’espressione. Rispondere mi parve
ridondante.
«Quante miniere ci sono?»
«La Ekati ha aperto nel 1998, la Diavik nel 2003, la
Snap Lake – l’unica sot erranea – nel 2008.»
«Dove?»
«Circa duecento chilometri a nord. La Snap Lake è
la prima miniera del gruppo De Beers fuori
dal ’Africa. Ora stanno cercando di aprirne un’altra, a
Gahcho Kué. Non resterà un solo caribù in giro
quando quei bastardi l’avranno spuntata.»
La mia conoscenza del ’industria dei diamanti era
assai limitata, per dirla con un eufemismo.
Sapevo che Cecil Rhodes aveva fondato la De Beers
al a ne del ’Ot ocento, che il gruppo ha sede a
Johannesburg e a Londra, e che è responsabile dei tre
quarti del a produzione mondiale di diamanti. Mi
risultava che Angola, Australia, Botswana, Congo,
Namibia, Russia e Sudafrica erano Paesi ricchi di
quel a preziosa risorsa, ma non immaginavo lo fosse
anche il Canada.
«Prima ha det o di aver fat o un po’ di
picchet amenti. Cosa significa?» chiesi.
picchet amenti. Cosa significa?» chiesi.
«Significa piantare picchet i.»
«Per rivendicare una concessione mineraria?»
«Lei è sveglia, bel a signora.»
«Seriamente.»
Tyne puntò due dita nel a mia direzione.
«Quando Fipke trovò il suo camino si scatenò
l’inferno: in confronto la corsa al ’oro del Klondike
sembrava una festa in giardino.» Emise di nuovo la
risata singhiozzante. «Ovviamente questa è storia
antica. Oggi non c’è un centimetro quadrato di tundra
che non sia stato picchet ato da qualche coglione in
cerca del a vena madre. E i pezzi da novanta si sono
accaparrati ogni concessione che valesse uno sputo.
Rio Tinto. BHP Bil iton. De Beers.»
«Che cos’è un camino?» chiesi.
Gli occhi di Tyne si ridussero a due fessure.
«Credevo foste interessati ad Annaliese Ruben.»
«È così» si a ret ò a intervenire Ryan. «Annaliese
viveva con Farley?»
«Farley non era un tipo paterno. Li sfornava e li
abbandonava. Un po’ come le carpe.»
«Al ora stava con sua madre?»
«Micah Ruben. Poi ha cambiato il nome in Micah
Lee. Non credo si sia mai sposata: a quel e due
piaceva cambiarsi il nome.»
piaceva cambiarsi il nome.»
«Ah sì?»
«Micah aveva chiamato la bambina Alice. A un certo
punto è diventata Alexandra, poi Anastasia…
Suonavano più chic, diceva.»
«Che ne è stato di Micah?»
«Era un’alcolizzata. Cinque, forse set e anni fa, una
vicina l’ha trovata stesa nel a neve. Un ghiacciolo
umano.»
Mi tornò in mente il DNA.
«Era aborigena?»
«Dené.»
«E Farley?»
«Buon vecchio pane bianco, nient’altro. È passato a
miglior vita poco dopo di lei. Nel 2007, credo.»
«Quanti anni aveva Annaliese?»
Tyne sembrò ri et erci un po’. «Credo avesse
appena cominciato le superiori, quindi… Quanto?
Quat ordici? Quindici? Ma quel a ragazza non era
esat amente un genio, poteva avere anche qualcosina
di più.»
«Come è morto Farley?»
«Caduto con il suo Cessna nel Lac La Martre. Un
cacciatore lo vide precipitare. Le ricerche frut arono il
relit o, ma non il corpo.» S’interruppe. «Credo che
Annaliese vivesse con il padre al ’epoca, perché Micah
era morta.»
era morta.»
«Dove?» Avverti un fremito di eccitazione.
«In una topaia a Yel owknife.» Tyne scosse il capo.
«Farley era uno che tirava a campare. Una volta niti
i soldi in banca, orfana o no, la ragazzina si ritrovò lo
sfrat o. I suoi fratel i non le tesero una mano, perciò la
lasciai stare da me per un po’. Al ora vivevo in cit à.»
«E…?»
«E poi se n’è andata.»
«A fare cosa?»
Tyne alzò le spal e. «Doveva pur sopravvivere.»
«Il che significa prostituzione» concluse Ryan.
«È solo una supposizione, ma avendo conosciuto la
madre…»
«Lei ha tentato di intervenire?» L’eccitazione si stava
trasformando in disgusto. «Ha cercato di convincerla a
continuare la scuola?»
«Non sono un suo parente.»
«Ma era…»
Captando la mia ostilità, Ryan intervenne. «Ha det o
che c’erano dei fratel i.»
«Io so di un fratel astro e di una sorel astra.» Di
nuovo la risata rot a. «Probabilmente ce n’è un
plotone là fuori. Farley si dava da fare con le donne.»
Le abbagliava con gli zebedei. Non lo dissi.
«Chi è il fratel o?»
«Chi è il fratel o?»
«Un tizio di nome Daryl Beck. Madri diverse. Era un
bel po’ più grande di Al… di Annaliese.»
Ryan notò il verbo al passato. «È morto anche lui?»
«Una spipacchiata di troppo, credo. Rimasto ucciso
nel ’incendio di casa sua. Riuscirono a malapena a
identificarlo.»
«Beck si faceva di crack?»
«So solo quel o che si dice in giro.»
«Quando è successo?»
«Tre, quat ro anni fa.»
«C’è stata un’indagine?»
«La polizia ci ha provato.»
«In che senso?»
«La gente si fa i fat i suoi, quassù.»
«Annaliese era a ezionata a suo fratel o?»
domandai.
«Mi venga un colpo se lo so.»
«E Beck aveva altri parenti?»
«Stessa risposta.»
«Quando la ragazza abitava qui, Beck è mai venuto
a trovarla? Ha chiamato?»
«No.»
«Qualcun altro?»
Tyne si limitò a guardarmi.
Tyne si limitò a guardarmi.
«Dove è andata a vivere Annaliese dopo aver
lasciato la sua casa?»
«Non mi ha comunicato alcun indirizzo.»
Di nuovo il formicolio. «E lei ha chiesto in giro?»
I suoi occhi mi scrutarono il volto. Senti che tentava
di decifrare le mie intenzioni.
«Lei e Annaliese vi siete lasciati male?» chiesi in
tono al usivo.
«Non mi piace il sot inteso del a sua domanda. E
poi ne fate parecchie, di domande, per essere due che
devono solo consegnare un pacco.»
Si alzò. Il col oquio era finito.
«Grazie del suo aiuto.» Ryan si piazzò gli occhiali da
sole sul naso.
Sul a soglia, ci riprovai.
«Lei sa perché Annaliese ha lasciato Yel owknife?»
«Non erano af ari miei.»
«Se tornasse qui, dove andrebbe? Con chi si
met erebbe in contat o?»
«Forse con la sorel astra.»
«Come si chiama?»
Seriamente?
23
Nel ie Snook.
Né Ol ie né quel i del a Divisione G avevano
scoperto il legame. Mi scervel ai su come fosse potuto
accadere per tut o il viaggio di ritorno a Yel owknife.
«Il nome del a Snook non è mai venuto fuori
quando facevano control i sul a Ruben?»
«Perché avrebbe dovuto?»
«Meno di ventimila abitanti in cit à.» Impossibile. «E
non è venuto fuori che la Snook e la Ruben sono
sorel astre?»
«Evidentemente no.»
Ryan parcheggiò su uno spiazzo sterrato di fronte a
una catapecchia azzurro chiaro. Scendemmo dal a
Camry e la raggiungemmo.
«Non una del e persone interrogate ne aveva idea?»
«Non una del e persone interrogate ne aveva idea?»
«Hai sentito cos’ha det o Tyne: la gente si fa i fat i
suoi, quassù.»
Corna rami cate, scarponi da neve e una racchet a
dal a forma insolita erano appesi sul a porta; accanto,
un cartel o inchiodato al e assicel e del rivestimento
esterno diceva VIETATO LAGNARSI.
Ryan lo indicò, inarcando le sopracciglia.
«Io non mi sto lagnando.» Non mi stavo lagnando.
Mi stavo sfogando.
Lui fece un cenno in direzione di un altro cartel o:
BIRRA CALDA, CIBO SCHIFOSO, SERVIZIO PESSIMO. BENVENUTI E
BUONA GIORNATA. Quindi aprì la porta.
Ci accolse un tintinnio di campanel i.
Al a nostra sinistra, una testa d’alce impagliata
fungeva da appendiabiti, di fronte c’era un bancone
con bar, zona gril -friggitrice e registratore di cassa.
Una donna con berret o nero stile Mao, camicia
scozzese e jeans stava raschiando la griglia con una
spatola. Il resto del bistrot era occupato da tavoli di
legno e sedie con lo schienale alto, alcune lisce, altre
intagliate.
Sentendo lo scampanel io, Mao si voltò.
«Avete prenotato?» Le sue corde vocali dovevano
essersi sorbite un sacco di fumo.
Ryan e io ci guardammo, perplessi: erano le tre del
pomeriggio e non c’era un’anima.
pomeriggio e non c’era un’anima.
«Ci siete cascati!»
Rise, esibendo dei buchi dove un tempo c’erano i
molari, e con la spatola indicò il locale deserto.
Scegliemmo un tavolo coperto di gra ti vicino a
una nestra con le veneziane. At raverso le stecche si
vedevano alberi e tavoli da picnic. Il muro adiacente
era tappezzato di foto e bigliet i da visita, molti
sbiaditi fino a risultare il eggibili.
«Ringrazia che non sono il tipo del te-l’avevo-det o»
continuai imperterrita, bat endo sul tasto Annaliese
Ruben. «Perché altrimenti in questo momento lo
direi.»
«Si vedrà.»
Mao venne al nostro tavolo e ordinammo pesce e
patatine frit e. Rainwater ci aveva indirizzati al
Bul ock’s sostenendo che ogni pietanza presente sul
menu veniva diret amente dal lago.
Quando la donna fu tornata al a griglia, ripresi a
ponti care. «Speriamo di non arrivare troppo tardi.
Un’altra volta.»
«Secondo Rainwater nessuno è più entrato o uscito
dal a casa, dal rientro del a Snook.»
«Ol ie gli ha chiesto di parlarle?»
«Circa dieci minuti fa, ma se lei ri uta, lui non
potrà entrare.»
Mao ci portò da bere: Diet Coke per me, Moosehead
Mao ci portò da bere: Diet Coke per me, Moosehead
per Ryan. Sperai che la scelta del detective non
of endesse il nostro amico alce sul muro.
Il sergente Hasty arrivò mentre ci venivano servite le
cibarie. Il suo volto era teso, le guance a chiazze color
lampone. Conoscevo quei segni: la caccia era aperta e
a lui piaceva.
Ol ie e Mao si conoscevano. Lei, in realtà, si
chiamava Mary.
«Cosa bol e in pentola, oggi, tesoro?» Hasty le
rivolse il suo tipico cenno con il mento.
«Merluzzo, trota e luccio.»
«Qual è il migliore?»
«Tut i.»
«Luccio.»
«Ot ima scelta.»
Il sergente aspet ò che Mary fosse di nuovo dietro il
banco, poi si rivolse a me.
«Sei carina. Sono poche quel e a cui dona il look
mento grat uggiato.»
«Facevo la model a per Chanel.»
«Davvero?»
«No. Chi è Zeb Chalker?»
Sorriso a trentadue denti. «Ti ha ribaltato con le
bolas, ho sentito dire.»
Il mio sguardo indicò che non lo trovavo divertente.
Il mio sguardo indicò che non lo trovavo divertente.
«Chalker è nel a PM.»
Sol evai interrogativamente i palmi.
«Polizia municipale. Hanno circa sei agenti, un paio
di supervisori, qualche auto di pat uglia e veicoli da
neve. Per lo più si occupano di tra co, animali,
questioni di ordine pubblico. E, ovviamente, di
laghet i ornamentali.»
«Esilarante. Novità su Scarborough?»
«Si trova in cit à, eccome. Sta da uno dei suoi viscidi
compari.»
«Unka e Castain ne sono al corrente?»
Gli occhi di Ol ie si spostarono su Ryan.
«Quei due energumeni sostengono di non sapere
nemmeno chi sia.»
«Negano che Scar stia tentando di inserirsi nel loro
giro?» chiesi.
«Negano addirit ura di avere un giro. Fingevano di
non capire dove volessi andare a parare: sono onesti
cit adini e cercano di guadagnarsi il pane
organizzando gite turistiche. Castain si è o erto di
portarmi a fare bird watching.»
Mary tornò con la birra al e erbe di Ol ie. Se ne
andò.
«Insomma non hai scoperto niente» riassunse Ryan.
«Soltanto che Unka e Castain se ne fregano
«Soltanto che Unka e Castain se ne fregano
altamente di me.»
«Ma guarda.»
«Entrambi mi hanno chiamato in modi sgradevoli.
Unka però è stato il più creativo.»
«Qualcuno li tiene d’occhio?»
«To’, a questo non avevo pensato.»
«Anche Scarborough?»
«To’, nemmeno a…»
«Per amor del cielo!» La giornata era già abbastanza
dura senza i loro bat ibecchi al testosterone.
«Piantatela.»
Restammo seduti in un silenzio imbarazzato, nché
Mary non portò l’ultima ordinazione. Mentre Ol ie
mangiava, gli forni i particolari del a nostra visita a
Horace Tyne.
«Abbiamo control ato la sorel astra» disse, quando
ebbi nito. «Snook è il cognome da sposata. Nata
Nel ie France, a Fort Resolution.»
«Dov’è?»
«Sponda meridionale del Grande lago degli schiavi.
Dove finisce l’asfalto.»
«In senso let erale?»
«Sì.»
«Perciò la gente di Yel owknife potrebbe davvero
ignorare il legame di parentela tra Nel ie e
ignorare il legame di parentela tra Nel ie e
Annaliese.»
«È possibile, anche se Chalker dovrebbe esserne
informato.» Ol ie intinse una patatina frit a nel a
maionese e se la mangiò.
«Ora Rainwater è con la Snook?»
«Cercherà di procedere con le buone. Se non
funziona, chiederà un mandato. Cosa ne pensi di
Tyne?»
«Quel tipo è un porco. Ma un porco con una
coscienza ambientale.»
«Gli Amici del a tundra.» Altra patatina. «Mai
sentiti.»
«Non sapevo che l’estrazione dei diamanti fosse un
set ore così importante, qui.»
«Non hai notato gli striscioni a tut i i pali del a
luce?» Tracciò nel ’aria una sequenza di carat eri con
il palmo. «YELLOWKNIFE, CAPITALE DEI DIAMANTI
DELL’AMERICA SETTENTRIONALE. C’è una pietra grossa così
nel o stemma del a cit à.»
«Tu hai mai sentito parlare di Fipke?»
«Stai scherzando?» Mi guardò con la stessa
incredulità di Tyne. «Chuck Fipke è una leggenda.»
«Bene. Comprerò la sua biografia.»
«La trovi in tut i i negozi di souvenir. Oppure
cercatelo su Google.»
«Ed è vero quanto sostiene Tyne del e mandrie di
cercatelo su Google.»
«Ed è vero quanto sostiene Tyne del e mandrie di
caribù?»
«Alcuni locali, per lo più aborigeni, sono convinti
che l’at ività estrat iva disturbi i percorsi migratori. È
un tema caldo, quassù. Quando la De Beers propose
l’apertura del a Snap Lake alcuni dei capi si
coalizzarono. Il proget o fu rimandato per anni: studi
di impat o ambientale e tut o il resto. Ora la De Beers
vuole at ivare un altro impianto. Ho dimenticato il
nome del sito.»
«Gahcho Kué.»
«Proprio quel o.» Appal ot olò il tovagliolo e lo
get ò sul piat o. «Dovresti parlare con Rainwater. Lui
ne sa più di me del a controversia sul e miniere.»
Stavo bevendo l’ultimo goccio del a mia Diet Coke
quando il cel ulare di Ol ie squil ò.
La conversazione durò meno di un minuto. Dal e
sue risposte si capiva poco, se non che era seccato.
«Nel ie Snook ha fat o scena muta.» Si riagganciò il
telefono al a cintura. «Rainwater chiederà il pezzo di
carta al giudice.»
«E adesso?»
«Adesso aspet iamo che qualcuno faccia una
cazzata.»
Tre ore in camera mia produssero un sonnel ino
Tre ore in camera mia produssero un sonnel ino
fuori programma, un messaggio di Katy, in cui diceva
di avere notizie troppo importanti per scriverle via e-
mail, e numerose informazioni su Chuck Fipke e le
esplorazioni geologiche.
Prima di accendere il laptop qualcosa la sapevo già:
i diamanti sono carbonio trasformato, in condizioni
estreme di calore e pressione, nel materiale più duro e
trasparente al mondo. A causa del a sua strut ura
molecolare tetraedrica – una piramide triangolare a
quat ro facce – un diamante può essere tagliato solo
da un altro diamante o dal laser.
Sapevo che quel e piccole pietre scintil anti costano
un occhio del a testa. E che sono spet acolari, montate
sul a chincaglieria del e signore.
Punto.
Interrompevo le ricerche ogni mezz’ora per
chiamare Katy, trovando immancabilmente la
segreteria e tornando a navigare con una punta
d’ansia.
Tra una telefonata a vuoto e l’altra, scopri quanto
segue.
Ci vogliono quarantaquat ro ore a cinquanta
chilobar di pressione, a un minimo di mil e gradi
centigradi per trasformare il carbonio in un diamante.
L’entità del a temperatura mi era chiara, mentre il
chilobar rimaneva un concet o piut osto astrat o.
La giusta combinazione di calore e pressione era
La giusta combinazione di calore e pressione era
esistita alcuni miliardi di anni or sono a profondità di
centotrenta-duecento chilometri, in formazioni
rocciose det e cratoni: antiche placche dense di crosta
continentale.
In seguito, dai vulcani sot erranei, magma – roccia
fusa –, minerali, frammenti di roccia e
occasionalmente diamanti erano risaliti, ribol endo,
at raverso i cratoni. Il mix si era espanso e ra reddato
lungo il percorso, creando «camini» a forma di carota
o strut ure det e loni, poi si era solidi cato in una
roccia chiamata kimberlite.
Quasi tut e le kimberliti diamantifere provengono
da cratoni del Periodo Archeano, parte iniziale del
Precambriano, quando la Terra era molto più calda di
oggi. Estremamente più calda.
Molti camini si estendono sot o laghi poco profondi,
creatisi al ’interno di vulcani spenti det i caldere.
Perciò, per trovare i diamanti, si individua un
camino formatosi in un cratone molto antico. Un
gioco da ragazzi, giusto? Sbagliato. Gli stronzet i sono
incredibilmente dif icili da trovare.
E qui entrano in scena Chuck Fipke e Stu Blusson. I
due sapevano che il Cratone degli schiavi (esteso sot o
i Territori del Nord-Ovest dal Grande lago degli
schiavi, a sud, al Golfo di Coronation, sul ’Oceano
Artico) è una del e formazioni rocciose più antiche del
pianeta. E misero a punto una tecnica e cace per
pianeta. E misero a punto una tecnica e cace per
esplorarlo.
Fipke comprese l’importanza dei minerali
indicatori, i compagni di viaggio dei diamanti. Quel i
presenti nel a kimberlite sono carbonato di calcio,
olivina, granato, ogopite, pirossene, serpentino,
roccia del mantel o superiore e vari oligoelementi. Lui
si concentrò in particolare sul trio cromite, ilmenite e
granati piropi G10, ad alto contenuto di cromo e basso
contenuto di calcio.
Blusson comprese l’importanza dei movimenti dei
ghiacci durante l’ultima era glaciale. Si disse che, dopo
aver eroso un camino kimberlitico, il ghiacciaio in
ritirata doveva lasciarsi dietro una scia di detriti ricca
di minerali indicatori. A quel punto, concluse, bastava
ripercorrerla fino al ’origine per trovare il camino.
Fipke e Blusson trascorsero un decennio a
perlustrare la tundra, mappando, indagando e
prelevando campioni se le temperature erano
sopportabili, analizzandoli in laboratorio quando il
clima si faceva spietato. Tut o il set ore minerario li
considerava dei pazzi.
Poi un giorno, mentre era in ricognizione da solo
con il suo pilota, Fipke sorvolò il Lac de Gras, da cui
nasce il ume Coppermine. Avvistando un esker – un
sinuoso rilievo di ghiaia e sabbia lasciato dal ’acqua di
disgelo in seguito al ritiro di un ghiacciaio – ordinò di
at errare su una penisola chiamata Pointe de Misère.
at errare su una penisola chiamata Pointe de Misère.
L’esker dominava un piccolo lago, con una riva
sabbiosa carat erizzata da una striatura bruna. Lì,
Fipke raccolse i campioni G71, gli ultimi del a sua
mastodontica, ultradecennale esplorazione.
La Pointe de Misère si trovava sul a diga glaciale.
Dal punto in cui era Fipke, il ghiaccio scorreva in
direzione est verso la baia di Hudson, a nord verso le
isole set entrionali, a sud verso il Canada centrale, a
ovest no al ume Mackenzie e al lago Blackwater.
L’uomo raccolse campioni del ’intero trat o che si
estendeva a ovest, per oltre cinquecentomila
chilometri.
In laboratorio, tentò di interpretare lo schema
risultante dai campioni raccolti. Con l’aiuto del
microscopio elet ronico a scansione, li esaminò tut i e,
usando grandi mappe det agliate, tracciò un gra co
dei risultati.
Le sue conclusioni? La scia di indicatori cominciava
al lago Blackwater, si estendeva a est, e cinquecento
chilometri a nord-est di Yel owknife, si arrestava
vicino al Lac de Gras.
Quando giunse ai campioni etichet ati G71, vi trovò
oltre mil ecinquecento cromo-diopsidi e seimila
granati piropi.
Aveva scovato il camino.
O i camini.
O i camini.
Cominciò a picchet are come un pazzo.
Altri campioni. Altre analisi. La conferma.
Chiamò il sito Point Lake, in parte per ragioni
geogra che, in parte per confondere le acque: c’era un
altro Point Lake a nord-ovest del a sua scoperta.
Il passo successivo era individuare l’esat a
ubicazione dei diamanti, e per farlo ci volevano soldi.
Confermata l’esistenza dei camini kimberlitici,
Fipke e Blusson riuscirono a ot enere grosse
sovvenzioni. Nel 1990, la Dia Met, società fondata da
Fipke nel 1984, e la BHP, conglomerata australiana del
set ore minerario, costituirono una joint venture per il
Proget o diamanti nei Territori del Nord-Ovest. In
cambio del cinquantun per cento del a proprietà, la
BHP avrebbe nanziato le esplorazioni, aggiudicandosi
una quota di ogni futuro pro t o. Al a Dia Met
sarebbe andato il ventinove per cento, a Fipke e
Blusson il dieci per cento ciascuno.
Nel 1991, Dia Met e BHP annunciarono i primi
ritrovamenti nel sito di Point Lake. La notizia scatenò
la Corsa ai diamanti nei Territori del Nord-Ovest, la
più grossa febbre mineraria dai tempi del Klondike.
Lac de Gras in francese. Ekati nel a lingua del locale
popolo dené. «Lago di grasso» in entrambe.
Nel 1998, la Ekati Diamond Mine divenne la prima
miniera di diamanti del Canada. L’anno seguente,
produceva un milione di carati. Oggi fa quat rocento
miniera di diamanti del Canada. L’anno seguente,
produceva un milione di carati. Oggi fa quat rocento
milioni di dol ari l’anno e scodel a il quat ro per cento
del e pietre mondiali.
In ef et i c’è parecchio grasso che cola.
Nel 2003, cominciò a funzionare la Diavik Mine, di
proprietà di una joint venture tra la Harry Winston
Diamond Corporation e la Diavik Diamond Mines Inc.,
un’a liata del Rio Tinto Group. La miniera, seconda
del Paese per grandezza, si trova trecento chilometri a
nord di Yel owknife. Comprende tre camini di
kimberlite su un’area di venti chilometri quadrati, in
un fazzolet o di terreno sul Lac de Gras denominato
East Island. La Diavik è tra i principali fornitori di
Harry Winston, il «Gioiel iere del e star».
Nel 1997, fu scoperta del a kimberlite nel a zona
del lago Snap, duecentoventi chilometri a nord-est di
Yel owknife. La De Beers Canada comprò le
concessioni minerarie nel ’autunno del 2000. Nel
2004 ot enne i permessi per la costruzione e la messa
in funzione degli impianti.
A dif erenza di gran parte dei depositi di kimberlite,
che sono camini, la massa minerale del lago Snap è un
lone spesso due metri e mezzo che, dal a riva nord-
ovest, si addentra sot o il lago. Perciò la Snap Lake è
la prima miniera di diamanti sot erranea al cento per
cento.
Aprì u cialmente i bat enti nel 2008. Stando al sito
del a De Beers, al a ne del 2010 era già stato speso
Aprì u cialmente i bat enti nel 2008. Stando al sito
del a De Beers, al a ne del 2010 era già stato speso
un miliardo e mezzo di dol ari per costruzione e
at ivazione. Di quel a somma, un miliardo e
set antaset e milioni erano andati a fornitori con sede
nei Territori del Nord-Ovest, di cui seicentoset antasei
milioni a imprese o joint venture di comproprietà
aborigena.
L’articolo sul a Snap Lake che lessi on-line
concludeva sot olineando l’impegno del a De Beers
nei confronti di uno sviluppo sostenibile del e
comunità locali e precisava che erano stati rmati
accordi per l’indennizzo di impat o ambientale con
Prima nazione dené di Yel owknife, organo
governativo dei tlicho, North Slave Métis Al iance,
Prima nazione dené di Lutselk’e e di Kache.
Tra le righe mi parve di cogliere il sentore
del ’ostilità aborigena al ’at ività estrat iva cui aveva
accennato Ol ie.
Stavo tentando per la milionesima volta di
contat are Katy, ormai decisamente preoccupata per
Birdie, quando qualcuno bussò così forte da far
tremare la porta.
Guardai dal o spioncino.
Ryan.
Qualcosa non andava.
24
«Castain è morto.»
Irruppe nel a stanza e cominciò a camminare avanti
e indietro.
«Cosa?»
«Qualcuno gli ha sparato.»
«Quando?»
«Circa un’ora fa.»
«Dove?»
«Al pet o. Tre pal ot ole. Cristo, ha importanza?»
«No.» Dover seguire un ogget o vagante non
facilitava la mia comprensione. «Intendo, dove si
trovava Castain quando è successo.»
«A scopare la sua ragazza.»
«Potresti fermarti?»
Nemmeno ral entò.
«Potresti fermarti?»
Nemmeno ral entò.
«Hanno preso l’assassino?»
«No.»
«Ma se il tizio era sot o sorveglianza…»
Sbu ò fragorosamente. «L’idea di pedinamento di
Rainwater è una sola macchina che fa la spola tra
Nel ie Snook, Unka e Castain.»
«Gesù.»
«Sostiene di non avere abbastanza uomini per
mantenere at iva la sorveglianza in tre posti diversi.»
«Forse è vero.»
«Perché cazzo non l’ha det o? Del a Snook
potevamo occuparci io e te. O magari il sergente
Testa-di-cazzo.»
Lo ignorai. «Insomma, nessuno sta tenendo d’occhio
la casa in Ragged Ass Road?»
«Hai idea di quale sia il tasso annuale di omicidi a
Yel owknife?»
Non ne avevo idea.
«Qualsiasi coglione con un distintivo vorrà met erci
becco.»
«Unka è sospet ato?» domandai.
«Insieme a tanti altri.»
«Dove sta?»
«Sparito.»
«Sparito.»
«E Scar?»
«Idem.»
«Merda.»
«Esat o. Sto andando sul a scena del crimine.»
Af errai la giacca e ci fiondammo al a Camry.
Ryan si mise a fumare. Non chiese se mi dava
fastidio. Accese una sigaret a e basta.
Viaggiai con il nestrino abbassato, rabbrividendo e
respirando il meno profondamente possibile senza
farmi venire le vertigini.
La ragazza di Castain era una spogliarel ista di
nome Merilee Twil er. Grazie a Dio, non viveva
troppo lontano dal ’Explorer.
Le indicazioni di Ol ie ci condussero a Sunnyvale
Court: minuscoli bungalow su minuscoli lot i di
terreno disposti a ferro di caval o. Se alcuni erano
tenuti discretamente, i più apparivano del tut o
fatiscenti, molti erano chiusi e abbandonati.
Il domicilio del a Twil er era in fondo, al ’estremo
nord del ferro di caval o. Un posto con un disperato
bisogno di una mano di vernice, zanzariere nuove e
vagonate di erbicida. O forse solo di una ruspa. Il
bungalow adiacente aveva due bidoni del a spazzatura
sul davanti e un’auto sul vialet o in calcestruzzo.
Al ’arrivo trovammo la solita baraonda. La porta
sul davanti e un’auto sul vialet o in calcestruzzo.
Al ’arrivo trovammo la solita baraonda. La porta
d’ingresso del a Twil er era spalancata e tut e le
lampadine, dentro e fuori casa, erano accese. Evi Lite
azzurre e gial e punteggiavano il prato,
contrassegnando la presenza di materiale probatorio.
Forse pezzi di Castain.
Un corpo coperto da un lenzuolo giaceva sul
sentiero che portava al a veranda, circondata da una
rugginosa ringhiera di ferro. Il nastro del a Scienti ca
triangolava la zona compresa tra la ringhiera e due
pini rachitici in giardino, il uminata da alogene
portatili.
Un altro nastro correva paral elamente al cordolo
del marciapiede, sul lato opposto del a via privata:
fungeva da limite invalicabile per i curiosi in cerca di
uno scorcio del e miserie altrui. E magari per i media.
Ryan aveva ragione. Ogni singolo membro del e
forze del ’ordine pareva essere presente sul a scena.
Vidi auto del a RCMP e polizia municipale, un carro
funebre, un furgone, almeno una dozzina tra vet ure e
pick-up senza contrassegni. Quasi tut i avevano
lampeggianti accesi o cruscot i il uminati, e le radio
aggiungevano un crepitio di fondo al coro del e voci
che chiamavano di qua e di là.
Ol ie era su un lato del a proprietà, a parlare con
una donna con un abito troppo corto e troppo stret o
per le cosce abbondanti e rotolini di ciccia sot o la
linea del reggiseno. Merilee Twil er, supposi.
per le cosce abbondanti e rotolini di ciccia sot o la
linea del reggiseno. Merilee Twil er, supposi.
Ryan si fermò in coda ai veicoli parcheggiati. Un
mountie si avvicinò al suo nestrino, lui mostrò il
distintivo e ot enne di entrare. Scendemmo dal a
Camry e andammo drit i da Ol ie.
Da vicino, vidi che la donna era sui quaranta e si
sforzava al massimo di non dimostrarli. Malgrado
l’abbondante makeup, notai gli occhi gon , un
reticolo di rughet e e capil ari a raggiera ai lati del
naso.
Ol ie non le spiegò la nostra presenza.
«Gli avete dato un’occhiata?» domandò.
Ryan rispose per tut i e due. «Non ancora. Cosa
sappiamo, finora?»
«Verso le set e, Castain è passato per farsi una
sveltina con l’amore del a sua vita.» Indicò la Twil er
con il pol ice.
«Sei un vero stronzo» ribat é lei.
«Se n’è andato verso le ot o. Mai arrivato in fondo al
giardino.»
«Testimoni?» chiese Ryan.
«La vedova inconsolabile, qui, sostiene di aver
sentito dei colpi di arma da fuoco, poi uno stridio di
freni. Non ha visto chi ha sparato, né la macchina.»
«È così che è andata» replicò lei, sul a difensiva.
«Dov’era diret o il tuo amante, quando è uscito da
«Dov’era diret o il tuo amante, quando è uscito da
qui?»
«Te l’ho già ripetuto mil e volte.» La Twil er teneva
i rabbiosi occhi variopinti fissi sul sergente.
«Sono lento di comprendonio. Spiegamelo ancora.»
«Arty non mi ha det o un tubo.»
«E tu non hai chiesto.»
«No.»
«Secondo me doveva proseguire il giro del e
consegne. Per questo è passato, giusto? Ti buchi, non è
vero, principessa?»
«’Fanculo tu e le tue domande del cazzo.»
«E se ti dessi un passaggio fino in gabbia?»
«Perché hanno sparato al mio uomo?»
«Cosa troveremo in casa tua?»
«Un sacco di ragnatele.»
A Ol ie si gon arono le vene del e tempie per la
rabbia. Purtroppo la donna aveva ragione: si era
sicuramente liberata di qualunque droga facendola
sparire nel a tazza del WC prima di chiamare la
polizia.
Ma i modi bruschi del sergente non stavano
portando da nessuna parte. Intercet ai lo sguardo di
Ryan e, piegando il capo, accennai furtivamente
al ’interno del a casa. Lui abbassò il mento per
segnalare di aver af errato.
segnalare di aver af errato.
«Perché non mi fai vedere il corpo?» propose a
Ol ie.
L’altro annuì. Disse al a Twil er di restare dov’era.
Li guardai fendere la ressa di poliziot i e tecnici che
si riversava nel a via.
«Le mie più sentite condoglianze» dissi al a donna,
appena ci ritrovammo sole.
Per la prima volta, il suo sguardo migrò nel a mia
direzione. Al a luce rossa pulsante dei lampeggianti, la
bocca pareva contrat a, le guance scavate.
«Certo» fu la risposta.
«Le viene in mente qualcuno che desiderava la
morte di Arty?» domandai.
Si circondò il ventre con il braccio destro, ci
appoggiò sopra il gomito sinistro e cominciò a
mordicchiarsi una pel icina del pol ice già
abbondantemente rosicchiata.
Dietro di noi vidi Ol ie e Ryan raggiungere una
donna china sul cadavere di Castain. La luce intensa
dei proiet ori rendeva riconoscibile il logo sul a giacca
di lei.
Nei Territori del Nord-Ovest, le morti improvvise
sono indagate dal ’u cio del coroner, una divisione
del dipartimento di giustizia. L’u cio ha una sede
principale a Yel owknife e circa quaranta coroner
nel ’intero territoire. Non esiste dunque un istituto con
personale qualificato per l’esecuzione di autopsie.
nel ’intero territoire. Non esiste dunque un istituto con
personale qualificato per l’esecuzione di autopsie.
Sapevo che il vicecapo coroner era una donna,
Maureen King. Dedussi di averla di fronte in quel
momento. E che avrebbe ordinato di far trasportare il
corpo a Edmonton, al ’u cio del capo medico legale
del ’Alberta, per l’esame autoptico.
«Arty aveva litigato con qualcuno?» domandai al a
Twil er. «Fat o arrabbiare qualcuno?»
Scosse il capo.
«Aveva ricevuto visite o telefonate insolite?»
«L’ho già det o al ’altro poliziot o: non passavamo
poi tanto tempo insieme.»
«Lui vedeva altre donne?»
«Non facevamo coppia ssa, se è questo che
intende.» Si passò i palmi sul e guance. «Non si
meritava di finire così.»
«Lo so.»
«Ah, sì? Cosa diavolo sa, lei?»
«Mi dispiace.»
Una decina di metri al e nostre spal e, la dot oressa
King sol evò un angolo del lenzuolo. Ryan si
accovacciò per dare un’occhiata ravvicinata a Castain.
«È quel bastardo di Unka» disse Merilee, così piano
che la senti a malapena.
«Mi scusi?»
«Unka accusava Arty di fare la cresta.»
«Unka accusava Arty di fare la cresta.»
«Gliel’ha det o Castain?»
«Ho sentito una conversazione. Quando quel o
s’incazza diventa cat ivo.»
«Unka.»
Annuì.
«Abbastanza da uccidere?»
«Sarebbe capace di accoltel are sua madre e poi
ordinarsi una pizza.»
Erano le dieci passate quando il carro funebre partì.
Ol ie si trat enne per interrogare il vicinato. Non era
compito suo, in realtà, ma sperava di carpire qualche
informazione utile per arrivare a Scar.
Ryan e io ritornammo al ’Explorer senza dire una
parola.
Guardai fuori dal nestrino: gli alberi spogli
tentavano di germogliare e le chiazze di neve del a
sera prima facevano del loro meglio per resistere.
Condividevo anch’io quel dif uso senso di frustrazione.
Fu Ryan a parlare per primo.
«Il tuo amico ha la capacità d’interrogare di una
lumaca.»
«Non è mio amico.»
«Be’, lo è stato.»
«Be’, lo è stato.»
«Cosa vuoi dire?»
«È un incompetente.» Si tastò la tasca del a giacca.
«Non fumare» gli intimai.
Mi lanciò un’occhiataccia, ma smise di cercare le
sigaret e.
«Vi siete comportati tut i e due da stronzi»
prosegui .
«Io non sarei mai stato così cinico.»
«Evidentemente la donna gli è parsa reticente.»
«Ed era vero?»
«Sì.»
Salendo lungo il vialet o circolare, gli riferi quanto
la Twil er aveva det o di Unka.
«Hai appena dimostrato che ho ragione» commentò.
Scendemmo dal ’auto e arrivammo al ’hotel.
«Gli fa saltare i nervi» dichiarai, senza sapere perché
stavo cercando di difendere Ol ie.
Ryan inarcò un sopracciglio con aria scet ica.
«Lo s nisce la violenza, trovarsi sempre di fronte
personaggi talmente viscidi che ti fanno venire voglia
di lavarti con il disinfet ante.»
«Parli per lui o per te?»
Ot ima obiezione. Non lo ammisi.
«Sappiamo entrambi che Castain ha appena rubato
la scena al a Ruben» disse Ryan. «Anzi, forse l’ha
la scena al a Ruben» disse Ryan. «Anzi, forse l’ha
proprio but ata giù dal palco.»
Di norma avrei scherzato su quel a sua colorita
metafora. Non in quel momento.
«L’intera faccenda è troppo dannatamente
frustrante.» Mi avviai verso l’ascensore.
«La troveremo.»
Mi voltai.
«Ma ora dovremo contare solo sul e nostre forze»
aggiunse.
«E su Testa-di-cazzo.»
«E su Testa-di-cazzo.»
Una tregua. Più o meno.
In camera, riprovai ad accendere l’iPhone. Con mia
sorpresa sul display comparve un breve baluginio.
Sperando avesse solo bisogno di asciugare i
componenti interni, lo misi in carica.
Con il telefono del ’albergo, chiamai la mia
sfuggente gliola. Ancora irraggiungibile. Le lasciai
l’ennesimo messaggio.
Esausta, dopo una rapida rinfrescata, mi in lai nel
let o, ma la mia mente rifiutava di mol are.
Mi interrogai su Arty Castain. Chi lo aveva ucciso?
Perché? Era stato davvero Unka o il tut o faceva parte
di una macchinazione di Scarborough? La sua morte
era la prima di una serie? Quali segreti si era portato
nel a tomba?
era la prima di una serie? Quali segreti si era portato
nel a tomba?
Dov’era Tom Unka? E Ronnie Scarborough?
Cosa intendeva Scar, quando aveva det o a Ol ie che
brancolava nel buio a proposito di Annaliese Ruben?
Era forse più di un magnaccia per lei? Sapeva cose
che noi neppure riuscivamo a immaginare?
Ryan aveva ragione. Le forze del ’ordine locali si
sarebbero concentrate sul ’omicidio Castain, sul a faida
che ne sarebbe seguita per il control o del mercato
del a droga. Ma io non potevo placare la mia
ossessione per Annaliese Ruben: quel a donna aveva
ucciso quat ro neonati.
La gente la de niva poco intel igente. Scarborough,
la Forex, Tyne. Come aveva potuto eludere la cat ura
tanto a lungo? Arrivare da Saint-Hyacinthe a
Edmonton a Yel owknife? Sapeva, almeno, di essere
ricercata? Sicuramente sì, ma forse Scarborough la
preoccupava di più…
Oppure Scar l’aveva aiutata? E Nel ie Snook? La
ragazza si nascondeva nel a casa in Ragged Ass Road?
Era altrove? Da un’altra sorel astra o da un fratel astro
di cui non conoscevamo l’esistenza? Dal poliziot o
locale di cui forse era parente?
Suo padre era Farley McLeod, sua madre Micah Lee.
Micah era dené: la rete famigliare di Annaliese si
estendeva in luoghi preclusi a chi non apparteneva
al a comunità?
al a comunità?
E Horace Tyne? Aveva lavorato con il padre del a
Ruben ed era almeno trent’anni più vecchio di lei. Il
suo interesse verso la ragazza era stato stret amente
paterno?
Immagini, speculazioni, domande non smet evano
di vorticarmi nel a testa. Soprat ut o domande.
Mi ero appena assopita, quando il telefono sso
squil ò. Pensando fosse Katy, alzai subito il ricevitore.
L’occhio mi cadde sul a radiosveglia: erano le 23.55.
«Parlo con Temperance Brennan?» Voce sommessa,
infantile.
«Sì.»
«Ho bisogno di vederla.» Un lieve accento. Non
sembrava Binny.
«Chi parla?»
La risposta mi sparò la frequenza cardiaca nel a
stratosfera.
25
«Sono nel bosco.»
«Quale bosco?»
«Dietro l’hotel.»
«Okay.»
«Venga da sola.»
«Ma io…»
«Se vedo qualcuno con lei, me ne vado.»
«Sarò lì fra dieci minuti.»
«Cinque.»
Clic.
Schizzai giù dal let o, agguantai gli abiti che avevo
get ato sul a sedia, a errai la giacca, ccando in tasca
una torcia, le chiavi del a stanza e, per abitudine, il
cel ulare. E volai fuori dal a porta.
Carica di adrenalina, ignorai l’ascensore. Mi ondai
cel ulare. E volai fuori dal a porta.
Carica di adrenalina, ignorai l’ascensore. Mi ondai
per le scale e at raversai di corsa la hal . L’hotel
doveva avere degli ingressi di servizio, non sapendo
con certezza dove fossero, optai per la via nota e usci
sbat endo la porta principale.
La not e era fredda, ma non abbastanza perché
nevicasse. Una pioggerel a ne rendeva l’erba
scivolosa sot o i piedi.
Mentre correvo intorno al ’edi cio, considerai varie
possibilità.
Annaliese era stanca di scappare? Voleva costituirsi
o era solo una messinscena per depistarmi?
Per uccidermi?
Quel ’idea mi bloccò.
Era pericolosa? Aveva eliminato i suoi gli, ma
poteva rappresentare una minaccia anche per me?
Cosa ci avrebbe guadagnato?
Tolsi di tasca l’iPhone. Ora reagiva con un po’ più
di entusiasmo, ma gli mancava ancora il brio
necessario per funzionare in modo normale.
Al diavolo. Dovevo raggiungere al più presto
Annaliese Ruben.
Mi fermai di nuovo al ’altezza del giardino roccioso.
Lo zen e l’arte di uccidere i bambini. Da brividi, lo so,
ma fu quel o il mio pensiero.
La luna era una scheggia caliginosa; proiet ava tenui
ombre dei cumuli di massi e del e piante secche sugli
La luna era una scheggia caliginosa; proiet ava tenui
ombre dei cumuli di massi e del e piante secche sugli
umidi ciot oli del suolo.
Scrutai l’inquietante oscurità quasi crepuscolare
davanti a me e vidi solo forme nere che sapevo essere
pini.
Presi la torcia e l’accesi, in parte per il uminarmi la
via, in parte per segnalare al a Ruben il mio arrivo.
Respirando appena, af ret ai il passo.
Ero al limite del bosco quando una figura solitaria si
materializzò tra le ombre, indistinta, percossa dal a
pioggerel a. Restava immobile, il volto un ovale
pal ido rivolto nel a mia direzione.
Valutai la tat ica da usare. Blandire? Persuadere?
Costringere?
Vieni via con le buone… Voglio solo aiutarti…
Altrimenti chiamo quel i con il distintivo e la
pistola… Come sarebbe andata, Annaliese?
Continuai a camminare, il raggio del a torcia
baluginava sot o la pioggia.
Ti prego, Dio. Fa’ che non abbia una pistola.
Mi addentrai nel bosco.
Come se mi avesse let o nel a mente, alzò le braccia
e avanzò verso la luce.
Era bassa e, secondo gli standard clinici, sarebbe
rientrata nel a categoria del ’obesità. I capel i erano
lunghi e scuri, il viso pa uto, grazioso in un modo
lunghi e scuri, il viso pa uto, grazioso in un modo
infantile.
Ai suoi piedi era accucciato Tank.
Il messaggio era chiaro: la ragazza non aveva armi e
non intendeva farmi del male.
Due paia di occhi mi guardarono arrivare.
Non avevo ancora det o nul a quando Annaliese
cominciò a ruotare lentamente, le braccia tese verso
l’alto. Il cane si mise a saltel arle intorno, come per
mostrare che pure lui non rappresentava una
minaccia.
Concluso un giro completo, la giovane si ritrovò di
nuovo faccia a faccia con me. Tank si alzò sul e zampe
posteriori e appoggiò quel e anteriori al e ginocchia
del a padrona. Lei però non si chinò ad accarezzarlo.
«Ti stavamo cercando, Annaliese.»
«Me l’hanno det o.»
«Dobbiamo parlare.»
«Ha spaventato mia sorel a.»
«Mi dispiace.»
«Deve smet erla.»
«Lo farò se tu accet i di incontrare la polizia.»
«No.»
«Perché no?»
«Mi accuseranno di aver fat o del e brut e cose.»
«Ed è vero?»
«Ed è vero?»
«Ora non le faccio più.»
«Puoi abbassare le mani.»
Lo fece. Tank le saltò in braccio.
«Dimmi dei tuoi bambini.»
«Bambini?» La sua perplessità sembrava autentica.
«Per questo ti abbiamo cercata.»
Corrugò la fronte. Guardò il cane, e lui sol evò il
muso verso la padrona. Gli grat ò l’orecchio.
«Pensavo fosse per gli uomini.»
«Quali uomini?»
«Quel i da cui prendevo i soldi.»
Aveva creduto che volessimo arrestarla per esercizio
del a prostituzione.
«La polizia vuole sapere cosa è successo ai tuoi
figli.»
Non disse nul a.
«Li hai uccisi?»
La pioggia aveva diviso il pelo di Tank in ciu et i
appuntiti. La Ruben cominciò a stiracchiarli con rapidi
gesti nervosi.
«Hai fat o del male a quei bambini?»
Le dita si fecero più agitate.
«Ne abbiamo trovati quat ro, Annaliese. Tre a Saint-
Hyacinthe e uno a Edmonton.»
Hyacinthe e uno a Edmonton.»
«Li avete trovati.» Tono neutro.
«Sì.»
«Sono morti.»
«Come?»
«Dovevano.»
«Perché?»
«Non potevano vivere.»
«Perché no?»
«Ho dato loro una cosa cat iva.»
«Annaliese» la richiamai in tono brusco.
Smise di tormentare il pelo del cane e se lo strinse
al pet o.
«Guardami.»
Il capo si levò lentamente, ma gli occhi rimasero
bassi.
«Li ho avvolti negli asciugamani» mormorò.
«Cosa hai dato ai bambini di cat ivo?»
«Qualcosa dentro.»
Non la seguivo, ma lasciai perdere. Tempo al
tempo.
«Sai chi erano i padri?» domandai.
Tenne lo sguardo fisso su Tank.
«Per favore, non lo dica a Nel ie.»
«Devi spiegare questa cosa dei bambini al a polizia»
«Devi spiegare questa cosa dei bambini al a polizia»
insistet i.
«Non voglio.»
«Non hai scelta.»
«Non può costringermi.»
«Sì, posso.»
«Non sono una brut a persona.»
Lì in piedi, sot o la pioggia, al a luce del a luna, mi
resi conto di una triste verità. Annaliese Ruben non
era un mostro. Era solo un’anima semplice.
«Lo so» mormorai.
Stavo per tenderle una mano, quando qualcosa
sopra la sua spal a destra at irò la mia at enzione. Gli
aghi di pino avevano contorni troppo chiari
nel ’oscurità circostante, sembravano innaturali.
Feci un passo al a mia sinistra per sbirciare nel buio
dietro di lei.
Un istante, poi un baluginio, come se una torcia
fosse stata accesa e subito rispenta.
«Annaliese» sussurrai. «Sei venuta da sola?»
Nessuna risposta.
Una detonazione at utita ruppe il silenzio. Vidi un
lampo.
La bocca del a ragazza si aprì. Un grumo schizzò via
dal a fronte e un buco nero le apparve oltre il
sopracciglio destro.
sopracciglio destro.
Mugolando terrorizzato, Tank balzò via dal e
braccia di Annaliese e sparì nel folto degli alberi.
Mi but ai a terra.
Un altro colpo squarciò la not e.
Il corpo di Annaliese ebbe uno spasmo e ruotò
verso di me, poi cadde.
Restai giù, trascinandomi no a lei sui gomiti e
spingendo con i piedi.
Giaceva a terra con gli occhi spalancati, come
sorpresa di quanto appena avvenuto. Un ume nero
le sgorgava dal foro di uscita del a pal ot ola, le colava
sul volto, oltre l’at accatura dei capel i.
Premet i dita tremanti sul a gola. Nessun bat ito.
No! No!
Sondai la morbida pel e del col o al a disperata
ricerca di segni vitali.
Niente.
Con il cuore martel ante nel pet o, cercai di
razionalizzare.
Quanti erano là fuori? I proiet ili erano destinati ad
Annaliese o a me?
Pensa!
Cosa si aspet ava l’assassino?
Che scappassi. Oppure che restassi a soccorrere
Annaliese.
Annaliese.
Non fare né l’una né l’altra cosa!
Tornai strisciando nel punto in cui mi trovavo
quando era partito lo sparo. Il contat o con il suolo mi
rese consapevole di un ogget o duro in tasca.
At esi un istante, i sensi in massima al ’erta. Non
vidi alcuna luce, non senti movimento.
Tastai in cerca del a torcia tra gli aghi di pino che
ricoprivano il terreno e, al a ne, le dita si richiusero
sul ’impugnatura.
Schermando il vetro con un palmo, la scossi,
rianimando le bat erie, quindi la get ai verso il corpo
di Annaliese con la lampadina puntata nel a direzione
opposta al tiratore.
At errò con un tonfo sommesso, il raggio luminoso
appena visibile sul tappeto di vegetazione.
Mi immobilizzai.
Niente spari.
Nessun rumore oltre al a pioggia tra i rami sopra la
mia testa.
Mi girai sul anco, pescai il telefono dal a tasca e
me lo tenni accanto al ventre.
Assecondando una speranza irrazionale, pigiai il
tasto di accensione.
Lo schermo baluginò, si spense.
Tentai ancora, tenendolo premuto con il pol ice.
Tentai ancora, tenendolo premuto con il pol ice.
Per vari secondi.
Ore.
Stavo per rinunciare, quando le icone mi balzarono
davanti agli occhi nei loro colori vivaci.
Quasi piangendo dal sol ievo, cercai un numero
nel a rubrica.
«Ryan.» Con voce impastata, ma sforzandosi di
sembrare sveglio.
«Sono tra i pini dietro l’hotel» bisbigliai.
«Non ti …nto.»
«Nel bosco dietro l’hotel.»
«…peti … hai det o?»
«Hanno sparato al a Ruben» sibilai.
«…va e viene.»
«Corri nel bosco dietro il giardino zen» dissi,
sussurrando al massimo del volume che osavo
emet ere.
«Riaggancia… richiama …ppure …fisso.»
«Non sono in camera mia. Devi venire.»
Di colpo, cadde la linea. Cercai di mandare un
messaggio. Nul a da fare.
Ero sola.
Rificcai il telefono in tasca.
Rimasi in ascolto.
Tra i pini regnava un silenzio di tomba.
Tra i pini regnava un silenzio di tomba.
Pensiero improvviso.
Tank.
Anche il cagnolino era abbandonato a se stesso, in
balia dei coyote. Dei lupi. O di qualunque cacchio di
predatore bat esse i dintorni.
Chiamarlo?
Non potevo rischiare. Forse l’assassino era ancora in
agguato.
Un tenue bagliore gial o segnava il punto in cui
giaceva il cadavere di Annaliese. A lei il mio aiuto
non serviva più, ma avvertivo ugualmente l’impulso di
contat are i soccorsi, di far spostare il suo corpo dal a
pioggia.
Di salvarmi il culo.
Ryan sarebbe riuscito a interpretare la mia confusa
telefonata?
Quanto avrei dovuto aspet are?
Gli concessi dieci minuti.
Cercai di individuare e memorizzare qualche punto
di riferimento.
La Ruben era stesa sot o un grosso pino con una
nodosa escrescenza a circa un metro e mezzo dal
suolo. Al a sinistra del tronco ne sorgeva un altro,
asimmetrico, i cui rami parevano completamente
secchi.
secchi.
Convinta di poter ritrovare il posto, schizzai via.
26
Ryan aprì la porta del a sua camera con addosso un
paio di jeans. E nient’altro. I capel i erano arru ati,
ma sembrava del tut o sveglio.
«Fai pure con calma, mi raccomando.»
Il suo sguardo registrò i miei capel i bagnati, gli
aghi di pino appiccicati ai vestiti. Il sorriso svanì.
«Che diavolo…»
«La Ruben è morta.» Ero senza ato per la corsa.
Tremavo. Trat enevo a stento le lacrime.
«Cosa?»
«Non è un mostro, Ryan. È ritardata. Oddio, non si
dovrebbe dire “ritardata”… Insomma… “disabile
mentale”? Che parola si usa?»
Lo shock per essermi in ne trovata faccia a faccia
con la Ruben, il terrore di vederla ammazzare davanti
con la Ruben, il terrore di vederla ammazzare davanti
ai miei occhi, il sol ievo nel ritrovarmi in salvo
al ’hotel… Balbet avo, non riuscivo a calmarmi.
«Forse lei non si è nemmeno mai resa conto di
essere incinta. Forse non era in grado di comprendere
il concet o di gravidanza. E neppure il concet o di
concet o.»
Ora le lacrime scendevano copiose. Non tentai di
asciugarle.
«Non sono riuscita a vedere il tiratore.»
«Ral enta.» Ryan ancora non capiva. O non a errava
le parole nel mio biascichio confuso.
«Due spari. Uno al a testa, probabilmente quel o
letale» dissi a voce alta. Troppo alta.
Mi tirò dentro la stanza. Chiuse la porta. Prese una
bot igliet a mignon di Johnnie Walker dal minibar e
me la porse.
«Bevi questo.»
«Non posso. Lo sai.»
Svitò il tappo e mi piazzò lo scotch sot o il naso.
«Bevi!»
Obbedi .
Quel fuoco familiare mi scese in gola, ruggendo.
Chiusi gli occhi. Il calore mi si di use dal a pancia al
pet o, al cervel o. Il tremito diminuì.
Sol evai le palpebre. Ryan scrutava il mio volto.
«Meglio?»
«Meglio?»
«Sì.» Dio. Andava meglio eccome!
«Ora» ordinò. «Ricomincia da capo.»
«Annaliese Ruben è morta. Il suo corpo è nel bosco
dietro l’hotel.»
«Tabarnac!» imprecò Ryan.
«Il cane è scappato.»
«Il cane?»
«Tank. Il piccolo…»
«Lascia perdere il cane. Raccontami bene cosa è
successo.»
«Mi ha telefonato verso mezzanot e. Ha det o di
volermi incontrare.»
«Come ha avuto il tuo numero?»
«Da Nel ie, forse.»
La mano di Ryan gli scompigliò i capel i. Brut o
segno.
«Mi ha chiesto di andare da sola.»
«Gesù Cristo, Brennan. Se ti avesse chiesto di
tagliarti una tet a, avresti fat o anche quel o?»
«Era moi da sola o niente.» Avevo ancora i nervi a
fior di pel e e la sua reazione mi irritò.
Si limitò a fissarmi.
«Ti ho telefonato. Non è colpa mia se la ricezione
faceva schifo.»
faceva schifo.»
«L’hai incontrata nel bosco in piena not e.»
«Sì.»
«Non dovevi andare là fuori da sola.» Gli occhi
azzurri da vichingo ardevano di rabbia.
«Sono una bambina grande» ribat ei.
«Avresti potuto lasciarci la pel e!»
«Non è successo!»
«Ma al a Ruben sì!»
Quel e parole mi colpirono come uno schiaf o.
Distolsi lo sguardo. Soprat ut o per nascondere il
senso di colpa. Perché, in cuor mio, sapevo che aveva
ragione.
«Non intendevo…» La sua voce si fece più dolce.
«Avverti chi di dovere» tagliai corto.
Ryan andò al comodino, prese il cel ulare, fece un
numero. Parlò voltandomi le spal e.
Al termine del a chiamata, prese una felpa con il
cappuccio dal a sua valigia e se la in lò. L’elet ricità
statica non migliorò la situazione dei suoi capel i.
«Quindi?» chiesi.
«Stanno mandando un’unità.»
«Dobbiamo avvertire Ol ie.»
Digitò un altro numero, parlò per qualche minuto,
poi chiuse la comunicazione.
«È ancora sul a scena del ’omicidio Castain.»
poi chiuse la comunicazione.
«È ancora sul a scena del ’omicidio Castain.»
«Cos’ha det o?»
«Niente d’interessante.»
Inspirò a fondo. Espirò. Poi disse qualcosa che
dissolse il mio risentimento.
«Mi dispiace. Non avrei dovuto aggredirti così. Ma a
volte ti comporti in modo avventato, senza pensare, e
io ho paura che un giorno tu possa pagarne il prezzo.
Se ti succedesse qualcosa non lo sopporterei.»
Il mio volto restò impassibile.
«Non è stata colpa tua, Tempe.»
Sì, pensai. Sì, invece.
Al volante del ’unità c’era Zeb Chalker. Niente
furgone del a Scienti ca, niente carro funebre, solo
Chalker. Evidentemente, la morte di una prostituta
non meritava di sot rarre uomini ad altri omicidi da
prima pagina.
Ryan e io lo incontrammo nel a hal e non
sembrava felice di trovarsi lì.
Descrissi il punto in cui tut o era successo. Lui
chiese l’intervento di un’altra unità, a nché
perlustrasse quel a porzione di bosco e percorresse il
trat o stradale più vicino.
«Quando arriviamo al a pineta, vado prima io. Di
sicuro il cecchino è svanito da un pezzo, ma nché
sicuro il cecchino è svanito da un pezzo, ma nché
non saprò di cosa si trat a preferisco peccare di
prudenza.»
Annuimmo.
Lo seguimmo fuori. Recuperò torce elet riche e tele
cerate dal bagagliaio del ’autopat uglia e ce le porse.
Camminando in la indiana, girammo intorno
al ’edi cio, at raversammo il giardino e ci dirigemmo
scalpicciando verso i pini. Le suole lasciavano piccole
impronte nel fango e nel ’umido tappeto d’aghi.
A un certo punto lungo il limite degli alberi, indicai
l’ubicazione del a salma.
«È a circa tre metri.»
Chalker continuò da solo. Meno di un minuto dopo
ci chiamò.
«Via libera.»
Gambe divaricate, torcia puntata a terra, ci guardò
arrivare.
Uni il mio raggio al suo.
E rimasi senza fiato.
Il corpo era sparito.
«Il posto è questo.» Il uminai inutilmente il pino
con l’escrescenza.
Chalker non disse nul a.
«Lei era qui» dissi spostando avanti e indietro il
raggio al a base dei due alberi di riferimento.
raggio al a base dei due alberi di riferimento.
«È molto buio, signora. Forse…»
«Non sono un’idiota» ribat ei, ancora in preda al o
sbal o da adrenalina. O da Johnnie Walker.
«Sicura che fosse morta?» chiese Ryan.
«Aveva un foro di uscita in fronte grande come il
mio pugno!»
«Forse gli animali l’hanno trascinata via.»
«Forse.» Non ne ero af at o convinta.
Al argai le mie ricerche, muovendomi lentamente e
ampliando sempre di più il raggio. Ryan e Chalker
fecero lo stesso.
Dieci minuti dopo ci ritrovammo nel punto di
partenza. Le mani mi tremavano, il sangue mi
sfrigolava nel pet o.
I due uomini mi guardarono. Dubbiosi.
«Lo giuro. Era stesa proprio qui.»
Mi inginocchiai a ispezionare il terreno da vicino,
al a luce del a torcia.
Gli aghi di pino apparivano umidi in modo
uniforme. Nessuno sembrava spezzato, spostato o
rivoltato di recente. Non vidi sangue, capel i, brandel i
di tessuto o frammenti d’osso.
Non c’era uno straccio di prova a indicare che una
persona fosse stata uccisa proprio lì.
Sconvolta, mi alzai e puntai il raggio luminoso nel a
Sconvolta, mi alzai e puntai il raggio luminoso nel a
direzione degli spari. «Dobbiamo perlustrare l’area in
cerca dei bossoli.»
«Credo che abbiamo finito, qui.»
«No, af at o!»
Chalker sbu ò, l’immagine del a pazienza.
«Signora…»
Persi le staf e.
«Non osi fare l’agente Murray con me. Qualcuno ha
ammazzato una donna qui! Ho visto il suo fot uto
cervel o prendere il volo!»
«Cerchi di calmarsi.»
«Calmarmi? Calmarmi?» Balzai in avanti e gli
piantai uno sguardo ammeggiante in faccia. «Mi ha
preso per una scema in premenopausa in cerca di
emozioni forti?»
L’uomo fece un passo indietro. Mi senti una mano
sul a spal a. Al diavolo: ormai ero partita.
«Lasci che le dica una cosa, Chalker. Mi occupavo di
scene del crimine quando lei bagnava ancora il let o.
Giubbe Rosse e SQ non sono riuscite a trovare
Annaliese Ruben neppure unendo i loro potenti
cervel i, ma io sì!» Mi tra ssi il pet o con il pol ice
tremante. «Lei ha cercato me. E un glio di put ana le
ha piazzato un proiet ile nel cranio!»
«Qui abbiamo finito.»
Chalker mi passò accanto e s’incamminò fuori dal
Chalker mi passò accanto e s’incamminò fuori dal
bosco con passo deciso, gli aghi bagnati frusciavano
leggermente sot o gli scarponi.
Mi voltai verso Ryan.
«Quel tizio ce l’ha con me.»
«Lascia perdere» disse con dolcezza.
«Non sono pazza.»
«Io ti credo.»
In albergo, mi tolsi i vestiti bagnati, feci una doccia
e mi in lai i pantaloni del a tuta. Erano quasi le due,
ma il mio cervel o non accennava a ridurre i giri,
ancora pompato di adrenalina e alcol.
Stavo accendendo il laptop, quando senti bussare.
Anche questa volta, guardai dal o spioncino.
Ryan. Stessa felpa, stessi jeans. Tra le mani reggeva
una grossa e piat a scatola ret angolare.
Apri la porta.
«Pizza?» chiese.
«Con le acciughe?»
«Fai la di cile?» Le sopracciglia gli partirono verso
l’alto.
«Una ragazza non è mai troppo esigente.»
«È senza acciughe.»
«Accet o.»
«Accet o.»
Mangiando, gli riferi tut i i particolari che riuscivo
a ricordare, dal a chiamata di Annaliese al momento
in cui mi ero presentata da lui.
«Come è possibile ripulire la scena di un crimine in
quel modo?» Ero ancora incredula.
«La pioggia avrà contribuito.»
«Si sono mossi in fret a.»
«Molto.»
«Credi sia stato Scar a spararle?»
«Non vedo l’ora di chiederglielo.»
Ci servimmo una seconda fet a.
«Li convincerai a indagare seriamente sul ’omicidio
del a Ruben?»
«Sì.»
«Grazie.»
«A una condizione.»
Inarcai un sopracciglio.
«Devi chiarire un det aglio.»
Annui .
«Chi diavolo è l’agente Murray?»
«Cosa?» Non era la domanda che mi aspet avo.
«L’hai nominato mentre sbraitavi contro Chalker.»
«Davvero?»
Annuì.
Annuì.
«L’agente Stephen Murray di Lincoln, Maine. Non
hai mai visto il video in cui ferma il tizio a un posto
di blocco?»
Scosse il capo.
«Era su YouTube. Ormai è diventato un tormentone.
Murray è stato ribat ezzato il poliziot o più paziente
d’America.»
Ryan al ungò la mano per prendere altra pizza. Non
disse nul a.
«Andiamo! Quel suo at eggiamento da martire non
ti ha dato sui nervi?»
«Faceva solo il suo lavoro.»
«Si è comportato da stronzo arrogante.»
«Be’, dubito che tu sia in cima al a sua hit parade.»
Mangiammo in silenzio per un po’. Mi sentivo a
mio agio. Come ai vecchi tempi.
Poi pensai una cosa.
«Se Scar voleva mandare un messaggio per far
capire che è un bastardo senza scrupoli, perché
portare via il corpo? Perché non lasciarlo dove lo si
poteva trovare?»
«Ricordi lo spacciatore di Jasper?»
«Il padrone del col ie?»
«Qualcuno stese lui e il cane e mozzò loro le
orecchie.»
orecchie.»
Immaginai il volto del a Ruben il uminato dal a
luna.
Qualcosa di gelido mi strisciò lungo la spina
dorsale.
27
Il telefono mi svegliò da un turbinio di sogni
frammentati. Ryan e io davanti a un piat o di pasta.
Annaliese Ruben che salutava con la mano da un
autobus. Ol ie che gridava parole incomprensibili.
Tank che mordeva un corvo mentre gli calava addosso
in picchiata.
«Brennan.»
«Ciao, mamma.»
Sentire la voce di Katy mi rimise al mondo.
Una felicità destinata a durare circa trenta secondi.
«Come stai, tesoro?»
«Dormivi? Oh mio Dio, l’ho dimenticato. Sono solo
le set e, lì.»
«Mi stavo giusto alzando. Hai parlato con tuo
padre? Birdie sta bene?»
padre? Birdie sta bene?»
«Benissimo.»
Anche se il sole inondava la stanza, il vetro del a
nestra era orlato di brina. Chiusi gli occhi e mi
appoggiai ai cuscini.
«Sei seduta?»
«Mmm.»
«Sono entrata nel ’esercito.»
«Non crederai mai a ciò che mi è parso di sentirti
dire» replicai sbadigliando.
«Hai capito bene. Mi sono arruolata.»
I miei occhi si sbarrarono di colpo. Scat ai a sedere.
«Tu cosa?»
«Mi presenterò a Fort Jackson il 15 luglio.»
Ero senza parole. Katy. La bambina che adorava il
rosa e indossava il tutù persino per andare dal
dentista.
«Sei lì?»
«Ci sono.»
«Sorpresa?»
«Sbalordita. Quando hai firmato?»
«La set imana scorsa.»
«E c’è un periodo di tol eranza? Ti danno il tempo
di ripensarci?»
«Tipo “soddisfat i o rimborsati”?»
«Tipo “soddisfat i o rimborsati”?»
«Tipo.»
«Andrò no in fondo, mamma. Davvero, ci ho
riflet uto a lungo.»
«Lo stai facendo per Coop?»
Webster Aaron Cooperton era stato il suo ragazzo.
Ucciso la primavera precedente, mentre prestava
servizio nei corpi di pace in Afghanistan.
«Non per lui. È morto.»
«A causa di lui…»
«In parte. Coop dedicava la sua vita ad aiutare gli
altri. Io non faccio un bel niente.»
«E l’altra parte?»
«Odio il mio lavoro. Nel ’esercito avrò la possibilità
di fare nuove amicizie, vedere posti nuovi.»
Posti in cui la gente si becca le pal ot ole in testa e
salta in aria.
Degluti .
«Coop non era nel ’esercito» puntualizzai.
«Ma io ci entrerò» ribat é lei risoluta.
«Oh, Katy.»
«Ti prego, non met ermi i bastoni tra le ruote.»
«Non lo farò.»
«Sarà un’avventura.»
«Promet imi solo che non farai pazzie come o rirti
volontaria per combat ere.»
volontaria per combat ere.»
«Le donne non partecipano al e azioni di guerra.»
Vero. Uf icialmente. Ma mi venivano in mente mil e
modi in cui potevano nire in prima linea: pilotando
un Fighter, nel a polizia militare, con il programma
Lioness del corpo dei marines…
«Lo sai cosa intendo» dissi.
«Ti voglio bene, mamma.»
«Katy?»
«Devo andare.»
«Ti voglio bene, tesoro.»
Restai seduta, stringendomi il telefono al pet o. Mi
vorticavano in testa un milione di immagini. Katy al a
sua festa-karaoke di compleanno, quando aveva
compiuto due anni; al saggio di danza, vestita da elfo;
al bal o del liceo con un braccialet o floreale due volte
più grande del suo braccio.
Mi sentivo… come? Scet ica al ’idea che
sopravvivesse al ’addestramento? Che riuscisse a
adat arsi al a vita militare? O preoccupata del
contrario? Delusa perché non ne aveva discusso con
me prima di decidere? Terrorizzata al pensiero che la
mandassero in una zona di guerra?
Tut o. Ma non solo.
Mi sentivo in colpa per la mia reazione al a notizia.
L’esercito svolgeva un servizio inestimabile, fornendo
al Paese una difesa essenziale. Ogni sua branca aveva
L’esercito svolgeva un servizio inestimabile, fornendo
al Paese una difesa essenziale. Ogni sua branca aveva
bisogno di volontari capaci. I gli di altri si
arruolavano, perché non la mia?
Perché Katy era ancora la mia bambina.
L’inno irlandese mi vibrò sul o sterno.
Mi accostai il telefono al ’orecchio.
«Brennan.»
«Ho saputo del a tua piccola avventura di stanot e.»
Non ero in vena di zit ire Ol ie con una frecciata
salace, così non replicai.
«Non stai guadagnando molti punti con i locali.»
«Hai chiamato per dirmi questo?»
«Ho chiamato perché mi servono informazioni.
Subito. L’ultima cosa di cui ho bisogno invece è
perdere tempo.»
At esi, troppo irritata per ribat ere.
«Raccontami cosa è successo con la Ruben.»
Lo feci.
Seguì un lungo silenzio. Immaginai stesse
prendendo appunti.
«Devo chiederti una cosa, Tempe.»
Il tono mi mise sul chi va là.
«Hai alzato un po’ il gomito ieri sera?»
«Cosa?»
«Mi hai sentito.»
«Mi hai sentito.»
«Perché mai dovresti chiedermi una cosa simile?»
«Chalker dichiara di aver colto un odore di alcol nel
tuo alito.»
Senti una vampata di calore a uirmi al volto. Lo
scotch del minibar.
«Chalker è un cretino» sentenziai.
«Sappiamo entrambi che ci andavi pesante.»
«È il motivo per cui ho smesso.»
«Dovevo saperlo, tut o qui.»
«La Scienti ca ha nito a Sunnyvale?» domandai
cambiando argomento.
«Due ore fa.»
«Avete preso Scarborough o Unka?»
«Abbiamo Unka. La polizia di qui lo sta torchiando.
Ryan e io stiamo al e costole di Scar.»
Davvero? Tregua?
«Credi sia stato Scar a sparare al a Ruben?»
«È capace di tut o.»
Pausa. Poi: «Un ragazzo del a centrale verrà al ’hotel
verso le nove. Voglio che tu gli fornisca per lo e per
segno la tua versione dei fat i».
La mia versione?
«Poi te ne torni in camera e te ne stai seduta tut o il
giorno sul tuo bel culet o. Capito?»
giorno sul tuo bel culet o. Capito?»
«Dio, sergente Hasty, posso andare a comprare quel
libro sui diamanti? Ti prego, ti prego, ti prego!»
«Sì. Quel o puoi farlo.»
Mi vesti e feci una rapida colazione a base di
french toast e bacon. Nel ie Snook non era in sala da
pranzo.
L’agente Lake chiamò dal a hal al e 9.15. Era
biondo, con le lentiggini e il sico palestrato.
At raversò con me il giardino e ci addentrammo nel
bosco fino al punto in cui era morta Annaliese.
Anche al a luce del giorno non vidi tracce di sangue,
niente segni di suole, non un frammento di materiale
organico. Gli aghi di pino hanno una certa elasticità:
non c’erano nemmeno le mie impronte o quel e di
Ryan e Chalker.
«Soltanto aghi» commentò Lake, dopo essersi
guardato intorno.
«Questo è il punto. L’esecutore ha rimosso il corpo
e ripulito la scena. Perché disturbarsi a farlo? Perché
non darsela semplicemente a gambe levate?»
«Da dove provenivano gli spari?»
«Da laggiù.» Indicai.
Mi seguì. Di nuovo, esaminammo la zona.
«Niente bossoli» concluse l’uomo.
«Ovvio. Se si è preso il disturbo di far sparire il
cadavere, si è portato via anche quel i.»
cadavere, si è portato via anche quel i.»
Annuì. «Vediamo a bordo strada.»
Qualunque traccia di pneumatici o di piedi era stata
cancel ata dal a pioggia.
Lake mi guardò molto a lungo. «Venga al a centrale
e trascriviamo il tut o.»
Il messaggio era chiaro: non si sarebbero compiuti
altri rilievi sul a scena del crimine.