IL MAESTRO CHE NON DORMIVA

 

 

Lo spettacolo delle strade era ancor più deprimente nella luce del mattino che non di notte: la pioggia aveva sporcato tutto; lasciando tracce scure sulle facciate delle case e imbruttendone i colori. Grosse gocce cadevano ancora dalle grondaie, dai fili dell'elettricità e talvolta anche dal cielo, che sempre minaccioso gocciolava ancora, come se stesse riprendendo forza per nuovi spasimi.

Maigret, alzatosi tardi, non aveva avuto il coraggio di scendere per la colazione. Di cattivo umore, senza appetito, aveva solo desiderio di due o tre tazze di caffe. Malgrado il cognac di Chabot, gli sembrava di sentire ancora in bocca il retrogusto del vino bianco, troppo dolce, bevuto a Bordeaux.

Premette un campanello che pendeva a capo del letto. Una cameriera vestita di nero col grembiulino bianco rispose alla sua chiamata: lo guardò con tale curiosità che il commissario dovette controllare se il proprio abbigliamento fosse del tutto a posto.

"Non vuole i croissant caldi? Un uomo come lei ha bisogno di mangiare al mattino."

"Solo del caffè, figliola. Un grande bricco di caffè."

Notò l'abito che Maigret la sera prima aveva messo ad asciugare vicino al termosifone e se ne impossessò.

"Cosa fa?"

"Gli dò una stiratina."

"No, grazie. È inutile."

Lo portò via lo stesso!

Dall'aspetto il commissario giudicò che solitamente dovesse essere un tipo intrattabile.

Mentre si stava lavando venne due volte a disturbarlo: la prima per assicurarsi che ci fosse il sapone e la seconda per portargli un secondo bricco di caffè che lui non aveva nemmeno ordinato. Poi gli riportò il vestito, asciutto e stirato. Era magra, col seno piatto, dall'aria poco sana, ma doveva essere dura come l'acciaio.

Maigret pensò che avesse letto il suo nome nel registro, e fosse appassionata di cronaca nera.

Erano le nove e mezza di mattina. Tirava per le lunghe, per protesta contro qualcosa che nemmeno lui sapeva, forse contro ciò che considerava una congiura del destino.

Mentre scendeva le scale coperte da una stuoia rossa, un facchino che stava salendo lo salutò con un rispettoso:

"Buongiorno, signor Maigret."

Capì quando entrò nell'atrio, dove l`Ouest-Eclair" era aperto su un tavolino, con la sua fotografia in prima pagina.

Era la foto scattata mentre si chinava sul cadavere di Gobillard. Un titolo doppio annunciava su tre colonne:

Il commissario Maigret si occupa dei delitti di Fontenay.

Un commerciante di pelli di coniglio è la terza vittima.

Prima che avesse il tempo di dare un'occhiata all'articolo, il direttore dell'albergo lo avvicinò con la stessa solerzia della cameriera.

"Spero abbia dormito bene e che il 17 non l'abbia disturbata."

"Chi è il 17?"

"Un rappresentante di commercio che ieri sera ha alzato un po' il gomito e ha fatto molto rumore. Alla fine l'abbiamo cambiato di camera affinché non la svegliasse."

Non aveva udito nulla.

"Lomel, il corrispondente dell'"Ouest-Eclair", è passato stamattina chiedendo di lei. Quando gli ho detto che stava ancora dormendo, ha risposto che non era urgente e che vi sareste visti più tardi al Palazzo di giustizia. C'è anche una lettera per lei."

Era una busta di poco prezzo, di quelle che si vendono a sei per volta, in sei colori diversi, nelle drogherie. Questa era verdina. Mentre stava per aprirla si accorse che all'esterno, tra le palme piantate nelle botti, cinque o sei persone tenevano il viso incollato alla porta a vetri.

Non si lasci impressionare da quelli che stanno in Alto.

Coloro che aspettavano sul marciapiede, tra cui due donne con le borse della spesa, si scostarono per lasciarlo passare. C'era qualcosa di fiducioso, di amichevole nel modo in cui lo guardavano: non era né per curiosità né perché era famoso, ma perché contavano su di lui. Una delle donne, senza osare avvicinarlo, disse:

"Lei sì che lo troverà, signor Maigret!"

E un giovanotto, forse un fattorino, camminò col suo stesso passo lungo il marciapiede opposto per poterlo osservare meglio.

Sulle porte delle case le donne parlavano del nuovo delitto, interrompendosi per seguirlo con gli occhi. Un gruppetto di uomini uscì dal Café de la Poste: anche nel loro sguardo lesse una certa simpatia. Sembrava che tutti volessero incoraggiarlo.

Passò davanti alla casa del giudice Chabot, alle cui finestre del primo piano Rose stava scuotendo degli stracci. Non si fermò, attraversò place Viète e risalì rue Rabelais. Sulla sinistra si ergeva un grande palazzo il cui frontone era ornato di stemmi, doveva essere la casa dei Vernoux.

Non c'era alcun segno di vita dietro le finestre chiuse. Lì di fronte, una casetta, vecchia anch'essa e dalle imposte sbarrate: probabilmente la casa in cui Robert de Courçon aveva condotto la sua vita solitaria.

Di tanto in tanto giungevano raffiche di vento umido. Alcune nuvole correvano basse, scure contro un cielo offuscato, lasciando cadere gocce d'acqua. Le inferriate della prigione parevano più nere, così bagnate. Una decina di persone era ferma davanti al Palazzo di giustizia, che nulla aveva di prestigioso. Di fatto era meno grande della casa dei Vernoux, ma era pur sempre ornato di un peristilio e di una scalinata dai pochi gradini.

Lomel, con le sue due macchine fotografiche sempre a tracolla, fu il primo ad andargli incontro. Non c'era nessuna traccia di rimorso sul suo volto da ragazzo e nei suoi occhi di un azzurro chiaro.

"Mi dirà le sue impressioni prima di comunicarle ai suoi colleghi di Parigi?"

E quando Maigret, imbronciato, gli indicò il giornale che gli sporgeva di tasca, sorrise.

"È arrabbiato?"

"Credevo fosse chiaro che..."

"Ascolti, commissario. Sono obbligato a fare il mio mestiere di giornalista. Sapevo che avrebbe finito con l'occuparsi del caso. Ho soltanto anticipato di qualche ora..."

"La prossima volta, non anticipi un bel niente."

"Sta andando dal giudice Chabot?"

Nel gruppetto c'erano già due o tre corrispondenti di Parigi dei quali si sbarazzò a fatica. E alcuni curiosi che parevano determinati a non schiodarsi da lì.

I corridoi erano bui. Lomel, che aveva deciso di fargli da guida, lo precedeva indicandogli la strada.

"Di qui. È molto più importante per noi che per quelli della capitale, si capisce! "Lui" è nel suo ufficio dalle otto di stamattina. C'è anche il procuratore. Ieri sera, mentre lo cercavano dappertutto, si trovava a La Rochelle, era andato lì in macchina. Conosce il procuratore?"

Maigret, che aveva bussato e a cui era stato risposto di entrare, aprì la porta e la richiuse, abbandonando il reporter dai capelli rossi nel corridoio

Julien Chabot non era solo. Il dottor Alain Vernoux era seduto in una poltrona di fronte a lui e si alzò per salutare il commissario.

"Dormito bene?" chiese il giudice.

"Benissimo."

"Mi scuso ancora per la scarsa ospitalità di ieri. Conosci già Alain Vernoux. Passava per caso di qua ed è venuto a trovarmi."

Non era vero. Maigret avrebbe giurato che lo psichiatra lo stesse aspettando e anche, forse, che quel colloquio fosse stato combinato dai due uomini.

Alain si era tolto il soprabito. Indossava un vestito di lana grezza, dalle pieghe incerte, che avrebbe avuto bisogno di una bella stirata. La cravatta era annodata male. Sotto la giacca s'intravvedeva un pullover giallo. Le scarpe non erano state pulite. Malgrado ciò, apparteneva allo stesso ceto del padre, il cui modo di vestire era così ricercato.

Perché ciò irritava Maigret? L'uno era troppo curato, perfetto nel vestire. L'altro, invece, ostentava una trascuratezza che un impiegato di banca, un professore di scuola o un rappresentante di commercio non avrebbero potuto permettersi. Abiti di quel tessuto, però, si trovavano solo presso qualche sarto di Parigi o, forse, di Bordeaux.

Ci fu un silenzio alquanto imbarazzante. Maigret, che non faceva niente per venire in aiuto ai due uomini, andò a piazzarsi davanti all'esile fuoco che ardeva nel caminetto. Quest'ultimo era sormontato dallo stesso orologio in marmo nero che c'era nel suo ufficio al Quai des Orfèvres. A suo tempo l'amministrazione doveva averne ordinati a centinaia, se non a migliaia. Chissà se erano tutti indietro di dodici minuti come quello di Maigret?

"Alain mi stava giusto dicendo alcune cose interessanti" mormorò infine Chabot, appoggiando il mento nella mano, in una tipica posa da giudice istruttore. "Parlavamo di follia criminale..."

Il dottor Vernoux l'interruppe:

"Non ho affermato che questi tre delitti siano opera di un pazzo. Ho detto che se fossero opera di un pazzo..."

"È lo stesso."

"Non esattamente."

"Diciamo pure che sono stato io a dire che tutto sembra indicare che siamo in presenza di un pazzo."

E, rivolto a Maigret:

"Tu e io ne abbiamo parlato ieri sera. L'assenza di un movente, in tutti e tre i casi... Lo stesso modo di colpire..."

Poi, a Vernoux:

"Vuol ripetere al commissario quello che mi stava dicendo?"

"Non sono un esperto. Sono solo un dilettante in materia. Stavo sviluppando una teoria generale. Quasi tutti credono che i pazzi agiscano invariabilmente da pazzi, ossia senza una logica precisa. In realtà, invece, accade spesso il contrario. Anche i pazzi seguono una propria logica. La difficoltà consiste nello scoprire questa logica."

Maigret lo guardava senza dire nulla, con i grandi occhi un po' glauchi, al mattino. Rimpiangeva di non essersi fermato per strada a bere qualcosa che gli avrebbe ristorato lo stomaco.

Quel piccolo ufficio in cui cominciava ad aleggiare il fumo della sua pipa e in cui danzavano le fiamme del focherello nel camino gli pareva quasi irreale, e i due uomini che discutevano di pazzia spiandolo con la coda dell'occhio gli sembravano due figure di cera. Anch'essi erano lontani dalla realtà. Ripetevano i gesti che avevano imparato, parlavano come loro era stato insegnato.

Cosa sapeva un Chabot di ciò che accadeva nella strada? E, a più forte ragione, nella mente di un uomo che uccide?

"È questa logica che, sin dal primo delitto, cerco di scoprire."

"Sin dal primo delitto?"

"Diciamo anche dal secondo. Sin dal primo, però, l'omicidio di mio zio, avevo pensato all'opera di un pazzo."

"Ha trovato qualcosa?"

"Non ancora. Ho solo notato alcuni elementi che possono fornire qualche indicazione."

"Per esempio?"

"Per esempio che lui colpisce di fronte. Non è facile spiegare il mio pensiero. Un uomo che volesse uccidere per uccidere, ossia per sopprimere altri esseri viventi, e che, nel contempo, non volesse essere scoperto, sceglierebbe il modo meno rischioso. Ora, nel nostro caso l'assassino sicuramente non vuole essere scoperto, dato che evita di lasciare tracce. Mi segue?"

"Finora non mi sembra molto complicato."

Vernoux aggrottò le sopracciglia, avvertendo dell'ironia nella voce di Maigret. In fondo, forse, era un timido. Non guardava mai le persone negli occhi. Protetto dalle grosse lenti degli occhiali, si limitava a lanciare sguardi furtivi, poi fissava un punto qualsiasi dello spazio.

"Ammette che fa l'impossibile per non essere scoperto?"

"Così pare."

"Però aggredisce tre persone in una settimana, e, ogni volta, non fallisce il colpo."

"Esatto."

"In tutti i tre casi, avrebbe potuto colpire di spalle, il che avrebbe ridotto le possibilità che la vittima si mettesse a gridare."

Maigret lo guardava fisso.

"Poiché anche un pazzo non fa nulla senza un motivo, ne deduco che l'assassino sente il bisogno di sfidare la sorte, o perlomeno di sfidare coloro che aggredisce. Certi individui hanno bisogno di affermarsi, fosse anche con un delitto o con una serie di delitti. Talvolta si tratta di dimostrare a se stessi il proprio potere, o la propria importanza, oppure il proprio coraggio. Altri, invece, vogliono prendersi una rivincita contro i propri simili."

"Il nostro assassino, finora, se l'è presa solo con dei deboli. Robert de Courçon era un vecchio di settantatré anni, la vedova Gibon era inferma e Gobillard, quando è stato aggredito, era ubriaco fradicio."

Questa volta aveva parlato il giudice, col mento tra le mani e apparentemente contento di sé.

"Ci ho pensato anch'io. Forse è un indizio, forse una coincidenza. Ciò che cerco di scoprire è il genere di logica che presiede alle mosse del nostro uomo. Quando l'avremo capito, non ci vorrà molto a mettere le mani su di lui."

Diceva "noi" come se prendesse tranquillamente parte all'inchiesta, e Chabot non protestava.

"È questa la ragione per cui eravate fuori ieri sera?" chiese il commissario.

Alain Vernoux trasalì. Arrossì leggermente.

"In parte. Mi recavo a casa di un amico, ma le confesso che da tre giorni percorro le strade il più spesso possibile e osservo il comportamento dei passanti. La città non è molto grande. È probabile che l'assassino non se ne stia rintanato in casa. Cammina per strada, come tutti quanti, forse beve anche il suo bicchiere di vino nei bar."

"Crede di poterlo riconoscere?"

"È possibile."

"Penso che l'aiuto di Alain possa esserci prezioso" mormorò Chabot con un certo imbarazzo. "Ciò che ci ha detto stamattina mi pare molto sensato."

Il dottore si alzò e, nello stesso momento, si udì un rumore in corridoio. Bussarono alla porta: l'ispettore Chabiron mise dentro la testa.

"Non è solo?" disse guardando non Maigret ma Alain Vernoux, la cui presenza parve dispiacergli

"Cosa c'è, ispettore?"

"Ho con me qualcuno che lei dovrebbe interrogare."

Il dottore annunciò: "Tolgo il disturbo."

Nessuno lo trattenne. Mentre usciva, Chabiron, non senza amarezza, disse a Maigret:

"Allora è vero, capo, che se, ne occupa lei..."

"Così dice il giornale."

"Forse l'inchiesta non sarà lunga. Può darsi che si concluda tra pochi minuti. Faccio entrare il mio testimone, signor giudice?"

E, girato verso la penombra del corridoio:

"Vieni! Non aver paura!"

Una voce replicò:

"Non ho paura."

Entrò un ometto magro, vestito di blu, dal volto pallido e gli occhi vivaci.

Chabiron lo presentò:

"Emile Chalus, maestro di scuola. Siediti, Chalus."

Chabiron era uno di quei poliziotti che danno sempre del tu a testimoni o accusati, convinti che ciò li impressioni.

"Stanotte" spiegò "ho iniziato a interrogare gli abitanti della via in cui è stato ucciso Gobillard. Forse direte che è la solita procedura..."

Lanciò un'occhiata a Maigret, come se il commissario fosse stato un personale nemico della "solita procedura".

"Ma le vecchie abitudini riservano sempre nuove sorprese. La strada non è lunga. Stamattina, di buonora, l'ho passata al setaccio. Emile Chalus abita a trenta metri dal luogo in cui è stato commesso il delitto, al secondo piano di una casa il cui pianterreno e primo piano sono adibiti a uffici. Racconta, Chalus."

Costui non chiedeva di meglio, sebbene fosse chiaro che non provava nessuna simpatia per il giudice. Fu verso Maigret che si volse.

"Ho sentito un rumore sul marciapiede, come i passi di almeno due persone."

"A che ora?"

"Poco dopo le dieci di sera."

"Poi?"

"I passi di una sola persona si sono allontanati."

"In che direzione?"

Il giudice istruttore poneva le domande, lanciando ogni volta un'occhiata a Maigret come per cedergli la parola.

"In direzione di rue de la République."

"Passi affrettati?"

"No. Normali."

"Di un uomo?"

"Sicuramente."

Chabot aveva l'aria di pensare che non si trattava di una grande notizia; l'ispettore intervenne:

"Aspetti il seguito. Di' cos'è successo poi, Chalus."

"Sono passati alcuni minuti e un gruppetto di persone è giunto sulla strada, anch'esso proveniente da rue de la République. Si sono fermate sul marciapiede e parlavano ad alta voce. Ho sentito la parola "dottore", poi "commissario di polizia", e mi sono alzato per andare a vedere dalla finestra."

Chabiron esultava.

"Capisce, giudice? Chalus aveva sentito dei passi. Poco fa mi ha precisato che c'era stato un tonfo sordo, come un corpo che cade per terra. Ripetilo, Chalus."

"È esatto."

"Subito dopo qualcuno si è diretto verso rue de la République, dove c'è il Café de la Poste. Ho altri testimoni nell'anticamera: gli avventori che in quel momento si trovavano nel caffè. Erano le dieci e dieci quando è entrato il dottor Vernoux e, senza dire una parola, si è diretto verso la cabina del telefono. Dopo aver telefonato ha visto il dottor Jussieux che giocava a carte e gli ha sussurrato qualcosa all'orecchio. Jussieux ha annunciato agli altri che era stato commesso un delitto e tutti si sono precipitati fuori."

Maigret fissava Chabot, i cui lineamenti erano tesi.

"Capisce che significa?" continuò l'ispettore con una specie di gioia aggressiva, come se si trattasse di una vendetta personale. "Il dottor Vernoux ha affermato di aver visto un cadavere sul marciapiede, un cadavere già quasi freddo, e di essere corso al Café de la Poste per telefonare alla polizia. Se fosse andata così, Chalus, che era sveglio, avrebbe udito un altro rumore di passi sulla strada oltre a quelli che aveva già sentito."

Non osava ancora cantar vittoria, ma si sentiva che la sua eccitazione aumentava.

"Chalus non ha precedenti giudiziari. È un bravo maestro. Non ha alcun motivo di raccontare frottole."

Maigret rifiutò di nuovo l'invito a parlare che l'amico gli rivolgeva con lo sguardo. A quel punto ci fu un silenzio piuttosto lungo. Il giudice, per darsi un contegno, scribacchiò qualcosa su un foglio e, quando risollevò il capo, la sua espressione era grave.

"È sposato, signor Chalus?" chiese con voce offuscata.

"Sì, signore."

Tra i due uomini l'ostilità era palese. Chalus era teso anche lui, e rispondeva in modo aggressivo. Sembrava sfidare il magistrato ad annullare la sua deposizione.

"Figli?"

"No."

"Sua moglie era insieme a lei la notte scorsa?"

"Nel mio stesso letto."

"Dormiva?"

"Sì."

"Vi siete coricati insieme?"

"Come sempre, quando non ho troppi compiti da correggere. Ieri, essendo venerdì, non ne avevo affatto."

"A che ora siete andati a dormire?"

"Alle nove e mezza, forse qualche minuto più tardi."

"Andate sempre a letto così presto?"

"Ci alziamo alle cinque e mezza del mattino."

"Perché?"

"Approfittiamo della libertà accordata a tutti i francesi di alzarsi all'ora che vogliono."

Maigret, che l'osservava con interesse, avrebbe scommesso che si occupava di politica e che apparteneva a un partito di sinistra, che fosse, insomma, un militante. Era uno di quei tipi che sfilano nei cortei, che prendono la parola nelle assemblee, che diffondono i volantini e si rifiutano di circolare nonostante gli ordini della polizia.

"Dunque, vi siete coricati alle nove e mezza e suppongo vi siate addormentati."

"Abbiamo chiacchierato per una decina di minuti."

"Così arriviamo alle dieci meno venti. Vi siete addormentati tutti e due?"

"Solo mia moglie."

"E lei?"

"Io no. Faccio fatica a prender sonno."

"Di conseguenza quando ha sentito un rumore sul marciapiede, a trenta metri da casa sua, non stava dormendo?"

"È esatto."

"Non aveva dormito affatto?"

"No."

"Era completamente sveglio?"

"Abbastanza per sentire dei passi e un corpo cadere."

"Pioveva?"

"Sì."

"C'è un altro piano sopra il vostro?"

"No. Noi stiamo al secondo."

"Si sente la pioggia sul tetto?"

"Dopo un po' non ci si fa più caso."

"L'acqua che scorre dalle grondaie?"

"Certo."

"In tal modo, quello che lei ha sentito era un rumore tra tanti altri?"

"C'è una bella differenza tra il rumore dell'acqua e quello dei passi o di un corpo che cade."

Il giudice non mollava la presa.

"Non ha avuto la curiosità di alzarsi?"

"No."

"Perché?"

"Perché non abitiamo lontano dal Café de la Poste."

"Non capisco."

"Capita spesso, la sera, che qualcuno che ha bevuto troppo passi davanti a casa nostra, e succede anche che cada per terra."

"E che ci rimanga?"

Chalus non trovò nulla da ribattere.

"Dunque, lei ha avuto l'impressione di sentire i passi di almeno due persone..."

"Sì."

"Però uno solo di essi si è allontanato in direzione di rue de la République. È così?"

"Esatto."

"Poiché è stato commesso un delitto, due uomini, come minimo, si trovavano a trenta metri da casa sua nel momento in cui lei ha sentito i passi. Mi segue?"

"Non è difficile."

"E ne ha sentito uno solo che si allontanava?"

"L'ho già detto."

"Quando li ha sentiti arrivare? Sono arrivati insieme? Venivano da rue de la République o dal Campo di Marte?"

Chabiron alzò le spalle. Emile Chalus rifletteva, l'espressione determinata.

"Non li ho sentiti arrivare."

"Le sembra possibile che siano stati a lungo fermi sotto la pioggia, l'uno aspettando il momento propizio per uccidere l'altro?"

Il maestro strinse i pugni.

"È tutto quello che ha da chiedermi?" digrignò a denti stretti.

"Non capisco."

"La imbarazza che qualcuno del suo ambiente venga tirato in ballo. Ma la sua domanda non sta in piedi. Non necessariamente sto a sentire i movimenti di tutti quelli che passano per strada, o, per essere più esatti, non sempre vi presto attenzione."

"Però..."

"Vuol lasciarmi finire, per favore, invece di cercare di confondermi? Finché erano solo dei passi, non avevo nessun motivo di prestare particolare attenzione a ciò che succedeva per strada. Dopo, invece, ho drizzato le orecchie."

"E lei afferma che da quando il corpo è caduto per terra fino al momento in cui è arrivata la gente dal Café de la Poste, non è accaduto nient'altro per strada?"

"Non ci sono stati altri passi."

"Si rende conto della gravità della sua dichiarazione?"

"Non ho chiesto io di farla. È l'ispettore che è venuto a interrogarmi."

"Prima che l'ispettore la interrogasse, aveva idea di cosa significasse la sua testimonianza?"

"Non conoscevo la deposizione del dottor Vernoux."

"Chi le ha parlato di deposizione? Il dottor Vernoux non è stato chiamato a deporre."

"Allora diciamo che non sapevo quale fosse la sua versione dei fatti."

"Gliel'ha detta l'ispettore?"

"Sì."

"E immagino sarà stato felice dell'effetto che avrebbe suscitato. Lei detesta i Vernoux?"

"Loro e tutti quelli come loro."

"Se l'è presa particolarmente coi Vernoux nei suoi discorsi?"

"Mi è capitato."

Il giudice, gelido, si volse verso l'ispettore Chabiron.

"La moglie ha confermato la testimonianza?"

"In parte. Non l'ho condotta qui perché aveva da fare in casa, ma posso andarla a chiamare. Sono effettivamente andati a dormire alle nove e mezza. Ne è certa, perché è lei che, come ogni sera, ha caricato la sveglia. Hanno parlato un po'. Si è addormentata e si è svegliata perché non ha sentito più il marito nel letto. L'ha visto in piedi davanti alla finestra. In quel momento erano le dieci e un quarto e un gruppo di gente era fermo intorno al cadavere."

"Nessuno dei due è sceso?"

"No."

"Non avevano la curiosità di sapere che cosa fosse successo?"

"Hanno socchiuso la finestra e hanno sentito dire che Gobillard era stato ammazzato."

Chabot, che evitava sempre di guardare Maigret, sembrava scoraggiato. Pose ancora alcune domande, ma senza convinzione:

"Ci sono altri abitanti della via che confermano la sua testimonianza?"

"Finora no."

"Li avete interrogati tutti?"

"Solo quelli che ho trovato in casa stamattina. Alcuni erano già andati al lavoro. Due o tre ieri sera erano andati al cinema e non sanno nulla."

Chabot si rivolse al maestro:

"Conosce personalmente il dottor Vernoux?"

"Non gli ho mai parlato, se è questo che intende dire. L'ho incrociato spesso per strada, come tutti. So chi è."

"Non ha una particolare animosità verso di lui?"

"Le ho già risposto."

"Non ha mai avuto precedenti con la giustizia?"

"Sono stato arrestato almeno una quindicina di volte, al tempo delle manifestazioni politiche, ma sono sempre stato rilasciato dopo una notte al fresco e naturalmente una scarica di legnate."

"Non parlavo di questo."

"Capisco che cose di questo genere non la interessino."

"Conferma la sua deposizione?"

"Sì, anche se le secca."

"Non si tratta di me."

"Si tratta dei suoi amici."

"Lei è così sicuro di quello che ha udito ieri sera da non avere esitazioni nel mandare qualcuno in galera o al patibolo?"

"Non sono stato io a uccidere. L'assassino non ha mica avuto esitazioni nell'ammazzare la vecchia Gibon e il povero Gobillard."

"Dimentica Robert de Courçon."

"Di quello me ne infischio..."

"Faccio chiamare il cancelliere perché trascriva la sua deposizione."

"Come vuole."

"Poi sentiremo anche sua moglie."

"Non mi contraddirà."

Chabot stava già tendendo la mano verso il campanello che si trovava sulla sua scrivania quando intese la voce di Maigret, che era stato quasi dimenticato e che domandò dolcemente:

"Lei soffre d'insonnia, signor Chalus?"

Questi volse bruscamente la testa.

"Cosa vuole insinuare?"

"Niente. Mi sembrava di averle sentito dire, poco fa, che fatica ad addormentarsi, il che spiega come, dopo essersi coricato alle nove e mezza, fosse ancora sveglio alle dieci."

"Sono anni che soffro d'insonnia."

"Ha consultato un medico?"

"Non mi piacciono i dottori."

"Non è ricorso a qualche rimedio?"

"Prendo delle pastiglie."

"Tutti i giorni?"

"È un crimine?"

"Le ha prese anche ieri sera prima di andare a dormire?"

"Ne ho prese due, come sempre."

Maigret trattenne a stento un sorriso vedendo che il suo amico Chabot tornava a rivivere, come una pianta che dopo esser rimasta a lungo senz'acqua venga infine annaffiata. Il giudice non poté evitare di riprendere le redini dell'interrogatorio.

"Perché non ci ha detto di aver preso un sonnifero?"

"Perché non me l'ha chiesto e perché sono affari miei. Vuole anche che le dica se mia moglie ha preso un purgante?"

"Lei ha preso due pastiglie alle nove e mezza?"

"Sì."

"E non si era ancora addormentato alle dieci e dieci?"

"No. Se anche lei fosse assuefatto a questo tipo di droghe saprebbe che alla lunga non fanno quasi più effetto. All'inizio mi bastava una pastiglia. Adesso, con due, mi ci vuole più di mezz'ora per prender sonno."

"È dunque possibile che quando lei ha sentito i rumori per la strada si fosse già assopito?"

"Non dormivo. Se avessi dormito non avrei sentito niente."

"Ma forse stava sonnecchiando. A cosa pensava?"

"Non ricordo."

"Può giurare che non si trovava tra il sonno e la veglia? Rifletta bene. Lo spergiuro è un grave delitto."

"Non dormivo."

L'uomo era onesto, in fondo. L'idea di poter rovinare un membro del clan Vernoux lo aveva reso felice e si era apprestato a farlo con grande gioia. Adesso, sentendo il trionfo sfuggirgli di mano, cercava di riguadagnar terreno, senza però osare mentire.

Lanciò a Maigret uno sguardo triste, da cui traspariva il rimprovero ma non la collera. Sembrava dire:

"Perché mi hai tradito, tu che non sei uno dei loro?"

Il giudice cercò di non perder tempo.

"Supponendo che le pastiglie abbiano cominciato a farle effetto senza però addormentarla del tutto, può darsi che lei abbia udito un rumore per la strada, e questo stato di sonnolenza spiegherebbe come non abbia udito i passi prima del delitto. Ci sono voluti i passi di almeno due persone e il rumore di un corpo che cade per attirare la sua attenzione. È possibile che dopo - quando i passi si sono allontanati - lei sia ricaduto in uno stato di sonnolenza? Non si è alzato, non ha svegliato sua moglie. Non si è preoccupato, l'ha detto lei stesso. Era come se tutto fosse successo in un mondo irreale. E solo quando un gruppetto di uomini si è fermato sul marciapiede lei si è svegliato del tutto."

Chalus alzò le spalle e le lasciò ricadere con stanchezza: "Dovevo aspettarmelo" disse.

Poi soggiunse qualcosa:

"Lei e quelli come lei..."

Chabot non l'ascoltava più. Stava dicendo all'ispettore Chabiron:

"Stenda un verbale della deposizione. Interrogherò la moglie nel pomeriggio."

Quando rimasero soli, il giudice finse di scrivere qualcosa. Passarono almeno cinque minuti prima che mormorasse, senza guardare il commissario:

"Ti ringrazio."

E Maigret borbottò, aspirando la pipa:

"Non c'è di che."