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In cui l’ispettore Lucas prende appunti per una bella storia

 

Negli anni a venire, quella sarebbe diventata una delle inchieste che Lucas raccontava più volentieri, tanto che alla Polizia giudiziaria finirono per imparare a memoria certe sue frasi.

«Ero ancora alla finestra del salottino. Tutt’a un tratto il cielo si è oscurato come fosse il venerdì santo e hanno cominciato a cadere chicchi di grandine grossi come noci che rimbalzavano sul selciato. Mi è venuto in mente che avevo dimenticato aperta la finestra del mio ufficio alla Polizia giudiziaria, e ho deciso di telefonare a Joseph, l’usciere, per pregarlo di chiuderla.

«Il commissario andava su e giù per il corridoio con la pipa fra i denti e le mani dietro la schiena. Quando gli sono passato vicino, ho avuto l’impressione che neanche mi vedesse.

«Ma quando sono arrivato sotto la rampa delle scale e ho alzato la cornetta, me l’ha tolta di mano e l’ha rimessa al suo posto, sempre con l’aria di chi sta pensando ad altro, e ha detto:

«“Non adesso, figliolo”».

Nei racconti di Lucas, Maigret lo chiamava spesso «figliolo», sebbene tra loro ci fosse appena una decina d’anni di differenza.

«La grandine è caduta per quasi un’ora e i giornali ne hanno parlato come di una delle tempeste più violente mai verificatesi; nella sola regione d’Argenteuil ci sono stati alcuni milioni di danni. Il commissario aveva lasciato la porta aperta. Per tutto quel tempo ha continuato a camminare da un’estremità all’altra del corridoio.

«Dalla cucina, la signorina Clément lo osservava attraverso lo spioncino. A un certo momento è venuta in salotto, ed era piuttosto impressionata.

«“Ma che gli è preso? Mi fa paura!” ha detto sottovoce.

«E finalmente ha squillato il telefono».

A questo punto del racconto, Lucas non mancava di introdurre una pausa, poi con voce neutra proseguiva:

«Il commissario ha alzato la testa e ha afferrato l’apparecchio tirando un sospiro di sollievo».

Andò proprio così: quel mattino grandinò, poi Maigret andò a lungo su e giù per il corridoio borbottando fra sé e sé, e poi si catapultò verso il telefono appena lo sentì suonare. Disse:

«Pronto! Parla Maigret».

E una voce, dall’altro capo del filo, una voce che sembrava lontana, arrivò come un’eco:

«Pronto!».

Dopo di che scese il silenzio. Qualche chicco di grandine rimbalzava dalla porta fino in corridoio. In cucina, la signorina Clément era in piedi, con una pentola in mano, immobilizzata in quel gesto come dal flash di un fotografo.

«Lei sa chi sono?» disse infine la voce.

«Sì».

«Chi?».

«Quello che ha sparato all’ispettore Janvier».

«Ma non conosce il mio nome».

«Lo saprò tra poco».

«Come?».

«Siamo già arrivati a place Clichy».

Scese nuovamente il silenzio.

«Lei che cosa le ha detto?».

«Niente. Ha messo il vaso sulla finestra».

Ancora silenzio. L’uomo stava di sicuro telefonando da un bar che aveva la porta aperta, poiché Maigret udiva il rumore della grandine.

«Potrei raggiungere la frontiera prima di essere identificato».

«Forse sì. Ma secondo me non lo farà».

«Perché?».

«Lo sa meglio di me».

Maigret appoggiò la pipa spenta sull’apparecchio con lo sguardo fisso al salvadanaio e al cartellino.

«La arresterà?».

«Potrei essere costretto a farlo».

«I giornalisti sanno che è andato da lei?».

«Non ancora».

«Lo sa qualcun altro?».

«Solo la portinaia».

Maigret percepì un sospiro. Non faceva niente per spingere l’uomo a parlare. Nessuno dei due aveva fretta.

«Cosa sa di me?».

«Che è piuttosto basso, di mezza età, brizzolato, e che indossa un completo, un soprabito e un cappello grigi».

«Gliel’ha detto la signorina Clément?».

«Sì».

«Ho tutto il tempo di cambiarmi d’abito prima di andare all’aeroporto e prendere un volo per l’estero».

«Non dico di no».

«Quindi ammette che potrei fuggire?».

«Sì».

«Se mi arrendessi, accetterebbe di lasciar fuori da questa storia la persona che sa?».

«È una possibilità che ho già preso in considerazione».

«Ma non promette niente?».

«Non prima di conoscere i dettagli».

«I dettagli di cosa?».

«Di ciò che è successo una ventina d’anni fa».

«Soltanto quelli?».

«Sì».

«Non la coinvolgerà nel caso dell’ispettore?».

Questa volta fu Maigret a tacere, e quel silenzio parve durare un’eternità.

«No» disse infine.

«Mi lascerebbe andare da lei prima di costituirmi?».

In cucina la signorina Clément era ancora immobile con la pentola in mano, e Lucas, seduto in poltrona, sembrava trattenere il respiro.

«A una condizione».

«Quale?».

«Che lei si impegni a non ucciderla, e a non suicidarsi. Neanche se fosse lei stessa a chiederglielo».

Adesso ci fu un silenzio dall’altra parte. E fu il più lungo.

«Lo esige?».

«Sì».

«D’accordo».

«In questo caso, può venire. Immagino che non sia molto lontano da rue Lhomond».

«A due passi».

«Durante la sua visita resterò alla finestra. Non dovrà accostare le tende, né abbassare la tapparella».

«Glielo prometto».

«Quando uscirà di lì, un po’ più avanti in rue Lhomond troverà ad aspettarla una utilitaria nera».

Un silenzio. Infine il rumore della cornetta che veniva riagganciata.

Maigret si riaccese la pipa con tutta calma, andò alla porta del salotto e rivolse a Lucas uno sguardo assente.

«Telefona al Quai per chiedere un’auto. Falla fermare un po’ più avanti».

«L’aspetto a bordo?».

«Non è necessario».

«Non ha più bisogno di me?».

«No».

«Posso restare lo stesso?».

«Se vuoi».

Maigret aveva davvero detto: «Se vuoi»?

Nessuno lo seppe mai con certezza, ma Lucas lo prese per buono e fu perciò che in seguito poté raccontare la sua storia quasi fino alla fine.

Mentre Lucas si dirigeva verso il telefono, Maigret prese una bottiglia di birra dietro la porta della cantina, senza guardare la signorina Clément: sembrava che neanche la vedesse. Poi si avviò lentamente su per le scale. Passando, buttò un occhio nella camera della signorina Blanche, che leggeva il giornale distesa sul letto in vestaglia.

Qualche attimo dopo aprì la finestra e si appoggiò con i gomiti al davanzale. Quasi per incanto la grandine aveva smesso di cadere. La signora Boursicault era a letto, con le mani incrociate sotto la testa e lo sguardo al soffitto, immobile come chi si senta osservato.

Il cielo si era rischiarato, ma il sole non spuntava ancora e la luce aveva la durezza di certe lampade al neon. Qua e là lungo il marciapiede c’erano ancora dei chicchi di grandine.

L’uomo imboccò la via con estrema naturalezza, come avrebbe fatto un passante qualsiasi. Era basso e magro, vestito di grigio, e anche il suo viso dava un’impressione di grigiore. Non si capiva che età avesse: forse era anziano e portava bene i suoi anni, o forse invece era un giovane invecchiato prematuramente.

Indossava abiti di buon taglio, e nell’insieme era piuttosto elegante.

Quando fu a pochi metri dal portone alzò la testa, e il suo sguardo incrociò quello del commissario. Non fece alcun cenno, rimase impassibile. Senza fermarsi entrò nel palazzo di fronte e solo lungo le scale o sul pianerottolo esitò, visto che passarono due o tre minuti prima che Maigret vedesse la donna girarsi verso la porta.

Lei aprì la bocca e probabilmente disse:

«Avanti».

Appena lo vide si rizzò sul letto, ma subito guardò la finestra e fece il gesto di precipitarsi a chiuderla.

L’uomo intanto aveva cominciato a parlare. Avanzò nella stanza e posò il cappello su una sedia rimanendo calmo, padrone di sé, come chi cerchi di rassicurare una bambina impaurita.

Senza girarsi una sola volta verso Maigret, si sedette sul bordo del letto. Françoise Boursicault gli si rannicchiò contro appoggiando la testa nell’incavo della sua spalla, mentre lui le accarezzava la fronte con la mano.

In quella posizione la donna poteva vedere il commissario. Questi, imbarazzato, si allontanò dalla finestra, aprì la bottiglia di birra e la bevve a canna, poiché si era dimenticato di portar su un bicchiere e quello per sciacquarsi i denti aveva un aspetto poco invitante.

Uscì sul pianerottolo. La signorina Blanche si stupì di vederselo entrare in camera - in realtà pensò che non gli dispiacesse darle un’occhiata in déshabillé -, e soprattutto si stupì che le parlasse così a lungo del più e del meno, del libro che stava leggendo e della grandine che era appena caduta.

Maigret sentì squillare il telefono; poi, la voce di Lucas che rispondeva, poi dei passi veloci lungo le scale.

«È per lei, capo... Chiamano dal Quai... Hanno scoperto una pista...».

Anche Lucas restò di stucco vedendo il commissario nella camera della ragazza; e fu ancora più meravigliato quando Maigret accolse senza sorpresa né particolare entusiasmo la notizia che gli portava.

«Per un certo periodo la donna ha abitato in una pensioncina di rue des Dames, dove un uomo che...».

«La Polizia giudiziaria è ancora in linea?».

«Sì. Al telefono c’è Lapointe, eccitatissimo. Vorrebbe fornirle dei dettagli. Ha verificato al Casellario giudiziale. È sicuro...».

«Digli che ci vediamo tra poco nel mio ufficio».

Nel racconto di Lucas questi particolari assumevano proporzioni quasi epiche.

«Per un attimo ho pensato che gli interessasse solo la bella ragazza distesa sul letto, che gli faceva delle moine con la vestaglia praticamente aperta...».

Lucas ebbe il tempo di scendere di nuovo e di andare in cucina a parlare con la signorina Clément. Anche lei era nervosa e piuttosto preoccupata.

«Cosa sta facendo? Che succede?».

Maigret lasciò la stanza della signorina Blanche soltanto quando nell’appartamento di fronte non ci fu più niente da vedere se non una donna supina che guardava verso di lui, e sulle cui guance indovinava le strisce lucenti delle lacrime.

Andò a salutare la signorina Clément, e lei notò che aveva la valigia in mano.

«Se ne va per davvero?».

«Tornerò a salutarla».

«L’inchiesta è finita? Ha scoperto il colpevole?».

Non le rispose direttamente.

«La ringrazio per le sue premure e la sua gentilezza».

Vedendo che il commissario guardava intorno a sé l’ambiente divenutogli così familiare, la donna proruppe in quella sua risata garrula che le scuoteva il petto abbondante.

«È sciocco, ma un po’ mi dispiace. Ormai mi ero abituata a lei e la consideravo già come uno dei miei inquilini».

Forse per farle piacere, Maigret mormorò:

«Anch’io».

Poi, rivolto a Lucas:

«Ci vediamo al Quai tra poco».

La signorina Clément lo seguì fino al portone e restò lì mentre lui attraversava la strada. La piccola auto nera della Prefettura era poco più in là, due edifici oltre il bistrot dell’alverniate.

Maigret esitò, poi si avvicinò al bancone.

«Se ne va?».

«Sì, mi dia un ultimo bicchiere di bianco».

Lo bevve, poi il padrone insistette per offrirgliene un altro. La padrona sbucò dalla cucina e volle che ne bevesse uno anche con lei. Come la signorina Clément, disse:

«Mi ero abituata a vederla qui...».

E come poco prima, lui rispose serio:

«Anch’io».

Lo guardarono allontanarsi; la cicciona era ancora sulla soglia di casa. Maigret aprì la portiera, spinse dentro la valigia e mormorò:

«Permette?».

Una volta sistemato sul sedile, ordinò all’autista della Polizia giudiziaria:

«Al Quai!».

L’omino grigio, seduto accanto a lui, si tolse educatamente il cappello e lo tenne sulle ginocchia per tutto il tragitto.

I due uomini non scambiarono una parola.

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