CAPITOLO SETTIMO: LA COPPIA A LUME DI CANDELA

 

L'ispettore salì in camera sua soltanto una mezz'ora più tardi. Sul tavolo, trovò un biglietto in codice morse che diceva:

"Questa sera verso le undici salga sul tetto, senza farsi vedere. Mi troverà lì. Non faccia rumore. Venga armato. Dica che sono andato a Brest e che le ho telefonato da lì. Non lasci l'albergo.

Maigret".

Un po'"prima delle undici Leroy si tolse le scarpe e le sostituì con un paio di pantofole di feltro che aveva comprato nel pomeriggio in vista di quella spedizione che molto lo impressionava.

Dopo il secondo piano le scale finivano, sostituite da una scaletta a pioli che portava ad una botola nel soffitto. Al di là di questa c'era un solaio attraversato da gelide correnti d'aria, dove l'ispettore si arrischiò ad accendere un fiammifero.

Qualche attimo dopo scavalcò la finestra dell'abbaino, ma non osò scendere subito sul cornicione.

Faceva un gran freddo. A contatto con le lastre di zinco le dita gelavano. E Leroy non si era messo il cappotto per timore che lo impacciasse nei movimenti.

Quando i suoi occhi si furono abituati all'oscurità, gli parve di distinguere una massa scura, tozza, simile a un enorme animale in agguato. Le sue narici riconobbero gli sbuffi della pipa. Emise un fischio leggero.

Un attimo dopo era rannicchiato sul cornicione accanto a Maigret. Non si vedevano né il mare né la città. Si trovavano sullo spiovente del tetto opposto al molo, sull'orlo di una fossa buia che altro non era se non il famoso vicolo attraverso il quale era scappato il vagabondo dai piedi enormi.

Tutte le superfici erano irregolari. C'erano tetti bassissimi e altri proprio all'altezza dei due uomini.

Qua e là si vedevano delle finestre illuminate. Dove c'erano le tende, sembrava di assistere a uno spettacolo di ombre cinesi. In una camera, lontano, una donna lavava un bambino piccolo in una bacinella smaltata.

La mole imponente del commissario si mosse, o meglio strisciò, finché la sua bocca non fu incollata all'orecchio del compagno.

"Attento! Non faccia movimenti bruschi. Il cornicione non tiene, e sotto di noi c'è un pezzo di grondaia che minaccia di staccarsi da un momento all'altro facendo un gran fracasso... I giornalisti?".

"Sono giù, tranne uno che la cerca a Brest, convinto che lei stia seguendo la pista Goyard...".

"Emma?".

"Non so... Non ci ho fatto caso... È stata lei a servirmi il caffè dopo cena".

Era sconcertante trovarsi così, all'insaputa di tutti, sopra una casa piena di vita, di gente che andava e veniva al caldo, alla luce, e non era costretta a parlare a bassa voce.

"Bene... Si volti piano piano verso l'edificio in vendita... Piano!...".

Era la seconda casa a destra, una delle poche alte quanto l'albergo. Era completamente immersa nel buio, eppure l'ispettore ebbe l'impressione che un barlume di luce si riflettesse su un vetro senza tende al secondo piano.

A poco a poco, si accorse che non si trattava di un riflesso dall'esterno, ma di una fioca luce proveniente dall'interno. Continuando a fissare lo stesso punto nello spazio, vedeva delinearsi a poco a poco delle cose.

Un parquet tirato a cera... Una candela consumata a metà, con la fiammella dritta, circondata da un alone...

"È là!" esclamò all'improvviso, alzando suo malgrado la voce.

"Zitto!... Sì...".

Qualcuno era sdraiato sul pavimento, con una metà del corpo nella zona illuminata dalla candela e l'altra metà nell'ombra. Si vedeva una scarpa enorme, un largo torace modellato da una maglia da marinaio.

Leroy sapeva che c'era un agente di guardia in fondo al vicolo, un altro nella piazza e un altro ancora che andava avanti e indietro sul molo.

"Vuole arrestarlo?...".

"Non so. Dorme da tre ore".

"È armato?".

"Questa mattina non lo era...".

Si percepivano a stento le parole pronunciate.

Era un mormorio indistinto, che si confondeva con il respiro.

"Che cosa aspettiamo?".

"Lo ignoro... Vorrei proprio sapere perché, braccato com'è ed addormentato, tiene accesa una candela... Attento!...".

Sul muro di fronte a loro era apparso un quadrato giallo.

"Si è accesa la luce nella camera di Emma, proprio sotto di noi... È il riflesso...".

"Ha cenato, commissario?...".

"Mi ero portato pane e salame... Ha freddo?...".

Erano tutti e due gelati. Nel cielo, vedevano passare a intervalli regolari il fascio luminoso del faro.

"Ha spento...".

"Sì... Zitto!...".

Ci furono cinque minuti di silenzio, di cupa attesa.

Poi la mano di Leroy cercò quella di Maigret e la strinse in un gesto d'intesa.

"Guardi giù...".

"Ho visto...".

Un'ombra passava sul muro intonacato a calce che separava il giardino della casa vuota dal vicolo.

"Sta andando da lui..." disse in un soffio Leroy, che non riusciva a rassegnarsi al silenzio.

Accanto alla sua candela, l'uomo continuava a dormire. Nel giardino si udirono frusciare le foglie di un ribes. Un gatto fuggì lungo una grondaia.

"Non ha per caso un accendino con lo stoppino a esca?".

Maigret non osava riaccendere la pipa. Esitò a lungo. Finì per farsi schermo con la giacca del collega e sfregò con forza un fiammifero mentre l'ispettore fiutava di nuovo l'odore caldo del tabacco.

"Guardi!...".

Non dissero più nulla. L'uomo si era alzato con un movimento così brusco da rovesciare quasi la candela. Indietreggiava nell'ombra, mentre la porta si apriva ed Emma appariva in piena luce, esitante, con un'aria così abbattuta da dare l'impressione che si sentisse colpevole.

Aveva qualcosa sotto il braccio: una bottiglia e un pacco che posò per terra. La carta si aprì, lasciando intravedere un pollo arrosto.

Emma parlava. Le sue labbra si muovevano. Diceva appena qualche parola, umilmente, tristemente.

Ma il suo compagno era fuori dal campo visivo dei poliziotti.

Non stava piangendo, adesso, Emma? Portava il vestito nero da cameriera e la cuffia bretone. Si era tolta soltanto il grembiule bianco e questo la faceva sembrare più sfiorita del solito.

Sì! Parlava e piangeva... Con lunghe pause fra una parola e l'altra. Tant'è che a un tratto si appoggiò allo stipite della porta, nascondendo il viso dentro il braccio piegato. La schiena sussultava ritmicamente.

All'improvviso l'uomo fece un passo avanti, oscurando quasi completamente il rettangolo della finestra, poi liberò la visuale avanzando verso il fondo della stanza. La sua enorme mano si abbatté sulla spalla della ragazza, dandole un colpo tale che Emma girò su se stessa, fu sul punto di cadere, mostrò una povera faccia livida, le labbra gonfie di pianto.

Ma la scena era imprecisa e sfumata come un film proiettato con le luci di sala accese. E mancava qualcosa: i rumori, le voci...

Proprio come al cinema: un film senza musica.

Adesso parlava l'uomo. Probabilmente a voce alta.

Era una specie di orso. La testa incassata nelle spalle, il torace stretto nella maglia che metteva in evidenza i pettorali, i capelli rasati come quelli di un galeotto, i pugni sui fianchi, gridava rimproveri, o ingiurie, o forse minacce.

Sembrava pronto a picchiare. Al punto che Leroy cercò di nuovo di toccare Maigret, come per rassicurarsi.

Emma continuava a piangere. La sua cuffia, adesso, era tutta storta. La crocchia si era disfatta. Da qualche parte una finestra si chiuse e per un momento attirò l'attenzione dei due.

"Commissario... non dovremmo...".

L'odore del tabacco avvolgeva i due uomini e dava loro un'illusione di tepore.

Perché Emma giungeva le mani?... Aveva ricominciato a parlare... Il suo viso era stravolto da una confusa espressione di paura, preghiera e dolore.

L'ispettore Leroy sentì che Maigret caricava la rivoltella.

Fra loro e quei due nella stanza c'erano solo quindici, forse venti metri. Un colpo secco, un vetro in frantumi, e il colosso sarebbe stato messo fuori combattimento.

Ora camminava adagio su e giù per la stanza, con le mani dietro la schiena. Sembrava più basso, più massiccio. Inciampò nel pollo, fu lì lì per scivolare e con un calcio rabbioso scagliò il pacco disfatto nell'ombra.

Emma guardò da quella parte.

Che cosa potevano dirsi quei due? Qual era il Leitmotiv di quel drammatico dialogo?

Sembrava che l'uomo continuasse a ripetere sempre le stesse parole! Ma era come se le ripetesse ora più fiaccamente...

Emma cadde in ginocchio, o meglio si gettò per terra al suo passaggio e tese le braccia verso di lui.

L'altro fece finta di non vederla, la evitò, e lei non fu più in ginocchio, ma quasi distesa, con un braccio proteso in un gesto implorante.

L'uomo continuava a passare dalla luce all'ombra.

Ad un certo punto andò a piantarsi davanti alla ragazza supplichevole, guardandola dall'alto in basso.

Poi riprese a camminare, si avvicinò, si allontanò di nuovo, e allora lei non ebbe più la forza, o il coraggio, di protendere il braccio verso di lui, di supplicarlo. Si lasciò andare lunga distesa sul pavimento.

La bottiglia di vino era a meno di venti centimetri dalla sua mano.

Accadde all'improvviso. Il vagabondo si chinò, o piuttosto abbassò una delle sue manacce, afferrò il vestito all'altezza della spalla e, con un solo movimento, rimise in piedi Emma. Lo fece con tanta brutalità che lei vacillò quando lui mollò la presa.

Eppure, sul suo viso disfatto si leggeva una speranza...

I capelli si erano sciolti. La cuffia bianca era per terra.

L'uomo camminava. Per due volte passò, senza fermarsi, davanti alla ragazza, che lo guardava smarrita.

La terza volta, la prese fra le braccia e se la strinse al petto rovesciandole la testa all'indietro. E ingordamente incollò le labbra a quelle di lei.

Adesso si vedeva soltanto la schiena dell'uomo, una schiena disumana, con una piccola mano di donna aggrappata alla spalla.

Pur senza staccare la bocca dalla bocca di lei, il bestione continuava ad accarezzarle i capelli sciolti con le sue enormi mani, ad accarezzarli come se volesse distruggere quella donna, come se volesse schiacciarla ð o meglio: incorporarla a sé.

"Questa poi!..." articolò, sgomenta, la voce dell'ispettore.

Invece Maigret era stato talmente commosso da quella scena che, per reazione, quasi scoppiò a ridere.

Da quanto tempo Emma era lì? Un quarto d'ora?

L'abbraccio si era sciolto. La candela si sarebbe consumata nel giro di cinque minuti. L'atmosfera si era distesa in modo quasi visibile.

Sembrava addirittura che la ragazza stesse ridendo...

Doveva aver trovato da qualche parte un pezzo di specchio. Adesso la si vedeva, in piena luce, avvolgere i lunghi capelli, fissarli con una forcina, cercarne per terra un'altra che aveva perso e tenerla in bocca mentre si metteva in testa la cuffia.

Era quasi bella. Anzi, era bella! Tutto in lei era commovente, persino i fianchi magri, la gonna nera, gli occhi arrossati. L'uomo aveva raccolto il pollo da terra. E, senza perderla di vista, lo mordeva con appetito, facendo crocchiare le ossa e strappando brandelli di carne.

Cercò un coltello in tasca e, non trovandolo, spezzò il collo alla bottiglia battendola contro il tacco.

Bevve. Ne offrì a Emma, che tentò di rifiutare ridendo. Aveva forse paura del vetro rotto? Lui però la costrinse ad aprire la bocca e ci versò piano piano il liquido.

Lei soffocò, tossì. Allora lui la prese per le spalle, la baciò ancora, ma non più sulla bocca. La baciava con allegria, le dava piccoli baci sulle guance, sugli occhi, sulla fronte e perfino sulla cuffia di pizzo.

Lei era pronta. Lui andò a incollare il viso alla finestra e ancora una volta riempì quasi per intero il rettangolo di luce. Quando si girò, spense la candela.

L'ispettore Leroy era agitato.

"Escono insieme...".

"Sì...".

"Si faranno prendere...".

Nel giardino, la pianta di ribes ondeggiò. Poi una sagoma venne issata in cima al muro. Emma si ritrovò nel vicoletto e aspettò il suo innamorato.

"Seguili, ma da lontano... E soprattutto, che in nessun momento si accorgano di te!... Mi darai notizie quando potrai...".

Maigret aiutò l'ispettore a issarsi lungo le lastre di ardesia fino all'abbaino come il vagabondo aveva fatto con la sua compagna. Poi si chinò a guardare nel vicolo: da lì sopra le due figure erano ormai soltanto due teste.

Esitavano. Bisbigliavano. Poi la ragazza trascinò l'uomo in una specie di rimessa nella quale scomparvero, perché la porta era chiusa soltanto con un chiavistello.

Era la rimessa del negoziante di cordami. Comunicava con il negozio, dove a quell'ora non c'era nessuno. Bastava forzare una serratura, poi la coppia avrebbe raggiunto il molo.

Ma Leroy sarebbe stato là prima di loro.

Appena sceso dalla scaletta del solaio, il commissario capì che stava succedendo qualcosa di strano.

Sentì un brusio nell'albergo. Giù, il telefono squillava in mezzo a scoppi di voci.

Si sentiva anche la voce di Leroy: doveva essere lui che parlava al telefono, perché il tono era molto alto.

Maigret si precipitò giù dalle scale, arrivò al pianterreno, andò a sbattere contro un giornalista.

"Allora?...".

"Un altro tentato omicidio, un quarto d'ora fa...

In città... Il ferito è stato trasportato in farmacia...".

Il commissario invece corse subito al molo, e vide un agente che correva impugnando la rivoltella.

Raramente il cielo era stato così nero. Maigret raggiunse l'uomo.

"Che succede?...".

"Una coppia è appena uscita dal negozio... Ero di guardia proprio lì davanti... L'uomo mi è quasi caduto fra le braccia... Non vale più la pena di correre...

Devono essere lontani!".

"Si spieghi!".

"Sentivo dei rumori nel negozio, dove non c'era luce... Aspettavo, con l'arma in pugno... La porta si è aperta... È uscito un tizio... Ma non ho avuto il tempo di prendere la mira... Mi ha dato un pugno in faccia così forte che sono caduto a terra... La rivoltella mi è scivolata di mano... Avevo una sola paura, che lui la prendesse... E invece no!... È andato a prendere una donna che lo aspettava sulla porta...

Lei non riusciva a correre... Lui allora l'ha presa in braccio... Il tempo di rialzarmi, commissario...

Un pugno come quello... Guardi qua!... Sanguino...

Hanno costeggiato il molo... Devono aver fatto il giro della darsena... Da quella parte ci sono un sacco di viuzze, poi la campagna...".

L'agente si tamponava il naso con il fazzoletto.

"Poteva uccidermi come niente!... Ha un pugno che sembra un martello...".

Dall'albergo, che aveva le finestre illuminate, continuavano a giungere scoppi di voce. Maigret lasciò l'agente, svoltò l'angolo e si trovò davanti la farmacia: le imposte erano chiuse, ma dalla porta aperta usciva un fiotto di luce.

Una ventina di persone si accalcavano davanti a quella porta. Il commissario si fece largo a gomitate.

Nel laboratorio un uomo disteso per terra gemeva con ritmo cadenzato fissando il soffitto.

La moglie del farmacista, in camicia da notte, faceva più rumore di tutti gli altri messi insieme.

E lo stesso farmacista, che si era infilato una giacca sul pigiama, aveva perso la testa, maneggiava delle fiale, strappava grossi pacchi di cotone idrofilo.

"Chi è?" chiese Maigret.

Non aspettò la risposta, perché aveva riconosciuto la divisa da doganiere, alla quale avevano lacerato una gamba dei pantaloni. E adesso riconosceva anche il viso.

Si trattava del doganiere che, il venerdì precedente, era di guardia nel porto e aveva assistito da lontano al dramma di cui era stato vittima Mostaguen.

Arrivò un dottore, tutto affannato. Guardò il ferito, poi Maigret, e sbottò:

"Che altro succede adesso?...".

Per terra colava un po'"di sangue. Il farmacista aveva lavato la gamba del doganiere con l'acqua ossigenata, che ora formava chiazze di schiuma rosa.

Fuori un uomo raccontava, forse per la decima volta, con una voce non per questo meno ansimante:

"Ero a letto con mia moglie quando ho sentito un rumore simile a uno sparo, seguito da un grido...

Poi più niente per cinque minuti circa!... Non osavo riaddormentarmi... Mia moglie voleva che andassi a vedere... Allora abbiamo sentito dei gemiti che sembravano provenire dal marciapiede, proprio davanti alla nostra porta... L'ho aperta... Ero armato... Ho visto una sagoma scura... Ho riconosciuto la divisa...

Mi sono messo a gridare per svegliare i vicini, e il fruttivendolo, che ha l'automobile, mi ha aiutato a portare qui il ferito...".

"A che ora ha sentito lo sparo?".

"Giusto mezz'ora fa...".

Proprio nel momento più commovente della scena fra Emma e l'uomo delle impronte!

"Dove abita?".

"Sono il velaio... Lei sarà passato una decina di volte davanti a casa mia!... A destra del porto...

Oltre il mercato del pesce... Casa mia fa angolo tra il porto e una stradina... Dopo, le costruzioni si diradano e ci sono soltanto ville...".

Quattro uomini trasportarono il ferito in una stanza in fondo e lo distesero su un divano. Il dottore dava ordini. Fuori si sentì la voce del sindaco che chiedeva:

"È qui il commissario?...".

Maigret gli andò incontro con le mani sprofondate nelle tasche.

"Ammetterà, commissario...".

Ma lo sguardo del suo interlocutore era così freddo che per un istante il sindaco si confuse.

"È stato il nostro uomo, non è vero?".

"No!".

"Come lo sa?".

"Lo so perché, nel momento in cui veniva commesso il fatto, lo vedevo più o meno bene come ora vedo lei...".

"E non l'ha arrestato?".

"No!".

"Mi hanno anche detto che è stato aggredito un agente...".

"Esatto".

"Ma si rende conto delle ripercussioni che simili vicende possono avere?... Insomma! Da quando lei è qui...".

Maigret aveva staccato la cornetta del telefono.

"Mi passi la gendarmeria, signorina... Sì... Grazie...

Pronto! Gendarmeria?... È lei, brigadiere?

Parla il commissario Maigret... Il dottor Michoux è sempre lì, vero?... Come dice?... Sì, vada a controllare lo stesso... Come?... C'è un uomo di guardia nel cortile?... Benissimo... Aspetto...".

"Lei crede che sia stato il dottore a...?".

"Assolutamente no! Io non credo mai niente, signor sindaco!... Pronto!... Sì!... Non si è mosso?...

Grazie... Sta dormendo?... Molto bene... Pronto!

No! Niente di particolare...".

Dalla stanza in fondo arrivavano dei gemiti, e ben presto si sentì una voce chiamare:

"Commissario...".

Era il medico, che si asciugava in una salvietta le mani ancora insaponate.

"Può interrogarlo... La pallottola ha soltanto sfiorato il polpaccio... Ha avuto più paura che male...

Bisogna anche dire però che l'emorragia è stata piuttosto forte...".

Il doganiere aveva le lacrime agli occhi. Arrossì quando il dottore aggiunse:

"Era terrorizzato perché credeva che gli sarebbe stata amputata la gamba... E invece fra otto giorni non si vedrà più niente!...".

Il sindaco era in piedi nel vano della porta.

"Mi racconti com'è successo!" disse piano Maigret, sedendosi sul bordo del divano. "Non abbia paura... Ha sentito quello che ha detto il dottore...".

"Non lo so...".

"E cioè?".

"Oggi finivo il mio turno di guardia alle dieci...

Abito poco lontano dal posto dove sono stato ferito...".

"Allora non è tornato subito a casa?".

"No! Ho visto le luci ancora accese al Café de l'Amiral...

Mi è venuta voglia di sapere a che punto stavano le cose... Le giuro che la gamba mi brucia!...".

"Ma no! Ma no!" disse il medico.

"Ma se le dico che... Va bene!... Se è vero che non è nulla!... Al caffè ho preso una birra... C'erano soltanto dei giornalisti e non ho osato fare domande...".

"Chi l'ha servita?...".

"Una cameriera, credo... Non ho visto Emma".

"E poi?...".

"Ho deciso di tornare a casa... Sono passato davanti al posto di guardia, dove ho acceso una sigaretta con la pipa del mio collega... Ho costeggiato i moli... Ho girato a destra... Non c'era nessuno... Il mare era abbastanza bello... All'improvviso, appena passato l'angolo di una strada, ho provato un dolore alla gamba, ancor prima di sentire il rumore di uno sparo... È stato come se un mattone mi avesse preso in pieno il polpaccio... Sono caduto... Ho cercato di rialzarmi... Qualcuno correva... Con la mano ho sentito un liquido caldo e, non so bene come, sono svenuto... Ho creduto di morire...

"Quando mi sono riavuto, ho visto il fruttivendolo all'angolo che apriva la porta e non osava venire avanti... È tutto quello che so".

"Non ha visto la persona che ha sparato?...".

"Non ho visto nulla... Non è mica come uno si immagina... Il tempo di cadere... E soprattutto, quando ho ritirato la mano piena di sangue...".

"Ha dei nemici, che lei sappia?".

"Figuriamoci!... Sono qui soltanto da due anni...

Sono originario dell'interno del paese... E non mi è mai capitato di incontrare dei contrabbandieri...".

"Fa sempre questa strada per tornare a casa?".

"No!... È la più lunga... Ma non avevo fiammiferi e sono andato al posto di guardia proprio per accendermi la sigaretta... Così, anziché attraversare la città, ho costeggiato i moli...".

"La strada è più corta passando per la città?".

"Un po'...".

"Sicché uno che l'avesse vista uscire dal caffè e dirigersi verso i moli avrebbe avuto il tempo di appostarsi?...".

"Certamente... Ma a che scopo?... Non porto mai soldi con me... Non hanno cercato di derubarmi...".

"Lei è sicuro, commissario, di aver tenuto d'occhio il suo vagabondo per tutta la sera?...".

Nella voce del sindaco c'era un che di stridulo.

Leroy entrò con un foglio in mano.

"Un telegramma che l'ufficio postale ha appena trasmesso all'albergo... Viene da Parigi...".

E Maigret lesse:

"Pubblica Sicurezza a commissario Maigret, Concarneau. Jean Goyard, detto Servières, di cui avete inviato dati segnaletici, arrestato lunedì sera ore otto Hôtel Bellevue, rue Lepic, Parigi, mentre si sistemava nella camera 15. Ha confessato essere arrivato da Brest con treno ore sei. Si dichiara innocente e chiede essere interrogato nel merito in presenza avvocato. Aspettiamo istruzioni".