CAPITOLO SESTO: UN VIGLIACCO
"Lei è superstizioso, commissario?".
Maigret, a cavalcioni della sedia, con i gomiti sulla spalliera, abbozzò una smorfia che poteva significare tutto e niente. Il dottore non si era seduto.
"Credo che in fondo lo siamo un po'"tutti in certe circostanze o, se preferisce, quando veniamo presi di mira...".
Tossì nel fazzoletto, lo guardò con inquietudine, poi proseguì:
"Otto giorni fa le avrei risposto che non credevo agli oracoli... E invece!... Sono passati cinque anni da quando è successo... Cenavo con alcuni amici in casa di un'attrice parigina... Al momento del caffè qualcuno propose di leggerci le carte... Bè, lo sa che cosa mi è stato predetto?... Noti bene che ho riso!...
Ho riso, tanto più che non era il solito ritornello: dama bionda, signore anziano che ti vuole bene, lettera che arriva da lontano e così via.
"A me è stato detto: "Lei morirà di una brutta morte... Una morte violenta... Diffidi dei cani gialli"...".
Ernest Michoux non aveva ancora guardato in faccia il commissario, sul quale adesso posò per un attimo lo sguardo. Maigret era impassibile. Anzi, imponente sulla sua seggiolina, sembrava la statua dell'impassibilità.
"Non le sembra curioso?... Per anni non ho sentito parlare di cani gialli... Venerdì scoppia un dramma...
La vittima è un mio amico... Avrei potuto benissimo essere io a mettermi al riparo di quella porta, esattamente come lui, e venire colpito dalla pallottola...
Ed ecco entrare in scena un cane giallo!
"Un altro amico scompare in circostanze misteriose...
E il cane giallo è ancora lì!...
"Ieri, è la volta di Le Pommeret... Il cane giallo!...
E lei vorrebbe che io non fossi impressionato?...".
Non aveva mai parlato così tanto tutto d'un fiato, e a mano a mano che andava avanti si rinfrancava.
Come unico segno di incoraggiamento, il commissario sospirò:
"Eh, certo...".
"Non è sconvolgente?... Mi rendo conto che le sono sembrato un vigliacco... Ebbene, sì! Ho avuto paura... Una paura vaga, che mi ha preso alla gola fin dal primo dramma, e sempre più da quando è comparso il cane giallo...".
Misurava la cella a piccoli passi, guardando per terra. Il suo viso si animava.
"Sono stato sul punto di chiedere la sua protezione, ma ho avuto paura che mi trovasse ridicolo... E ancor più ho temuto il suo disprezzo... Perché gli uomini forti disprezzano i vigliacchi...".
La sua voce era diventata stridula.
"E va bene, commissario, ammetto di essere un vigliacco!... Sono quattro giorni che ho paura, quattro giorni che sto male dalla paura... Non è colpa mia!... Ho studiato medicina abbastanza per rendermi esattamente conto del mio caso...
"Quando sono nato hanno dovuto mettermi nell'incubatrice... Da piccolo ho collezionato tutte le malattie infantili...
"Poi, quando è scoppiata la guerra, dei medici che esaminavano cinquecento uomini al giorno mi hanno dichiarato abile e spedito al fronte... Ora, non soltanto avevo i polmoni malandati, con cicatrici di vecchie lesioni, ma due anni prima mi avevano tolto un rene...
"Ho avuto paura!... Paura da impazzire!... Alcuni infermieri mi hanno tirato fuori da una buca dov'ero finito dopo lo scoppio di una granata... E finalmente si sono accorti che non ero idoneo al servizio militare...
"Quello che le racconto forse non è bello... Ma io l'ho osservata. Ho l'impressione che lei sia in grado di capire...
"È facile per i forti disprezzare i vigliacchi... Ma se solo cercassero di individuare le cause profonde della vigliaccheria...
"Vede, io ho capito che lei guardava senza simpatia il nostro gruppo del Café de l'Amiral. Le hanno detto che mi occupavo di vendita di terreni... Figlio di un ex deputato... Dottore in medicina... E quelle serate intorno al tavolo di un caffè in compagnia di altri falliti come me...
"Ma che cosa avrei potuto fare?... I miei genitori spendevano molto pur non essendo ricchi... A Parigi succede spesso... Sono cresciuto nel lusso... La villeggiatura nei posti più eleganti... Poi mio padre è morto e mia madre ha cominciato a fare piccole operazioni in Borsa, a brigare, sempre gran signora come prima, e altrettanto orgogliosa, ma assillata dai creditori...
"L'ho aiutata! Era l'unica cosa di cui fossi capace!
Questi terreni... Niente di prestigioso... E la vita qui... Notabili di paese!... Ma con qualcosa di poco solido...
"Da tre giorni lei mi osserva e io ho voglia di parlarle a cuore aperto... Sono stato sposato... Mia moglie ha chiesto il divorzio perché voleva un uomo animato da ambizioni più elevate...
"Mi manca un rene... Passo tre o quattro giorni alla settimana a trascinarmi, malato e stanco, dal letto alla poltrona...".
Si sedette spossato:
"Emma deve averle detto che sono stato il suo amante... Stupidamente, sa? Solo perché certe volte si ha bisogno di una donna... Queste cose non si possono spiegare a tutti...
"Al Café de l'Amiral avrei forse finito per diventare pazzo... Il cane giallo... Servières che sparisce...
Le macchie di sangue nella sua macchina... E soprattutto quella brutta morte di Le Pommeret...
"Perché lui?... Perché non io?... Due ore prima eravamo insieme, allo stesso tavolo, davanti agli stessi bicchieri... E io avevo il presentimento che se fossi uscito dall'albergo sarebbe toccata a me... Poi ho sentito che il cerchio si stringeva, che anche in albergo, anche chiuso nella mia camera, su di me pesava una minaccia...
"Ho avuto un sussulto di gioia quando ho visto che firmava il mio mandato d'arresto... Eppure...".
Guardò i muri attorno a sé, la finestra con le tre sbarre di ferro che dava sul cortile.
"Bisognerà che cambi posto alla branda, che la spinga in quell'angolo... Ma come, sì, come hanno potuto parlarmi di un cane giallo cinque anni fa, quando certamente quel cane non era ancora nato?...
Ho paura, commissario! Le confesso, le giuro che ho paura!... Non m'importa di quello che penserà la gente quando saprà che sono in prigione...
Io non voglio morire!... Ma qualcuno mi spia, qualcuno che non conosco, che ha già ucciso Le Pommeret, che senza dubbio ha ucciso anche Goyard, che ha sparato su Mostaguen... Perché?... Me lo dica!...
Perché?... Un pazzo, probabilmente... E non sono ancora riusciti a farlo fuori!... È libero!... Forse si aggira attorno a noi... Sa che sono qui... Verrà, con il suo orribile cane che ha uno sguardo umano...".
Maigret si alzò lentamente e batté la pipa contro il tacco. Il dottore ripeté con voce lamentosa:
"So di darle l'impressione di un vigliacco... Sono sicuro, vede, che questa notte soffrirò come un dannato a causa del rene...".
Maigret se ne stava piantato là come l'antitesi stessa del detenuto, l'antitesi dell'agitazione, della febbre, della malattia, l'antitesi di quel terrore morboso e ripugnante.
"Vuole che le mandi un medico?...".
"No!... Se sapessi che deve venire qualcuno, avrei ancora più paura. Mi aspetterei che venisse lui, l'uomo del cane, il pazzo, l'assassino...".
Ancora un po'"e batteva i denti.
"Pensa che riuscirete ad arrestarlo? Che l'ammazzerete come un animale rabbioso?... Perché lui è rabbioso!... Non si uccide così, senza ragione...".
Ancora tre minuti e avrebbe avuto una crisi di nervi. Maigret preferì uscire, mentre il prigioniero lo seguiva con lo sguardo, tenendo il capo incassato nelle spalle, le palpebre arrossate.
"Mi ha capito bene, brigadiere?... Che nessuno entri nella sua cella tranne lei, che gli porterà da mangiare e tutto quello che chiederà... E non lasci in giro niente che gli possa servire per uccidersi...
Gli tolga i lacci delle scarpe e la cravatta... Faccia sorvegliare il cortile giorno e notte... Dei riguardi...
Molti riguardi...".
"Un uomo così distinto!" sospirò il brigadiere della gendarmeria. "Crede che sia lui...?".
"La prossima vittima? Sì!... Sarà lei a rispondere della sua incolumità!...".
E Maigret si avviò per la strada stretta, sguazzando nelle pozzanghere. Ormai tutta la città lo conosceva.
Al suo passaggio le tendine alle finestre avevano un fremito, e i ragazzini smettevano di giocare per guardarlo con timoroso rispetto.
Attraversava il ponte levatoio che collega la città vecchia a quella nuova quando incontrò l'ispettore Leroy che lo stava cercando.
"Novità?... Non avranno messo le mani sul mio orso, almeno?".
"Quale orso?".
"L'uomo dai piedi enormi...".
"No! Il sindaco ha dato ordine di interrompere le ricerche, che mettevano tutti in agitazione. Ha lasciato qualche agente di guardia nei punti strategici...
Ma non è di questo che le voglio parlare... È del giornalista, Goyard, detto Jean Servières... Un commesso viaggiatore che lo conosce ed è appena arrivato sostiene di averlo incontrato ieri a Brest...
Goyard ha fatto finta di non vederlo e ha girato la testa dall'altra parte...".
L'ispettore si stupì della calma con cui Maigret accolse quella notizia.
"Il sindaco è convinto che il commesso viaggiatore si sia sbagliato... Di uomini piccoli e grassi ce ne sono molti in giro... E sa che cosa gli ho sentito dire al vicesindaco, a bassa voce, ma forse con la speranza che io sentissi?... Queste testuali parole: "Vedrà che adesso il commissario si lancerà su questa falsa pista, partirà per Brest e ci lascerà il vero assassino sul groppone!..."".
Maigret fece una ventina di passi in silenzio. In piazza smontavano le bancarelle del mercato.
"Sono stato sul punto di rispondergli che...".
"Che cosa?...".
Leroy arrossì e girò la testa dall'altra parte.
"Appunto! Non lo so... Anch'io ho avuto l'impressione che lei non attribuisse grande importanza alla cattura del vagabondo...".
"Come sta Mostaguen?".
"Meglio. Non si spiega l'aggressione di cui è stato vittima... Ha chiesto scusa alla moglie... Scusa per essere rimasto al caffè fino a tardi!... Scusa per essersi mezzo ubriacato!... Ha giurato piangendo che non berrà più una goccia d'alcol...".
Maigret si era fermato di fronte al porto, a cinquanta metri dall’Hôtel de l'Amiral. Qualche barca rientrava, ammainava la vela scura facendo il giro del molo e avanzava lentamente a remi.
Il riflusso della marea scopriva, ai piedi delle mura della città vecchia, banchi di melma in cui erano come incastonate vecchie pentole ed immondizie.
Dietro la volta uniforme delle nuvole si indovinava il sole.
"E la sua impressione, Leroy?...".
L'ispettore si confuse ancor di più.
"Non so... Mi sembra che se noi prendessimo quell'uomo... Intanto il cane giallo è di nuovo sparito...
Che cosa ci faceva nella villa del dottore?...
Dovevano esserci dei veleni... Ne deduco...".
"Naturalmente!... Fatto sta che io non deduco mai...".
"Sarei comunque curioso di vedere il vagabondo da vicino... A giudicare dalle impronte, dev'essere un colosso...".
"Appunto!...".
"Che cosa intende dire?...".
"Niente!...".
Maigret non si muoveva, sembrava in estasi di fronte al panorama del piccolo porto: a sinistra la punta del Cabélou con il suo bosco di abeti e le sporgenze rocciose, la meda rossa e nera e le boe scarlatte a segnalare il passaggio fino alle isole Glénan, che la foschia non permetteva di vedere.
L'ispettore aveva ancora parecchie cose da dire.
"Ho telefonato a Parigi per avere informazioni su Goyard, che ci ha vissuto a lungo...".
Maigret lo guardò con affettuosa ironia e Leroy, punto sul vivo, snocciolò rapido:
"Le informazioni sono ottime o pessime, dipende dai punti di vista... Ho parlato con un ex brigadiere della Buoncostume che l'ha conosciuto di persona...
Pare che abbia vivacchiato a lungo ai margini del giornalismo... Prima cronista mondano... Poi segretario di un piccolo teatro... Poi direttore di un cabaret a Montmartre... Due fallimenti... Per due anni è caporedattore di un foglio di provincia, a Nevers, credo... Poi dirige un locale notturno...
"Uno che sa stare a galla"... Così lo ha definito il brigadiere... È vero che ha aggiunto: "Un brav'uomo; quando si è reso conto che alla fin fine sarebbe riuscito soltanto a mangiarsi i suoi quattro soldi e a procurarsi rogne, ha preferito rituffarsi nella provincia"".
"E allora?".
"Allora mi chiedo perché abbia finto questa aggressione... Sa, sono tornato a guardare la macchina: ci sono macchie di sangue, macchie vere... E se è stato aggredito, perché non dare segni di vita, se è vero che adesso se ne va a passeggio per Brest?...".
"Benissimo!...".
L'ispettore scrutò il volto di Maigret per capire se scherzasse. Ma no! Il commissario fissava con uno sguardo meditativo una chiazza di sole che appariva in lontananza sul mare.
"Quanto a Le Pommeret...".
"Ha qualche informazione confidenziale?".
"Suo fratello è venuto all'albergo per parlare con lei... Ma non aveva il tempo di aspettare... Mi ha detto peste e corna del morto... A suo modo di vedere, aveva una grave colpa: era un fannullone...
Due passioni: le donne e la caccia... E in più la mania di accumulare debiti e di fare il gran signore...
Un dettaglio fra gli altri: il fratello, che a occhio e croce è il più grande industriale del luogo, mi ha detto:
""Io mi accontento di vestirmi a Brest... Non sono vestiti lussuosi, ma sono resistenti e comodi...
Yves andava a farsi fare gli abiti a Parigi... E le scarpe dovevano essere firmate da un calzolaio di grido!...
Nemmeno mia moglie porta scarpe fatte su misura..."".
"Esilarante!..." disse Maigret, provocando lo stupore, se non addirittura l'indignazione, del collega.
"Magnifico, se preferisce! Secondo la sua espressione di poco fa, stiamo facendo un vero e proprio tuffo nella vita di provincia! È l'ottava meraviglia!
Sapere se Le Pommeret portava scarpe di serie o su misura!... Sembra un dettaglio da nulla... E invece no: può anche non credermi, ma è quello il nodo del dramma... Andiamo a prendere l'aperitivo, Leroy!...
Come lo prendevano loro tutti i giorni... Al Café de l'Amiral!...".
L'ispettore guardò ancora una volta il superiore, chiedendosi se per caso non stesse prendendosi gioco di lui. Aveva sperato in qualche complimento per il lavoro svolto quel mattino e per le sue iniziative.
E invece Maigret non prendeva sul serio niente di tutto questo!
Ci fu lo stesso trambusto che c'è in una classe di liceo quando entra il professore e gli allievi ammutoliscono di colpo. Le conversazioni cessarono. I giornalisti si precipitarono incontro al commissario.
"Possiamo annunciare l'arresto del dottore? Ha confessato qualcosa?".
"Assolutamente nulla!...".
Maigret li scostava con la mano e gridava ad Emma:
"Da brava, portaci due pernod...".
"Ma insomma, se ha fatto arrestare Michoux...".
"Volete sapere la verità?...".
Erano tutti lì, armati di penna e taccuino, pronti a scrivere.
"Ebbene, di verità ancora non ce ne sono... Forse un giorno ce ne sarà una... O forse no...".
"Si dice che Jean Goyard...".
"... sia vivo! Tanto meglio per lui!".
"Intanto però c'è un uomo che si nasconde, al quale si dà invano la caccia...".
"Il che dimostra l'inferiorità del cacciatore rispetto alla preda!...".
E Maigret, trattenendo Emma per la manica, le disse a voce bassa:
"Fammi servire il pranzo in camera...".
Bevve il suo aperitivo tutto d'un fiato e si alzò.
"Vi do un buon consiglio, signori! Niente conclusioni premature! E soprattutto niente deduzioni...".
"Ma il colpevole?...".
Alzò le larghe spalle e bofonchiò:
"Chissà...".
Era già ai piedi delle scale. L'ispettore Leroy gli lanciò un'occhiata interrogativa.
"No, vecchio mio... Mangi in sala da pranzo... Ho bisogno di riposarmi...".
Si sentirono i suoi passi pesanti su per le scale.
Dieci minuti dopo Emma salì a sua volta con un vassoio di antipasti.
Poi la videro portare una cappa santa e un arrosto di vitello con contorno di spinaci.
Nella sala da pranzo la conversazione languiva.
Uno dei giornalisti fu chiamato al telefono e disse:
"Verso le quattro, sì!... Spero di darvi un articolo sensazionale... Non ancora!... Dovete aspettare...".
Leroy, seduto a un tavolo da solo, mangiava con i modi del ragazzo beneducato, asciugandosi ad ogni momento le labbra con l'angolo del tovagliolo.
Da fuori, la gente osservava la facciata del Café de l'Amiral con la vaga speranza che accadesse qualcosa.
Un agente era appostato all'angolo del vicolo dove era scomparso il vagabondo.
"C'è al telefono il signor sindaco che chiede del commissario Maigret!".
Tutto agitato, Leroy ordinò a Emma:
"Vada su ad avvisarlo...".
Ma la ragazza tornò annunciando:
"Non c'è più!...".
L'ispettore salì gli scalini a quattro a quattro, tornò giù pallidissimo, afferrò la cornetta.
"Pronto! Sì, signor sindaco!... Non so... Io... Io sono molto preoccupato... Il commissario è scomparso...
Pronto!... No! Non so dirle niente... Ha pranzato in camera sua... Non l'ho visto scendere...
Le telefonerò presto...".
E Leroy, che aveva ancora in mano il tovagliolo, se ne servì per asciugarsi la fronte.