QUINTA PARTE

 

 

1

Il 1938 è anche l'anno della catastrofe.

Le ultime speranze di Charlotte vanno in frantumi.

La attende una terribile umiliazione.

Ogni primavera, l'Accademia organizza un concorso.

Gli allievi devono realizzare un'opera inerente al tema proposto. È il momento più importante dell'anno.

Quello in cui si distribuiscono premi e riconoscimenti.

Ludwig Bartning ammira sempre di più il lavoro di Charlotte.

È felice di aver lottato per la sua ammissione.

Da qualche mese, la sua protetta fa enormi progressi.

Non è solo di un miglioramento tecnico.

Certo, il tratto si è affinato, si è precisato.

Ma è la disinvoltura di Charlotte a colpire Ludwig.

La ragazza sfrutta ogni esercitazione per allenare la sua voce. Originale, strana, poetica e anche febbrile.

Nel disegno, riesce a esprimere la sua personalità.

È un'energia che non si nota al primo sguardo.

La sua particolarità si nasconde, si annida tra i colori.

Ludwig ne è rapito.

Erano anni che non vedeva risultati del genere.

Nessuno lo sa.

Ma c'è un genio tra gli studenti.

 

Il concorso è sempre anonimo.

L'autore si scopre solo dopo la premiazione delle opere.

I professori sono riuniti attorno a un tavolo.

Votano un quadro all'unanimità.

Per una volta, la scelta è stata rapida.

Il momento è sempre eccitante.

Tutti fanno pronostici.

Azzardano qualche nome.

Ma la certezza non c'è mai.

Il vincitore ha confuso le acque.

Nessuno sa riconoscere la mano di un allievo.

Arriva il momento di dare un volto all'artista.

Il disegno è accompagnato da una busta.

Il professore che la apre ammutolisce.

Gli altri si protendono verso di lui: allora?

Guarda i colleghi, come per aumentare la suspense.

Poi fa il suo annuncio, con voce strozzata.

Il primo premio va a Charlotte Salomon.

Cala subito l'imbarazzo.

Non può ritirare il premio.

La cerimonia è troppo seguita.

La scuola sarebbe accusata di giudaizzazione.

Anche la vincitrice sarebbe troppo esposta. Diventerebbe un facile bersaglio.

E rischierebbe l'arresto.

Ludwig Bartning capisce la gravità della situazione. Qualcuno suggerisce di rivotare.

No, sarebbe un'ingiustizia.

Possiamo privarla del premio, ma non della vittoria. Sono le parole del suo ardente difensore.

Ludwig si batte per lei come può.

Sostenere Charlotte potrebbe essergli fatale.

Le voci girano.

 

Alla fine, il suo coraggio viene ricompensato.

E ottiene la convalida del premio.

Un'ora dopo, aspetta Charlotte nell'atrio.

Le fa cenno con la mano.

La ragazza si avvicina timidamente, come sempre.

Ludwig non sa da dove cominciare.

Dovrebbe essere un momento di gioia.

Ma ha l'aria sconfitta.

Le annuncia la vittoria.

Ma non le lascia il tempo di esultare.

Ridimensiona la notizia comunicandole la decisione collegiale.

Non potrà andare a ritirare il premio.

Charlotte è scossa da sentimenti contraddittori.

Gioia da un lato, dolore dall'altro.

Sa di non potersi esporre.

Sono due anni che vive come un'ombra.

Ma quella è una vera ingiustizia.

Ludwig le spiega che la vittoria è sua.

Ma che sarà qualcun altro a ritirare il premio.

Chi? domanda Charlotte.

Non lo so, risponde l'uomo.

Barbara.

È la proposta di Charlotte.

Barbara.

Sei sicura? chiede Ludwig.

Certo.

E perché proprio lei?

Barbara ha già tutto, è naturale che abbia sempre di più, risponde Charlotte.

Tre giorni dopo, Barbara è sul palco.

Tre giorni di lacrime per Charlotte.

La bionda trionfatrice è tutta un sorriso.

 

Accetta un premio che non è suo.

Senza alcun imbarazzo.

Anzi, sembra convinta di essere davvero lei la vincitrice.

Ringrazia parenti e amici.

Dovrebbe ringraziare anche il suo paese, pensa Charlotte.

Che osserva umiliata quella buffonata.

Nel bel mezzo della cerimonia, scappa.

Ludwig la segue con lo sguardo.

Vorrebbe raggiungerla, consolarla.

Ma è fuggita via troppo in fretta.

Ha sentito a malapena lo scrosciare degli applausi.

Mentre usciva dall'Accademia.

Corre fino a casa.

Una volta in camera, resta immobile sul letto.

Poi si alza e accartoccia i disegni.

Ne strappa qualcuno.

Attirata da quei rumori, Paula la raggiunge.

Che cosa stai facendo?

Che cosa succede?

Non rimetterò mai più piede in Accademia, esclama con freddezza.

 

 

2

Charlotte passa intere giornate seduta sul letto.

Alfred è al centro di ogni suo pensiero.

Diventa quasi un'ossessione.

Anni dopo, disegnerà il suo volto all'infinito.

Centinaia di schizzi dell'amato.

Ricorderà anche ogni sua parola.

Il presente si prepara a diventare eterno.

Dopo la loro prima notte, Alfred è sparito di nuovo.

Più nessuna notizia.

 

Ha anche smesso di dare lezioni a Paula.

Charlotte deve rassegnarsi al suo silenzio.

Non ci si deve mai aspettare nulla da me, aveva detto Alfred. Ma è così difficile.

È al di sopra delle sue forze.

Si veste per uscire.

Dice alla matrigna che va a trovare un'amica.

È sempre pericoloso uscire la sera.

Ci sono i controlli, certo.

Ma è un rischio che si può correre.

A volte basta esibire un sorriso invece dei documenti. Soprattutto quando si hanno tratti ariani.

Come nel caso di Charlotte.

Ha i capelli castano chiaro e gli occhi azzurri.

Se avesse un altro sangue, sarebbe libera di vivere.

Cammina nella notte scura.

E si ritrova sotto casa di Alfred.

Si rintana nella penombra, con il cuore in gola.

Non vuole salire, vuole soltanto vederlo.

E poi sa che Alfred non le perdonerebbe quell'intrusione.

Gli ha promesso che non lo avrebbe mai fatto.

Che avrebbe sempre rispettato la sua libertà.

Ma perché non si fa vivo?

Ha forse mentito sui suoi sentimenti?

La notte passata con lei è stata una terribile delusione.

E non ha avuto il coraggio di dirlo.

Dev'essere andata così.

Non c'è altra spiegazione.

Forse ha addirittura dimenticato il suo nome.

Proprio lui che adorava ripetere: Charlotte.

In quel preciso istante, lo intravede dietro la finestra.

Le basta scorgere la sua ombra per mettersi in agitazione.

 

La stanza è illuminata da una candela.

Alfred appare e scompare al ritmo della fiamma.

La realtà assume contorni onirici.

Improvvisamente, entra in scena un'altra sagoma.

Sembra quella di una donna, che si aggira nel soggiorno.

Avanti e indietro, come se cercasse qualcosa.

D'un tratto, si getta tra le braccia di Alfred.

Charlotte si sente mancare il fiato.

Eppure sa che Alfred è un uomo libero.

Non ha mai detto di appartenere a lei.

Non sono una coppia.

Insieme, sono in un'altra dimensione.

Ancora una volta, si mette a piovere.

È sempre così: appena si avvicinano, piove.

Quando si incontrano, il cielo si rannuvola.

Charlotte è paralizzata, non si ripara nemmeno dalla pioggia.

Alfred sembra terribilmente nervoso.

Afferra la donna per un braccio.

E la accompagna alla porta.

Ormai sono in strada, a qualche metro da Charlotte.

La ragazza sembra implorare qualcosa.

Sicuramente gli sta dicendo che non può andarsene con un tempo simile. Alfred insiste, la respinge con forza.

La donna si rassegna e se ne va a testa bassa.

Alfred resta lì, immobile, probabilmente sollevato.

D'un tratto, si volta.

E vede Charlotte.

Le fa segno di avvicinarsi.

Charlotte attraversa lentamente la strada deserta.

Che ci fai qui? le chiede con freddezza.

Anche se conosce la risposta.

 

Volevo solo vederti, non ho più avuto tue notizie.

Ti avrei scritto, non c'era bisogno di allarmarsi.

Alfred ha un istante di esitazione prima di invitarla a salire. Charlotte ha il cuore che batte all'impazzata.

Sta per ritrovare il suo regno.

Il pavimento di quella squallida stanza.

Dove forse faranno ancora l'amore.

Per ora si limita a sedersi sul bordo di una sedia.

In preda all'imbarazzo.

Si scusa per aver infranto il loro patto.

Alfred appare piuttosto infastidito.

Non sarebbe mai dovuta venire.

Per colpa sua, è tutto finito.

Sembra nata per rovinare i momenti di gioia.

E allora perché peggiora la situazione chiedendo:

Chi è quella donna?

Non farmi domande, Charlotte.

Mai, hai capito?

Mai.

Ma per stavolta ti rispondo.

È la mia fidanzata.

È venuta a riprendere alcune cose, tutto qui.

Sembrava stesse soffrendo, ribatte Charlotte.

E allora?

Devo anche occuparmi delle sofferenze degli altri?

Fa una pausa, poi aggiunge: non fare mai più una cosa simile. Quale?

Piombare qui senza preavviso.

Se diventi oppressiva, mi perderai.

Scusa, scusa, ripete Charlotte.

Poi azzarda: ma tu la ami?

Chi?

Be', quella donna.

 

Non farmi domande.

Nella vita non c'è tempo per scenate del genere.

E se proprio vuoi saperlo, non stiamo più insieme.

È venuta a prendere un libro che aveva dimenticato.

Ma se anche fossimo ancora fidanzati, non cambierebbe niente.

Charlotte non capisce bene cosa stia dicendo.

Ma non ha importanza.

Sa soltanto che lì insieme a lui sta bene.

Quante volte si prova una sensazione del genere nella vita? Una, due volte al massimo.

Trema di freddo.

Batte i denti.

Finalmente Alfred si avvicina per riscaldarla.

 

 

3

Che senso ha la sua reticenza?

Visto che sembra felice di rivederla.

La contempla a lungo.

Come se fosse stato lui a organizzare la serata.

E avesse fatto di tutto per incontrarla di nuovo.

È incomprensibile.

Charlotte si perde in un labirinto di congetture sterili.

La sostanza non cambia.

Vuole solo offrirsi a lui.

Alfred è più brutale della volta precedente.

Trascinato dalla passione, le tira i capelli.

La bocca di Charlotte si schiude.

Scende lungo il petto dell'amato.

L'energia che profonde nel procurargli piacere lo commuove. Gioisce anche lei.

È un desiderio infinito che le percorre la gola.

Sembra sapere da sempre cosa vuole Alfred.

 

Charlotte si addormenta felice.

Alfred non riesce a smettere di guardarla.

Come un bambino che ha appagato il suo lato selvaggio.

Doveva dunque sopravvivere per quel momento.

Affonda il viso tra i capelli di Charlotte.

Si ricorda di un'immagine.

Un quadro di Munch:

Il vampiro.

Dopo un attimo si alza.

Avanza verso la scrivania e si mette a scrivere.

Dei versi o semplicemente delle frasi in libertà.

Sono pagine ispirate alla bellezza.

Charlotte si sveglia.

Ha forse udito il frastuono dei pensieri dell'amato?

Si avvicina ai fogli scritti.

Sono per te, dichiara Alfred.

Devi leggerli immaginando una musica di Schubert.

Certo, esclama Charlotte, che sta già pensando agli Improvvisi. Comincia a leggere, e le parole vanno verso di lei.

Non è sempre il lettore a dover andare verso le frasi.

Soprattutto se si tratta di quelle di Alfred, potenti e indomabili. Charlotte le evidenzia mentalmente una per una.

Alfred parla di loro, ed è la storia di un mondo.

È l'improvviso in sol bemolle maggiore di Schubert.

Il bemolle è la loro vita da reclusi, ma il loro amore è in maggiore.

Charlotte cerca di afferrare una pagina ma Alfred la blocca. Prende tutti i fogli.

E li getta nel fuoco.

Charlotte urla.

Perché?!

Inaspettatamente.

Da un momento all'altro.

 

Nonostante gli fossero costati ore di lavoro.

Piange.

È disperata.

Nessuno le aveva mai dedicato parole simili.

E in un attimo non esistono più.

Alfred la stringe tra le braccia.

Le dice che esistono ancora, che esisteranno sempre.

Non materialmente.

Ma nel suo ricordo.

Accompagnate dalla musica di Schubert.

La musica che esiste anche quando non la ascolti.

Continua a insistere sulla bellezza di quel gesto.

L'essenziale è che quelle parole siano state scritte.

Il resto non ha importanza.

Dobbiamo smetterla di regalare il nostro lavoro a chi non se lo merita. I nostri libri e i nostri ricordi dobbiamo custodirli dentro di noi.

 

 

4

Nel frattempo, in Francia, un uomo si sveglia.

È in camera sua, si guarda allo specchio.

È da tempo che non si riconosce più.

Ricorda a malapena il suo nome: Herschel Grynszpan.

Ebreo polacco di diciassette anni, costretto all'esilio, vive a Parigi. Ha appena ricevuto una lettera dalla sorella, è disperata.

Tutta la famiglia è stata espulsa.

Devono lasciare il paese, senza preavviso.

Si ritrovano in un campo profughi.

Da troppo tempo la vita di Grynszpan è un'umiliazione continua. Vivo come un topo, pensa.

Così, la mattina del 7 novembre del 1938, scrive:

Devo protestare perché il mondo intero ascolti il mio grido.

 

Armato di pistola, entra nell'ambasciata tedesca.

Con il pretesto di un appuntamento, si ritrova nell'ufficio di un consigliere. A distanza di anni, diranno che si trattava di un regolamento di conti. Una vendetta privata, a sfondo passionale, finita male.

È rilevante?

In quell'istante conta solo l'odio.

Il terzo consigliere, Ernst vom Rath, impallidisce.

Non ha dubbi riguardo alla determinazione del giovane.

Eppure l'assassino sta tremando.

Gli sudano le mani.

La scena sembra prolungarsi all'infinito.

E invece no.

Spara.

Fredda il tedesco a bruciapelo.

Una scarica di colpi.

Il diplomatico sbatte la testa contro la scrivania.

Si frattura la tempia.

Il sangue cola sul parquet.

Ai piedi del tiratore si forma una chiazza rossa.

Irrompono alcuni ufficiali.

L'assassino non cerca nemmeno di fuggire.

La notizia giunge subito a Berlino.

Esplode la rabbia del Führer.

La vendetta dev'essere immediata.

Come ha osato?

Presto, bisogna eliminare quel parassita.

No.

Non lui.

Tutti.

Una razza intera.

Che si spande.

A uccidere vom Rath sono stati tutti gli ebrei.

La rabbia si mescola all'ebbrezza.

L'ebbrezza della rappresaglia.

 

Si scatena la violenza.

È così che inizia la Notte dei cristalli.

Tra il 9 e il 10 novembre del 1938.

I cimiteri vengono profanati.

Le proprietà distrutte.

Migliaia di negozi svaligiati.

Merci razziate.

Alcuni ebrei sono costretti a cantare davanti alle sinagoghe in fiamme Agli uomini, bruciano la barba.

Altri vengono picchiati a morte nei teatri.

Dove i cadaveri si accumulano come rifiuti.

Migliaia di ebrei vengono deportati nei campi.

Migliaia.

Tra cui il padre di Charlotte.

 

 

5

La famiglia Salomon sta pranzando in silenzio. Bussano alla porta.

Charlotte guarda il padre.

Ogni rumore è una minaccia.

E non può essere altrimenti.

Nessuno si alza da tavola.

Restano immobili, paralizzati dalla paura. Bussano di nuovo.

Più forte.

Bisogna fare qualche cosa.

Altrimenti forzeranno la porta.

Albert va ad aprire.

Compaiono due uomini in abito scuro.

Albert Salomon?

Niente domande.

Posso prendere alcune cose?

Non vi serviranno, sbrigatevi.

Paula cerca di intervenire.

Albert le fa segno di tacere.

Meglio non protestare.

Se dovessero innervosirsi, potrebbero sparare.

Vogliono solo lui, è già una fortuna.

Sicuramente per un interrogatorio.

Non durerà molto.

Capiranno che è un eroe di guerra.

Ha dato il suo sangue per la Germania.

Albert si infila il cappotto e il cappello.

Si volta per baciare la moglie e la figlia.

Non fateci perdere tempo!

Sono baci fugaci, rubati.

Esce di casa senza voltarsi.

Charlotte e Paula si stringono l'una all'altra.

Non sanno perché lo abbiano prelevato.

Non sanno dove lo porteranno.

Non sanno per quanto tempo.

Non sanno niente.

Kafka l'ha descritto nel Processo.

L'eroe, Joseph K., viene arrestato senza motivo.

Esattamente come Albert, preferisce non opporre resistenza. L'unica reazione sensata è rassegnarsi alla situazione esistente.

È questo dunque.

È "la situazione esistente".

Non ci si può opporre alla situazione esistente.

Joseph K. sarà ucciso come un cane.

Come se la vergogna gli dovesse sopravvivere.

 

 

6

Senza alcuna spiegazione, Albert viene sbattuto a Sachsenhausen. Un campo di concentramento a nord di Berlino.

È rinchiuso in una minuscola stanza che divide con altri uomini. Alcuni li conosce.

Scambiano qualche parola per farsi coraggio.

I soliti discorsi disperatamente ottimisti.

Ma non ci crede più nessuno.

La situazione ha oltrepassato ogni limite.

Li lasciano morire di fame e di sete.

Perché nessuno viene a cercarli?

Come possono essere trattati così dai loro compatrioti?

Qualche ora dopo si presentano degli ufficiali.

Aprono la baracca.

Si leva qualche protesta.

I contestatari vengono prelevati all'istante.

Portati dall'altra parte del campo.

Non li rivedranno più.

Dicono ai prigionieri che saranno interrogati.

Devono mettersi in fila.

Aspettano per ore, in piedi, al freddo.

Alcuni sono troppo anziani o troppo malati per resistere.

Quelli che cadono vengono portati via.

Anche loro non faranno più ritorno.

I nazisti non giustiziano alla luce del sole.

È nel cortile sul retro che uccidono deboli e ribelli.

Albert si unisce a quel gruppo di uomini dignitosi.

Sì, dignitosi.

Perché hanno la forza di non mostrare il loro dolore.

 

È l'unica cosa che rimane.

Quando non si ha più nulla.

Il desiderio di camminare a testa alta.

Arriva il suo turno.

Si trova di fronte un ragazzo che potrebbe essere suo figlio. Sei medico, ridacchia.

Sì.

Non mi sorprende, un vero mestiere da ebreo.

Qui la smetterai di girarti i pollici, brutto scansafatiche! Come può trattarlo da scansafatiche?

Lui che ha lavorato tutta la vita come un dannato.

Per il progresso della medicina.

Se quello stronzo non morirà di ulcera, sarà grazie a lui. Albert abbassa gli occhi, l'umiliazione è insopportabile. Guardami! grida il giovane nazista.

Guardami quando ti parlo, parassita!

Albert rialza la testa come un burattino.

Prende il foglio di carta che gli allungano.

C'è scritto il numero del dormitorio e la matricola.

Non ha più il diritto di avere un nome.

I primi giorni sono tremendi.

Albert non è abituato agli sforzi fisici.

È stremato ma sa che deve resistere.

Cadere significa essere trasferiti.

Nel luogo da cui nessuno fa ritorno.

La stanchezza azzera la capacità di pensare.

In alcuni momenti, gli capita di non ricordare nulla.

Non sa più dove si trova, chi è.

Come quando ci si sveglia da un incubo.

E ci vuole qualche secondo per tornare alla realtà.

Albert resta per ore in quello stato.

Quello in cui la coscienza si perde.

 

 

7

Charlotte e Paula, invece, sono lucidissime.

E logorate dalla mancanza di notizie.

Vanno al commissariato, come centinaia di altre donne. All'ingresso dell'edificio, dilaga la protesta femminile.

Dove sono i nostri mariti?

Dove sono i nostri padri?

Implorano informazioni.

Elemosinano prove di vita.

Charlotte riesce a entrare in un ufficio.

È arrivata con una coperta pesante.

Vorrei portarla a mio padre, supplica.

I funzionari si sforzano di non ridere.

Come si chiama? chiede un nazista.

Albert Salomon.

Bene, puoi andare, ce ne occuperemo noi.

Vorrei portargliela di persona, se non vi dispiace. Impossibile.

Per il momento, le visite non sono ammesse.

Charlotte sa che non deve insistere.

Se vuole che la coperta arrivi al padre, deve stare zitta.

Se ne va in silenzio.

Qualche secondo dopo, i funzionari si mettono a scherzare. Oh, che carina!

Una piccola ebrea che si preoccupa per il suo adorato papà. Ah... Oh... Ah..., ridacchiano.

Mentre si puliscono gli stivali sporchi di fango sulla coperta.

Le settimane passano.

Circolano voci terribili intorno al destino dei detenuti. Si parla di centinaia di morti.

Paula e Charlotte continuano a non avere notizie. Albert sarà ancora vivo?

 

La cantante fa di tutto per ottenere la liberazione del marito. Ha ancora qualche ammiratore tra gli alti funzionari nazisti. Troveranno il modo di aiutarla.

È complicato, non rilasciano nessuno.

Vi prego, vi imploro.

È una supplica continua.

Durante quei giorni di attesa snervante, c'è anche Alfred. Cerca di distrarre le due donne come può.

Appena Paula volta le spalle, abbraccia Charlotte.

Ma anche lui è consumato dall'angoscia.

Per ora gli arresti hanno riguardato soprattutto le élite. Intellettuali, artisti, professori, medici.

Ma presto se la prenderanno anche con la gente comune.

E allora arriverà il suo turno.

Tutti cercano di fuggire.

Ma dove?

Come?

Le frontiere sono chiuse.

Charlotte è l'unica che potrebbe partire.

Perché non ha ancora compiuto ventidue anni.

E può lasciare il paese senza passaporto.

Le restano pochi mesi.

I suoi nonni sono al corrente degli ultimi sviluppi.

Nelle lettere, la supplicano di raggiungerli.

Qui nel Sud della Francia è un paradiso.

Charlotte non può più restare in Germania.

Sta diventando troppo rischioso.

Paula è d'accordo con loro.

Ma Charlotte non può andarsene da un giorno all'altro. Senza rivedere suo padre.

A dire il vero, è una scusa.

Ha già preso una decisione.

Non partirà mai.

Per il semplice motivo che non abbandonerà mai Alfred.

Gli sforzi di Paula finiscono per essere ricompensati. Dopo quattro mesi, Albert è rilasciato dal campo.

Torna a casa, ma non è più lo stesso.

Tremendamente dimagrito, si sdraia sul letto, sconvolto. Paula tira le tende e lo lascia dormire.

Charlotte è sotto shock.

Resta per ore accanto a lui.

Lottando per non lasciarsi vincere dalla disperazione.

Le difficoltà respiratorie di suo padre la preoccupano. Mentre veglia su di lui, prova una strana sensazione. Quella di poterlo proteggere dalla morte.

Lentamente, Albert riacquista le forze.

Ma parla raramente.

Passa intere giornate a dormire.

Lui che amava tanto stare sveglio di notte per lavorare. Una mattina, aprendo gli occhi, chiama la moglie.

Paula si precipita immediatamente.

Cosa c'è amore mio?

Albert apre la bocca, ma non emette alcun suono.

Non riesce a dire quello che vorrebbe.

Finalmente riesce ad articolare un nome: Charlotte... Charlotte cosa?

Charlotte... deve... lasciare il paese.

Paula sa che quelle parole gli fanno male.

Mai come ora ha bisogno di avere accanto la figlia.

Ma adesso Albert sa che non c'è più speranza.

Ha visto in faccia l'orrore.

Charlotte deve fuggire, subito.

Finché è ancora in tempo.

 

 

8

Ovviamente Charlotte si rifiuta.

Non vuole partire, non può.

Insistono, non c'è più tempo da perdere.

No, non voglio abbandonarvi, ripete lei.

Quando avremo dei documenti falsi, ti raggiungeremo, assicurano loro. No, non voglio, non voglio.

Paula e Albert non riescono a capire.

Solo Alfred conosce la verità.

Il comportamento di Charlotte gli sembra assurdo, eccessivo.

Nessun amore è tanto importante da rischiare la vita, pensa.

E restare lì significa andare incontro alla morte.

Charlotte non sente ragione.

Fa di testa sua, segue solo il suo cuore.

Non fa altro che ripetere: non posso abbandonarti.

Sarebbe una sofferenza atroce, capisci quanto ti amo.

Alfred le prende le mani.

Certo che la capisce.

Adora il suo temperamento audace e passionale.

La bellezza di un amore più forte della paura.

Ma ora la priorità è un'altra.

Non gli resta che tentare con le minacce.

Se non parti, non ci rivedremo più.

Charlotte conosce bene Alfred.

Sa che non sono parole al vento.

Se non parte, sparirà dalla sua vita.

È l'unico ricatto che riesca a convincerla.

Anche Alfred le promette che si rivedranno nel Sud della Francia.

Ma come farai?

Ho i miei contatti, la rassicura lui.

Deve credere alle sue parole?

 

Charlotte non ne può più.

Non vuole abbandonare la sua vita.

È nata lì.

Perché affrontare un altro dolore?

Preferisce morire piuttosto che partire.

Lo pensa seriamente.

Suo padre chiede di vederla.

Le prende la mano con dolcezza.

E ripete: ti prego, devi andartene.

Si lascia sfuggire una lacrima.

È la prima volta che vede piangere suo padre.

Ha la disperazione dipinta sul volto.

Charlotte tira fuori un fazzoletto per asciugargli gli occhi. Improvvisamente, Albert ripensa a Franziska.

La scena richiama quella del loro primo incontro.

Quando Franziska gli ha soffiato il naso con un fazzoletto. Mentre stava operando un soldato, vicino al campo di battaglia. Le due scene risuonano in lui.

La madre e la figlia riunite da un gesto.

E capisce che il cerchio si è chiuso.

Con quel gesto, Charlotte accetta di partire.

 

 

9

Iniziano i preparativi per la fuga.

Paula chiede ai nonni di spedire delle cartoline false.

Con scritto che la nonna sta per morire.

È molto malata e vuole rivedere la nipote.

Con quelle prove in mano, Charlotte si reca al consolato francese. E ottiene un visto di qualche giorno.

Ora i documenti sono in regola.

Trascorre le ultime ore come un automa.

Immobile di fronte alla valigia.

 

Una valigia piccolissima, adatta a un breve viaggio.

Non può portare molto con sé.

È costretta a selezionare i ricordi.

Quale libro scegliere?

Quale disegno?

Alla fine decide di portare un disco di Paula.

La versione della Carmen.

La adora e le ricorda un periodo felice.

Va al cimitero da sola, per salutare la madre.

Per mesi ha creduto che fosse diventata un angelo.

Se la immaginava nel cielo di Berlino.

Con ali di desiderio.

Ma ora è tutto finito.

Deve fare i conti con la realtà.

Il cielo è vuoto.

E il corpo di sua madre si decompone lì.

In quella tomba che racchiude le sue ossa.

Riesce almeno a ricordare il suo calore?

Quando la prendeva in braccio.

E cantava per lei.

No, sembra che niente sia esistito.

Eccetto i primi ricordi, legati al cimitero.

Quando leggeva il suo nome sulla tomba della zia. Charlotte, la prima Charlotte.

Ora le due sorelle sono riunite per l'eternità.

Depone una rosa bianca su entrambe le lapidi.

E si allontana.

Davanti a suo padre, scoppia a piangere.

Albert è troppo debole per accompagnarla alla stazione. Si consolano con la parola presto.

Presto si rivedranno.

 

Presto andrà tutto bene.

Suo padre è così pudico.

La tenerezza lo mette a disagio.

Ma quel giorno non riesce a staccarsi dalla figlia.

Respira il suo profumo, come se volesse rubarle un tesoro. E custodirlo dentro di sé il più a lungo possibile.

Charlotte lo ricopre di baci.

Gli lascia il segno.

Non di rossetto.

Ma perché ha premuto troppo forte le labbra contro di lui.

 

 

10

Il binario della stazione è pattugliato da numerosi poliziotti.

Scortata da Paula e Alfred, Charlotte deve nascondere la commozione. Effusioni eccessive attirerebbero l'attenzione.

Gli agenti finirebbero per fare domande.

Perché piange tanto questa ragazza?

In fondo, starà via solo una settimana.

No, non bisogna mettere a repentaglio il piano.

Bisogna darsi un contegno.

Farsi spezzare il cuore con disinvoltura.

Charlotte vorrebbe urlare il suo dolore.

È più forte di lei.

Sta lasciando tutto.

Suo padre, Paula, la tomba di sua madre.

Sta lasciando i ricordi, la vita, l'infanzia.

E soprattutto sta lasciando lui.

Il suo unico grande amore.

Lui che ai suoi occhi rappresenta tutto.

Il suo amante e la sua anima.

Alfred nasconde a stento il suo tormento.

Lui che è sempre così loquace, tace.

 

Non è abituato a quelle sensazioni, non riesce a esprimerle. Il fumo emanato dal treno avvolge la scena.

Il binario della stazione assomiglia alla riva di un fiume.

Lo scenario ideale per un addio.

Alfred avvicina le labbra all'orecchio di Charlotte.

La ragazza pensa che voglia dirle: ti amo.

E invece no.

Sussurra una frase più importante.

Una frase alla quale Charlotte ripenserà continuamente. Che diventerà il fulcro della sua ossessione.

Non dimenticare mai che credo in te.