Istintivamente, Gregor alzò la testa per vedere da dove fosse piovuta la corona. Un grosso pipistrello a chiazze nere e arancioni volava in cerchio sopra di loro. Gregor lo riconobbe: era uno degli alati che spesso consegnavano messaggi.
— Per voi, Altezza — spiegò il pipistrello. — Da parte di una piluccatrice che ho incontrato alla Regina Incoronata. Ha detto che voi ne avreste compreso il significato.
Luxa rise. — Il significato è che mi sono dimenticata di nuovo dove ho messo la corona, Hermes. Ti ringrazio per il disturbo.
Il pipistrello si allontanò. Luxa raccolse la corona e si avviò verso l’esterno del campo. La sua mano si sollevò per fare cenno ad Aurora.
Perplesso, Gregor la rincorse. — Ehi, ma non è la corona che hai dato ai topi nel caso…
Luxa gli strinse forte il braccio e parlò a bassa voce. — Per favore, Gregor, non dire a nessuno cosa ho detto quel giorno. E non far sapere a Hazard o Nike che la corona mi è stata restituita. È possibile che anche loro ricordino e ne parlino in giro. — Perlustrò l’arena con uno sguardo ansioso. Hazard, tutto contento, stava mostrando a Howard gli animali sulla sua torta. Nike, prima nei paraggi, adesso non si vedeva da nessuna parte.
— Che ragione c’è di non farlo sapere a nessuno? — chiese Gregor.
— Te lo spiego dopo la festa. Ti supplico, Gregor, tieni la bocca chiusa finché non avrò l’occasione di parlarti in privato — rispose Luxa.
— D’accordo — replicò Gregor, confuso.
Luxa balzò in groppa ad Aurora.
Gregor studiò la folla per capire se qualcuno si fosse accorto di quella strana serie di eventi. Ma anche in quel caso, solo Gregor, Aurora, Nike, Hazard e Boots erano stati presenti quando Luxa aveva affidato la corona ai topi. Si trovavano nella giungla e si preparavano a tornare a casa. Per ringraziare i piluccatori della bontà che avevano dimostrato nel mantenere in vita lei e Aurora, Luxa aveva offerto loro la sua corona, dicendo… che parole aveva usato? Gregor ricordò: “Se mai vi servirà il mio aiuto, consegnate la mia corona a una delle sentinelle e io farò tutto ciò che è in mio potere per venire in vostro soccorso”.
Be’, la corona era lì, perciò i topi dovevano essere nei guai. Ma perché Luxa insisteva tanto per tenerlo segreto? Se i piluccatori erano davvero in pericolo, non avrebbe dovuto allertare le guardie o qualcosa del genere?
Luxa tornò in meno di un minuto, si lanciò dal dorso di Aurora e atterrò al fianco di Hazard con un allegro: — Non sarebbe ora di tagliare quella torta?
Gregor alzò lo sguardo e vide Aurora e Ares posarsi vicini sulle tribune. I due pipistrelli si strinsero l’uno all’altra, le teste che si sfioravano in un fitto scambio di informazioni.
Cosa stava succedendo?
Qualche istante dopo, Boots corse da Gregor, cinguettando: — Gre-go! La mamma dice che possiamo restare a dormire! — E così, a quanto pareva, avrebbero passato la notte lì.
— Fantastico, Boots — replicò lui, prendendola in braccio. Si avvicinò alla madre per verificare la notizia.
— È stata Luxa a suggerirlo. Immagino ci sia una cena di famiglia per Hazard, stasera, e lui vuole anche voi due. Tanto vale che passiate la notte qui. Abbiamo mandato un pipistrello alla lavanderia, con un biglietto per vostro padre — disse lei.
— Benone! — esclamò Gregor, ma sapeva che qualcosa bolliva in pentola. Tentò di incrociare lo sguardo di Luxa, ma lei sembrava decisa a evitarlo. E la storia andò avanti per ore. Per tutta la durata della festa e della cena di famiglia, Gregor non riuscì mai ad attirare la sua attenzione.
Nemmeno Ares gli fu d’aiuto. — Cosa succede, con Luxa e quella corona? — chiese Gregor, mentre andavano a cena.
— Non sono in grado di dirlo — rispose il pipistrello. Il che poteva significare “Non lo so” oppure “In questo momento non posso parlarne”. Gregor propendeva per la seconda ipotesi.
Dovette aspettare che Hazard e Boots fossero addormentati nelle stanze reali perché Luxa finalmente si confidasse. Lei, Gregor, Ares e Aurora si raccolsero intorno al caminetto del salotto. Anche se le guardie fuori dai suoi appartamenti erano ben distanti, Luxa obbligò tutti a parlare sottovoce.
— C’è qualcosa che minaccia i piluccatori. E dev’essere grave se mi hanno rimandato la corona, perché in genere sono creature piene di risorse e hanno già affrontato molte difficoltà con le loro sole forze — esordì.
— Allora diciamolo a Vikus e facciamoci aiutare — propose Gregor.
— No! — esclamarono all’unisono gli altri tre.
— Sarebbe costretto a riferirlo al Consiglio, Sopramondo — spiegò Ares. — Con prove così scarse, e con tutto il caos che ha seguito l’epidemia, non autorizzerebbero nessun intervento.
— Però metterebbero me sotto scorta — aggiunse Luxa, con aria infelice. — Sanno che non mi accontenterei di una risposta del genere. Conoscono il mio affetto per i piluccatori e sono consapevoli che mi ritengo in debito con loro. Mi sorveglierebbero di continuo per impedirmi di lasciare Regalia.
— Anche se sei la regina? — si stupì Gregor.
— Proprio perché è la regina. Non vogliono rischiare di metterla in pericolo un’altra volta — rincarò Ares.
— E questo è il motivo per cui dobbiamo essere noi a scoprire qual è il problema dei piluccatori — intervenne Aurora. — Forse, sapendone di più, avremo argomenti sufficienti per aiutarli.
— Alt! Aspetta un momento. Quindi “noi”, cioè noi quattro, cosa dovremmo fare, esattamente? — chiese Gregor.
— Volare fino alla Regina Incoronata. Stanotte — rispose Luxa.
— È dove vivono i topi? Nella giungla? — indagò Gregor. Il nome gli suonava vagamente familiare, anche se non sapeva perché.
— No, è solo un punto di riferimento per il territorio che si trova a ovest da qui. Ma è là che Hermes ha detto di aver incontrato la piluccatrice che gli ha dato la mia corona — replicò Luxa. — Sono sicura che sta ancora aspettando alla Regina Incoronata e conta di incontrarmi lì. Tu vieni, Gregor?
Da un lato, Gregor sapeva che era una pessima idea. Non informare Vikus e il Consiglio. Andarsene di nascosto, all’insaputa di sua madre. Cavolo, se avesse saputo che svolazzava per il Sottomondo a tutte le ore, l’avrebbe murato vivo per il resto dell’estate. E non a Regalia. A casa loro.
Dall’altro, sembrava che in quei giorni nessuno ritenesse sicuro confidarsi con Vikus. Forse i topi erano davvero in difficoltà. Gli altri tre sarebbero andati comunque e, se Gregor non li avesse accompagnati, avrebbe deluso non solo i suoi amici ma anche il suo vincolato. E se si fossero trovati in pericolo e Ares avesse avuto bisogno di lui? Partendo subito, solo per parlare con la piluccatrice che aveva mandato la corona, probabilmente ce l’avrebbero fatta a rientrare addirittura prima che sua madre si svegliasse.
— Quanto è lontana, la Regina Incoronata? — chiese.
— Poco, in volo. Possiamo andare e tornare prima che si accorgano della nostra assenza — rispose in fretta Luxa.
— Dovrebbe funzionare. Ma come ti aspetti di uscire dal palazzo senza che ti vedano? — si informò Gregor.
Luxa e Ares si scambiarono un’occhiata. — Henry conosceva un passaggio — ribatté il pipistrello. — Aurora e io vi aspettiamo alla botola.
— Sì. Dateci solo cinque minuti per prepararci — disse Luxa.
Si vestirono di scuro. Luxa aveva delle fiaccole ma fecero comunque una rapida puntata al museo, dove Gregor trovò una torcia elettrica da fissare all’avambraccio col nastro adesivo. Non era un viaggio pericoloso, in teoria, ma, dopo l’incontro con Twirltongue e i suoi amici, Gregor aveva una tale paura di restare senza luce che prendeva tutte le precauzioni possibili. Passarono da una delle molte armerie del palazzo e prelevarono un paio di spade. Luxa scelse un’arma leggera, dotata di una lunga lama a sezione triangolare che culminava in una punta letale. Una volta, Luxa aveva spiegato a Gregor di preferire quel tipo di spada perché era il più adatto alla forma di combattimento acrobatico in cui eccelleva. Gregor, invece, prese una spada più pesante, del genere che Mareth l’aveva spinto a usare in addestramento. La lama era piatta, larga circa tre centimetri e tagliente come un rasoio. A operazione conclusa, attraversarono i corridoi in punta di piedi, evitando una guardia di tanto in tanto, e raggiunsero una parte del palazzo che Gregor non aveva mai visto.
L’ingresso del passaggio segreto si trovava in una nursery che era caduta in disuso dopo la realizzazione di quella più grande e allegra in cui di solito giocava Boots. Il vecchio ambiente faceva un po’ paura, a dire la verità. Sandwich doveva aver passato del tempo anche lì, oltre che nella stanza delle profezie, e infatti alle pareti aveva scolpito un gruppo di animali. Avrebbe dovuto essere un luogo accogliente. E invece, alla luce guizzante delle fiaccole, le creature di pietra avevano un’aria minacciosa, occhi troppo sporgenti, zanne troppo in rilievo. Gregor si sentiva a disagio, quasi fosse in trappola. Anche riempiendolo di bambini e giocattoli, quello non sarebbe certo stato un posto felice.
— Non mi è mai piaciuta questa stanza — commentò Luxa, accigliata. — Per fortuna avevano già costruito la nuova nursery quando sono nata io. Ma è qui che Henry ha trascorso i suoi primi anni di vita.
“E forse è per questo che era così fuori di testa” pensò Gregor, ma non osò dirlo ad alta voce. A Luxa riusciva più facile parlare di Henry, ormai. Le ferite causate dal tradimento del cugino cominciavano a rimarginarsi. Ma l’argomento la faceva ancora soffrire e di certo non era qualcosa su cui potesse scherzare.
— L’ingresso è qui — disse Luxa. Si fermò davanti a una grossa tartaruga di pietra che sedeva eretta contro il muro di fondo. A Gregor ricordò una delle enormi tartarughe di metallo su cui Boots adorava arrampicarsi a Central Park. Solo che questa aveva un’espressione rabbiosa e la bocca spalancata, quasi stesse per mordere con cattiveria.
— Accidenti! — esclamò Gregor. — Scommetto che ai bambini piaceva un sacco.
— No, la evitavano tutti. Eccetto Henry, che le saliva a cavalcioni sul dorso e inventava storie tremende sulla tartaruga assassina. E un giorno, mentre gli altri facevano il loro sonnellino pomeridiano, trovò il coraggio di fare questo. — Luxa infilò il braccio nelle fauci dell’animale, tastò tutto intorno e ruotò qualcosa. Si sentì uno scatto e un lato del guscio della tartaruga si aprì leggermente. — Henry richiuse il guscio prima che qualcuno si accorgesse della sua scoperta, ma quella notte tornò nella nursery e lo aprì. — Luxa sollevò il guscio, rivelando una rampa di scale. — Me lo mostrò quando avevo otto anni. Era il nostro segreto speciale, mio e di Henry. — Un lampo di tristezza attraversò il viso di Luxa, subito sostituito da un’espressione determinata. — Andiamo.
Gregor dovette girarsi di lato per riuscire a muoversi lungo la scala strettissima. L’aria sapeva di vecchio, come se fosse rimasta a stagnare lì sin dai tempi di Sandwich. Fino a quel momento, Gregor aveva portato la spada appesa alla cintura, ma quando urtò le pietre con la lama, causando un rumore metallico, Luxa lo obbligò a toglierla e a tenerla in mano. — Siamo all’interno di un muro del palazzo — sussurrò. — Non dobbiamo farci scoprire.
Ebbero l’impressione di metterci una vita per scendere la scala fino in fondo, e lì trovarono un’altra tartaruga che li attendeva. Sembrava che ridesse. Ma il suo ghigno malevolo era ancor più inquietante dell’aria furibonda di quella nella nursery. Luxa sbloccò il guscio come aveva fatto prima. Quando lo sollevò, una folata d’aria fredda e umida colpì il viso di Gregor. Guardò giù, attraverso l’apertura. Non vide niente, ma avvertì un grande spazio vuoto. Istintivamente, fece qualche passo indietro.
— Cosa c’è là sotto? — chiese.
— La Falda. È un lago alimentato da una sorgente. Fornisce gran parte dell’acqua fredda a Regalia — rispose Luxa. — Dobbiamo lasciarci cadere.
Prima che Gregor potesse reagire, Luxa si infilò in quel buco e scomparve.
— Ehi! — esclamò lui, sorpreso, sporgendosi sull’apertura. Al tuffo non seguì alcun tonfo. Non vedeva Luxa, ma la luce della sua fiaccola si rifletteva sull’acqua, una ventina di metri più giù.
— Lasciati cadere, Sopramondo — sentì ronzare Ares.
Oh, fantastico! Un altro salto nel vuoto e nell’oscurità. “Tanto vale che mi tolga il pensiero” ragionò Gregor. Si rimise la spada alla cintura e tenne ben stretta la torcia. Rimase un attimo in equilibrio sul bordo del buco circolare, poi spiccò un piccolo balzo e cominciò a precipitare. Ares lo raccolse dopo pochi istanti.
Ci volle circa un’ora per volare fino alla Regina Incoronata, che alla fine risultò essere un grande masso al centro di una caverna. Somigliava vagamente alla testa di una donna con una corona sopra, in effetti, ma solo se non eri troppo pignolo.
Mentre planavano in quella direzione, sentì Luxa gridare con voce entusiasta: — Guarda, Aurora, è Cevian! Eccola là!
Gregor individuò una piccola forma pelosa raggomitolata alla base della roccia. Era un topo e, a quanto pareva, si era addormentato aspettandoli. “Quello è un punto pericoloso per mettersi a fare un sonnellino” pensò. “Potresti essere attaccato da qualsiasi cosa.”
— Cevian! — chiamò Luxa. — Svegliati! Siamo arrivati!
Ares precedette Aurora nell’atterraggio, così fu Gregor a raggiungere Cevian per primo. Gli sembrava quasi di saperlo. Toccò il corpo freddo e rigido e notò la rientranza sulla testa, dove il colpo si era abbattuto.
Gregor si girò e bloccò Luxa che si avvicinava di corsa, afferrandola per le spalle. Odiava doverglielo dire, ma non voleva che lo scoprisse da sola.
— Non si sveglierà, Luxa. È morta.