Gregor rimase a bocca aperta. — Cavolo! — In pochi mesi, il Flagello era passato da un cucciolo che si poteva tenere in braccio al ratto imponente che ora stava davanti a lui.
— E non è neanche adulto — disse Ripred. — Ci aspettiamo che per Natale sia cresciuto di altri sessanta centimetri, forse un metro.
“Come la neve” pensò Gregor. “Ci aspettiamo che in cima a quella grossa montagna bianca se ne accumulino altri sessanta centimetri, forse un metro.”
— Vi siete già incontrati, ma permettetemi di ripetere le presentazioni. — Ripred indicò Gregor con la coda. — Questo è Gregor di Sopramondo, il guerriero che si è rifiutato di ucciderti quando ne ha avuto l’occasione. — Poi fece un cenno verso il Flagello. — E questo è il ratto che chiamiamo il Flagello, anche se sua madre gli ha dato un nome molto più dolce… Pearlpelt, pelo di perla.
Perché la sua pelliccia, il suo mantello, era bianco come una perla. E in effetti ne possedeva la stessa, strana iridescenza. Quando la luce colpiva qualche chiazza di pelo, Gregor coglieva lampi di colore… rosa e azzurro e verde. Nel Sottomondo, non era insolito che i topi e anche i pipistrelli avessero il mantello bianco. Ma di ratti bianchi ne esisteva uno solo. Era per quello che tutti avevano riconosciuto in Pearlpelt il ratto candido di cui parlava la Profezia del Flagello.
— Ehilà — disse Gregor alla montagna.
A disagio, il ratto bianco cambiò posizione ma non rispose.
— Allora, come vuoi essere chiamato? — chiese Gregor.
— Come io voglio essere chiamato non conta. Tutti mi chiamano semplicemente Flagello o il Flagello. Tutti tranne Ripred. Lui ci scherza, sul mio nome — rispose il Flagello. — Mi chiama Cocco-di-Perla o Perlina.
Ripred si limitò a un’alzata di spalle. — È un nome difficile da pronunciare, Pearlpelt. Praticamente uno scioglilingua. Prova a ripeterlo in fretta per tre volte. Coraggio. Pearlpelt, Pearpelt, Polpett. Visto? È impossibile.
— Pearlpelt, Pearlpelt, Pearlpelt — disse velocissimo il Flagello. Fissò gli occhi in quelli di Ripred. — Ci riesce anche lui. Vuole solo umiliarmi.
Gregor sapeva che il Flagello su questo aveva ragione. Ripred era un maestro nell’infliggere umiliazioni. Non era stato molto cattivo con Gregor fino al viaggio nella giungla, ma in quell’occasione si era dimostrato terribile e aveva continuato durante le lezioni di ecolocalizzazione. Se il Flagello stava sempre insieme a Ripred, era probabile che fosse costantemente sotto tiro. Gregor provò una punta di compassione.
— Ignoralo. Io faccio così — suggerì Gregor.
— Per te è diverso. Tu sei una furia — ribatté il Flagello. — Vorrei essere una furia. O almeno essere già grande. Allora le cose andrebbero in un altro modo.
— E dicci, di grazia, come cambieranno le cose quando sarai grande? — sbadigliò Ripred.
— Innanzitutto sarò re — scattò il Flagello.
Gregor sentì una fitta di inquietudine a quelle parole. Il motivo per cui gli avevano ordinato di uccidere il Flagello era impedire al ratto bianco di salire al potere. Una profezia li aveva avvisati della sua malvagità latente. E adesso già parlava di diventare re. Non era un buon segno.
— Ma davvero? E questo chi te lo dice? — chiese Ripred. — Twirltongue?
Il Flagello abbassò lo sguardo. — Forse.
— È molto persuasiva, vero? Ma non darei troppo peso alle parole di Twirltongue. Una volta mi ha persino convinto che mi amava — commentò Ripred.
— E gli altri miei amici — aggiunse il Flagello.
— I tuoi amici — ripeté Ripred con disgusto. — Se ti regalano qualche pesce, tutti possono essere tuoi amici. E sussurrarti nelle orecchie le loro paroline… dirti che sei tanto forte, tanto coraggioso… che un giorno sarai re… e tu trangugi avidamente i pesci e le bugie… grosso scemo bianco che non sei altro… Non hai idea di chi siano i tuoi veri nemici.
— Tu sei mio nemico, questo lo so! — sbottò il Flagello. — Tu sei nemico di ogni rodente. Uno che fa accordi con quei maledetti umani e alati e piluccatori invece di pensare a come eliminarli! Twirltongue mi ha detto che ti sei rivoltato contro Gorger perché credevi di poterci comandare tu. Come se un rodente che si rispetti potesse mai seguirti. Per tutti noi sei solo una barzelletta! Dovrei… dovrei…
— Dovresti cosa? Uccidermi? Sai che sei sempre il benvenuto, se vuoi provarci, Perlina — replicò l’altro.
E a quel punto, con grande stupore di Gregor, il Flagello emise un ruggito e attaccò Ripred. C’erano pochissimi ratti che avessero il fegato di fare una cosa del genere. Ripred era davvero letale. Per quanto il Flagello fosse parecchi centimetri più alto e parecchi chili più pesante, come poteva anche solo pensare di competere con il ratto più anziano?
Gregor scappò verso le scale per evitare il vortice di denti e artigli. Il Flagello combatteva con rabbia ma non riusciva nemmeno a sfiorare Ripred, che invece lo faceva volare per tutta la caverna senza sforzo apparente. Eppure, guardandoli lottare, per la prima volta Gregor ebbe paura del Flagello. Non per le sue dimensioni o per quello che una profezia diceva di lui. Ma per la sua volontà di battersi contro Ripred. Era molto coraggioso, o molto stupido, o soltanto molto convinto della sua forza. Una qualunque di quelle caratteristiche era comunque allarmante in un animale che, secondo gli umani, un giorno avrebbe potuto causare la distruzione del Sottomondo.
— Va bene, va bene, calmati — disse Ripred. — Sto cominciando ad annoiarmi e quando sono annoiato, divento pericoloso.
Ma il Flagello lanciò un urlo e balzò ancora verso di lui.
— Ti ho detto di piantarla — ingiunse Ripred, facendo deviare il Flagello e mandandolo a sbattere rumorosamente con la testa contro la parete. Fu sufficiente a intontire il ratto bianco per un attimo. — Non riesci mai a fermarti prima di farti male.
E in effetti, essersi schiantato di testa contro una parete di pietra doveva avergli fatto male, perché il Flagello si arrese. Rimase seduto, chino in avanti, a passarsi le zampe sugli occhi. Poi, con grande sorpresa di Gregor, cominciò a piangere. E senza limitarsi a tirare su col naso, ma con singhiozzi profondi che gli scuotevano tutto il corpo.
— Oh, magnifico! Ecco che arriva il diluvio — commentò Ripred.
Per qualche motivo, vedere il Flagello che piangeva era orribile. Sparita ogni traccia del gigantesco ratto da assalto, sembrava un enorme bambino maltrattato. — Perché non lo lasci in pace, Ripred? — disse Gregor.
— Perché lui mi odia! — singhiozzò il Flagello. — Mi ha sempre odiato. Mi ha costretto a seguirlo. Mi ha costretto a lasciare i miei amici. Sono suo prigioniero da tutta la vita.
— È questo che ti dicono, quei tuoi amici straordinari? — chiese Ripred. — E che ti ho risparmiato la vita e allevato sin da quando eri un cucciolo, questo te l’hanno detto? Non sei stato nutrito, forse? Hai mai sofferto per l’epidemia? E adesso te ne stai lì a lamentarti di me?
— Tu non mi hai allevato — lo contraddisse il Flagello. — È stato Razor a farlo. Lui è l’unico che mi ha voluto bene.
— Sì, è l’unico che ti ha voluto bene, e tu come l’hai ricambiato? Raccontalo al guerriero, prima che cominci a compiangerti troppo. Avanti, diglielo! — urlò Ripred.
Ma il Flagello non proseguì. Strinse la lunga coda rosa tra le zampe anteriori e prese a succhiarne l’estremità.
— Povero, piccolo Flagello bistrattato! Ma Razor lo considerava un figlio. Pativa la fame perché lui potesse mangiare, lo proteggeva, cercava di insegnargli come sopravvivere. E dov’è Razor, adesso? Sotto terra. E perché? Perché il dolce Pearlpelt l’ha fatto fuori per una carcassa di brulicante — raccontò Ripred.
— Non volevo — piagnucolò il Flagello. — Avevo fame. Non pensavo di ucciderlo.
— Buttandolo giù da un dirupo? Be’, di solito il risultato è quello — commentò Ripred.
— Non pensavo che finisse di sotto. Non l’ho colpito così forte — obiettò il Flagello, le parole quasi incomprensibili per via della coda in bocca.
— E a quel punto hai tentato di mangiarti il suo cadavere per nascondere le prove. — Disgustato, Ripred si girò verso Gregor. — L’abbiamo trovato così. Che si masticava il fegato di Razor, coperto del suo sangue.
A quell’immagine raccapricciante, Gregor si sentì stringere lo stomaco. Guardò il Flagello con rinnovata paura.
— No, no, no, no — protestò lui. E oltre a succhiarsi la coda, cominciò a rosicchiarla fino a far uscire il sangue.
— Sì, sì, sì, sì. Solo nell’ultima settimana hai accecato Clawsin da un occhio e strappato una zampa anteriore a Ratriff. Il motivo? Non sai neppure dirmelo, il motivo! Così adesso mi tocca trascinarti in giro perché nessun altro ti sopporta. E smettila con quella coda! — esplose Ripred, esasperato. — Proprio un bel re, non c’è che dire! Credi davvero che qualcuno vorrà mai prendere ordini da uno che si succhia la coda?
— Forse alcuni lo fanno già — ribatté il Flagello in un sibilo. — Tu non sai niente! Loro forse sì! — E su quella dichiarazione, il ratto bianco schizzò fuori dalla caverna e scomparve.
— Aspetta dove ti ho detto di aspettare! — gli gridò dietro Ripred. Ma non ci fu nessuna risposta, solo il leggero raschiare degli artigli del Flagello che correva via. — Se riuscirà a trovare il posto — sospirò il ratto. — Si perde appena batte le palpebre.
Ripred si accasciò contro la parete della caverna a qualche metro da Gregor e attese un attimo prima di parlare. — Ecco, adesso non può più sentirci. Be’, Sopramondo, l’hai visto. Cosa ne pensi?
Gregor ci mise un po’ a rispondere. Nel giro di qualche minuto, aveva provato sorpresa alla vista del Flagello, disagio nel sentirne le ambizioni di potere, paura per la sua audacia, compassione per l’evidente instabilità emotiva e repulsione per come aveva assassinato chi si era preso cura di lui. — È un disastro — disse alla fine.
— Un disastro pericoloso, e noi gli abbiamo permesso di vivere — rincarò Ripred. — Tu perché non potevi uccidere un cucciolo. E io perché pensavo che ucciderlo avrebbe cancellato per sempre qualunque speranza di pace. Avevi ragione quando dicevi che nessuno mi avrebbe appoggiato se l’avessi ucciso.
Di colpo, Gregor si accorse di sapere ben poco dei piani di Ripred. La primissima volta che si erano incontrati, il ratto aveva detto chiaramente di voler rovesciare il regnante di allora, Gorger. E Gregor l’aveva aiutato a farlo. Ma adesso… a cosa mirava, adesso?
— Vuoi essere re anche tu, Ripred? — chiese.
— Non proprio — sospirò il ratto. — Ma voglio che questa situazione di conflitto finisca una volta per tutte. E tu credi che sarà il Flagello a scrivere la parola fine?
— No — rispose Gregor.
— Be’, lui vuole quella corona e non c’è motivo di pensare che non riuscirà a ottenerla. Perciò cosa dovremo fare, secondo te? — chiese Ripred.
— Fare? — Gregor non ne aveva la minima idea.
Il ratto si chinò verso di lui e la sua voce suonò pressante. — Credevo che tu avessi ragione. Che avrei potuto insegnargli a essere qualcosa di diverso da ciò che era destinato a essere. Ma quando me l’hai consegnato, era troppo tardi. Suo padre aveva già lasciato la sua impronta.
— Suo padre? — chiese Gregor.
— Snare. L’hai incontrato. Hai visto lui e la madre del Flagello combattere e uccidersi l’un l’altro — rispose Ripred.
— Oh, sì… — Gregor ricordava l’orribile battaglia nel labirinto, lo scontro mortale tra Goldshard e il ratto grigio, Snare. Ma non gli era mai passato per la mente che Snare fosse il padre del Flagello. Non aveva proprio niente di paterno.
— Lo dicevano tutti che Snare era una creatura ignobile. Perché Goldshard avesse accettato di diventare la sua compagna è un mistero. Io l’avevo messa in guardia, ma lei non mi ha ascoltato. E se ne è pentita. Non ti sei chiesto dove fosse il resto della cucciolata del Flagello? — indagò Ripred.
— No — rispose Gregor. Ma ora che ci pensava, era strano che il ratto bianco non avesse fratelli.
— Snare li ha ammazzati. Proprio davanti a Goldshard e al piccolo. Non voleva che si contendessero il latte del Flagello — disse Ripred. — Un gesto del tutto inutile. Moltissime altre famiglie avrebbero accolto quei cuccioli.
— Ma è terribile — commentò Gregor.
— Il Flagello se ne ricorda. Così come ricorda che Snare lo picchiava. E che i suoi genitori si sono uccisi tra loro — continuò Ripred. — Era così piccolo, all’epoca, che non si direbbe, ma basta nominargli Snare per vederlo tremare.
— Credi davvero che potrebbe diventare re? — chiese Gregor.
— Oh, di seguaci ne troverà, perché lui è il Flagello. Ha il mantello bianco, le dimensioni giuste e una dose di odio che gli ribolle dentro sufficiente ad annientare il Sottomondo. Quasi tutti chiuderanno un occhio sul fatto che è squilibrato, perché lui dirà loro proprio ciò che vogliono sentire. Hanno sofferto la fame per troppo tempo, poi c’è stata l’epidemia che ha mietuto tantissime vittime… soprattutto cuccioli. No, ai rodenti non importerà chi è o cosa fa, purché offra l’occasione di vendicarsi — rispose Ripred.
Un brivido era corso lungo la schiena di Gregor mentre Ripred parlava. Il ragazzo provò ad associare l’immagine del gigantesco ratto bianco – cupo, feroce, violento, patetico – a quella del piccolo che aveva risparmiato. Ricordò il Flagello che dava colpetti col naso alla madre morta, cercando di scuoterla. — Forse, se Goldshard fosse sopravvissuta… forse lui sarebbe stato bene.
— Ma non è andata così, perciò non lo sapremo mai — replicò Ripred. Scosse la testa e tornò ad accasciarsi contro la parete della caverna. — Razor si è preso buona cura di lui, comunque. E al di là delle conclusioni che puoi aver tratto dal piccolo dramma di oggi, io non sono mai stato cattivo con lui quando era cucciolo. — Gli occhi di Ripred ardevano nel buio. I suoi artigli strigliavano frenetici il pelo sul petto, lisciandolo intorno ai bordi della grossa cicatrice che aveva riportato durante la missione di salvataggio del padre di Gregor. Le spalle del ratto, curve come se fossero oppresse da un gran peso, gli davano un’aria triste.
Gregor ripensò a quello che aveva detto la signora Cormaci, che tutti hanno bisogno di un po’ di gioia nella loro vita. Tese il sacchetto dell’insalata di pasta. — Tieni.
Ripred prese il sacchetto e ci ficcò il muso dentro. Dopo qualche boccone, appallottolò la carta e mangiò anche quella. Il cibo sembrò cambiargli l’umore. I suoi muscoli si allentarono e lui mandò una specie di sospiro rassegnato. — Ehm. Be’, immagino non si possa fare altrimenti. E aspettare non lo renderà più facile. Tanto vale che ci togliamo il pensiero.
— Come? — chiese Gregor. — Cos’è che dobbiamo fare?
— Hai sentito quello che ho detto o no? — ribatté Ripred.
Gregor aveva sentito, ma ancora non riusciva a capire. — So che il Flagello è un problema… — iniziò.
Ripred posò una zampa sulla spalla di Gregor, interrompendolo. Gregor vedeva il proprio riflesso nei lucenti occhi neri del ratto. Minuscolo e deformato.
— Dobbiamo ucciderlo, Guerriero — sussurrò Ripred. — Prima possibile.