Quando Maria rientrava da scuola dopo le due, doveva prepararsi un piatto di spaghetti. Non gli piaceva mangiare alla mensa, lo riteneva squallido.

Preferiva tornare a casa. Starsene tranquillamente in cucina a mangiare, guardare la piccola televisione e rimanere costantemente informato di tutto quello che accadeva nel mondo.

Un mondo che gli appariva impazzito, troppo complicato per uno come lui che non aveva mai lasciato la sua cittadina  di diecimila abitanti, che viveva di agricoltura e di alcune fabbriche che producevano frigoriferi e televisori.

Si ricordò che quella sera sarebbero usciti per una cena organizzata dalla Onlus, un’associazione di anziani, di cui Maria era consigliere.

Sistemò la cucina e uscì di nuovo senza incontrarla perché era in ritardo.

Non aveva fretta s’incamminò a piedi, durante il tragitto avrebbe riflettuto, al telegiornale c’erano state molte novità sul nuovo Governo.

Il pomeriggio passò in fretta. Tornato a casa, avevano accompagnato  Giovanni dai nonni, aveva scambiato due parole con il padre Luigi, che a mala pena lo riconosceva, ed ascoltato le solite lamentele della madre.

La cena era stata organizzata in una grande pizzeria, luogo di ritrovo di famiglie numerose e bambini scatenati, con cellulari al posto dei palloni, confusione e locali mal insonorizzati.

Alcuni degli anziani della Onlus avevano già il mal di testa.

“Questi genitori sono peggio dei loro figli, maleducati ...”

“E’ colpa dell’insonorizzazione.”

“Come va Enrico? Hai superato quel problema?”

“Lo tengo sotto controllo. Almeno per il momento non mi crea fastidi, anzi mi aiuta a sopportare. E tu come stai?”

Con Geraldo si confidava perché si vedevano quattro o cinque volte l’anno. Gli sembrava di affidare i suoi pensieri al vento, senza timore di vederseli proiettati contro. Solo a lui aveva raccontato dei suoi colloqui con Giovanni nella stanza segreta.

Geraldo era socio della Onlus ma abitava a una ventina di chilometri di distanza perché preferiva la collina, dove si stava al fresco. Era pensionato da una decina di anni ed aveva alcuni figli sparsi per l’Italia  che andava a trovare ogni tanto. Era la persona giusta a cui affidare i suoi pensieri.

Geraldo doveva avere pochi problemi perché non si lamentava mai, o forse semplicemente era più geloso delle sue cose. Parlava solo di ciò che lo faceva apparire all’altezza della scala sociale della piccola comunità rappresentata dagli associati della Onlus.

Gli piaceva parlare dell’acquisto di una casa, della cilindrata dell’auto, dei figli che avevano un buon lavoro. In fondo era una brava persona, non avrebbe mai fatto male ad una mosca ed era molto cauto nei suoi giudizi, e tuttavia, senza mai contraddirlo apertamente, non era d’accordo su molte delle idee di Enrico.

Anche quella sera pur condividendo la generale sensazione di decadimento del comportamento delle famiglie, delle istituzioni, della politica e l’affermarsi della maleducazione, non faceva nulla per spingere l’amico, che s’immergeva in maniera totale nel problema, ad andare oltre.

Lo sfogo con Geraldo risultava salutare, le occasioni di esprimere liberamente le sue opinioni erano rare.

La moglie Maria glielo impediva, lo riprendeva sempre, gli diceva: “ Ma a che cosa serve lamentarsi sempre? Lo sappiamo che le cose non vanno come dovrebbero, ma qual’è l’utilità di lamentarsi? A cosa serve? Per farsi venire l’ulcera o ancor peggio qualche altro male. Invece di parlare, trovati un’occupazione nel tempo libero, vai a pescare al lago, a camminare, a giocare a tennis, come fanno tanti nostri amici, smettila di startene ad elucubrare cattivi pensieri.”

Con Maria non poteva sfogarsi, anzi era peggio! Ma aveva trovato una soluzione, non che fosse stato proprio lui a trovarla, era venuta da se, ma era quello che ci voleva.

 

Qualche volta il sabato, ma soprattutto la domenica, Enrico diventava Mario Marconi, uno scrittore di fiabe.

Aveva scoperto la possibilità di pubblicare le sue storie su Amazon, alcuni anni prima, e la cosa gli era servita, in parte, per tacitare il senso di frustrazione che aveva sempre provato di fronte al rifiuto della case editrici di pubblicare le storie che lui riteneva molto buone.

Il momento della creazione era quello più gratificante, meno quello dell’attesa dei lettori che dipendeva da un marketing personale, che lui non era molto adatto a sviluppare.

Gli restava la grande soddisfazione di una recensione di una sconosciuta che aveva lodato il primo racconto da lui pubblicato, la storia di una bambina che non parlava e che finalmente in seguito ad un evento molto doloroso aveva trovato la parola. Una vicenda scritta in modo efficace e comprensibile per i piccoli lettori.

Anche quella mattina era rimasto solo in casa, libero di scrivere le sue storie, fantasticare, liberare la mente, attivare la memoria, dimenticare la burocrazia quotidiana, le cartelle delle tasse, le prevaricazioni, le ingiustizie, i fastidi provocati quotidianamente dai call center.

Maria era andata con Giovanni a trovare sua madre e si sarebbero fermati a pranzo, come spesso accadeva. Gli aveva lasciato in frigorifero i gnocchi alla romana già pronti e una bistecca di vitello che andava solo messa sulla griglia.

La giornata era bella, l’aria di primavera si respirava ovunque ed invece di fargli piacere lo infastidiva, sino al punto di costringerlo ad interrompere la storia che stava faticando a scrivere.

Evidentemente non era una giornata adatta, ma non aveva nessuna voglia di uscire, tutto lo infastidiva, e la cosa peggiore era che non capiva per quale motivo si trovasse in quella situazione, quando c’erano tutte le condizioni per una giornata serena.