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QUANTI DI TEMPO

C’è in casa

un orcio di vino vecchio,

di nove anni passati.

C’è, Fillide, nel giardino

l’appio per intrecciare corone

e tanta edera...

Ti invito a festeggiare

questo giorno di mezzo aprile,

giorno per me di festa,

più caro quasi del mio natale (IV, 11)

 

 

Lo strano paesaggio della fisica relativistica che ho descritto fin qui diventa ancora più alieno quando consideriamo i quanti: le proprietà quantistiche dello spazio e del tempo.

La disciplina che le studia si chiama «gravità quantistica», ed è il mio campo di ricerca.64 Non c’è ancora una teoria della gravità quantistica che raccolga il consenso della comunità scientifica e sia confermata da esperimenti. La mia vita scientifica è stata largamente dedicata a contribuire alla costruzione di una possibile soluzione al problema: la gravità quantistica a loop, o teoria dei loop. Non tutti scommettono su questa soluzione. Gli amici che lavorano sulla teoria delle stringhe, per esempio, seguono piste diverse, e la bagarre per stabilire chi ha ragione è in pieno corso. Bene, la scienza cresce anche grazie a feroci discussioni: prima o poi arriveremo a chiarire chi ha ragione, e forse non manca molto.

Riguardo alla natura del tempo, però, negli ultimi anni le divergenze sono diminuite, e molte conclusioni sono diventate abbastanza chiare ai più. Quello che si è chiarito è che anche la residua impalcatura temporale della relatività generale, illustrata nel capitolo precedente, si perde, se teniamo conto dei quanti.

Il tempo universale si è frantumato in una miriade di tempi propri, ma se teniamo conto dei quanti dobbiamo accettare l’idea che ciascuno di questi tempi, a sua volta, «fluttua», è sparso come in una nuvola e può avere solo certi valori e non altri... Non arrivano più a formare il foglio di spaziotempo disegnato nei capitoli precedenti.

Sono tre le scoperte di base a cui ha portato la meccanica quantistica: granularità, indeterminazione e l’aspetto relazionale delle variabili fisiche. Ciascuna di queste demolisce ulteriormente quel poco che restava della nostra idea di tempo. Vediamole una alla volta.

Granularità

Il tempo misurato da un orologio è «quantizzato», cioè prende solo certi valori e non altri. È come se il tempo fosse granulare invece che continuo.

La granularità è la conseguenza caratteristica della meccanica quantistica, da cui la teoria prende il suo stesso nome: i «quanti» sono i grani elementari. Esiste una scala minima per tutti i fenomeni.65 Per il campo gravitazionale questa si chiama «scala di Planck». Il tempo minimo è chiamato «tempo di Planck». Il suo valore si stima facilmente combinando le costanti che caratterizzano i fenomeni relativistici, gravitazionali e quantistici.66 Insieme, queste determinano il tempo di 10–44 secondi: un centomilionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un secondo. Questo è il tempo di Planck: a questi tempi piccolissimi si manifestano gli effetti quantistici sul tempo.

Il tempo di Planck è piccolo, molto più piccolo di quanto qualunque orologio reale possa oggi misurare. È talmente piccolo che non c’è da stupirsi se «laggiù», a una scala così minuta, la nozione di tempo non vale più. Perché mai dovrebbe valere ancora? Niente vale sempre e ovunque. Prima o poi, incontriamo sempre qualcosa di totalmente nuovo.

La «quantizzazione» del tempo implica che quasi tutti i valori del tempo t non esistono. Se potessimo misurare la durata di un intervallo con l’orologio più preciso immaginabile, dovremmo trovare che il tempo misurato prende solo certi valori discreti speciali. Non possiamo pensare la durata come continua. Dobbiamo pensarla discontinua: non come qualcosa che possa fluire uniformemente, ma come qualcosa che in un certo senso salta, come un canguro, da un valore all’altro.

In altre parole, esiste un intervallo minimo di tempo. Al di sotto di esso, la nozione di tempo non esiste neanche nella sua accezione più spoglia.

Fiumi di inchiostro versati nei secoli, da Aristotele a Heidegger, per discutere la natura del «continuo» forse sono stati male spesi. La continuità è solo una tecnica matematica per approssimare cose a grana molto fine. Il mondo è sottilmente discreto, non è continuo. Il Buon Dio non ha disegnato il mondo con linee continue: lo ha tratteggiato a puntini con mano leggera come faceva Seurat.

La granularità è ubiqua in natura: la luce è fatta di fotoni, particelle di luce. L’energia degli elettroni negli atomi può prendere solo certi valori e non altri. L’aria più pura come la materia più compatta sono granulari: sono fatte di molecole. Una volta capito che spazio e tempo di Newton sono entità fisiche come le altre, è naturale aspettarsi che anch’essi siano granulari. La teoria conferma quest’idea: la gravità quantistica a loop prevede che i salti temporali elementari siano piccoli, ma finiti.

L’idea che il tempo possa essere granulare, che ci siano intervalli minimi di tempo, non è nuova. È difesa nel VII secolo della nostra èra da Isidoro di Siviglia nelle sue Etymologiae, e nel secolo successivo dal Venerabile Beda in un’opera che si intitola significativamente De Divisionibus Temporum, le divisioni dei tempi. Nel XII secolo il grande filosofo Maimonide scrive: «Il tempo è composto da atomi, cioè da molte parti che non possono essere ulteriormente suddivise, a causa della corta durata».67 Probabilmente l’idea è ancora più antica: la perdita dei testi originali di Democrito non ci permette di sapere se fosse già presente nell’atomismo greco classico.68 Il pensiero astratto può anticipare di secoli ipotesi che trovano impiego – o conferma – nell’indagine scientifica.

La sorella spaziale del tempo di Planck è la lunghezza di Planck. Il limite minimo sotto il quale la nozione di lunghezza perde senso. La lunghezza di Planck è circa 10–33 centimetri: un milionesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un millimetro. Da ragazzo, all’università, mi sono innamorato del problema di cosa succede a queste scale piccolissime; ho dipinto un grande foglio con al centro, in rosso, un baluginante

 

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L’ho appeso nella mia camera da letto a Bologna, e ho deciso che il mio obiettivo sarebbe stato cercare di capire cosa succede laggiù, alle scale piccolissime dove spazio e tempo smettono di essere quello che sono. Fino ai quanti elementari di spazio e di tempo. Poi ho passato il resto della vita a provarci.

Sovrapposizioni quantistiche di tempi

La seconda scoperta della meccanica quantistica è l’indeterminazione: non è possibile prevedere in modo esatto, per esempio, dove apparirà domani un elettrone. Fra un’apparizione e l’altra l’elettrone non ha posizione precisa,69 è come fosse sparso in una nuvola di probabilità. Si dice, nel gergo dei fisici, che è in una «sovrapposizione» di posizioni.

Lo spaziotempo è un oggetto fisico come un elettrone. Anch’esso fluttua. Anch’esso può essere in una «sovrapposizione» di configurazioni diverse. Il disegno del tempo che si dilata, per esempio, dobbiamo – se teniamo conto della meccanica quantistica – immaginarlo come una sfocata sovrapposizione di spazitempi diversi, più o meno come nell’immagine qui sotto.

 

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Similmente fluttua la struttura di coni luce che in ogni punto distingue passato, presente e futuro, come qui:

 

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Anche la distinzione fra presente, passato e futuro diventa quindi fluttuante, indeterminata. Come una particella può essere diffusa nello spazio, così la differenza fra passato e futuro può fluttuare: un avvenimento può essere insieme prima e dopo un altro.

Relazioni

«Fluttuazione» non significa che quello che accade non sia mai determinato; significa che è determinato solo in alcuni momenti e in maniera imprevedibile. L’indeterminazione si risolve quando una quantità interagisce con qualcos’altro.70 Nell’interazione, un elettrone si materializza in un punto preciso. Per esempio, colpisce uno schermo, è catturato da un rivelatore di particelle, o collide con un fotone; prende una posizione concreta.

Ma c’è un aspetto strano di questo concretizzarsi dell’elettrone: l’elettrone è concreto solo rispetto agli oggetti fisici con cui sta interagendo. Rispetto a tutti gli altri, l’interazione non fa che diffondere il contagio dell’indeterminazione. La concretezza è solo relativa a un sistema fisico; questa, io credo, è la scoperta radicale della meccanica quantistica.71

Quando un elettrone colpisce un oggetto, per esempio lo schermo di un vecchio televisore a tubo catodico, la nuvola di probabilità con cui lo pensavamo «collassa» e l’elettrone si concretizza in un punto dello schermo, producendo il puntino luminoso che contribuisce a disegnare la scena televisiva. Ma è solo rispetto allo schermo che questo accade. Rispetto a un altro oggetto, l’elettrone comunica semplicemente la sua indeterminazione allo schermo, cosicché elettrone e schermo ora sono insieme in una sovrapposizione di configurazioni, ed è solo al momento dell’interazione con un ulteriore oggetto che la loro comune nuvola di probabilità «collassa» e si concretizza in una configurazione particolare, e così via.

È ostico fare propria l’idea che un elettrone si comporti in modo così bizzarro. Ancora più difficile digerire l’idea che così si comportino spazio e tempo. Eppure, con ogni evidenza, questo è il mondo quantistico: il mondo in cui viviamo.

Il sostrato fisico che determina la durata e gli intervalli temporali – il campo gravitazionale – non ha solo una dinamica influenzata dalle masse; è anche un’entità quantistica che non ha valori determinati se non quando interagisce con qualcosa. Quando lo fa, le durate sono granulari e determinate solo per quel qualcosa, mentre restano indeterminate per il resto dell’universo.

Il tempo si è sciolto in una rete di relazioni che non tesse neppure più una tela coerente. Le immagini di spazitempi (al plurale) fluttuanti, sovrapposti gli uni agli altri, che si concretizzano a tratti rispetto ad oggetti particolari, sono una visione vaga, ma è la migliore che ci resta della grana fine del mondo. Ci stiamo affacciando sul mondo della gravità quantistica.

 

 

Ricapitolo il lungo tuffo all’ingiù che è stata questa prima parte del libro. Il tempo non è unico: c’è una durata diversa per ogni traiettoria; passa a ritmi diversi secondo il luogo e secondo la velocità. Non è orientato: la differenza fra passato e futuro non c’è nelle equazioni elementari del mondo, è un aspetto contingente che appare quando guardiamo le cose trascurando i dettagli; in questa sfocatura il passato dell’universo era in uno stato curiosamente «peculiare». La nozione di «presente» non funziona: nel vasto universo non c’è nulla che possiamo ragionevolmente chiamare «presente». Il sostrato che determina le durate del tempo non è un’entità indipendente, diversa dalle altre che costituiscono il mondo; è un aspetto di un campo dinamico. Questo salta, fluttua, si concretizza solo interagendo e non è definito al di sotto di una scala minima... Cosa resta del tempo?

«Meglio che getti a mare l’orologio che hai al polso e cerchi di capire che il tempo che vuole catturare non è altro che il movimento delle sue lancette...».72

Entriamo nel mondo senza tempo.

 

 

 

64. Ne parlo in maniera approfondita in La realtà non è come ci appare (Cortina, Milano, 2014).

65. Non è possibile localizzare un grado di libertà in una regione del suo spazio delle fasi con un volume più piccolo della costante di Planck.

66. Velocità della luce, costante di Newton e costante di Planck.

67. Maimonide, Guida dei perplessi, I, 73, 106 a.

68. Possiamo cercare di inferire il pensiero di Democrito dalla discussione di Aristotele (per esempio in Fisica, IV, 213 sgg.), ma l’evidenza mi sembra insufficiente. Si veda Democrito. Raccolta dei frammenti, interpretazione e commentario di Salomon Luria, Bompiani, Milano, 2007.

69. A meno che non sia vera la teoria di DeBroglie-Bohm, nel qual caso c’è l’ha, ma ce la nasconde. Che forse non è poi così diverso.

70. Il termine tecnico per interazione è «misura», che è fuorviante, perché sembra implicare che per creare la realtà ci debba essere un fisico sperimentale in camice bianco.

71. Faccio qui uso dell’interpretazione relazionale della meccanica quantistica, che è quella che trovo meno implausibile. Le osservazioni che seguono, in particolare la perdita dello spaziotempo classico che soddisfa le equazioni di Einstein, restano valide in ogni altra interpretazione che io conosca.

72. Grateful Dead, Walk in the Sunshine.