«Esaminerò il resto degli account che dovrai gestire e mi accerterò che sia tutto sistemato. La ditta di traslochi verrà domani per imballare tutto, quindi sarà oggi o mai più».
«Perché continui a ricordarmelo? Sei sadica?» scherza Taylor, portandosi le mani sul viso.
«Sai che è così». Rido e le lancio una pallina di carta. «Oh, dai. Non ti mancherò così tanto. Hai appena avuto un grosso e grasso aumento di stipendio e una promozione niente male».
«Ma perderò un’amica e l’unica persona che mi piace in questo ufficio». Taylor mette il broncio.
Questo è uno dei motivi per cui piango tutti i giorni. Sono emotivamente distrutta.
Voglio bene a Taylor come a una sorella. Per anni ha fatto parte della mia vita quotidiana. Soprattutto, è una persona fantastica e mi mancherà terribilmente. La parte più egoista di me aveva sperato che venisse in California, l’altra parte è felice che abbia scelto di restare a New York. Qui brillerà. Se fosse venuta con me, per lei sarebbe stato difficile uscire dalla mia ombra. Voglio che abbia successo, ed è pronta per fare questo salto.
«Non mi perderai mai». Sorrido e inclino la testa. «Ecco cosa penso: quando ti chiamerò dopo una settimana e tu ti starai già godendo i vantaggi della nuova posizione, ti sarai dimenticata di me. Metterai quella culona irriverente di Elle al suo posto e lascerai tutti a bocca aperta».
Taylor si gira, asciugandosi le guance per nascondere le lacrime. «Prima che mi dimentichi, il tuo agente immobiliare ha chiamato. Ha detto di aver sistemato tutto e che preparerà i documenti. Il compratore è pronto a chiudere mercoledì».
«Merda. La funzione di Aaron è martedì. Dovrò andarci direttamente dopo».
«Oppure puoi cancellare il trasferimento».
«Impossibile» la rimprovero.
Lei getta in aria le mani e sbuffa. «Va bene. Come vuoi. Rovinami la vita. Riesaminiamo l’account della Raven».
Il mio buon umore precipita al pensiero di dover parlare di lui. Ho evitato di occuparmi della Raven fino all’ultimo. Abbiamo gestito il trasferimento dei contratti attraverso conference call. Per fortuna, non abbiamo avuto alcun problema. La maggior parte dei clienti conoscono già Taylor e si fidano di lei. Jackson, invece, sono sicura non permetterà che il passaggio si svolga in questo modo.
La verità è che non voglio parlare con lui, in più non voglio che sappia che sto per andarmene.
«Lo vedrò tra qualche giorno. Rivedrò gli ultimi dettagli con lui in quell’occasione. Sei a conoscenza di tutto e a questo punto abbiamo rivisto la maggior parte degli account. Dovrebbero aver bisogno di noi solo in caso di una catastrofe» dico, abbassando lo sguardo sui file per mascherare le mie emozioni.
«Giusto» replica Taylor. «Mi piacerebbe avere occasione di parlargli prima che tu parta. Jackson deve sentirsi a suo agio anche con me. Sai, in caso accada qualcosa di catastrofico. Non che non gli sia successo niente da quando abbiamo l’account, visto che gli hanno sparato, il suo miglior amico è morto e ha affrontato problemi piuttosto importanti». Mi lancia un’occhiata pungente. «Non ti sto chiedendo di rivelargli i tuoi segreti, Cat, sto solo dicendo che deve sapere che ora sono la sua agente. Diavolo, non me ne frega niente se gli dici che ti sei dimessa o ti hanno licenziata».
Ha ragione, sono stata ingiusta e poco professionale, ma in questi ultimi giorni sono un disastro. Le mie emozioni sono confuse, passo dall’eccitazione di scegliere l’appartamento in California al piangere a dirotto nel vendere la macchina. Tutto sembra più intenso a causa dello stress. Ashton continua a guardarmi come se fossi impazzita.
«Torno subito». Mi alzo e vado in bagno.
Sto diventando una codarda. Questo è il mio cavolo di lavoro e non dovrei portare rancore a Taylor. Se fossi nella sua posizione, chiamerei il cliente e gestirei la cosa di persona. Ma siccome sa tutto, sta cercando di non pestarmi i piedi per rispetto alla nostra amicizia. Forse se gli dicessi che mi sono dimessa e che ho accettato un altro lavoro, lui lascerebbe perdere?
Sì, certo. Parliamo di Jackson, l’uomo che dirige una società di sicurezza. Mi rintraccerebbe ancor prima che io possa lasciare la città. Tengo la testa abbassata e penso al modo giusto per affrontare questa cosa, quando sbatto contro qualcuno.
«Mi dispiace!» esclamo. Sollevo lo sguardo e vedo dei familiari occhi verdi e dei capelli color platino.
Ecco, adesso posso farcela. Voglio dire, è già abbastanza difficile avere a che fare con lei in una giornata buona.
«Dovresti esserlo» sibila Piper.
Serro i denti e stringo i pugni, pronta a dare un pugno in faccia a questa stronza. È incapace di comportarsi come un essere umano rispettabile. «Perché sei nel mio ufficio?».
Lei esibisce il suo classico sorrisetto sfottente e io combatto l’istinto di cancellarglielo dalla faccia.
«Vuoi dire il mio nuovo ufficio?». Si guarda intorno e fa un cenno di saluto a Sean, che ci sta guardando.
Chiudo gli occhi e ingoio la bile che mi è risalita in gola. Non sono mai stata più felice del mio trasferimento che in questo momento. «Sei stata assunta?».
«Già». Enuncia quella singola parola in tono brusco. «Non è grandioso? Lavoreremo insieme ogni singolo giorno».
Faccio una mezza risata e alzo gli occhi al cielo. «Non te l’hanno detto?». Mi protendo in modo cospiratorio. «Non lavoro più qui».
Spalanca gli occhi, facendomi capire che l’ho presa alla sprovvista. «Sei stata licenziata?».
«Licenziata? No, non essere sciocca». Faccio una pausa e sogghigno. «Mi hanno assegnato la dirigenza degli uffici in California. Quindi in un certo senso…». Mi picchietto il mento e lascio la frase in sospeso.
«Non è una bella cosa, Catherine?». commenta con sarcasmo.
«Sì, lo è. Ehi, ora che ci penso, credo che tu lavori per me». Sorrido, quando mi rendo conto che c’è una piccola parte di verità in quell’affermazione.
«Col cavolo». Piper cambia posizione e raddrizza le spalle, impettita.
Non sono mai stata una persona cattiva, in questo momento tuttavia mi sto godendo ogni secondo del suo disagio. Lei ne ha causato parecchio nella mia vita e sono troppo felice di ricambiare il favore.
Sospiro in modo drammatico. «Già, può essere, ma va bene. Probabilmente non durerai molto qui a prescindere da me. La nostra società non guarda di buon occhio le puttane bugiarde e maligne che non sanno cosa significhi essere professionali».
«Sul serio? E dimmi, sono tolleranti sull’andare a letto con i clienti?».
Tengo a bada la mia reazione perché farmi sbottare è esattamente ciò che vorrebbe. Resto lì, riluttante a distogliere gli occhi da lei. Non indietreggerò neanche per idea.
Alcuni secondi dopo, Piper sospira e si appoggia le mani sui fianchi. «Oh, Cat, non litighiamo. Ad ogni modo, non importa perché io avrò il tuo posto proprio come ho avuto il tuo uomo… o dovrei dire uomini» provoca, ma non può fregarmene di meno del solo uomo che ha avuto davvero.
Rido della sua stronzata e me ne vado. Non vale la pena perdere tempo con lei.
«Ah, Catherine?» mi chiama ad alta voce, fermandomi.
Non voglio fare una sceneggiata in ufficio, così mi giro e mi avvicino per tenere la voce bassa. «Cosa c’è?»
«Ho visto la tua conferenza stampa online, volevo chiamarti ma sapevo che ti avrei rivisto presto».
Mi sudano le mani e mi gira la testa.
Piper continua prima che io possa dire qualcosa. «Sei stata fantastica, ma avrei voluto registrarla, così avrei potuto rivedere la tua faccia quando hai scoperto della moglie del signor Cole. Deve essere stato un duro colpo. Sono stata felice di aver parlato con Linda, quella mattina. È una bravissima giornalista ed era impaziente di saperne di più della sua storia. Come sta sua moglie, comunque?».
Mi si torce lo stomaco e conficco le dita nei palmi. «Non sai niente».
Lei sogghigna e mi si avvicina lentamente con un luccichio negli occhi, sapendo che ha fatto centro. «Be’, a quanto pare neanche tu. Che peccato. Un altro uomo, un altro tradimento». Sospira e mi circonda la spalla con il braccio, come se fossimo grandi amiche che stanno chiacchierando in modo amichevole. «Non riesco a credere che non ti abbia raccontato di lei. È stata una delle prime cose di cui abbiamo parlato. Considerando la tua posizione di alto rango, dovresti sapere che sono domande basilari. Che orrore. Pensaci, sei proprio come me». Lei ride e io mi scrollo via dalla sua presa.
«Non sono per niente come te. Non vado a letto con uomini che è risaputo sono già impegnati. Non godo nel ferire gli altri. E di certo non vengo licenziata da tutti i posti di lavoro. No, tu e io non abbiamo niente in comune». Mi giro e mi allontano.
Vaffanculo a Piper. Un giorno il karma la prenderà a calci nel culo e io riderò.
Rinuncio ad andare in bagno, torno in ufficio e chiudo la porta. Taylor sobbalza per il rumore, ma io non dico una parola. Sono sicura di non avere più un solo colore in faccia.
«Cosa c’è che non va?» chiede, preoccupata.
“Tutto” è una buona risposta? In questo momento ho la sensazione che mi sfugga la terra da sotto i piedi. Perdere lui è già stata dura, ma sapere che Piper sapeva di sua moglie mentre io ne ero all’oscuro mi aggroviglia le budella. Quando le sorprese smetteranno di far male? Tutte le volte che sono quasi vicina a sentirmi bene, qualcos’altro che riguarda Jackson mi viene sbattuto in faccia. Per fortuna tra una settimana e mezzo me ne andrò. Grazie a Dio non dovrò lavorare con lei.
«A quanto pare hanno assunto Piper».
Lei spalanca la bocca. «Qui?» urla. «In questo ufficio?».
«Sì, ha salutato il signor Cartright e si è avvicinata per farmi sapere che lei e io avremmo lavorato insieme». Gemo e mi lascio cadere sulla sedia. «Cosa cavolo è saltato in mente ai soci?».
«Sulla carta sembra essere molto capace e anche davanti a una telecamera».
«Ma in tutto il resto fa schifo».
«Su questo sono d’accordo» conviene Taylor e ride. «Ma tu non lavorerai con lei. Solo io avrò il piacere».
«Sei sicura che non vuoi venire in California con me?». Le chiedo un’ultima volta, sperando di convincerla.
«A meno che tu non voglia assumere il mio sexy fidanzato, direi che è un no. Me ne starò seduta qui a complottare su come spingerla sotto a un bus. In modo accidentale, naturalmente» scherza Taylor e tutte e due scoppiamo a ridere.
«Sì, perché spingere stronze malefiche davanti ai veicoli in movimento è accidentale».
«Per lei penso che ci perdonerebbero». Taylor sorride e io annuisco.
Sì, una giuria di nostri colleghi ci perdonerebbe per aver spinto Piper sotto un camion. È l’incarnazione del diavolo.
Taylor rimette in ordine la scrivania e prendo il suo blocco degli appunti. «Okay, cos’altro dobbiamo rivedere? Ho un appuntamento bollente». Il suo accento strascicato del Midwest fa capolino.
«Sei un disastro» la prendo in giro, dissipando l’ansia causata da Piper.
«Però mi vuoi bene».
«Sì, te ne voglio».
Trascorriamo l’ora successiva riesaminando ciò che dovrà affrontare nel suo nuovo lavoro. Visto che è più che capace di svolgerlo senza problemi, non c’è molto da sistemare. Ridiamo per la maggior parte del tempo o ci abbandoniamo ai ricordi di clienti dimenticati. In questo ufficio ci sono molte memorie, alcune belle, alcune brutte, ma Taylor ne ha sempre fatto parte.
«Va bene, domani è il giorno della preparazione dei bagagli. Non tornerò in ufficio fino a venerdì e poi giovedì prossimo sarà il mio vero ultimo giorno qui».
«Non credo che la settimana prossima lavorerai».
«Non lo penso nemmeno io, ma voglio assicurarmi che sia tutto a posto. A casa ci sono un sacco di cose da fare, quindi mi prenderò un po’ di tempo questa settimana per cercare di sistemare le cose. Questo fine settimana avrò la serata con le ragazze e poi martedì ci sarà la funzione commemorativa. Il mio volo sarà quattro giorni dopo. Prima che me ne vada uscirai con noi, vero?».
Taylor sospira e si alza per andarsene. «Non lo so, questo fine settimana Quinn ha una cena di lavoro io dovrò esserci per sostenerlo. Inoltre, prima che tu parta ti rivedrò qui. Questa uscita con le ragazze ti serve proprio».
«Vorrei che tu ci ripensassi. A Gretchen e Ashton non dispiacerà».
«Lo so». Si ferma e si gira a guardarmi. «Non saprai mai quanto tu sia importante per me». Sorride ed esce dalla porta.
«Tay?» La chiamo e lei rimette dentro la testa. «Fidati, lo so».
Lei annuisce e chiude la porta.
Quando guardo fuori dalla finestra il sole sta tramontando. Con il passare dei minuti, la stanchezza prende il sopravvento. Sono esaurita, esausta e questo è solo l’inizio. Domani, la mia vita sarà impacchettata e spedita in California. Sono rimaste ancora alcune cose da fare qui e poi sarò sola. Ashton mi ha già detto che le posso baciare il culo se penso che se ne starà a casa a guardarmi fare le valigie. Da quando ho accettato il nuovo lavoro, abbiamo trascorso quasi tutte le sere insieme. Sono contenta che siamo riuscite a organizzare un’ultima serata per sabato. Le mie amiche mi mancheranno, ma hanno promesso di venirmi a trovare e Sean mi ha detto che dovrò tornare a New York per delle riunioni.
Raduno le mie cose e porto fuori la scatola con tutti i miei effetti personali. Mi soffermo a guardare l’ufficio quasi vuoto e mi si contrae lo stomaco. Ho trascorso tutta la mia carriera in questo edificio. Mi spezzerà il cuore lasciarmi tutto alle spalle, anche se è per inseguire il mio sogno.
***
«Ti è mai successo di vivere un dejà vu?» chiede Ashton in mezzo alla mia stanza ormai vuota. La ditta di traslochi ha portato via tutto alcuni giorni fa. Adesso è arrivato il momento per noi di trascorre la serata con Gretchen.
«Perché lo chiedi?». Chissà dove vuole arrivare.
Si guarda intorno e i suoi occhi s’induriscono. «Vieni, andiamo a parlare in soggiorno. Non sopporto di fissare questa roba».
Ashton può sembrare una tosta, ma per lei è difficile. Avevamo sempre discusso della possibilità di non vivere più insieme, ma nessuna delle due avrebbe pensato che includesse un trasferimento dall’altra parte del paese.
La seguo fuori dalla camera, trattengo a fatica la voglia di ridere per la sua faccia. «Okay, ci sono».
«Lo detesto, Cat!». Cade di peso sul divano e si porta le mani sulla faccia.
Non so cosa fare, così mi siedo sul tavolino e le appoggio la mano sul braccio. «Lo so. Lo detesto anch’io, ma devo andare».
Sposta la mano e scorgo le lacrime che minacciano di traboccare. «No, tu sei la mia famiglia. Non sono mai stata da sola. E Gretchen sta salvando il mondo, quindi non la vedrò mai. Non ho altri amici. Cioè, io diventerei mia amica» dice Ashton, appoggiandosi indietro sul divano. È seria riguardo a quello che ha detto.
«Non ho parole». Scoppio a ridere.
«Cosa? Dico sul serio».
«Per questo è triste».
«La gente non mi capisce». Si siede dritta e si asciuga una lacrima.
Mi sposto sul divano e l’abbraccio. «A volte sei un po’ troppo da sopportare, ma solo perché non hanno il privilegio di conoscerti davvero. Per fortuna, ho tollerato abbastanza a lungo le tue stronzate per sapere che è il tuo modo per proteggerti».
Ashton usa il suo atteggiamento come uno scudo. L’ho vista farlo sin da quando eravamo bambine. Lei respinge le persone prima ancora che si avvicinino. Come abbiamo potuto diventare amiche, non lo saprò mai. A volte, due persone che sulla carta non sembrano una bella coppia nella vita reale funzionano alla perfezione.
«Starò bene. Ne sto solo facendo un dramma»
«Come al solito» la rimprovero.
«Va’ a farti fottere».
«Ti piacerebbe».
«Ah, lo sai». Ashton ride e poi sospira.
«Per la maggior parte della mia vita mi hai spinta a realizzare i miei sogni. Adesso tocca a te». Mi fermo e, quando i suoi occhi blu si addolciscono, continuo: «Tu hai un cuore grande, ma intorno hai mura d’acciaio. So che non lasci avvicinare le persone perché è più sicuro. Ma tu, amica mia, meriti di essere amata».
Ashton mi abbraccia. «Salve, bue che dà del cornuto all’asino! I tuoi muri sono più spessi dei miei». Solleva un sopracciglio e mi stringe più forte.
«Non credo proprio. Se avessi dei muri d’acciaio, adesso non mi starei sbriciolando».
Quando la ditta di traslochi ha imballato i miei effetti personali, è spuntato fuori il biglietto che Jackson mi aveva lasciato dopo il litigio con Neil. Avevo stretto tra le mani quel minuscolo pezzo di carta per ore e avevo pianto. Avevo fissato le parole che erano state la mia àncora di salvezza quando lui se n’era andato e le lacrime erano scese senza sosta. Mi ero aggrappata alla sua promessa durante la sua assenza e quando aveva sfiorato la morte. Lui per me era tutto. Volevo una vita insieme a lui, ma alla fine mi ritrovo maltrattata e ferita… di nuovo.
«A volte ti sbricioli perché hai delle crepe e adesso sarai indistruttibile».
Rido e anche Ashton. «Hai una faccia di culo».
«Un culo indistruttibile?». Sorride e cerca di guardarsi il sedere.
«Penso che in qualche punto tu abbia delle crepe» ridacchio e l’abbraccio forte. «Dico sul serio, Ash, devi lasciarti avvicinare. Mostra la persona dolce, affettuosa e amorevole che sei. Non devi sempre essere una stronza».
Si ritrae dall’abbraccio e mi guarda. «Lo so. E tu… Ti ho osservata passare settimane a rimettere insieme i pezzi fingendo di star bene. Ti ho vista alzarti, vestirti, avere una promozione, tutto con il cuore a pezzi. Non dovevi nasconderti dietro la tua armatura, ma hai scelto di farlo. Sono forte la metà di quanto lo sei tu. Quando Gary mi ha lasciata, dopo il college, per inseguire le sue passioni, io ho perso le mie. Non voglio mai più sentirmi così».
Gary e Ashton erano perfetti l’uno per l’altra. Si erano conosciuti al college e avevano avuto una storia d’amore travolgente. Lui le aveva promesso il mondo e l’aveva abbandonata lasciandola distrutta. Gary era in una band e una loro canzone aveva avuto successo; aveva fatto le valigie e se n’era andato senza guardarsi indietro, come se lei fosse del tutto irrilevante. Ashton non aveva mai pianto. Invece, si era rifiutata di amare di nuovo.
«Se si trattasse di me, cosa diresti?» chiedo.
Lei sbuffa e si alza in piedi. «Ti direi quello che dico sempre. Ma tu sei diversa. Tu hai un cuore. Il mio è avvizzito e morto».
«Ash, tu hai un cuore. Un cuore grandissimo». Mi alzo e la stringo a me in un abbraccio.
«Chi mi prenderà a calci nel culo quando farò la mignottroia?» chiede con serietà.
La guardo con tristezza perché non so cosa rispondere. Entrambe abbiamo fatto affidamento l’una sull’altra per tutta la vita e vederla vulnerabile mi lascia disorientata.
«Ti prenderò ancora a calci, soltanto che lo farò dall’altro capo del paese».
«Cavolo, che gambe lunghe che hai!» esclama Ashton. «Okay, basta parlare di cose tristi. Fingiamo che stai solo partendo per un viaggio di lavoro anziché lasciarmi qui sola e depressa».
Solo lei può essere così folle. «Starai bene. Forza, andiamo a ubriacarci, così avrò qualcosa per prenderti in giro». La prendo a braccetto e usciamo di casa. Prendiamo il treno per Manhattan per incontrarci con Gretchen.
Speriamo che stasera non sia una replica dell’ultima volta che noi tre siamo uscite insieme.