LUCARELLI: Posso cominciare con una domanda stupida? Dopo ne ho tante di molto più intelligenti, almeno spero, però adesso che l'ho vista mi è venuto in mente questo, perché lo chiedono sempre a me, ad ogni presentazione. Tutte le volte c'è una signora che alza la mano e dice: Come mai si veste sempre di nero? Ecco, lo chiedo a lei, così saprò cosa rispondere la prossima volta: Come mai si veste sempre di nero?

POE: Non mi vesto sempre di nero.

LUCARELLI: Adesso è vestito di nero. E io so che quando compra un vestito chiaro poi lo fa tingere.

POE: Come lo sa?

LUCARELLI: Ho i miei informatori.

POE: Mi vesto sempre di nero perché mi piace. E perché mi sembra più in tono con il mio umore, che anche quando non è malinconico e cupo, è... come dite voi, oggi? Noir. Anche quando rido, e rido più spesso di quanto si pensi. E lei perché si veste di nero?

LUCARELLI: Più o meno per gli stessi suoi motivi. E anche perché, come dice il mio amico Eraldo Baldini, e neghèr smègra, il nero smagrisce.

POE: Interessante. Comunque lei ha ragione.

LUCARELLI: Che il nero smagrisce?

POE: No, che era una domanda stupida. Ne ha qualcuna migliore?

LUCARELLI: Sì, spero di sì. Gadda, un grande scrittore italiano, diceva che uno scrittore è un competente di parole. E infatti finiamo tutti per scrivere tante cose: romanzi, sceneggiature per film, per fumetti, saggi... lei, per esempio, ha scritto un romanzo, alcuni articoli, poemi sulla scienza, saggi sulla scrittura, tragedie per il teatro. Ma soprattutto molti racconti e poesie. Ecco, se ci fosse una legge sul conflitto di interessi per gli scrittori...

POE: Sul conflitto di che?

LUCARELLI: Non importa, cose nostre... diciamo che per risolvere la disoccupazione intellettuale uno possa scrivere una cosa sola. Lei cosa scriverebbe?

POE: Sono poeta, se l'amore per il Bello può rendere poeti, e desidero esserlo. Io sono irrimediabilmente poeta. Mi preme dire qualcosa riguardo la poesia. La poesia è una breve costruzione letteraria. Anche una poesia lunga è, in realtà, una semplice sequenza di poesie brevi. O meglio, di brevi effetti poetici. Non credo ci sia bisogno di dimostrare che una poesia è tale solo in quanto eccita intensamente l'anima, elevandola; e tutti gli eccitamenti intensi sono, per necessità fisica, brevi. Se un'opera letteraria di qualunque tipo è troppo lunga perché la si legga in una seduta sola, l'autore si deve rassegnare a fare a meno dell'effetto, di enorme importanza, legato all'unità di impressione. Perché, se occorrono due sedute, fra l'una e l'altra si frappongono le vicende del mondo, e ogni parvenza di totalità viene immediatamente distrutta.

LUCARELLI: È per questo che ha scritto moltissimi racconti piuttosto che romanzi? Perché sono più adatti a mantenere una certa unità d'impressione?

POE: Ho sempre pensato che il racconto offrisse, nel campo della prosa, la migliore occasione per dispiegare il massimo talento. Il racconto ha dei vantaggi che il romanzo non presenta. E il racconto, per quanto mi riguarda, è un settore assai più raffinato di quello del saggio, che dà dei punti persino alla poesia.

LUCARELLI: Non ho capito... se fosse costretto a scegliere scriverebbe racconti o poesie?

POE: Poesie che sembrano racconti. Racconti che sembrano poesie. Ha capito adesso?

LUCARELLI: Sì.

POE: Io credo di no, ma non importa. Andiamo avanti.

LUCARELLI: Nelle sue opere parla spesso di Bellezza...

POE: La Bellezza è l'unico spazio legittimo della poesia. Quel piacere che è, ad un tempo, il più intenso, il più elevante e il più puro si ha, credo, nella contemplazione del bello.

LUCARELLI: Però parla spesso di malinconia, di angoscia, di terrore, di morte...

POE: Mi sono chiesto molte volte quale possa essere il tono della più alta manifestazione della Bellezza: e ogni esperienza ha dimostrato che questo tono è quello della tristezza.

LUCARELLI: Della tristezza?

POE: Sì. La Bellezza di ogni specie, nelle sue più alte manifestazioni, invariabilmente muove alle lacrime l'anima sensibile. La Malinconia è dunque il più proprio di tutti i toni poetici. È d'accordo?

LUCARELLI: Sì.

POE: Io credo di no, ma non importa. Lei diceva anche terrore e morte... ecco, il terrore e la suspense si addicono benissimo alla brevità del racconto, e l'orrore e la fatalità hanno avuto a che fare con ogni secolo. Fra tutti gli argomenti malinconici, qual è, secondo il concetto universale dell'umanità, il più malinconico? La Morte. E quando è più poetico questo argomento, fra tutti il più malinconico? Quando è più strettamente congiunto alla Bellezza: dunque la morte di una bella donna è, senza dubbio, l'argomento più poetico del mondo. Non le chiedo se ha capito e se è d'accordo perché già so la risposta.

LUCARELLI: Lei scherza spesso e io non so se prendere sul serio quello che dice oppure no.

POE: Sì, qualcuno mi ha fatto anche notare che avrei potuto scrivere alcuni dei miei racconti così, tanto per scherzare. È possibile, anche se questo scopo è rimasto ignoto in parte anche a me. In fondo ci sono cose tanto comiche al mondo, che non si può fare a meno di ridere, se non si vuol morire.

LUCARELLI: Nella Filosofia della composizione ha cercato di ricostruire la nascita della sua poesia più famosa e mi lasci dire, più efficace... stavo per dire più bella, ma la bellezza è soggettiva. Il corvo. Ecco, non crede di far perdere fascino alle sue opere svelandone il meccanismo di composizione?

POE: No, non credo. Mi è capitato spesso di pensare quanto sarebbe interessante il saggio di uno scrittore che volesse (o meglio, che sapesse) raccontare nei particolari, passo per passo, i processi attraverso i quali ha portato a termine un suo testo. Ma la maggioranza degli scrittori, e in modo particolare i poeti, preferiscono far credere che quando compongono sono preda di una sorta di sottile frenesia, di una intuizione estatica. Lei crede all'intuizione estatica?

LUCARELLI: No. Io sono d'accordo con un altro grande scrittore italiano, Giorgio Scerbanenco, che diceva che per scrivere bisogna averne voglia. È come per stirare, diceva, se non ne hai voglia lo fai male. Lo stato di intuizione estatica dovrebbe essere permanente, in uno scrittore, uno stato di normalità quotidiana.

POE: Sì, più o meno potrei concordare con lei. Ecco, le stesse persone che parlano di quella sottile frenesia estatica probabilmente rabbrividirebbero solo all'idea di permettere che i lettori possano sbirciare cosa si nasconde dietro la cruda e vacillante elaborazione di uno scritto: potrebbero scoprire che il senso globale dell'opera spesso raggiunge l'autore solo all'ultimo momento, che i molteplici balenii di un'idea colpiscono l'autore mille volte senza mai arrivare a una piena maturità, che le fantasie ben mature, invece, frequentemente devono essere scartate perché divenute inservibili nell'avanzare della composizione. Per non parlare delle selezioni attente, le dolorose cancellature, le interpolazioni. In poche parole: le ruote e gli ingranaggi delle macchine usate per i cambi di scena e, per rimanere nell'immaginario teatrale, le scale a pioli, le botole, le penne di gallo, il belletto rosso e i nei finti. Tutte cose che costituiscono il bagaglio dell'estro letterario quasi nella sua interezza, un novantanove per cento.

LUCARELLI: Come nascono le sue opere? Da cosa ha origine quello che scrive?

POE: Io preferisco cominciare studiando un effetto. Tenendo sempre d'occhio l'originalità (perché tradisce se stesso chi si azzarda a privarsi di una fonte di interesse tanto ovvia e tanto facile a raggiungersi), io mi dico, in primo luogo: «Degli innumerevoli effetti, o impressioni, di cui è suscettibile il cuore, o l'intelletto, o più genericamente la mente, quale mi conviene scegliere in questo caso?» Una volta scelto un effetto che sia anzitutto inedito, e poi intenso, rifletto su cosa possa meglio indurlo; se sia preferibile introdurre episodi correnti e un registro, invece, singolare, o il contrario, o tendere a una singolarità tanto dell'episodio quanto del registro. A questo punto mi guardo intorno, o piuttosto mi guardo dentro, cercando le combinazioni di episodi e di registro che meglio possano aiutarmi a costruire quell'effetto.

LUCARELLI: Ma non tutti gli scrittori possono avere le capacità critiche per analizzare e decostruire le loro opere...

POE: Mi rendo conto, infatti, come sia difficile che uno scrittore riesca perfettamente a ripercorrere i passi che lo hanno condotto al suo punto d'arrivo. Generalmente le invenzioni insorgono alla rinfusa, e alla rinfusa vengono inseguite e dimenticate. Ma penso siano poche le persone che non si siano divertite, in qualche momento della loro vita, a seguire il percorso che li ha portati a determinate conclusioni. Per conto mio non ho mai avuto la minima difficoltà a rievocare mentalmente, uno dopo l'altro, gli stadi della composizione di un mio testo, né me ne pento. L'ho fatto molto volentieri anche su carta scrivendo, come lei ricorda, La filosofia della composizione che tratta anche della poesia Il corvo.

LUCARELLI: Mentre la sento parlare da scrittore mi sembra di sentire Auguste Dupin che parla da detective. Auguste Dupin è uno dei suoi personaggi, un investigatore privato che non esce quasi mai di casa e che risolve i misteri più efferati e intricati con l'uso della ragione...

POE: Lo dice a me? Lo conosco il cavalier Dupin, l'ho creato io...

LUCARELLI: Lo dico per quelli, qui, che non hanno mai letto I delitti della rue Morgue o gli altri racconti di Dupin...

POE: Oh, sì, certo, mi scusi. In effetti quello analitico è un esercizio che mi diverte molto. Credo che la felicità non sia tanto nella conoscenza, ma nell'acquisizione della conoscenza, nell'atto della ricerca e soprattutto nel momento in cui si apprendono le informazioni e si svelano gli arcani. Uso molto le facoltà mentali che vengono definite analitiche che però a loro volta sono poco suscettibili di analisi. Si riesce a comprenderle a fondo solo nei loro effetti. Per chi le possiede in misura straordinaria sono, sempre, fonte del più vivo godimento. Come l'uomo forte gode della propria prestanza fisica, dilettandosi di quegli esercizi che impegnano i suoi muscoli, così l'analista si compiace di quell'attività mentale che risolve. L'analista trae piacere anche dalle occupazioni più banali, purché impegnino i suoi talenti. É appassionato di enigmi, di rebus, di geroglifici, facendo mostra nel risolverli di un acume che a un'intelligenza comune appare soprannaturale. Lei è bravo a fare rebus?

LUCARELLI: Io? No.

POE: Ecco, appunto. Comunque i risultati cui perviene la mente analitica, dedotti dall'anima stessa, dall'essenza del metodo, hanno, in verità, tutta l'aria dell'intuizione.

LUCARELLI: Lei viene considerato l'inventore del giallo... in senso letterario, naturalmente. Il giallo classico, quello col detective che deduce. I delitti della rue Morgue è del 1841, data di nascita del genere. Le dispiace se uso questa parola, genere?

POE: È qualcosa che indica un libro? Se il libro è ben scritto e fa quello che deve fare può chiamarlo come vuole.

LUCARELLI: Io non lo sapevo, perché di lei avevo letto soprattutto le opere più vicine alla mia sensibilità, quelle cosìddette gialle, appunto, o quelle che fanno paura. Però quando mi sono preparato per questa intervista ho scoperto che ha anticipato di almeno settantanni la teoria del Big Bang e dell'universo in espansione. Era in un suo poema, Eureka. Ecco, avrebbe potuto scrivere tante cose con grande profondità e invece ha scritto soprattutto racconti che giocano sull'emotività dei lettori risvegliando in loro antiche paure. Come mai ha messo il suo acume soprattutto al servizio dell'espressione del terrore?

POE: La mia tristezza molte volte è inesplicabile. Io discendo da una razza che si è sempre distinta per immaginazione e temperamento facilmente eccitabile.

In molti mi hanno definito pazzo, ma ancora non è risolta la questione se la pazzia sia o meno l'intelligenza più elevata, se molto di ciò che troviamo splendido e profondo non scaturisca da una malattia del pensiero, da umori della mente esaltata a spese del comune intelletto. Coloro che sognano a occhi aperti sono consci di molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte. Nelle loro grigie

visioni colgono frammenti d'eternità e destandosi fremono nell'intimo allo scoprire d'esser stati sulla soglia del gran segreto. A tratti, apprendono qualcosa della sapienza che ha per oggetto il bene, e qualcosa di più sulla pura conoscenza del male. Anche nei momenti in cui la mia situazione era, per molti aspetti, gradevole, mi sembrava, ahimè, che nulla potesse darmi piacere o una pur minima contentezza. Ho lottato invano contro l'influsso di questa melanconia. Sono stato spesso infelice. Credo di aver voluto sviscerare il mio dolore nelle mie opere.

LUCARELLI: Speravo di trovare la risposta a un'altra delle domande che mi fanno sempre nelle presentazioni. La solita signora che alza la mano e dice: Ma come mai uno con l'aspetto per bene come lei scrive certe brutte cose? Eppure io non ho avuto una vita difficile come la sua. La melanconia non è uno dei miei sentimenti dominanti, anzi. Capisco, lei ha subito diversi lutti. Dalla scomparsa di sua madre a quella di suo fratello, per non parlare di Virginia...

POE: Con queste parole lei risveglia il terribile demone che causa le irregolarità del mio umore... il demone più grande che mai distrusse un uomo. A Virginia, la donna da me amata come mai altro uomo amò una donna, disperatamente, si spezzò un'arteria mentre cantava e io soffrii tutta l'agonia della sua morte... Non potei più sopportare l'orribile, infinita oscillazione fra la disperazione e la speranza e persi la ragione. Io non trovo alcun godimento nell'uso di stimolanti verso i quali sono così indulgente. Solo per il desiderio di sottrarmi alla tortura dei miei ricordi ho messo in pericolo la mia vita e non per un desiderio di piacere.

LUCARELLI: Mi rincresce. Però devo insistere. É solo questo che ci porta a rivolgerci alla metà oscura delle cose? A guardare negli angoli bui? Lo facciamo solo perché siamo malati? Io, ripeto, non lo sono. Non credo di esserlo...

POE: Vi sono, di fatto, dei segreti che non possono essere rivelati. Taluni uomini muoiono, a notte, nel loro letto, torcendo le mani agli spettri cui si confessano e guardandoli pietosamente coi loro occhi smarriti... e v'è chi muore disperato con la gola strozzata dalle convulsioni per l'atrocità dei misteri che non vogliono svelarsi. Troppo spesso, ahimè, l'umana coscienza porta con sé un tale fardello d'orrore che non riesce a sbarazzarsene se non nella tomba. La miseria è molteplice. E la sventura sulla terra è multiforme. Essa difatti domina il largo orizzonte, simile all'arcobaleno. E come quello è di vario colore, e consente alle diverse tinte, pur essendo tra loro fuse, d'essere l'una dall'altra distinta. così, da un'immagine di bellezza, io riesco a trarre il paragone con una tale bruttura. Dal simbolo della pace riesco a trarre una similitudine col dolore. Ma non c'è nulla di strano in questo. Nell'etica, il male è considerato come una conseguenza del bene, e così nella realtà delle cose è soltanto dalla gioia che nasce la sofferenza. E la memoria della felicità trascorsa a generare l'angoscia del presente, ovvero sono le attuali agonie a essere originate da estasi, le quali avrebbero potuto essere.

LUCARELLI: Non ha timore di mostrare a tutti le sue paure?

POE: Dichiarare la propria viltà può essere un atto di coraggio.

LUCARELLI: E non è morbosità scavare così a fondo nelle brutture del mondo, nei delitti, nella cronaca?

POE: No, gliel'ho detto adesso. É poesia.

LUCARELLI: Va bene, allora, dare voce ai demoni: adesso so cosa rispondere alla signora delle presentazioni. Posso farle un'altra domanda?

POE: Preferirei di no.

LUCARELLI: No?

POE: Sento l'esigenza di una pausa.

LUCARELLI: Ah sì... lo so, in teatro è vietato fumare.

POE: Temo che la mia esigenza sia più drammatica e più illegale di una sigaretta. Mi faccia questa ultima domanda.

LUCARELLI: La letteratura può cambiare il mondo?

POE: La letteratura può cambiare un uomo?

LUCARELLI: Sì.

POE: E allora può anche cambiare il mondo. La saluto, adesso devo proprio andare.

LUCARELLI: Arrivederci.

POE: Addio.