
Pippi Calzelunghe non vuole
diventare grande
Oh, quanto abbracciarono i loro bambini, la mamma e il papà di Tommy e Annika, e quanto li baciarono! Poi gli prepararono una squisita cenetta e gli rimboccarono le coperte, quando si furono coricati. E rimasero seduti per ore e ore sul bordo dei loro letti ad ascoltare i racconti delle meravigliose avventure che avevano vissuto nell’isola di Kora-Kora. Erano felicissimi, tutti e quattro. Tommy e Annika erano dispiaciuti solo per una cosa, ed era la faccenda del Natale. Non volevano confessare alla loro mamma che li rattristava il fatto di non aver avuto l’albero di Natale e i regali, ma era proprio così. Era davvero strano essere di nuovo a casa, come sempre accade dopo un lungo viaggio, e sarebbe stato un conforto se almeno fossero ritornati per la vigilia di Natale.
Anche il pensiero di Pippi dava loro molta pena: probabilmente in quel momento se ne stava a Villa Villacolle a letto con i piedi sul cuscino, senza nessuno che le rimboccasse le coperte. L’indomani sarebbero andati a trovarla il più presto possibile.
Ma il giorno dopo la loro mamma non volle lasciarli andare, perché dopotutto non li vedeva da un sacco di tempo, e inoltre a pranzo sarebbe venuta la nonna materna a dargli il bentornato. Tommy e Annika si domandavano preoccupati come Pippi stesse passando la giornata, e quando cominciò a farsi buio non resistettero più.
«Mammina cara, per favore, dobbiamo proprio andare a salutare Pippi» disse Tommy.
«E va bene, filate, ma tornate presto» sospirò la signora Settergren.
E Tommy e Annika non se lo fecero ripetere due volte.
Giunti al cancello di Villa Villacolle, si arrestarono incantati: pareva proprio una cartolina natalizia. La casa era ricoperta di soffice neve, e tutte le finestre erano allegramente illuminate. Sulla veranda era accesa una fiaccola, che proiettava il suo bagliore lontano sulla bianca distesa di neve là fuori. Un sentierino era stato spalato per bene fino alla veranda, così Tommy e Annika non furono costretti a sprofondare nei cumuli di neve.
Proprio mentre stavano pestando i piedi sulla veranda per togliersi la neve, la porta si aprì e apparve Pippi.
«Buon Natale e benvenuti nella qui presente dimora!» disse, e li spinse in cucina. E lì c’era niente popò di meno che... un albero di Natale! Le candele erano accese e diciassette stelline scintillanti bruciavano scoppiettando e diffondendo un piacevole odorino tutt’intorno. Sulla tavola erano apparecchiati crema di riso alla cannella, prosciutto di Natale, salsicce e ogni sorta di cibo natalizio, persino biscotti allo zenzero a forma di omino e ciambelline fritte. Nella cucina economica il fuoco era acceso e accanto al cassone della legna il cavallo grattava elegantemente il pavimento con lo zoccolo. Il Signor Nilsson invece saltellava di qua e di là tra le stelline scintillanti sull’albero di Natale.

«Secondo i miei piani» disse Pippi, «il Signor Nilsson avrebbe dovuto fare l’Angelo di Natale. Ma è bravo chi riesce a tenerlo fermo».
Tommy e Annika erano rimasti senza fiato.
«Oh, Pippi» esclamò finalmente Annika, «che meraviglia! Come hai fatto a trovare il tempo di preparare tutto questo?»
«Sono operosa come una formica» disse Pippi.
All’improvviso Tommy e Annika si sentirono straordinariamente felici.
«È stata una buona idea, tornarcene a Villa Villacolle» disse Tommy.
Si misero dunque a tavola e si rimpinzarono di prosciutto, di crema di riso alla cannella e di biscotti allo zenzero, e trovarono tutto ancora più squisito delle banane e dei frutti del pane.
«Che bello!» esclamò Annika. «Alla fine abbiamo avuto lo stesso il Natale. Però senza regali, si capisce».
«Meno male che l’hai detto!» disse Pippi. «I vostri regali li ho nascosti... Dovete trovarli da soli».
Tommy e Annika si fecero tutti rossi in faccia dalla gioia: subito saltarono su dalla sedia e cominciarono a cercare. Nel cassone della legna Tommy trovò un grande pacco, con su scritto ‘TOMMY’: dentro c’era una bella scatola di colori. Sotto il tavolo Annika trovò un pacchetto col suo nome, e dentro c’era un grazioso parasole rosso.
«Questo me lo porto a Kora-Kora, la prossima volta che ci andiamo» disse.
Altri due pacchetti erano appesi sotto la cappa del camino: in uno c’era una piccola jeep per Tommy, nell’altro un servizio da tè per bambole per Annika. Un pacchetto minuscolo era appeso alla coda del cavallo e dentro c’era una sveglia, da tenere nella loro camera da letto.
Quando ebbero trovato tutti i loro regali, Tommy e Annika corsero ad abbracciare forte Pippi per ringraziarla. Era alla finestra della cucina e stava contemplando la coltre di neve che copriva il giardino.
«Domani costruiamo una grande casa di neve» disse. «E di sera la illuminiamo di candele accese».
«Oh, sì, facciamola!» esclamò Annika, sentendosi sempre più contenta di essere ritornata a casa.
«Sto anche pensando che potremmo spianare una pista da sci che parte dal tetto e si congiunge ai cumuli di neve sotto» continuò Pippi. «Ho intenzione di insegnare al cavallo a sciare, devo solo capire se ha bisogno di quattro sci, oppure se gliene bastano due».
«Ci divertiremo un mondo, domani» disse Tommy. «Che fortuna essere ritornati nel bel mezzo delle vacanze di Natale!»
«Ci divertiremo sempre un mondo» aggiunse Annika. «Qui a Villa Villacolle, a Kora-Kora e ovunque».
Pippi annuì, d’accordo. Si erano seduti tutti e tre sul tavolo della cucina, e a un tratto un’ombra di tristezza passò sul volto di Tommy.
«Non voglio mai diventare grande» disse con decisione.
«Nemmeno io» gli fece eco Annika.
«Davvero, non è nulla a cui aspirare» disse Pippi. «Le persone grandi non si divertono mai. Hanno solo molto da lavorare, abiti buffi, i calli e le tasse cumunali».
«Tasse comunali, si dice» la corresse Annika.
«Fa lo stesso, sempre la stessa robaccia è» disse Pippi. «E poi sono pieni di superstizioni e di pazzie: credono per esempio che succede chissà cosa, se ci si infila il coltello in bocca mentre si mangia, e cose così».
«E non sanno nemmeno giocare» disse Annika. «Che noia, dover diventare grandi!»
«E chi ha detto che si deve?» chiese Pippi. «Se la memoria non m’inganna, devo avere un paio di pillole da qualche parte...»
«Che pillole?» domandò Tommy.
«Pillole ottime per chi non vuole diventar grande» disse Pippi, saltando giù dal tavolo. Cercò dappertutto, negli armadi e nei cassetti, e poco dopo ricomparve con tre palline del tutto simili a piselli secchi.
«Piselli?» chiese Tommy, stupito.
«Sembrano proprio piselli, vero? E invece non lo sono affatto» disse Pippi. «Sono pillole Cunegunde. Me le diede molto tempo fa, a Rio, un vecchio capo indiano quando gli dissi che non ci tenevo un granché a diventare grande».
«Bastano queste minuscole pillole?» chiese Annika, dubbiosa.
«Sì, sì» assicurò Pippi. «Ma bisogna inghiottirle al buio, e dire così:
‘Piccole e belle Cunegunde,
non voglio mai diventare grunde’».
«‘Grande’, vorrai dire» la riprese Tommy.
«Se ho detto ‘grunde’, intendo proprio ‘grunde’» disse Pippi. «Il trucco sta proprio qui: quasi tutti dicono ‘grande’, e non potrebbero commettere sbaglio peggiore, perché allora si comincia a crescere e non si smette più. C’era una volta un ragazzo che mangiò queste pillole dicendo ‘grande’ invece di ‘grunde’: cominciò a crescere in maniera paurosa, metri e metri al giorno. Una cosa tristissima. Finché riusciva a mordere le mele direttamente dall’albero come una giraffa, ancora ancora era comodo, ma presto non gli riuscì più: era troppo alto. E quando le amiche di sua madre venivano a farle visita, e volevano dirgli ‘Oh, come ti sei fatto grande!’ erano costrette a gridarglielo col megafono. Di lui non si scorgeva altro che un paio di gambe magre e lunghissime, che sparivano tra le nuvole come due aste portabandiera. Di lui non si seppe più nulla... ah, sì, una volta, quando gli venne in mente di leccare il sole e si fece una bolla sulla lingua, allora cacciò un urlo tale che sulla Terra i fiori appassirono. Questo fu il suo ultimo segno di vita, anche se le sue gambe staranno continuando a girovagare per le strade di Rio causando scompiglio nel traffico, immagino».
«Non ho il coraggio di mangiare queste pillole» disse Annika, spaventata. «Sarebbe terribile, se dovessi sbagliare».
«Non sbaglierai» la rassicurò Pippi. «Altrimenti sta’ certa che non ti offrirei le mie pillole, perché sai che noia poter giocare soltanto con le tue gambe. Pensa: Tommy, io e le tue gambe! Che bella compagnia!»
«Vedrai che non sbaglierai, Annika!» la incitò Tommy.
Spensero le candele dell’albero di Natale, in modo che nella stanza fosse tutto buio, tranne davanti alla cucina economica, dove la luce del fuoco filtrava da dietro lo sportello. I tre bambini si sedettero in cerchio per terra, in completo silenzio, e si presero per mano. Pippi diede a Tommy e ad Annika una pillola Cunegunda ciascuno. Un brivido d’emozione corse loro lungo la spina dorsale: pensate, un attimo dopo quelle pillole straordinarie sarebbero state dentro il loro stomaco, e poi non sarebbero mai, mai stati costretti a diventare grandi. Che meraviglia!
«Ora!» sussurrò Pippi.
Ingoiarono le loro pillole.
«Piccole e belle Cunegunde, non voglio mai diventare grunde» recitarono tutti e tre in coro.

Fatto! Pippi riaccese la luce.
«Splendido!» esclamò. «E così evitiamo di diventare grandi, di avere calli e altre disgrazie. Però le pillole sono rimaste talmente a lungo nel mio armadio, che non si può essere proprio sicurissimi che non abbiano perso il loro potere. A ogni modo, speriamo per il meglio».
Ad Annika era venuta in mente una cosa.
«Oh, Pippi» disse disperata, «e tu che dovevi fare il pirata, da grande!»
«Bah, posso farlo lo stesso!» disse Pippi. «Posso diventare un piccolissimo pirata rabbioso che sparge morte e desolazione intorno a sé».
Rimuginò per un attimo.
«Pensate un po’» continuò. «Pensate un po’ se una vecchietta, che si trova a passare di qui fra moltissimi anni, ci vede giocare in giardino e magari ti chiede, Tommy: ‘Quanti anni hai, bambino mio bello?’ e tu rispondi: ‘Cinquantatré, se ben ricordo!’»
Tommy rise, tutto soddisfatto.
«Mi troverà piuttosto basso, per la mia età» osservò.
«Certo» ammise Pippi. «Ma allora tu puoi spiegarle che eri più grande, quando eri più piccolo».
In quel momento Tommy e Annika si ricordarono che la loro mamma si era raccomandata di tornare presto.
«Ora dobbiamo proprio andare a casa» disse Tommy.
«Ma torniamo domani» disse Annika.
«Ci conto» disse Pippi. «Alle otto cominciamo a costruire la casa di neve».
Li accompagnò al cancello e, mentre ritornava di corsa a Villa Villacolle, le trecce rosse le danzavano intorno.
«Ma pensa» disse Tommy poco dopo, mentre si lavava i denti, «pensa che, se non avessi saputo che erano delle pillole Cunegunde, avrei scommesso che si trattasse di comuni piselli secchi».
Annika era alla finestra della loro camera da letto, col suo pigiamino rosa, e guardava verso Villa Villacolle.
«Guarda, vedo Pippi!» esclamò tutta contenta.
Tommy la raggiunse d’un balzo. Era proprio vero: ora che l’albero non aveva più foglie, si riusciva a vedere fin dentro la cucina di Pippi.
Pippi era seduta al tavolo, con la testa poggiata sulle braccia. Fissava con aria sognante una piccola candela dalla fiamma tremula.
«Ha... ha l’aria di essere così sola...» disse Annika con voce tremante. «Oh, Tommy, se fosse già mattina e potessimo correre subito da lei!»
Rimasero a lungo in silenzio a guardare fuori, in quella sera d’inverno. Le stelle brillavano sopra il tetto di Villa Villacolle. Lì dentro c’era Pippi, e ci sarebbe sempre stata. Era meraviglioso pensare che gli anni sarebbero passati, ma che Pippi, Tommy e Annika non sarebbero mai diventati grandi. Se le pillole Cunegunde non avevano perso il loro potere, ovvio. Sarebbero sopraggiunte nuove primavere e nuove estati, nuovi autunni e nuovi inverni, ma loro non avrebbero mai smesso di giocare. L’indomani avrebbero costruito una casa di neve e una pista da sci dal tetto di Villa Villacolle, in primavera si sarebbero arrampicati sulla quercia cava in cui crescevano le gazzose, avrebbero giocato ai cercacose e cavalcato il cavallo di Pippi, si sarebbero seduti dentro il cassone della legna a raccontarsi le storie, e forse sarebbero anche partiti alla volta dell’isola di Kora-Kora per andare a trovare Momo e Moana e tutti gli altri, ma sarebbero sempre ritornati a Villa Villacolle. Era un pensiero meravigliosamente consolatorio: Pippi sarebbe rimasta a Villa Villacolle per sempre.
«Se solo guardasse da questa parte, così potremmo salutarla» disse Tommy.

Ma Pippi stava fissando con occhi sognanti qualcosa di invisibile davanti a sé.
Infine spense la candela.

FINE