Pippi_235

Pippi fa la morale
a un pescecane

La mattina seguente Pippi, Tommy e Annika si trascinarono fuori dalla capanna di buon’ora. Ma i bambini korakoriani li avevano preceduti: se ne stavano già seduti sotto la palma da cocco tutti eccitati ad aspettare che i bambini bianchi uscissero a giocare. Parlavano in korakorese a gran velocità e quando ridevano i loro denti brillavano luminosi nel volto.

Il gruppo di ragazzini si incamminò dunque verso la spiaggia, con Pippi in testa. Quando videro la sabbia candida e fine in cui ci si poteva sotterrare e il mare azzurro e invitante, Tommy e Annika fecero grandi salti di gioia. Poco lontana dalla spiaggia, una barriera corallina faceva da frangiflutti, e il tratto di mare all’interno era calmo e lucido come uno specchio. Tutti i bambini si strapparono gli straccetti di dosso e si precipitarono in acqua fra strilli e risate.

Dopo di che corsero a rotolarsi nella sabbia bianca, e Pippi, Tommy e Annika convennero che sarebbe stato meglio avere la pelle scura, perché la sabbia candida su fondo nero era buffissima. Ma anche vedere Pippi che si era seppellita nella sabbia fino alla gola in modo che spuntasse solo una faccia lentigginosa e due trecce rosse era uno spettacolo abbastanza buffo. Tutti i bambini si accomodarono intorno a lei per poterle parlare.

«Racconta di bambini bianchi in paese di bambini bianchi» pregò Momo a quella faccia lentigginosa.

«Bambini bianchi amare mortificazioni» rispose Pippi.

«Si dice moltiplicazioni» la corresse Annika. «E poi» continuò in tono offeso, «non si può mica dire che le amiamo».

«Bambini bianchi amare mortificazioni» ribadì Pippi, testarda. «Bambini bianchi diventare matti se non avere ogni giorno grande dose di mortificazioni».

Non ce la faceva più a parlare con accento korakorese, quindi passò alla propria lingua: «Se si sente piangere un bambino bianco, si può stare certi che la scuola sia stata rasa al suolo da un incendio, oppure che ci sia un giorno di vacanza per la raschiatura dei pavimenti, o che la maestra si sia scordata di dare agli alunni qualche compito con le mortificazioni. Non parliamo poi di quel che succede durante le vacanze estive! È un piangere e un frignare continuo, tanto da desiderare la morte pur di non udirlo più. Quando il portone della scuola si chiude per l’estate, non c’è occhio che rimanga asciutto: gli scolari se ne tornano a casa cantando cupi inni di dolore, e scoppiano in singhiozzi al pensiero che dovranno passare diversi mesi prima di ritrovarsi di fronte a una mortificazione. Sì, è una sciagura senza pari» concluse Pippi, e sospirò profondamente.

«Bah!» dissero Tommy e Annika.

Momo però non capiva bene che cosa fosse una mortificazione, e voleva una spiegazione più dettagliata. Tommy stava proprio per dargliela, ma Pippi lo anticipò.

«Ecco» disse, «funziona così: 7 per 7 uguale 102. Divertente, no?»

«Non fa affatto 102» disse Annika.

«No, perché 7 per 7 fa 49» disse Tommy.

«Tenete sempre presente che qui ci troviamo sull’isola di Kora-Kora» ribatté Pippi, «dove il clima è diverso e il terreno più fertile. Quindi 7 per 7 qui dà un risultato maggiore!»

«Bah!» dissero Tommy e Annika.

A questo punto la lezione di aritmetica venne interrotta dall’arrivo del capitano Calzelunghe: annunciava che lui, gli uomini dell’equipaggio e tutti i sudditi sarebbero andati su un’isola vicina per un paio di giorni a cacciare cinghiali. Infatti il capitano aveva una gran voglia di arrosto di maiale fresco. Anche le donne avrebbero partecipato alla spedizione per stanare i cinghiali con grida selvagge. Ciò significava che i bambini sarebbero rimasti soli sull’isola.

Pippi_228

«Mica vi dispiace?» domandò il capitano Calzelunghe.

«Indovinala, grillo!» esclamò Pippi. «Il giorno in cui sentirò dire che un bambino è triste all’idea di arrangiarsi da solo, senza i grandi di mezzo, giuro che imparerò l’intera tavola piragotica al contrario!»

«Questa sì che è una risposta!» approvò il capitano Calzelunghe.

E così re Efraim e tutti i suoi sudditi, armati di lance e scudi, presero posto nelle loro grandi canoe e si allontanarono remando dall’isola.

Pippi_227

Pippi mise le mani a imbuto e gridò loro dietro: «Andate tranquilli! Però se non sarete di ritorno per il mio cinquantesimo compleanno, vi farò cercare per radio!»

Quando furono soli, Pippi, Tommy, Annika, Momo, Moana e tutti gli altri bambini si guardarono l’un l’altro con aria estremamente soddisfatta: avevano una meravigliosa isola dei Mari del Sud tutta per loro per diversi giorni!

«Che facciamo?» chiesero Tommy e Annika.

«Prima di tutto andiamo a prendere la colazione sugli alberi» disse Pippi.

E si arrampicò svelta su una palma a caccia di noci di cocco. Momo e gli altri bambini colsero frutti del pane e banane. Poi Pippi accese il fuoco sulla spiaggia e si mise ad arrostire i meravigliosi frutti del pane. I bambini, che intanto si erano seduti in cerchio intorno a lei, fecero una sostanziosa colazione a base di frutti del pane arrostiti, latte di cocco e banane.

Non esistendo cavalli sull’isola, i bambini korakoriani erano molto interessati a quello di Pippi. A chi ne aveva il coraggio, venne permesso di montarlo per un po’. Moana dichiarò che una volta o l’altra avrebbe fatto volentieri un viaggio nel paese dei bianchi, dato che c’erano animali così strani.

Nel frattempo il Signor Nilsson era scomparso: si era avventurato nella giungla, dove aveva incontrato un bel numero di parenti.

«E adesso che facciamo?» domandarono Tommy e Annika, quando ne ebbero abbastanza di cavalcare.

«Bambini bianchi volere vedere belle grotte, sì, no?» chiese Momo.

«Bambini bianchi certamente volere vedere belle grotte, sì, sì» rispose Pippi.

L’isola di Kora-Kora era un’isola corallina, e sulla costa meridionale alte pareti di corallo cadevano a strapiombo nel mare. Lì le onde avevano scavato grotte meravigliose, alcune delle quali si trovavano sotto il livello del mare ed erano piene d’acqua, mentre altre erano situate più in alto nella parete di roccia, e di solito i bambini andavano lì a giocare. Una ricca provvista di noci di cocco e di altre leccornie era ammucchiata nella grotta più grande, ma arrivarci era una vera e propria impresa: bisognava arrampicarsi con cautela per le ripide pareti della montagna, tenendosi alle pietre sporgenti e alle asperità della roccia, stando ben attenti a non precipitare in mare. Questo non avrebbe costituito in se stesso un pericolo, se le acque non fossero state popolatissime di squali a cui piaceva molto mangiare i bambini. Ciononostante, i piccoli korakoriani si immergevano spesso alla ricerca di ostriche perlifere, ma allora uno doveva sempre stare di guardia, e gridare ‘squalo, squalo’ appena avvistava una pinna di pescecane. Nella grotta grande i bambini avevano una scorta di perle scintillanti, trovate nelle valve delle ostriche perlifere. Di solito le usavano per giocare a biglie, senza avere la più pallida idea dell’immenso valore che rappresentavano nei paesi dei bianchi. Di tanto in tanto, quando andava a comprarsi il tabacco, il capitano Calzelunghe portava con sé due o tre perle. In cambio si faceva dare un sacco di cose di cui pensava che i suoi sudditi potessero aver bisogno, per quanto, in verità, fosse convinto che in generale se la passassero piuttosto bene. I bambini, dunque, potevano continuare tranquillamente a giocare a biglie con le perle.

Pippi_229

Quando Tommy glielo propose, Annika si rifiutò energicamente di scalare la montagna fino alla grotta grande. Il primo tratto non sarebbe stato difficile, dato che c’era un cornicione abbastanza largo su cui camminare, ma poi questo andava via via restringendosi. Infatti gli ultimi metri bisognava farli arrampicandosi e puntando i piedi un po’ dove capitava.

Pippi_230

«Mai e poi mai!» disse Annika.

Arrampicarsi su per una parete rocciosa dove c’era a malapena qualcosa cui appigliarsi e in più avere a dieci metri sotto di sé un mare pieno di squali che aspettavano solo che qualcuno precipitasse non era esattamente quel che Annika intendeva per divertimento.

Tommy andò su tutte le furie.

«Non bisognerebbe mai portarsi dietro le sorelle, nei Mari del Sud!» disse, mentre si arrampicava sulla parete rocciosa. «Guarda me! Basta fare così...»

Si udì un plopp, quando Tommy cadde in acqua. Annika cacciò uno strillo acutissimo, e perfino i bambini korakoriani fecero una faccia terrorizzata. «Squalo, squalo» strillarono, indicando il mare in cui si scorgeva nettamente una pinna dirigersi a tutta velocità verso Tommy.

Si udì un secondo plopp: Pippi era saltata in acqua. Raggiunse Tommy quasi contemporaneamente allo squalo. Tommy urlava di terrore, perché sentiva già i denti affilati del pescecane graffiargli le gambe. Ma proprio allora Pippi afferrò la bestia assetata di sangue con tutte e due le mani e la sollevò fuori dall’acqua.

Pippi_234

«Ma le buone maniere non te le ha insegnate nessuno?» disse Pippi, mentre lo squalo si guardava intorno sorpreso e un po’ a disagio, perché fuori dall’acqua non respirava un granché bene.

«Se prometti di non farlo più, ti lascio andare» continuò Pippi con serietà, e poi lo lanciò con tutte le sue forze in mare aperto. Lo squalo si affrettò a nuotare via, decidendo in cuor suo di trasferirsi nell’Atlantico il prima possibile.

Tommy intanto si era arrampicato su una sporgenza della roccia e se ne stava lì rannicchiato a tremare in tutto il corpo, con le gambe che gli sanguinavano. Pippi, quando lo raggiunse, si comportò in maniera stranissima: prima lo sollevò in aria e poi lo abbracciò così stretto da lasciarlo quasi senza fiato, infine lo mollò di colpo e si sedette sullo scoglio. Si prese la testa tra le mani. E pianse. Pippi pianse. Tommy, Annika e i bambini korakoriani la guardavano stupiti e sconvolti.

«Tu piangere perché Tommy quasi stato divorato?» suppose Momo.

«No» disse Pippi contrariata asciugandosi gli occhi. «Io piangere perché povero piccolo pescecane affamato oggi essere rimasto senza colazione».

Pippi_237