
Pippi sbarca
«Terra in vista! Ecco l’isola di Kora-Kora, proprio di fronte a noi!» gridò una serena mattina di sole Pippi, mentre, coperta solo da uno straccetto intorno ai fianchi, se ne stava di vedetta.
Avevano navigato per giorni e notti, per settimane e mesi, su mari sconvolti dalla bufera e su acque calme e gentili, alla luce delle stelle e della luna, sotto nuvole minacciose e scure e sotto il sole rovente. Avevano navigato così a lungo che Tommy e Annika avevano quasi dimenticato com’era abitare nella piccola cittadina.
La loro mamma sarebbe senza dubbio rimasta stupita, se avesse potuto vederli ora: altro che faccine pallide! Sani e abbronzati, con gli occhi vivaci, si arrampicavano per le sartie proprio come Pippi. I vestiti se li erano tolti a uno a uno, a mano a mano che il clima si era fatto più caldo, e dei bambini che avevano attraversato il Mare del Nord tutti infagottati e con due maglie della salute non erano rimasti che due ragazzini abbronzati e nudi, ciascuno col suo straccetto intorno ai fianchi.
«Che vita meravigliosa!» esclamavano Tommy e Annika ogni mattina, svegliandosi nella cuccetta che dividevano con Pippi, la quale a quell’ora era spesso già in piedi al timone.
«Mai marinaio migliore di mia figlia ha navigato per i sette mari!» era solito dire il capitano Calzelunghe. E aveva ragione: Pippi portava la Saltamatta con mano sicura attraverso i più grandi cavalloni e le secche più pericolose.
Ma ora il viaggio stava per giungere al termine.
«Ecco l’isola di Kora-Kora, proprio di fronte a noi!» gridò Pippi.
Eh sì, eccola lì, coperta di verdi palme e lambita dal più azzurro dei mari.
Due ore più tardi la Saltamatta fece il suo ingresso in una piccola baia sul lato occidentale dell’isola. Tutti i korakoriani, uomini, donne e bambini, si erano raccolti sulla riva per ricevere il loro re e la sua bambina dai capelli rossi. Un potente brusio si levò dalla folla quando fu gettata la passerella.
«Ussamkura kussomkara!» si gridava da ogni parte, e significava: «Bentornato, grasso capo bianco!»
Re Efraim scese maestosamente lungo la passerella, indossando il suo vestito di velluto a coste, mentre Fridolf da prua suonava il nuovo inno nazionale dei korakoriani con la fisarmonica: Arrivano i nostri, a cavallo d’un caval!
Re Efraim alzò la mano in un regale cenno di saluto e gridò: «Muoni manana!» che significava: «Ciao a voi!»
Dopo di lui veniva Pippi, reggendo il cavallo alto sopra la testa. Un mormorio serpeggiò tra i korakoriani: benché avessero sentito parlare di Pippi e della sua forza erculea, constatarlo con i propri occhi era tutta un’altra cosa. Anche Tommy e Annika sbarcarono, e così tutto l’equipaggio, ma in quel momento gli abitanti non avevano occhi che per Pippi. Il capitano Calzelunghe se la mise in piedi sulle spalle perché tutti potessero vederla, e allora un altro mormorio attraversò la folla. Quando poi Pippi ebbe sollevato il capitano Calzelunghe su una spalla e il cavallo sull’altra, il mormorio diventò un boato.
L’intera popolazione dell’isola di Kora-Kora non superava i centoventisei abitanti.
«Mi sembra che questo sia il numero perfetto di sudditi da governare» diceva il capitano Calzelunghe. «Se fossero di più, come farei a tenerli a mente?»
Vivevano tutti in confortevoli capanne tra le palme. La più grande e bella apparteneva al re Efraim. Anche ciascuno dei membri dell’equipaggio della Saltamatta aveva una capanna in cui vivere quando il veliero era ancorato nella piccola baia. Del resto vi era rimasto quasi perennemente negli ultimi tempi: solo di tanto in tanto veniva effettuata una spedizione in un’isola cinquanta miglia più a nord, dove si poteva comprare il tabacco per il capitano Calzelunghe.
Una bellissima, piccola capanna costruita da poco sotto una palma da cocco era riservata a Pippi, ma c’era posto anche per Tommy e Annika. Però, prima di lasciarli entrare nella capanna per togliersi di dosso la polvere del viaggio, il capitano Calzelunghe volle mostrare loro una cosa. Afferrò Pippi per un braccio e la ricondusse sulla riva.
«Fu qui» disse, indicando il punto esatto col suo grasso dito, «fu proprio qui che approdai la prima volta, dopo essere volato in mare».
Gli indigeni vi avevano posto una pietra commemorativa in onore di quel fatto straordinario. Sulla pietra era inciso in korakorese:
ATTRAVERSO IL GRANDE, VASTO MARE ARRIVÒ IL NOSTRO GRASSO SOVRANO BIANCO. QUESTO È IL LUOGO DOV’EGLI APPRODÒ, QUANDO L’ALBERO DEL PANE ERA IN FIORE. CHE EGLI POSSA CONSERVARSI SEMPRE COSÌ GRASSO E FORTE COM’ERA QUANDO ARRIVÒ.
Il capitano Calzelunghe lesse l’iscrizione a Pippi, Tommy e Annika con la voce che gli tremava dall’emozione. Poi si soffiò violentemente il naso.
Quando il sole cominciò a calare, preparandosi a scomparire nell’abbraccio sconfinato dei Mari del Sud, i tamburi dei sudditi presero a rullare chiamando la gente a raccolta nel luogo di raduno al centro del villaggio, utilizzato per feste e riunioni governative. Lì si trovava il trono di re Efraim, fatto di canne di bambù e decorato con fiori di ibisco rosso. Era lì che si sedeva, quando regnava. Accanto, i korakoriani avevano costruito un trono più piccolo per Pippi. E poi avevano in tutta fretta fatto un paio di sedie di bambù anche per Tommy e Annika.
I tamburi rullarono sempre più forte, mentre re Efraim con molta dignità prese posto sul trono. Si era tolto il vestito di velluto a coste e aveva indossato gli abiti regali: corona in testa, gonnellino di paglia intorno alla pancia, collana di denti di squalo al collo e grossi anelli alle caviglie. Pippi si sedette con disinvoltura sul suo trono: aveva ancora il solito straccetto intorno ai fianchi, ma nei capelli si era infilata dei fiori rossi e bianchi per essere un po’ più elegante. Annika aveva fatto lo stesso, ma nessuno era riuscito a convincere Tommy a mettersi dei fiori tra i capelli.
Re Efraim era stato molto a lungo lontano dal governo, così prese a regnare con grande impegno. Intanto i bambini korakoriani cominciarono ad avvicinarsi al trono di Pippi: per qualche misteriosa ragione si erano messi in testa che la pelle bianca fosse molto più bella di quella nera, e quindi più si avvicinavano a Pippi, Tommy e Annika, più si sentivano pieni di ossequio. Oltretutto, Pippi era anche principessa. Arrivati dinanzi a lei, si buttarono tutti subito in ginocchio e chinarono la fronte a terra.

Pippi balzò giù dal trono.
«Che cosa vedo!» esclamò. «Giocate anche qui ai cercacose? Aspettate, voglio giocare anch’io!»
Si mise in ginocchio e prese a gattonare di qua e di là col naso a terra.
«Pare che altri cercacose ci abbiano preceduto» disse dopo un po’. «Qui non c’è nemmeno uno spillo, ve lo assicuro io».
E tornò sul trono. Aveva appena fatto in tempo a sedersi, che nuovamente i bambini chinarono il capo davanti a lei.
«Avete perso qualcosa?» domandò Pippi. «In ogni caso potete star sicuri che non qui non c’è. Tanto vale alzarsi».
Fortunatamente il capitano Calzelunghe aveva dimorato talmente a lungo sull’isola, che alcuni korakoriani avevano imparato un po’ la sua lingua. Naturalmente non conoscevano il significato di parole difficili come ‘contrassegno’ o ‘general maggiore’, ma afferravano il senso di parecchie frasi. Persino i bambini capivano le espressioni più comuni, come ‘smettila’, o cose del genere. Un ragazzino di nome Momo parlava proprio bene la lingua dei bianchi, perché stava spesso vicino alle capanne dell’equipaggio ad ascoltare i discorsi dei marinai. C’era anche una graziosa bambina di nome Moana che non se la cavava affatto male.
Ora Momo provò a spiegare a Pippi perché stessero inginocchiati davanti a lei.
«Tu essere muolto bella principessa» le disse.
«Io essere nient’affatto muolto bella principessa» disse Pippi, con accento korakorese. «Io essere soprattutto solo Pippi Calzelunghe, e io ora mandare a quel paese questo tronamento».
E saltò giù dal trono, imitata da re Efraim, che aveva finito di governare, per quel giorno.
Il sole calò come un globo rosso sui Mari del Sud, e ben presto tutto il cielo ardeva di stelle. I sudditi accesero un immenso falò al centro del luogo di raduno e re Efraim, Pippi, Tommy, Annika e tutti i marinai della Saltamatta si accomodarono sull’erba a guardare i korakoriani che danzavano intorno al fuoco. Il rullio cupo dei tamburi, la strana danza, gli esotici profumi delle migliaia di fiori sconosciuti della giungla e il firmamento scintillante sopra le loro teste suscitavano in Tommy e Annika una sensazione molto strana. E le eterne onde del mare facevano da maestoso accompagnamento.
«Credo che questa sia un’isola molto bella» disse Tommy, quando lui, Pippi e Annika si furono ritirati nella loro confortevole capanna sotto la palma da cocco.
«Lo credo anch’io» disse Annika. «Tu, Pippi, che dici?»
Ma Pippi se ne stava distesa in silenzio, con i piedi sul cuscino, come al solito.
«... i cavalloni dell’Oceano» mormorò con voce sognante.
