«Di che genere?»

«Oh, molto piccola, signore, con il calcio di madreperla. Sembrava un giocattolo.»

Race sbarrò gli occhi.

 

«Maledizione! Questo caso sta diventando sempre più complicato!» mormorò «Credevo che almeno lei si potesse eliminare dalla lista dei sospetti e invece – possibile che ogni ragazza che viaggia su questa maledetta nave vada in giro portando con sé pistole dal calcio di madreperla che sembrano giocattoli?»

Poi rivolse subito un’altra domanda alla cameriera.

 

«Qual è stata la sua reazione quando gliel’avete trovata?»

La donna scrollò il capo.

 

«Non credo se ne sia nemmeno accorta. Le voltavo le spalle mentre frugavo nella borsetta.»

«In ogni modo avrà immaginato che l’avreste scoperta. Oh, vi confesso che non so più che pesci pigliare! E la cameriera?»

«Abbiamo frugato per tutta la nave, signora. Ma non riusciamo a trovarla.»

«Cos’è questa storia?» domandò simon.

 

«La cameriera della signora Doyle… Louise Bourget. E scomparsa.»

«Scomparsa?»

Race mormorò con aria meditabonda: «Potrebbe essere stata lei a rubare le perle. E l’unica persona che avesse la possibilità di farne eseguire una copia.»

«E poi, quando è venuta a sapere che si stava organizzando una perquisizione, si è buttata nel fiume?» insinuò simon.

 

«Sciocchezze!» ribatté Race, irritato. «Una donna non va a buttarsi in un fiume in pieno giorno da una nave da crociera come questa senza che qualcuno se ne accorga! Impossibile che non si trovi a bordo!» Si rivolse di nuovo alla cameriera. «Quando è stata vista l’ultima volta?»

«All’incirca una meZZ’ora prima che suonasse la campana del pranzo, signore.»

«Be’, andiamo a dare un’occhiata alla sua cabina» disse Race. «Chissà che non sia possibile scoprire qualcosa.»

E ridiscese sul ponte inferiore. Poirot lo seguì. Aprirono la porta della cabina ed entrarono.

 

Louise Bourget, il cui compito era quello di tenere in ordine la roba altrui, per quel che riguardava la propria, evidentemente… si era presa una vacanza! Sul ripiano del cassettone era ammucchiata, alla rinfusa, una quantità di oggetti; da una valigia socchiusa, zeppa di indumenti, ne penzolavano fuori alcuni; sottovesti e altri capi di biancheria erano sparsi qua e là sulle spalliere delle seggiole.

 

Mentre Poirot, con mani abili ed esperte, frugava nei cassetti del comò, Race si mise ad esaminare attentamente la valigia.

 

Le scarpe di Louise erano allineate presso il letto. Ma una di esse, di camoscio nero, pareva appoggiata in un modo talmente insolito che richiamò subito l’attenzione di Race.

 

Perciò chiuse la valigia e si chinò ad osservare meglio quella fila di scarpe. E, a questo punto, si lasciò sfuggire una brusca esclamazione.

 

Poirot si voltò di scatto.

 

«Qu’est-ce qu’il y a?»

Race esclamò con voce cupa: «Louise Bourget non è scomparsa! E qui… sotto il letto….»

Il corpo di colei che in vita era stata Louise Bourget giaceva inanimato sull’impiantito della cabina. I due uomini si chinarono a osservarlo meglio.

 

Race fu il primo che si rialzò.

 

«Secondo me, è morta da meno di un’ora; almeno, così si direbbe. Sarà meglio sentire l’opinione di Bessner. Pugnalata al cuore. Immagino che la morte sia stata istantanea. Non ha un bell’aspetto, vero?»

«No.» Poirot scrollò la testa e rabbrividì lievemente.

 

Il bel viso bruno, dall’espressione felina, appariva contratto, deformato dallo stupore e dalla rabbia, le labbra socchiuse in una smorfia orribile.

 

Poirot si chinò di nuovo e afferrò delicatamente la mano destra. Fra le dita si intravedeva qualcosa. Le aprì e ne tolse un minuscolo peZzetto di carta sottile di un pallido color lilla. Lo mostrò a Race.

 

«Vedete che cos’è?»

«Denaro» disse Race.

 

«Infatti. A me sembra l’angolo di un biglietto di banca da mille franchi.»

«Be’, è molto chiaro quello che dev’essere sUccesso» disse Race. «Lei sapeva qualcosa… e ricattava l’assassino. In fondo, anche noi stamattina avevamo avuto l’impressione che non dicesse tutta la verità.»

Poirot esclamò: «Come siamo stati stupidi… veri imbecilli! Avremmo dovuto capirlo… allora. Che cosa ci aveva detto? “Cosa avrei potuto vedere o sentire? La mia cabina è sUl ponte sottostante. Naturalmente, se non fossi riuscita a prender sonno, se fossi salita sU per le scale, allora forse avrei potuto vedere quest’assassino, questo mostro, entrare o uscire dalla cabina di madame, e invece…” Ed invece è successo proprio questo! Lei è salita sul ponte Superiore Ha visto qualcuno che entrava furtivo nella cabina di Linnet Doyle… oppure ne usciva. E adesso per colpa della sua avidità, della sua insensata avidità, giace qui…»

«Mentre noi non abbiamo fatto un solo passo avanti per riuscire a capire chi l’ha UCcisa» concluse Race in tono avvilito.

 

Poirot scrollò il capo.

 

«No, no. Adesso sappiamo molto, molto di più. Sappiamo… sappiamo quasi tutto. Solo che sembra incredibile… quanto sappiamo… eppure dev’essere così. Soltanto che non vedo… Bah! Che idiota sono stato stamattina! Lo abbiamo intuito… certo, lo abbiamo intuito entrambi che ci nascondeva qualche cosa eppure non ci è balenato che si trattava del motivo più logico, il ricatto.»

«Deve aver domandato immediatamente del denaro per farsi pagare il proprio silenzio» disse Race. «E lo avrà domandato con le minacce.

L’assassino si è visto costretto ad acconsentire alla sua richiesta e l’ha pagata in banconote francesi. Non potrebbe essere un indizio?»

Poirot fece segno di no con la testa, meditabondo.

 

«Non direi. Molta gente, viaggiando, porta con sé una scorta di valuta di vario genere… A volte banconote da cinque sterline, a volte dollari, ma molto spesso anche biglietti di banca francesi. Non si può nemmeno escludere che l’assassino l’abbia pagata con un po’ di tutte queste monete, alla rinfusa. Ma continuiamo la nostra ricostruzione dei fatti.»

«L’assassino entra nella sua cabina, le consegna il denaro, e poi…»

«Poi» riprese Poirot «lei comincia a contarlo. Oh, sì, conosco la gente della sua classe sociale! Sono siCuro che dev’essersi messa subito a contare quel denaro e, mentre contava, com’è logico… non è più stata in guardia. L’assassino ha aspettato quel momento per colpirla. Dopo essere riuscito con tanto SUccesso nella sua impresa, si è ripreso i soldi e se l’è data a gambe… senza accorgerSi che l’angolo di uno di quei biglietti da mille franchi si era strappato.»

«Potremmo partire da questo indizio per rintracciarlo» suggerì Race in tono dubbioso.

 

«Ci credo poco» disse Poirot. «Avrà pur pensato a esaminare le banconote e, con ogni probabilità, si sarà aCcorto di quel pezzetto mancante.

Naturalmente se fosse un tipo parsimonioso, non si deciderebbe mai a trovare il coraggiO di distruggere una banconota da mille franchi… mentre ho molti Sospetti che il suo temperamento sia esattamente l’opposto.»

«E come siete riuscito a capirlo?»

«Ecco, vedete, sia questo delitto come l’assassinio di Madame Doyle richiedevano particolari qualità: coraggio, audacia, prontezza nell’esecuzione, capacità di agire in modo fulmineo… e non si accordano con un carattere avaro, parsimonioso e prudente.»

Race scrollò il capo tristemente.

 

«Sarà meglio che vada a chiamare Bessner» disse.

 

L’esame del corpulento dottore non richiese molto tempo- si mise subito all’opera accompagnando le sue azioni da una sequela di Ach e So.

 

«E morta appena da un’ora o poco più» annunciò. «La morte è stata molto rapida… istantanea.»

«E quale sarebbe stata l’arma, secondo voi?»

«Ach! Bah, questo sì che è un punto interessante. Direi che si è trattato di qualcosa molto affilato, molto sottile, delicato… vi posso mostrare qualcosa del genere.»

Tornò nella sua cabina, aprì un astuccio e ne estrasse un lungo e affilato bisturi.

 

«Ecco, dev’essere stato qualcosa di simile, amico mio; non è stato adoperato di certo un coltello da tavola!»

«Devo pensare…» insinuò Race in tono melato «che a voi, dottore, non manchi… uhm… nessuno dei vostri bisturi, vero?»

Bessner lo scrutò, arrossendo di indignazione.

 

«Come avete detto? Pensate forse che io… io, Carl Bessner… famoso in tutta l’Austria… io, con le mie cliniche, con i miei pazienti della miglior classe sociale… io abbia ucciso una miserabile piccolafemme de chambre? Ma via, tutto questo è ridicolo… anzi è assurdo! Nessuno dei miei bisturi manca… neanche uno, ve lo garantisco. Sono tutti qui, in ordine al loro posto. Del resto potete vederlo con i vostri occhi. Ma non dimenticherò questo insulto alla mia professione.»

Il dottor Bessner richiuse l’astuccio con un colpetto secco, lo rimise al suo posto e uscì a passi concitati, fremendo di indignazione, sul ponte.

 

«Perbacco!» disse simon. «Lo avete proprio fatto arrabbiare!»

Poirot si strinse nelle spalle.

 

«Molto deplorevole.»

«Comunque state seguendo la pista sbagliata. Il vecchio Bessner è una gran brava persona anche se, di origine, è un Boche.»

Il dottor Bessner ricomparve quasi subito.

 

«Volete essere tanto cortesi da lasciare la mia cabina, adesso? Devo medicare la gamba del mio paziente.»

La signorina Bowers era entrata con lui e si era messa da parte, con la sua solita aria efficiente e professionale, aspettando che Poirot e Race se ne andassero.

sia l’uno che l’altro uscirono ubbidienti. Race, dopo aver borbottato qualcosa, se ne andò per i fatti suoi. Poirot svoltò a sinistra. Gli giunse alle orecchie qualche brano della conversazione di due voci giovanili… una risatina. Jacqueline e Rosalie stavano chiacchierando insieme nella cabina di quest’ultima

La porta era spalancata, le due ragazze sulla soglia. Quando la sua ombra si allungò sU di loro, alzarono gli occhi. Poirot si accorse che Rosalie Otterbourne gli rivolgeva un sorriso, era la prima volta che lo faceva… quasi un timido sorriso aCcattivante… come se il suo viso non fosse ancora abituato a prendere un espressione serena e ridente.

 

«State facendo qualche pettegolezzo, mesdemoiselles?» le accusò.

 

«No davvero!» disse Rosalie. «A dire la verità, stavamo confrontando i nostri rossetti per le labbra.»

Poirot sorrise. «Les chigons d’aujourd’hui» mormorò.

 

Ma si vedeva subito che il suo sorriso era forzato e Jacqueline de Bellefort, più osservatrice e più pronta di Rosalie, se ne accorse.

Rimise via il rossetto che teneva in mano e uscì sul ponte.

 

«E… è successo di nuovo qualcosa?»

«Proprio come dite, mademoiselle. Avete indovinato. Sì, è successo qualcosa.»

«Cioè?» Anche Rosalie era uscita sul ponte.

 

«Un’altra morte» disse Poirot.

 

Rosalie trasalì, e rimase con il fiato sospeso. Poirot la stava osservando con estrema attenzione. Per un attimo gli era sembrato di scorgere un’espressione di allarme… e forse anche di qualcos’altro… di costernazione… nei suoi occhi.

 

«La cameriera di Madame Doyle è stata assassinata» si affrettò ad informarle, senza mezzi termini.

 

«Assassinata?» gridò Jacqueline. «Assassinata, avete detto?»

«Sì, precisamente.» Anche se in realtà stava rispondendo a lei, era Rosalie che continuava a osservare. E fU Rosalie alla quale si rivolse, continuando: «Ecco, vedete, la cameriera deve aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. E allora… Le hanno chiuso la bocca, casomai non sapesse tenere la lingua a freno.»

«Cosa avrebbe visto?»

Di nuovo la domanda, anche questa volta, era stata fatta da Jacqueline ma, di nuovo, la risposta di Poirot fU rivolta a Rosalie. Una buffa scena, la loro, con quella conversazione che si svolgeva a tre.

 

«Credo ci siano pochi dUbbi in proposito» disse Poirot. «Deve aver visto qualcuno che entrava e usciva dalla cabina di Linnet Doyle nella notte fatale.»

Però era stato molto attento e aveva teso l’orecchio. Non gli sfuggì il fatto che Rosalie Otterbourne aveva trasalito, trattenendo il fiato. Poi aveva sbattuto le palpebre. Sì, la sua reazione era stata quella che lui si aspettava.

 

«Ha detto chi era la persona che aveva visto?» Rosalie domandò.

 

Lentamente, quasi con rammarico… Poirot scrollò il capo.

si sentì un rumore di passi sul ponte. Era Cornelia Robson, stupefatta, con gli occhi sbarrati.

 

«Oh, Jacqueline» gridò «dev’esser successa un’altra cosa terribile!»

Jacqueline si voltò verso di lei e fece qualche passo per raggiungerla.

Quasi inconsciamente Poirot e Rosalie Otterbourne si mossero nella direzione opposta.

 

Rosalie domandò in tono aspro: «Perché mi guardate? Che cosa vi siete messo in testa?.»

«Mi fate due domande, mademoiselle. Io invece, in cambio, ve ne farò soltanto una. Perché non mi raccontate la verità?»

«Non capisco cosa volete dire. Vi ho già raccontato… tutto… stamattina.»

«No, ci sono alcune cose che non mi avete detto. Per esempio che portate nella borsetta una rivoltella di piccolo calibro, con il calcio di madreperla. E non mi avete rivelato tutto ciò che avete visto ieri sera.»

Lei arrossì. Poi ribatté in tono vivace: «Questo non è assolutamente vero. Non ho armi, io!.»

«Non ho parlato di armi ma semplicemente di una piccola rivoltella che portate nella borsetta.»

Lei si girò di scatto, entrò a precipizio in cabina, ne uscì in fretta e furia. gli mise fra le mani una borsetta di cuoio.

 

«Raccontate un sacco di storie! Guardateci voi, se preferite!»

Poirot aprì la borsetta. Dentro, nessuna pistola.

 

Allora restituì la borsetta alla sua proprietaria e sostenne validamente il suo sguardo sprezzante e pieno di trionfo.

 

«No» osservò in tono garbato. «Qui non c’è.»

«Vedete? Non avete sempre ragione, Monsieur Poirot! A parte il fatto che avete sbagliato anche per quell’altra cosa assurda che avete detto!»

«No, non credo.»

«Insomma, fate proprio perdere la pazienza!» e batté con forza un piede sul ponte, furiosa. «Quando vi caCciate un’idea in testa, insistete… insistete.. nessuno può farvela cambiare.»

«Forse perché vorrei sentirvi dire la verità.»

«Pua! La verità; Mi pare che la sappiate molto meglio di me!»

Poirot disse: «Volete che vi dica ciò che avete visto? Se ho ragione, siete disposta ad ammetterlo? Ecco, dunque, vi dirò qual è la mia piccola idea. Secondo me quando avete girato a poppa, vi siete fermata involontariamente perché avete visto un uomo venir fuori da una cabina che si trovava più o meno a metà del ponte… era la cabina di Linnet Doyle, come avete capito, quest’oggi, Lo avete visto uscire, richiudersi la porta alle spalle e allontanarsi in direzione opposta alla vostra e… forse… entrare in una delle due ultime cabine Dunque, allora… ho ragione, mademoiselle?»

Lei non rispose.

 

«Forse siete convinta che sia più opportuno non parlare,» Poirot riprese.

 

«Forse avete paura che, facendolo, uccidano anche voi.»

Per un attimo pensò che avrebbe abboccato… che l’accusa di mancare di coraggio avrebbe aVuto sU»cesso quando argomentazioni molto più sottili avessero fallito.

 

Rosalie Otterbourne socchiuse le labbra… tremanti… e poi disse: «Non ho visto nessuno.»

La signorina Bowers uscì dalla cabina del dottor Bessner riaggiustandosi i polsini dell’uniforme.

 

Jacqueline piantò bruscamente in asso Cornelia e si accostò all’infermiera.

 

«Come sta?» domandò.

 

Poirot arrivò in tempo per sentire la risposta. La signorina Bowers sembrava piuttOstO preoccupata.

 

«Ecco, a dir la verità, le cose non si mettono troppo male» disse.

 

Jacqueline esclamò: «Volete dire che sta peggio?.»

«Be’, vi confesso che sarò molto più tranquilla quando lo avremo portato in ospedale a farsi fare una bella radiografia e la ferita sarà disinfettata, magari dopo avergli dato un anestetico. Quando pensate che arriveremo a Shellal, Monsieur Poirot?»

«Domattina.»

La signorina Bowers corrugò le labbra e scrollò la testa.

 

«Peccato! Certo noi stiamo facendo il possibile ma C’è sempre il pericolo della setticemia.»

Jacqueline si aggrappò a un braccio della signorina Bowers e cominciò a scuoterla.

 

«Sta per morire? Sta per morire?»

«Oh poveri noi, no! Assolutamente no, signorina de Bellefort. cioè voglio dire che mi auguro proprio di no. La ferita in se stessa non è pericolosa ma… certO se si potesse fare il più presto possibile una bella radiografia… Fra l’altro quel povero signor Doyle oggi dovrebbe restare completamente tranquillo. Ha già avuto anche troppe emozioni!

Non C’è da meravigliarsi che gli salga la temperatura. E poi… con lo shock della morte della moglie, una cosa e l’altra…»

Jacqueline lasciò il braccio dell’infermiera e voltò le spalle. Andò ad appoggiarsi al parapetto, nascondendo la faccia agli altri due.

 

«Come dico, bisogna sempre sperare che tutto vada per il meglio» disse la signorina Bowers. «Per fortuna il signor Doyle ha una costituzione fortissima… lo si vede subito… con ogni probabilità non è mai stato malato neanche un giorno, in vita sua! E questo gioca a suo favore.

Certo, è innegabile che quel rialzo nella temperatura sia un brutto segno e…» Scrollò il capo, si riaggiustò meglio i polsini dell’uniforme e si allontanò a passo rapido.

 

Jacqueline si voltò e, a tentoni, accecata dalle lacrime, si diresse verso la cabina. Una mano la prese per un braccio, per sorreggerla e guidarla. Lei alzò gli occhi fra le lacrime e si accorse che era Poirot.

Gli si appoggiò lievemente e lui l’aiutò a varcare la soglia della cabina.

 

Jacqueline si lasciò cadere sul letto e si abbandonò a un pianto disperato, scossa dai singhiozzi.

 

«Morirà! Morirà! So che morirà… e sarò stata io ad ucciderlo. Sì, sarò stata io ad ucciderlo…»

Poirot alzò le spalle. Poi scrollò il capo con tristezza.

 

«Mademoiselle, quello che è stato è stato. E troppo tardi per i pentimenti.»

Lei si mise a gridare ancora più forte, con veemenza: «E sarò stata io ad, ucciderlo! Ma lo amo tanto… Lo amo tanto!.» Poirot sospirò.

«Troppo»

Era ciò che aveva pensato molto tempo prima, nel ristorante di Monsieur Blondin. Ed era quello che pensava anche adesso.

 

Con un po’ di esitazione, disse: «In ogni caso, non badate troppo a quello che dice la signorina Bowers. Credetemi, le infermiere sono sempre così deprimenti! L’infermiera di notte si stupisce di trovare il paziente vivo alla sera; l’infermiera di giorno si stupisce sempre di trovare il suo paziente vivo alla mattina! Sanno troppe cose, vedete; si rendono conto di tutte le possibilità che possono verificarsi. Un po’ come quando una persona si mette al volante. Niente di più facile che dirsi: “Ecco se sbucasse all’improvviso dall’incrocio un’automobile… oppure se quell’autocarro ingranasse di colpo la retromarcia… o magari se una ruota uscisse dal moZzo di quell’altra automobile che si sta avvicinando… oppure se un cane saltasse fuori dalla siepe e mi venisse addosso mentre sono al volante… Eh, bien, con ogni probabilità mi ammazzerei!” Di solito, invece, si finisce per convincersi, e giustamente, nessuna di queste cose succederà e si arriverà sani e salvi al termine del viaggio. Ma naturalmente, se qualcuno ha già avuto un incidente oppure gli è capitato di vederne uno, o magari anche più di uno, allora è logico che si sia pronti a vedere le cose da un punto di vista diametralmente opposto….»

Jacqueline gli domandò, sorridendo appena fra le lacrime: «State cercando di consolarmi, Monsieur Poirot?.»

«Lo sa le bon Dieu quello che sto cercando di fare! No, avreste dovuto rinunciare a questo viaggio.»

«No… non avrei dovuto venire. E stato tutto così… orribile! Ma… ormai presto sarà finito.»

«Mais oui… mais oui.»

«E simon entrerà in ospedale, e lo cureranno nel modo migliore e tutto si sistemerà…»

«Parlate come una bambina! “E da quel giorno in poi vissero per sempre felici e contenti.” Perché è così, vero?»

Lei arrossì violentemente.

 

«Monsieur Poirot, io non avevo nessuna intenzione…»

«E troppo presto per pensare a cose simili! Ecco, questo sarebbe proprio il commento più ipocrita da fare, non vi sembra? Del resto voi avete un po’ di sangue latino nelle vene, Mademoiselle Jacqueline. E quindi dovreste avere il coraggio di ammettere la realtà dei fatti, anche se può sembrare poco decoroso. Le roi est mort… vive le roi! Il sole è tramontato e si alza la luna. Perché non è così, forse?»

«Voi non capite. simon è soltanto spiacente per me… molto spiacente per me perché capisce quello che devo provare… sapendo di averlo ferito in un modo così grave!»

«Be’, certo che la pietà, in se stessa, è un sentimento molto nobile» disse Poirot.

 

La guardò con un’espressione che in parte era beffarda e in parte commossa.

 

E prese a mormorare sottovoce le parole di una canzoncina francese:

Le vie est vaine. Un peu d’amour Un peu de haine, Et puis bonjour. La vie est brève. Un peu d’espoir Un peu de reuve Et puis bonsoir.

 

Tornò di nuovo sul ponte. Il colonnello Race, che stava avvicinandosi a passO svelto, lo chiamò subito.

 

«Poirot! Bravo! Ho bisogno di voi. Mi è venuta un’idea.»

Prendendolo sottobraccio, continuò a camminare con lui sul ponte.

 

«Mi è venuta in mente, di nuovo, un’osservazione casuale di Doyle. Al momento non ci avevo badato. Si tratta di quel telegramma.»

«Tiens… c’est vrai!»

«Magari non c’entra per niente ma non possiamo trascurare nessun indizio. Accidenti, caro amico, qui siamo davanti a due assassini e brancoliamo tuttora nel buio.»

Poirot scrollò la testa.

 

«No, non brancoliamo affatto nel buio. siamo in piena luce.»

Race lo guardò con una strana espressione.

 

«vi è venuta un’idea?»

«Sì, ormai è più di un’idea. Una certezza.»

«E… da quando?»

«Da quando abbiamo scoperto l’assassinio della cameriera, Louise Bourget.»

«Che mi venga un colpo se ci capisco qualcosa!»

«Eppure, amico mio, è tutto così chiaro… ma così chiaro! Solo che ci sono difficoltà… qualcosa di imbarazzante… qualche piccolo impedimento! Perché, vedete, tanti sono i sentimenti che può suscitare una persona come Linnet Doyle… sentimenti in conflitto, come odio, gelosia, invidia e meschinità. Un po’ come uno sciame di mosche che ronzano, ronzano…»

«Dunque voi credete di sapere…?» Il suo compagno lo guardò incuriosito. «Perché non parlereste a questo modo se non ne foste del tutto certo. Per quel che mi riguarda, non posso dire di aver visto la luce, no affatto! D’accordo, ho qualche sospetto ma…»

Poirot si fermò e posò una mano sul braccio di Race con aria d’importanza.

 

«Voi siete un grand’uomo, mon colonel, e perché non mi venite a dire: “Parlate. Raccontatemi quello che state pensando?”. No, sapete benissimo che se potessi parlare, lo farei. Ma, prima, oCcorre chiarire ancora molte cose. Però riflettete… riflettete per un momento seguendo la direzione che vi ho indicato. Esistono alcuni elementi… per esempio C’è l’affermazione di Mademoiselle de Bellefort che qualcuno avesse ascoltato, senza essere visto, la nostra conversazione quella sera nel giardino, ad Assuan. Poi la deposizione di Monsieur Tim Allerton riguardo a ciò che ha sentito e fatto la sera del delitto. Ed infine le risposte, molto significative, di Louise Bourget alle nostre domande di stamattina. E C’è il fatto che Madame Allerton beve acqua, suo figlio beve whisky e soda e io bevo vino. Aggiungete a tutto questo anche la faccenda delle due boccettine di smalto per le unghie e il proverbio che ho citato. E infine si arriva a quello che è il nocciolo dell’intera faccenda, il fatto che la rivoltella è stata avvolta in un fazzoletto ruvido, da pochi soldi, e successivamente in una stola di velluto, prima di essere buttata in acqua…»

Race rimase in silenzio per un paio di minuti, poi scrollò il capo.

 

«No» disse. «Non ci arrivo. Badate bene… ho una vaga idea di quello a cui state arrivando ma… a quanto posso giudicare, mi pare che sia una faccenda che non funziona.»

«Ma… sì… invece sì! In fondo voi vedete soltanto una mezza verità.

Ma ricordatevi bene questo… dobbiamo ripartire da capo, perché le nostre prime ipotesi sono completamente sbagliate.»

Race fece una smorfia.

 

«Figuratevi se non ci sono abituato! Quante volte mi sembra che il lavoro di un investigatore sia fatto soltanto di questo: eliminare tutte le false partenze e ripartire dal principio.»

«Sì, è verissimo. Ed è proprio quello che alcune persone non si rassegnano a fare. Formulano una determinata teoria ma tutto deve adattarsi a perfezione a quella teoria. Se c’è qualche piccolo fatto che non quadra, lo mettono da parte. Purtroppo molto spesso succede che proprio questi fatti, che non quadrano, siano i più significativi. Fin dal principio mi sono reso conto del significato di un determinato punto e cioè che la rivoltella era stata fatta sparire dalla scena del delitto. Capivo che aveva un particolare significato ma mi sono reso conto di quale realmente fosse soltanto mezz’ora fa!»

«Io invece, purtroppo, continuo a non capirlo!»

«Lo capirete! Provate soltanto a riflettere seguendo le indicazioni che vi ho dato. E adesso vediamo di mettere in chiaro la faccenda del telegramma.

 

Sempreché Herr Dottor ci lasci entrare.»

Il dottor Bessner era ancora di pessimo umore. Quando bussarono venne ad aprire con la faccia scura.

 

«si può sapere cosa C’è ancora? Possibile che vogliate parlare di nuovo con il mio paziente? Guardate… non è affatto opportuno! Ha la febbre.

E per quest’oggi mi pare che abbia aVUto fin troppe emozioni!»

«si tratta solo di una domanda» disse Race. «Niente di più, vi assicuro.»

Con un grugnito il dottore si fece da parte con malgarbo e i due uomini entrarOnO nella cabina. Poi Bessner, borbottando fra sé, si affrettò ad uscire. Ma disse: «Tornerò fra tre minuti. E allora… dovrete andarvene… senza discussione!.»

Lo udirono allontanarsi a grandi passi lungo il ponte.

simon Doyle passò con gli occhi dall’uno all’altro dei due uomini con aria interrogativa.

 

«Be’» disse. «Cosa c’è adesso?»

«si tratta di un dettaglio» rispose Race. «Poco fa, quando i camerieri sono venuti a farmi rapporto sulla perquisizione dei passeggeri, mi hanno fatto notare che il signor Richetti si è mostrato particolarmente riottoso ed eccitato. Voi avete aggiunto che la cosa non vi sorprende affatto, anzi sapevate che era un uomo dal carattere difficile; e avete aggiunto che è stato molto maleducato nei confronti di vostra moglie a proposito di un telegramma. ci potreste raccontare come si è svolto l’incidente?»

«Certo, non ho nessuna difficoltà. Eravamo a Wadi Halfa. Appena rientrati dalla Seconda Cateratta. Linnet ha creduto di vedere un telegramma indirizzato a lei, attaccato al pannello della posta che c’è a bordo. Vedete, si era dimenticata di non chiamarsi più Ridgeway mentre Richetti e Ridgeway sono due parole che si assomigliano molto, quando vengono scritte con una pessima grafia. Quindi ha preso il telegramma, ha stracciato la busta, però non è riuscita a capire che cosa dicesse, lo aveva ancora fra le mani e ci stava meditando sopra quando questo bel tipo di Richetti si fa avanti, glielo strappa e si mette a imprecare, schiumante di rabbia. Dopo, Linnet è andata a scusarsi ma lui si è comportato ancora con la massima maleducazione!»

Race respirò a fondo: «Ma voi, signor Doyle, sapreste dirci con esattezza cosa c’era scritto in quel telegramma?.»

«Sì. Linnet me ne aveva letto una parte a voce alta. Diceva…»

Fece una pausa. Fuori si sentiva un certo trambusto. E una voce stridula e acuta che si stava rapidamente avvicinando.

 

«Dove sono Monsieur Poirot e il colonnello Race? Devo vederli immediatamente! E importantissimo. Sono in possesso di informazioni vitali. Io… sono con il signor Doyle?.»

Bessner non aveva chiuso la porta e l’ingresso della cabina era nascosto soltanto da una tenda leggera. La signora Otterbourne la scostò con violenza ed entrò come un ciclone. Aveva il colorito aCceso, il passo malfermo e parlava a frasi sconnesse, con voce impastata.

 

«signor Doyle» attaccò in tono drammatico «io so Chi ha Ucciso vostra moglie!»

«Come?» simon la guardò sbalordito. E gli altri due lo imitarono.

 

La signora Otterbourne sfiorò con uno sguardo trionfante l’uno dopo l’altro gli uomini presenti. Era felice… Letteralmente in estasi.

 

«Sì» disse. «Finalmente le mie teorie trovano conferma. Gli impulsi più violenti, istintivi, primordiali… potrà sembrare impossibile… anzi addirittura fantastico… invece è la verità!»

Race esclamò in tono brusco: «Devo arguire che siete in possesso di prove tali da poterci rivelare chi sia stato l’assassino della signora Doyle?.»

La signora Otterbourne si lasciò cadere su una seggiola e si sporse in avanti, facendo segno di sì con la testa, enfaticamente.

 

«Certo che le ho. Immagino sareste d’accordo con me, vero? che chiunque abbia UCCiso Louise Bourget ha assassinato anche Linnet Doyle… che i due delitti sono stati commessi dalla stessa mano.»

«Certo, certo» rispose simon spazientito. «E evidente. Andate avanti!»

«Dunque la mia affermazione è vera. So chi ha ucciso Louise Bourget; quindi so Chi ha Ucciso Linnet Doyle.»

«Volete dire che avete formulato un’ipotesi sull’assassinio di Louise Bourget e sull’eventuale colpevole?» insinuò Race in tono scettico.

 

La signora Otterbourne gli si rivoltò come una tigre.

 

«No, lo so con certezza. Ho visto quella persona con questi occhi!» simon esclamò in tono febbrile: «Per amor di Dio, andate con ordine!

Dite di sapere chi ha ucciso Louise Bourget?.»

La signora Otterbourne annuì.

 

«E vi racconterò anche con esattezza come tutto si è svolto.»

Sì, era proprio felice… impossibile dubitarne! Perché quello era il momento del suo trionfo! Che importanza aveva il fatto che i suoi libri non si vendessero più, che il pubblico sciocco e ignorante, se una volta li comperava per divorarli avidamente, adesso le aveva voltato le spalle dimostrando la sua preferenza per altri autori? Salomé Otterbourne sarebbe diventata celebre e famosa ancora una volta! Il suo nome sarebbe stato stampato su tutti i giornali. E lei si sarebbe presentata come principale testimone d’accusa al processo.

 

Respirò a fondo e aprì la bocca.

 

«E’ stato quando andavamo a pranzo. A dir la verità non avevo nessuna voglia di mangiare… dopo l’orrore di una tragedia così recente… be’, immagino che capirete. A metà strada mi sono ricordata che avevo… uhm… Lasciato qualcosa in cabina. Ho detto a Rosalie di precedermi e lei ha ubbidito.»

La signora Otterbourne fece una pausa.

 

La tenda che nascondeva l’ingresso della cabina si mosse lievemente, come sotto una folata di vento, ma nessuno dei tre uomini se ne accorse.

 

«Io… uhm…» La signora Otterbourne fece un’altra pausa. Adesso le cose si presentavano più diffiCili… si rendeva conto di essersi incamminata su una lastra di ghiaccio molto sottile… ma non poteva più tornare indietro. «Io… uhm… mi sono accordata con uno del… personale della nave. Era incaricato di procurarmi qualcosa di CUi ho bisogno, però non volevo che mia figlia lo sapesse. E sempre pronta a criticare, sotto certi aspetti è proprio noiosa…»

No, non era una versione dei fatti molto brillante, quella prescelta, ma avrebbe pensato a qualcosa di più convincente prima che venisse il momento di riferirla in un’aula di tribunale.

 

Race alzò le sopracciglia mentre lanciava uno sguardo interrogativo a Poirot che gli rispose con un cenno impercettibile del capo. Intanto le sue labbra formulavano una parola: “Liquori”.

 

La tenda che copriva il vano della porta si mosse di nuovo, appena appena. Intanto qualcosa che luccicava lievemente, di un colore azzurro-acciaio, si era insinuato fra la tenda stessa e lo stipite della porta.

 

La signora Otterbourne riprese: «I nostri accordi erano i seguenti: là avrei dovuto girare intorno alla poppa e scendere fin giù, sul ponte sottostante. Qui avrei trovato l’uomo che mi aspettava. Mentre mi aVViaVo, si è aperta la porta di una cabina e qualcuno ha guardato fuori. Era quella ragazza… Louise Bourget, o come diavolo si chiama.

Pareva che aspettasse qualcuno. Quando ha visto che si trattava di me, è sembrata delusa e si è ritirata bruscamente. Io, naturalmente, non ci ho badato. Ho continuato la mia strada come vi stavo dicendo per farmi… per farmi consegnare da quell’uomo la roba che mi interessava… l’ho pagato e… uhm… ho scambiato qualche parola con lui. Poi sono tornata indietro. Proprio mentre giravo l’angolo ho visto qualcuno che bussava alla porta della cameriera e poi entrava nella cabina.»

Race disse: «E si trattava di…?.»

Bang!

 

Il fragore dell’esplosione riempì la cabina. E subito si levò nell’aria un acre odore di fumo. La signora Otterbourne si girò lentamente su un fianco, come per rivolgere a qualcuno una domanda suprema, poi il suo corpo si accasciò in avanti e cadde con un tonfo sul pavimento. Un po’ di sangue sgorgava da un forellino dietro l’orecchio.

 

Ci fu un attimo di silenzio sbalordito. Poi i due uomini, che non erano immobilizzati come Doyle, balzarono in piedi. Ma il corpo della donna rese subito impacciati i loro movimenti. Pur tuttavia, mentre Race si chinava ad osservarlo, Poirot con un balzo felino usciva dalla porta e si precipitava sul ponte.

 

Questo era deserto. Sull’impiantito proprio davanti al parapetto giaceva una grossa rivoltella Colt.

 

Poirot guardò prima in una direzione, poi nell’altra. Il ponte era deserto. si avviò correndo verso poppa. Mentre girava l’angolo evitò per un pelo di andare a sbattere contro Tim Allerton, che stava arrivando di corsa in direzione opposta.

 

«Mi sapete dire cosa diavolo è successo ancora?» esclamò Tim ansante.

 

Poirot gli domandò con asprezza: «Non avete incontrato nessuno, venendo qui?.»

«Se ho incontrato qualcuno? No.»

«Allora seguitemi.»

Prese il giovanotto per un braccio e tornò sui suoi passi. Intanto davanti alla cabina si era radunata una piccola folla. Rosalie, Jacqueline e Cornelia, erano uscite precipitosamente dalle loro cabine.

Altre persone stavano arrivando sul ponte del salone, Ferguson, Jim Fanthorp e la signora Allerton.

 

Race era fermo in piedi vicino alla rivoltella.

 

Poirot, voltando appena la testa, domandò in tono brusco a Tim Allerton:

«Non avete un paio di guanti in tasca?.»

Tim con gesti impacciati li tirò fuori.

 

«Sì, eccoli.»

Poirot glieli tolse di mano, li infilò e si inginocchiò ad esaminare la rivoltella. Race lo imitò. Gli altri li osservavano, stralùnati.

 

Race disse: «Non è scappato da quella parte. Fanthorp e Ferguson erano nel salone qui, sul ponte di passeggiata: lo avrebbero visto.»

Poirot rispose: «Il signor Allerton lo avrebbe incontrato se fosse andato dalla parte opposta.»

Race indicò la rivoltella: «Chissà perché ho l’impressione di averla vista poco tempo fa. Però, sarà meglio che ce ne assicuriamo.»

Bussò alla porta della cabina di Pennington. Nessuna risposta.

 

La cabina era vuota. Race si avvicinò subito al comodino e aprì cassetto di destra. La rivoltella era scomparsa.

 

«Almeno questo è chiaro» disse Race. «E adesso… si può sapere dov’è andato a cacciarsi Pennington?»

Tornarono sul ponte. La signora Allerton si era unita al gruppetto e Poirot le si avvicinò rapido.

 

«Madame, conducete via la signorina Otterbourne e occupatevi di lei. Sua madre è stata…» si consultò con Race, allungandogli un’occhiata e Race assentì «… uccisa.»

Intanto il dottor Bessner stava arrivando in tutta fretta.

 

«Gott im Himmel! E, adesso, cosa c’è ancora?»

Gli fecero largo. Race gli indicò la cabina. Bessner entrò.

 

«Trovate Pennington» disse Race. «Nessuna impronta digitale su quella rivoltella?»

«Nessuna» rispose Poirot.

 

Rintracciarono Pennington nel salottino del ponte inferiore. Era occupatissimo a scrivere lettere. Alzò verso di loro la faccia serena e accuratamente rasata.

 

«Qualcosa di nuovo?» domandò.

 

«Non avete sentito uno sparo?»

«Già… adesso che mi ci fate pensare… sì credo di aver sentito qualcosa di simile a un bang. Ma non avrei mai immaginato… a chi hanno sparato;»

«Alla signora Otterbourne.»

«Alla signora Otterbourne?» Pennington pareva sbalordito. «Be’, confesso che mi lasciate di stUcco. La signora Otterbourne!» Scrollò il capo.

«Nonci capisco niente.» Poi abbassò la voce: «Secondo me, signori, dobbiamoavere a bordo un pazzo omicida. Bisognerebbe organizzare un sistema di difesa.»

«signor Pennington» gli domandò Race «ci vorreste dire da quanto tempo vi trovate qui?»

«Ecco, vediamo un po’…» Il signor Pennington si grattò il mento.

«Direi da una ventina di minuti o poco più.»

«Non vi siete mai allontanato?»

«Oh, no… assolutamente.»

Poi guardò i due uomini con aria interrogativa.

 

«Perché vedete, signor Pennington» disse Race «alla signora Otterbourne hanno sparato con la vostra rivoltella.»

Il signor Pennington era stupefatto. Non riusciva a credere alle proprie orecchie.

 

«Insomma, signori» esclamò «qui la faccenda sta diventando molto grave.

Sì, molto grave davvero!»

«Anzi, sta diventando gravissima per voi, signor Pennington.»

«Per me?» Pennington alzò le sopracciglia con aria sbalordita. «Ma, caro signore, quando quel colpo è stato sparato io ero tranquillamente seduto a scrivere in questo salottino.»

«Non c’è nessuno che possa confermarlo?»

Pennington scrollò il capo.

 

«Ecco, no… non mi pare. Ma è assolutamente impossibile che io sia potuto salire sul ponte di passeggiata, sparare a quella povera donna (a parte il fatto che non capisco per quale motivo avrei dovuto ucciderla) e ridiscendere qui senza essere visto da nessuno. Fra l’altro, a quest’ora, C’è sempre una quantità di gente sul ponte di passeggiata.»

«Come spiegate il fatto che l’assassino si sia servito della vostra pistola?»

«Ecco… forse, su questo punto merito un rimprovero. In realtà eravamO appena imbarcati quando, una sera, c’è stata una conversazione sulle armi da fuoco, nel salone… se non sbaglio… e io ho aCcennato al fatto che porto sempre con me una rivoltella quando viaggio.»

«Chi era presente?»

«Be’, non ricordo con precisione. Un bel po’ di gente, mi pare. Proprio un bel po’ di gente, a ogni modo!»

Scrollò il capo con mestizia.

 

«Sì, non c’è niente da dire» riprese. «Quanto a questo, merito un rimprovero.» E continuò: «Prima Linnet, poi la cameriera di Linnet e adesso la signora Otterbourne. Pare che tutti questi delitti non abbiano una ragione!.»

«La ragione c’era!» disse Race.

 

«Davvero?»

«Sì. La signora Otterbourne stava per dirci chi fosse la persona che aveva visto entrare nella cabina di Louise. Ma, prima che potesse farne il nome, è stata uccisa.»

Andrew Pennington si passò sulla fronte un bellissimo fazzoletto di seta.

 

«Tutto questo è orribile» mormorò.

 

Poirot disse: «Monsieur Pennington, vorrei poter discutere alcuni aspetti di questo caso con voi. Sarete tanto cortese da venire nella mia cabina fra mezz’ora?.»

«Lo farò con il massimo piacere.»

Ma, a sentirlo, Pennington non sembrava per niente contento. E non aveva neanche l’aria molto contenta. Race e Poirot si scambiarono un’occhiata e uscirono rapidamente.

 

«Che furbacchione, quel vecchio demonio!» osservò Race. «Però ha paura.

Non vi sembra?»

Poirot assentì.

 

«Certo, non è per niente soddisfatto il nostro signor Pennington!»

Avevano appena raggiunto il ponte di passeggiata quando la signora Allerton uscì dalla propria cabina e, vedendo Poirot, lo chiamò con un cenno imperioso.

 

«Madame?»

«Quella povera bambina! Ditemi, Monsieur Poirot, non sarebbe possibile avere una cabina doppia in modo da dividerla con lei? Non posso pensare che debba tornare in quella che oCCUpaVa con la madre, e purtroppo la mia è una singola!»

«Credo che potremo sistemare le cose in tal senso senza difficoltà, madame. siete molto buona.»

«Mi sembra il minimo che si possa fare! A parte il fatto che sono molto affezionata a quella ragaZZa. Mi è sempre stata simpatica.»

«E’ molto sconvolta?»

«Sì, spaventosamente. A quanto sembra era affezionatissima a quella vecchiaccia odiosa. Ed è proprio la cosa più patetica in tutta questa tragedia. Tim dice che, secondo lui, la signora Otterbourne era una alcolizzata. Credete sia vero?»

Poirot assentì.

 

«Be’, povera donna, immagino che non tocchi a noi giudicarla; però quella disgraziata ragaZZa deve aver fatto una vita terribile.»

«Proprio così, madame. Ma è molto fiera e molto leale.»

«Sì, è una cosa che mi piace… la lealtà, voglio dire. E talmente fuori moda, oggigiorno! E poi, quella figliola ha uno strano carattere… fiera, piena di riserbo, testarda ma, sotto sotto, affetluosa e piena di calore umano, credo!»

«Mi accorgo di aver messo Rosalie in buone mani, madame.»

«Certo, non preoccupatevi. Mi occuperò io di lei. Fra l’altro mi si sta attaccando in modo quasi commovente.»

La signora Allerton rientrò nella sua cabina. Poirot si ripresentò sulla scena della tragedia.

 

Cornelia era ancora in piedi, immobile, sul ponte, con gli occhi sbarrati.

 

«Non riesco a capire, Monsieur Poirot» gli disse.

 

«Come ha fatto la persona che ha sparato ad andarsene senza che noi la vedessimo?»

«Già, come ha fatto?» le fece eco Jacqueline.

 

«Ah!» esclamò Poirot. «Non dovete credere che sia stata una cosa strabiliante come può sembrare, mademoiselle. Ci sono tre vie ben distinte che l’assassino poteva prendere.»

Jacqueline parve sconcertata e domandò: «Tre?.»

«Potrebbe essere andato a destra, oppure a sinistra, ma non vedo nessun’altra via» osservò Cornelia alquanto perplessa.

 

Anche Jacqueline aveva aggrottato le sopracciglia. Ma poi si rasserenò subito.

 

«Ma, certo!» esclamò. «Poteva muoversi in due direzioni su un piano, ma poteva anche andarsene seguendo una direzione ad angolo retto, con il suddetto piano… cioè, non deve avere avuto difficoltà asalire; però, poi, si tratta di scendere… ecco il difficile!»

«Avete un buon cervello, mademoiselle!» esclamò Poirot con un sorriso.

 

Cornelia disse: «Capisco di essere proprio tonta ma continuo a non vedere qual è la terza possibilità.»

Jacqueline disse: «Monsieur Poirot vuole dire, cara, che avrebbe potuto scavalcare il parapetto e scendere sul ponte sottostante.»

«Mio Dio!» mormorò Cornelia emozionata. «Non ci avevo pensato! Però deve essere stato di una rapidità fulminea! Credete che abbia proprio fatto così?»

«Non doveva essere difficile» disse Tim Allerton. «Non dimenticate che quando succedono cose del genere si può sempre calcolare sU un minutO di shock generale. si sente uno sparo e si rimane troppo paralizzati per muoversi… almeno per qualche secondo!»

«Sarebbe quello che è capitato a voi, Monsieur Allerton?»

«Sì, precisamente. Sono rimasto lì imbambolato almeno per cinque secondi. Poi mi sono mosso, quasi di corsa, girando intorno al ponte.»

Race uscì dalla cabina di Bessner ed esclamò in tono autoritario: «vi spiacerebbe lasciar libero il passaggio? Vorremmo portar fuori il cadavere.»

Tutti si spostarono, ubbidienti. Poirot compreso.

 

Cornelia si mise a parlargli in tono commosso e triste: «Credo che non dimenticherò mai questo viaggio per tutto il resto della mia vita. Tre morti…

un po’ come vivere in un incubo….»

Ferguson, che l’aveva sentita, intervenne in tono aggressivo: «Il guaio è che siete troppo civilizzata! Dovreste avere nei confronti della morte lo stesso atteggiamento degli orientali. Per loro è un puro e semplice accidente… al quale non prestare molta attenzione.»

«Sarà come dite» replicò Cornelia. «Ma questo succede perché sono ignoranti, povere creature!»

«No, è un vantaggio per loro. La cultura ha tolto ogni vitalità alla razza bianca. Guardate un po’ l’America… lì fanno addirittura un’orgia di cultura.

 

E semplicemente disgustoso!»

«Secondo me, state dicendo un mucchio di sciocchezze!» esclamò Cornelia arrossendo. «Io frequento ogni inverno corsi sull’arte greca e sul Rinascimento. Sono andata perfino a sentire una serie di lezioni sulle Donne Famose nella Storia.»

Il signor Ferguson si lasciò sfuggire un grugnito di indignazione!

 

«Arte greca! Rinascimento! Donne Famose nella Storia! Mi viene la nausea a sentirvi. E ilfuturo che conta, ragazza mia, non il passato. Tre donne sono morte su questa nave. Be’, e con ciò? Non possiamo considerarle una perdita! Linnet Doyle con tutti i suoi soldi! La cameriera francese… un parassita. La signora Otterbourne… una povera stupida assolutamente inutile a sé e agli altri. Cosa credete? Che a qualcuno importi sul serio se sono morte o vive? Secondo me, non importa a nessuno. E sono convinto che sia giusto ragionare così!»

«Invece sbagliate!» ribatté Cornelia inalberandosi. «E se proprio volete saperlo, mi fate star male a furia di sentire tutte le vostre chiacchiere, come se al mondo niente avesse importanza all’infuori di voi! Non provavo una grande simpatia per la signora Otterbourne ma sua figlia la adorava e, adesso, è disperata per la morte della mamma. Non so molto riguardo alla cameriera francese, però immagino che avesse anche lei, chissà dove, qualcuno che le voleva bene; e quanto a Linnet Doyle… be’, a prescindere da tutto il restO, era una creatura talmente splendida! Appena entrava in una stanza ci si sentiva un nodo alla gola dalla commozione… tanto era bella! Io sono scialba, e piuttosto brutta, e proprio per questo apprezzo ancora di più la bellezza. Lei era bellissima… e non soltanto come donna… ma addirittura anche come un’opera d’arte, magari della Grecia antica. E quando qualcosa di bello scompare, è una perdita per tutto il mondo. Ecco come la penso!»

Il signor Ferguson indietreggiò di un passo, si prese i capelli fra le mani e cominciò a tirarseli con energia.

 

«Ci rinuncio!» esclamò. «siete addirittura inammissibile! Insomma a sentirvi si capisce subito che non avete nessuno dei classici sentimenti di odio e di antipatia che sono caratteristici delle donne!» E, voltandosi verso Poirot, riprese: «Lo sapevate, signor Poirot, che il padre di Cornelia è stato praticamente rovinato dal vecchio Ridgeway?

Eppure sua figlia non digrigna i denti quando vede l’ereditiera che si presenta con le perle al collo, indossando una delle ultime toilette parigine! Nossignore, si mette semplicemente a belare: “Non è incredibilmente bella?” proprio come un povero agnellino. Comincio a pensare che non abbiate provato nemmeno un minuto di rancore nei suoi confronti!.»

Cornelia arrossì.

 

«A dir la verità, vi sbagliate… sì, per un momento ho provato dell’antipatia… papà è quasi morto di crepacuore, sapete, perché aveva perso tutto.»

«Antipatia! Per un momento! Ecco… ma l’avete sentita?»

Cornelia si ribellò.

 

«Be’, non avete appena finito di dire che è il futuro a contare, non il passato? Tutte quelle sono cose passate, vero? Finite, concluse.»

«Insomma, io getto la spugna!» esclamò Ferguson. «Cornelia Robson, siete l’unica donna veramente cara e simpatica che abbia mai incontrato in vita mia. Volete sposarmi?»

«Non dite assurdità.»

«Ma la mia è una proposta seria… fra l’altro l’ho fatta addirittura in presenza del Vecchio Segugio. siete testimone, Monsieur Poirot, che ho deliberatamente chiesto a questa donna di sposarmi… anche se è contro tutti i miei principi perché non credo nei contratti legali fra i due sessi… D’altro canto, sono convinto che lei non accetterebbe nient’altro e quindi non si può parlare che di matrimonio! Su, da brava, Cornelia, ditemi sì!»

«Io vi trovo assolutamente ridicolo!» esclamò Cornelia arrossendo.

 

«Perché non volete sposarmi?»

«Perché non siete serio» rispose Cornelia.

 

«Volete dire che non è seria la mia proposta o che io non sono serio di carattere?»

«L’uno e l’altro, ma alludevo soprattutto al carattere. Sbeffeggiate tutto quello che è serio. vi mettete a ridere di fronte alla Educazione e alla Cultura e… sì, anche alla Morte. No, non siete una persona di cui ci si possa fidare.»

Poi gli voltò le spalle e, arrossendo, si allontanò in fretta e furia in direzione della sua cabina.

 

Ferguson rimase di stUcco. Seguendola con gli occhi disse: «Accidenti a quella ragazza! Credo che parli sul serio. Vuole che un uomo le ispiri fiducia. Ispirare fiducia… santi numi!» Tacque per qualche istante, poi disse in tono incuriosito: «si può sapere che cosa vi prende, Monsieur Poirot? Mi sembrate così assorto nelle vostre meditazioni….»

Poirot si riscosse, trasalendo lievemente.

 

«Rifletto, tutto qui. Rifletto, io!»

«Meditazione sulla Morte. La morte, il Decimale Ricorrente, opera di Hercule Poirot. Una delle sue celebri monografie.»

«Monsieur Ferguson» disse Poirot «siete un giovanotto molto impertinente.»

«Dovete perdonarmi. Mi piace da matti attaccare le solide istituzioni!»

«Ah… dunque io sarei un’istituzione?»

«Precisamente. Cosa ne pensate di quella ragazza?»

«Della signorina Robson?»

«Sì.»

«Trovo che abbia molto carattere.»

«Avete ragione. E spirito. Sembra dolce e mite, ma non lo è. Ha coraggio. Ha… accidenti, la voglio sposare! Magari non sarebbe una mossa sbagliata se mi mettessi a stuzzicare la vecchia signorina. Chissà che, una volta scatenata contro di me, non si ottenga l’effetto opposto… quello di suscitare un certo interesse in Cornelia!»

Girò sui tacchi ed entrò nel salone. La signorina Van Schuyler era seduta nel suo solito angolo. E aveva sempre la solita aria arrogante.

Stava sferruzzando. Ferguson le si aVvicinò a lunghi passi. Hercule Poirot, che era entrato senza farsi notare, scelse un posto a una certa distanza e finse di assorbirsi nella lettura di una rivista.

 

«Buongiorno, signorina Van Schuyler.»

La signorina Van Schuyler alzò gli occhi per un attimo, poi li abbassò di nuovo e mormorò in tono glaciale: «Uhm… buongiorno.»

«Sentite, signorina Van Schuyler, vorrei parlarvi di una faccenda piuttosto importante. si tratta di questo. Voglio sposare vostra cugina.»

Il gomitolo di lana della signorina Van Schuyler cadde sul pavimento e cominciò a rotolare attraverso il salone.

 

Quanto a lei, esclamò in tono carico di veleno: «Dovete essere impazzito, giovanotto!.»

«Niente affatto. Sono deciso a sposarla. Ho domandato la sua mano.»

La signorina Van Schuyler lo scrutò con aria gelida, dedicandogli press’a poco lo stesso curioso interesse che avrebbe potuto rivolgere a uno strano insetto.

 

«Davvero? Devo presumere che vi abbia respinto.»

«Sì, infatti.»

«E’ naturale!»

«No, non è affatto “naturale” per me! Ho intenzione di continuare a proporle il matrimonio fino a quando accetterà.»

«vi posso assicurare, signore, che provvederò a prendere le misure neceSsarie onde evitare che la mia giovane cugina debba essere sottoposta a una simile persecuzione» disse la signorina Van Schuyler in tono mordace.

 

«si può sapere cosa avete contro di me?»

La signorina Van Schuyler si limitò ad alzare le sopracciglia e a dare un violento strappo alla lana, lasciandogli capire che la sua intenzione era quella di ricuperare il gomitolo sfuggitole ma, nello stesso tempo, di mettere fine al colloquio.

 

«Su, ascoltate» continuava intanto a insistere il signor Ferguson «si può sapere cosa avete contro di me?»

«Mi pare che sia più che evidente, questo, signor… uhm… non conosco il vostro nome.»

«Ferguson.»

«signor Ferguson» la signorina Van Schuyler pronunciò questo nome con evidente disgusto. «Qualsiasi idea del genere è assolutamente inammissibile.»

«Vorreste dire che non vado bene per lei?» esclamò Ferguson.

 

«Mi sembra che questo dovrebbe essere ovvio!»

«In che senso non andrei bene per lei?»

La signorina Van Schuyler, anche stavolta, non rispose.

 

«Ho due gambe, due braccia, ottima salute e un cervello più che discreto. Cosa c’è che non va in tutto questo?»

«Esiste anche quella che si chiama “posizione sociale”, signor Ferguson.»

«La posizione sociale? Tutte frottole!»

La porta girevole si spalancò per fare entrare Cornelia, la quale si fermò sui due piedi scorgendo la terribile Cugina Marie in conversazione con il suo pretendente.

 

L’indignato signor Ferguson girò la testa, le rivolse un largo sorriso e la chiamò: «Fatevi avanti, Cornelia. Sono qui a chiedere la vostra mano nel modo più conformista possibile!.»

«Cornelia» esclamò la signorina Van Schuyler e la sua voce aveva assuntO un tono che avrebbe potuto essere definito terrificante, «avrestiper caso incoraggiato questo giovanotto?»

«Io… no, certo che no… perlomeno… non esattamente… cioè voglio dire…»

«Avanti, parla… cosa vuoi dire?»

«Non mi ha incoraggiato affatto!» esclamò il signor Ferguson, intervenendo per darle una mano. «Ho fatto tutto io. Lei non mi ha preso a schiaffi sul serio solo perché ha un Cuore troppo tenero. Cornelia, vostra Cugina dice che io non sono abbastanza buono per voi. Il che naturalmente è verissimo ma non nel senso che lei intende. Sono sicuro che la mia natura morale non è paragonabile alla vostra, però lei insiste nel dire che socialmente sono troppo al di sotto di voi. E quindi non ho speranze.»

«Mi pare che questo sia ovvio anche per Cornelia» disse la signorina Van Schuyler.

 

«Davvero?» Il signor Ferguson la scrutò attento. «E per questo che non volete sposarmi?»

«No, non è per questo.» Cornelia arrossì. «Se… se voi mi piaceste, vi sposerei indipendentemente da quello che siete.»

«Ma non vi piaccio?»

«Trovo che siete troppo… ecco… troppo esagerato. Il modo in cui dite le cose… le cose che dite… insomma non ho mai conosciuto nessuno come voi. E io…» Adesso si vedeva che lottava per trattenere le lacrime. si voltò ed uscì impetuosamente dal salone.

 

«Tutto sommato» osservò il signor Ferguson «come inizio non ci si può lamentare.»

Poi si appoggiò più comodamente alla spalliera della poltrona, alzò gli occhi verso il soffitto, fischiettò, accavallò le gambe coperte da un paio di sudici pantaloni e osservò: «Presto vi chiamerò anch’io cugina.»

La signorina Van Schuyler tremava di collera.

 

«Uscite subito da questa stanza, signore, altrimenti suono per chiamare il cameriere.»

«Ho pagato il mio biglietto» disse il signor Ferguson. «Nessuno può buttarmi fuori da una sala pubblica. Ma cercherò di accontentarla.»

Cominciando a canticchiare: “Yo oh oh e una bottiglia di rum…” si alzò e si avviò con aria disinvolta e piena di indifferenza verso la porta.

Infine uscì.

 

Schiumante di collera, la signorina Van Schuyler si alzò in piedi a fatica. Poirot, sbucando dallo schermo della rivista, dietro al quale si era nascosto più che altro per discrezione, si alzò di scatto e corse a ricuperare il gomitolo di lana.

 

«Grazie, Monsieur Poirot. Volete essere tanto gentile da chiamare la signorina Bowers? Mi sento letteralmente sconvolta… l’insolenza di quel giovanotto!»

«Davvero un tipo bizzarro» disse Poirot. «Ma sono quasi tutti così nella SUa famiglia. viziato da morire, naturalmente. Semsre pronto a combattere contro i mulini a vento.» Poi aggiunse, in tono noncurante: «Lo avete riconosciuto, immagino?.»

«Riconosciuto?»

«si fa chiamare Ferguson e non vuole usare il suo titolo nobiliare sempre a motivo di quelle idee estremiste…»

«Il suo titolo?» domandò la signorina Van Schuyler con voce tagliente.

«Certo, perché quello è il giovane Lord Dawlish. Nuota nell’oro… ma è diventato comunista quando studiava a Oxford.»

La signorina Van Schuyler, la cui faccia era diventata una specie di campo di battaglia dei sentimenti più diversi, disse: «Da quanto tempo lo sapete, Monsieur Poirot?.»

Poirot si strinse nelle spalle.

 

«Tanto per cominciare c’era il suo ritratto su una di queste riviste… e ho subito notato la somiglianza. Poi ho trovato un anello con lo stemma… oh, vi assicuro che non c’è alcun dubbio!»

Se la godeva un mondo, nel frattempo, a individuare le espressioni contrastanti che si susseguivano in rapida successione sulla faccia della signorina Van Schuyler.

 

Alla fine, piegando garbatamente la testa, lei gli disse: «Vi sono molto obbligata, Monsieur Poirot.»

Poirot rimase a seguirla con lo sguardo, sorridendo, mentre usciva dal salone. Poi tornò a sedersi e la sua faccia riprese l’espressione grave di poco prima. Stava seguendo il filo di un determinato pensiero. Di tanto in tanto annuiva. «Mais oui!» esclamò infine. «Sì, le cose quadrano…»

Race lo trovò ancora lì seduto a riflettere.

 

«Ebbene, Poirot, cosa state facendo qui? Fra dieci minuti Pennington si presenterà nella vostra cabina. Lo affido alle vostre mani.»

Poirot si alzò rapidamente in piedi.

 

«Prima, però, andate a cercarmi il giovane Fanthorp.»

«Fanthorp?»

Race non gli nascose di essere stupefatto.

 

«Sì. Accompagnatelo nella mia cabina.»

Race assentì e scappò via. Poirot si trasferì nella propria cabina e un paio di minuti dopo Race arrivò in compagnia del giovane Fanthorp.

 

Poirot li pregò di accomodarsi ed offrì loro una sigaretta.

 

«E adesso, Monsieur Fanthorp» disse «pensiamo ai fatti nostri! Mi accorgo, dalla vostra cravatta, che è la stessa del mio vecchio amico Hastings…»

Jim Fanthorp abbassò gli occhi a scrutare la propria cravatta con aria piuttOstO stupita.

 

«E’ una cravatta della mia scuola di Oxford» spiegò.

 

«Precisamente. Anche se sono straniero, non ignoro del tutto il vostro modo di comportarvi anglosassone. Per esempio so che ci sono “cose che si possono fare” e “cose che non si possono fare”.»

Jim Fanthorp ridacchiò.

 

«Oggi non siamo più abituati a definizioni del genere, signore!»

«Forse no, però l’abitudine resta. Una cravatta della Vecchia Scuola rimane sempre una cravatta della Vecchia Scuola ed esistono determinate cose (lo so per esperienza) che la cravatta della Vecchia Scuola non fa mai! E una di queste, Monsieur Fanthorp, è intromettersi nei discorsi privati di altre persone senza che il nostro parere sia stato richiesto e, soprattutto, quando a queste persone non siamo mai stati presentati.»

Fanthorp sgranò tanto d’occhi.

 

Poirot continuò: «Invece, qualche giorno fa, Monsieur Fanthorp, è proprio quello che avete fatto. Alcune persone stavano occupandosi tranquillamente dei loro affari nel salone panoramico. Voi, senza dar nell’occhio, vi siete avvicinato, gironzolando qua e là, con l’evidente intenzione di ascoltare quello che si stavano dicendo e, poco dopo, vi siete addirittura intromesso per congratularvi con una signora – Madame Doyle – per la serietà e buon senso col quale si comportava.»

Jim Fanthorp era diventato paonaZzo. Ma Poirot tirò avanti senza aspettare I SUOI commenti.

 

«Ora, Monsieur Fanthorp, questo non è precisamente il comportamento di una persona che porta la medesima cravatta del mio caro amico Hastings!

Hastings è un uomo riservato, compitissimo, che sarebbe morto di vergogna prima di fare una cosa simile! Ora, preso atto del vostro contegno in tale circostanza e aver osservato che siete molto giovane per potervi permettere il lusso di una vacanza così costosa, che siete socio di uno studio legale di provincia e quindi, con ogni probabilità, non sguaZzate nell’oro, e, per di più, non mostrate assolutamente i segni di una malattia recente, e tale da richiedere un vostro prolungato soggiorno all’estero, mi sono visto costretto a domandarmi… ed è quello che domando a voi adesso… qual è il motivo della vostra presenza sU questa nave?»

Jim Fanthorp buttò indietro la testa.

 

«Mi rifiuto di darvi qualsiasi spiegazione in tal senso, Monsieur Poirot. Anzi mi sto convincendo che dovete essere pazzo.»

«No, non sono paZzo. Tutt’altro, sono sanissimo. Dove si trova il vostro studio legale? A Northampton. cioè non molto lontano da Wode Hall. E qual era la conversazione che avete cercato di ascoltare? Una conversazione che riguardava determinati documenti legali. E qual era lo scopo della voStra osservazione… un’osservazione, fra l’altro, che avete pronunciato con evidente imbarazzo e malaise? Il vostro scopo era quello di dissuadere Madame Doyle dal firmare qualsiasi documento senza averlo prima letto.»

Fece una pausa.

 

«Su questa nave abbiamo avuto un delitto e, subito dopo quel delitto, altri due in rapida successione. Se aggiungo a questo la notizia che l’arma con la quale è stata uccisa Madame Otterbourne era di proprietà di Monsieur Andrew Pennington, forse comprenderete che, tutto sommato, è vostro preciso dovere raccontarci tutto quello che sapete.»

Jim Fanthorp rimase in silenzio per qualche minuto. Alla fine si decise a dire: «Avete uno strano modo di affrontare gli avvenimenti, Monsieur Poirot, però vi garantisco che valuto appieno i motivi per i quali mi fate queste domande. Il guaio è che non ho informazioni precise da riferirvi.»

«Volete dire che si tratta soltanto di sospetti?»

«Sì.»

«E, pertanto, giudicate un po’ avventato parlarne? Questo può essere giustissimo da un punto di vista legale. Ma qui non siamo in un tribunale. Il colonnello Race e io stiamo dando la caccia a un assassino. Qualsiasi aiuto può rivelarsi prezioso.»

Jim Fanthorp continuava a riflettere. Infine disse: «Benissimo. Cosa desiderate sapere?.»

«Perché state facendo questo viaggio?»

«E stato lo zio, l’avvocato Carmichael, legale inglese della signora Doyle, a mandarmi. E lui che si occupa di gran parte dei suoi affari.

Per questo motivo è stato spesso in corrispondenza con il signor Andrew Pennington, l’amministratore americano della signora Doyle. Parecchi piccoli incidenti (non starò ad enumerarveli tutti) hanno insospettito lo zio il quale si è convinto che non tutto proceda come dovrebbe…»

«In parole semplici» disse Race «vostro zio ha cominciato a sospettare che Pennington fosse un imbroglione?»

Jim Fanthorp assentì, abbozzando un sorriso.

 

«vi esprimete in modo più brutale di quanto non avrei osato fare io.

Nelle linee generali, la vostra idea è esatta. Alcuni pretesti di Pennington, qualche spiegazione abbastanza plausibile sul modo in CUi determinati fondi erano stati impegnati, hanno suscitato la sfiducia dello zio. Mentre questi sospetti erano ancora piuttosto vaghi, la signorina Ridgeway si è sposata inaspettatamente ed è partita per l’Egitto in viaggio di nozze. Il suo matrimOnio ha contribuito a sollevare lo zio da alcune delle preoCCUpaZioni perché. sapeva che, al suo ritorno in Inghilterra, avrebbe sistemato definitivamente tutto ciò che riguardava il suo patrimonio e ne avrebbe preso possesso di persona.

 

«Tuttavia, scrivendogli dal Cairo, la signora Doyle ha aCcennato al fatto di aver incontrato per caso Andrew Pennington. I sospetti dello zio sono di colpo aumentati. Ha cominciato a chiedersi se Pennington, che probabilmente a questo punto si trovava con le spalle al muro, non avrebbe tentato di ottenere dalla signora Doyle determinate firme su alcuni documenti con i quali essere in grado di nascondere tutte le irregolarità precedenti. Purtroppo lo zio non aveva prove chiare e ben precise da sottoporre alla signora Doyle e, quindi, si è venuto a trovare in una situazione molto difficile. Però gli è venuto in mente che avrebbe potuto mandarmi qui in aeroplano con precise istruzioni di scoprire quello che stava per accadere. Ero incaricato, insomma, di tenere gli occhi ben aperti e di intervenire, senza troppi complimenti, se fosse stato necessario… una missione molto poco gradevole, ve lo garantisco! In realtà nell’occasione alla quale avete accennato, so di essermi comportato come un vero cafone! E stato molto imbarazzante, però nel complesso sono rimasto soddisfatto dei risultati.»

«Volete dire che siete convinto di aver messo in guardia la signora Doyle?» domandò Race.

 

«Non so fino a che punto, però credo di aver costretto Pennington a stare sul chi vive. Anzi mi sono persuaso che, almeno per un po’, non avrebbe tentato altre mosse azzardate ma, nel frattempo, speravo di essere entrato abbastanza in amicizia con i signori Doyle per trovare il modo di avvertirli. Anzi, a dir la verità, speravo di farlo attraverso Doyle. La signora Doyle era talmente affezionata a Pennington che sarebbe stato un po’ imbarazzante fare certe insinuazioni sul suo conto!

Mi sembrava molto più semplice tentare gli stessi approcci con suo marito.»

Race assentì.

 

Poirot domandò: «Vi spiacerebbe essere schietto con me e darmi la vostra opinione sU un punto, Monsieur Fanthorp? Volendo raggirare qualcuno, chi avreste scelto come vittima… Madame o Monsieur Doyle?.»

Fanthorp abbozzò un sorriso.

 

«Il signor Doyle, sempre e soltanto lui! Linnet Doyle era molto attenta e precisa in fatto di affari! Invece mi sembra che suo marito sia uno di quegli uomini che si fidano di chiunque, che non capiscono niente di questioni finanziarie e che sono sempre pronti a “mettere la firma sulla linea punteggiata” proprio come ha detto anche lui!»

«Sono d’accordo» disse Poirot. Poi guardò Race. «Ecco il movente che cercavate.»

Jim Fanthorp esclamò: «Guardate che queste sono tutte supposizioni!

Supposizioni pure e semplici. Non C’è un briciolo di prove.»

Poirot replicò con tono disinvolto: «Ah, bah, quanto alle prove, le troveremo!.»

«Come?»

«Magari ce le fornirà il signor Pennington in persona.»

Fanthorp non gli nascose di essere dubbioso su questo punto.

 

«Chissà. Non ne sono per niente convinto.»

Race guardò l’orologio.

 

«Ormai dovrebbe essere qui.»

Jim Fanthorp fu pronto a cogliere l’allusione e si affrettò ad andarsene. Due minuti più tardi Andrew Pennington faceva la sua comparsa. Gentile, sorridente, con un modo di fare accattivante. Solo la linea tesa e contratta della mascella e l’espressione cauta degli occhi rivelavano che, da lottatore capace ed esperto, stava in guardia.

 

«Ebbene, signori» disse «eccomi qui.» si mise a sedere e li guardò con aria interrogativa.

 

«Vi abbiamo pregato di venire qui, Monsieur Pennington» cominciò Poirot «perché è abbastanza evidente come voi abbiate un interesse molto speciale e diretto in questo caso.»

Pennington alzò lievemente le sopracciglia.

 

«Davvero?»

Poirot riprese in tono pacato: «Sicuro! A quanto ho capito, conoscevate Linnet Ridgeway fin da quando era piccola, no?.»

«Ah… è per questo…» e la sua espressione diventò un po’ meno guardinga. «Chiedo scusa. vi avevo frainteso. Sì, come vi dicevo stamane, conoscevo Linnet fin da quando era ancora una graziosa bambinetta di pochi anni.»

«Eravate in stretti rapporti di amicizia con suo padre?»

«Precisamente. Melhuish Ridgeway ed io eravamo amici… intimi amici.» «La vostra era un’amicizia talmente intima che, morendo, lui vi ha nominato tutore di sua figlia e amministratore dell’enorme patrimonio che ereditava?»

«Ecco… sì… press’a poco…» L’espressione guardinga era riapparsa. E anche il tono di voce era più cauto. «Naturalmente non ero io il solo amministratore; ma ho sempre lavorato di comune accordo con altri.»

«Chi di loro è morto nel frattempo?»

«Ne sono morti due. L’ultimo, il signor Sterndale Rockford, è vivo.»

«Il vostro socio?»

«Sì.»

«Mademoiselle Ridgeway non era ancora maggiorenne quando si è sposa ta, giusto?»

«Avrebbe compiuto ventun anni nel giugno prossimo.»

«E, secondo un corso normale degli eventi, in quell’occasione sarebbe en trata in possesso del suo patrimonio?»

«Sì.»

«Il suo matrimonio, invece, ha precipitato le cose?»

La mascella di Pennington si indurì. Alzò di scatto la testa con aria aggressiva, guardandoli: «Scusatemi, signori, ma si può sapere che cosa C’entra questo con tutto il resto? Non mi pare che vi riguardi.»

«Se non vi garba rispondere alla domanda…»

«Non è questione che mi dispiaccia o no! Non ha importanza quello che volete domandarmi. Però, confesso di non vedere quale interesse possa avere tutto questo.»

«Oh, ma c’è di sicuro, Monsieur Pennington…» E Poirot si sporse leggermente in avanti, mentre un lampo felino illuminava i suoi occhi verdi «… c’è la faccenda del movente. E proprio per questa ragione che non si possono trascurare le considerazioni di carattere finanziario.»

Pennington disse in tono cupo: «Secondo il testamento di Ridgeway, Linnet doveva entrare in possesso del suo patrimonio nel momento in cui avesse compiuto ventun anni oppure se si fosse sposata.»

«Nessun’altra condizione? Di nessun genere?»

«Nessun’altra condizione.»

«E da quanto mi è stato detto, e le mie fonti sono ineccepibili, si tratta di milioni.»

«Precisamente. Di milioni.»

Poirot riprese in tono pacato: «La vostra responsabilità, signor Pennington, come quella del vostro socio, era molto grave.»

Pennington rispose asciutto: «ci siamo abituati. Le responsabilità non ci preoccupano.»

«Chissà!»

Qualcosa nel tono di Poirot irritò il suo interlocutore che ribatté, accalorandosi: «Si può sapere cosa diavolo volete dire?.»

Poirot rispose con un tono di disarmante franchezza: «Mi stavo domandando, signor Pennington, se, per caso, l’improvviso matrimonio di Linnet Ridgeway non avesse provocato… una certa costernazione nel vostro ufficio.»

«Costernazione?»

«Sì, ho proprio usato questa parola.»

«si può sapere a che cosa diavolo state mirando?»

«E’ semplicissimo. Gli affari di Linnet Doyle sono in ordine perfetto… cioè come dovrebbero essere?»

Pennington si alzò in piedi di scatto.

 

«Basta così. Non ho intenzione di ascoltarvi!» Fece per avviarsi alla porta.

 

«Prima, però, non volete rispondere alla mia domanda?»

Pennington ribatté, tagliente: «Sono in ordine perfetto.»

«Non vi siete talmente allarmato, quando vi è giunta la notizia del matrimonio di Linnet Ridgeway, da precipitarvi in Europa con il primo piroscafo in partenza e da inscenare un incontro, apparentemente casuale, in Egitto?»

Pennington tornò indietro facendo qualche passo verso di loro. Aveva pienamente riacquistato il controllo di sé.

 

«Quello che dite sono un mucchio di idiozie! Non sapevo nemmeno che Linnet si fosse sposata fino a quando non l’ho incontrata al Cairo. E ne sono rimasto letteralmente sbalordito. La sua lettera dev’essere arrivata a New York uno o due giorni dopo la mia partenza. Mi è stata inoltrata, e io l’ho ricevuta una settimana più tardi.»

«A quanto mi avevate detto, avete fatto la traversata sul Carmanic.»

«Esatto.»

«La lettera è arrivata a New York quando il Carmanic era già salpato?»

«Quante volte devo ripetervelo?»

«Strano» disse Poirot.

 

«Cosa c’è di strano?»

«Ecco… sul vostro bagaglio non si vede nessuna etichetta del Carmanic.

Le uniche etichette recenti di una traversata atlantica sono quelle del Normandie. Se non sbaglio, il Normandie è salpato due giorni dopo il Carmanic.»

Per un attimo il suo interlocutore rimase senza parole. E i suoi occhi ebbero un lampo di incertezza.

 

Il colonnello Race se ne accorse e ne approfittò per attaccarlo a sua volta: «Su, andiamo! Vedete, signor Pennington, abbiamo svariati motivi per credere che siate arrivato con il Normandie e non con il Carmanic, come dite. In questo caso, dovete aver ricevuto la lettera della signora Doyle prima della vostra partenza da New York. E inutile negarlo perché come sapete… è la cosa più facile del mondo eseguire un rapido controllo presso le Compagnie di navigazione!.»

Andrew Pennington cercò a tastoni una seggiola e vi si lasciò cadere. La sua faccia era impassibile… ma dietro quella maschera era evidente che il suo agile cervello doveva lavorare febbrilmente meditando sulla prossima mossa.

 

«Ebbene, signori, sono costretto ad ammettere che mi avete battuto. siete stati troppo intelligenti e furbi per me. Del resto, avevo i miei motivi, validi motivi, per agire come ho agito.»

«Non ne dubito» disse Race in tono asciutto.

 

«E se ve li esporrò, chiederò in cambio la massima riservatezza.»

«Potete fidarvi di noi senza preoCcupazioni. Anche se, come è naturale, non possiamo darvi assiCurazioni del genere un po’ alla cieca.»

«Ecco…» Pennington sospirò. «vi racconterò tutto, chiaro e tondo. Già da un po’ di tempo in Inghilterra le cose non funzionavano come dovevano. Mi sono preoccupato. Per lettera non riuscivo a fare molto.

Così ho pensato che l’unica soluzione possibile fosse quella di partire per venire a controllare di persona.»

«vi vorreste spiegare meglio? In che senso le cose non andavano?»

«Avevo i miei buoni motivi per credere che qualcuno si fosse messo d’impegno a truffare Linnet.»

«Chi sarebbe stato?»

«Il suo legale inglese. Ora, come ben capite, queste non sono accuse che si possono fare alla leggera. Quindi mi sono deciso a venire di persona a dare un’occhiata ai suoi affari.»

«Il vostro comportamento vi fa onore. Vedo che avete agito in modo accorto e prudente. Ma perché quel piccolo inganno… perché avete negato che la lettera vi fosse arrivata?»

«Ecco, provate un po’ a pensarci» e Pennington allargò le braccia. «Come si fa ad imporre la propria compagnia a una coppia in luna di miele senza fornire validi motivi di quello che state facendo e senza affrontare direttamente la questione? Ho pensato che la cosa migliore fosse quella di fingere un incontro casuale. Fra l’altro, non conoscevo affatto suo marito. Per quel che ne sapevo, sarebbe potuto essere stato d’accordo anche lui con quelli che la truffavano.»

«Insomma le vostre azioni sono state dettate da scopi puramente disinteressati» osservò Race, in tono secco.

 

«E’ così, colonnello.»

Ci fu una pausa.

 

Race diede un’occhiata a Poirot, che si chinò in avanti dicendo: «signor Pennington, non crediamo a una sola parola della vostra storia.»

«Non ci credete? Perdio! E, allora, mi volete dire a che cosa diavolo avete intenzione di credere?»

«Secondo noi, l’improvviso matrimonio di Linnet Ridgeway vi ha messo in una situazione finanziaria gravissima. La nostra opinione è che vi siete precipitato qui nella speranza di scoprire il modo di cavarvela senza troppi danni dai guai nei quali vi trovavate… sarebbe come dire, in un certo senso, che speravate di prendere tempo. Ed è stato proprio per questo motivo, e mirando a questo scopo, che avete sperato di ottenere da Madame Doyle la firma su alcuni documenti. Vi è andata male. Non solo ma, sempre a nostro avviso, durante il viaggio sul Nilo, ad AbU Simbel, mentre passeggiavate lungo il margine del dirupo roCcioso avete smosso di proposito un masso e l’avete fatto precipitare… Il masso, però, ha mancato di poco il bersaglio…»

«siete pazzo.»

«siamo anche convinti che, durante il viaggio di ritorno, si siano presentate, più o meno, le stesse circostanze. cioè, l’opportunità di liquidare defi- nitivamente Madame Doyle e, per di più, proprio quando sarebbe stata accusata un’altra persona della sua morte… Non soltanto crediamo, ma addirittura sappiamo, che è stata la vostra rivoltella a uccidere la donna che stava per rivelarci il nome della persona che riteneva avesse ucciso non soltanto Linnet Doyle ma anche la cameriera Louise…»

«Perdio!» La violenta imprecazione di Pennington interruppe il profluvio di parole di Poirot. «Mi volete dire a che cosa avete intenzione di arrivare? siete impazzito? Quale motivo avevo di uccidere Linnet? Non avrei mai potuto mettere le mani sul suo denaro; perché è il marito che lo eredita. E allora… perché non ve la prendete con lui? Il beneficiario è Doyle… non sono io!»

Race ribatté in tono glaciale: «Doyle non è mai uscito dal salone la sera della tragedia fino al momento in cui qualcuno gli ha sparato addosso, ferendolo ad una gamba. La sua completa impossibilità di compiere anche un solo passo, subito dopo, è confermata da un medico e da un’infermiera, che l’hanno testimoniato indipendentemente l’uno dall’altra e sono persone degne della massima fiducia. simon Doyle non può aver ucciso sua moglie. Come non può aver ucciso Louise Bourget.

Soprattutto è assolutamente escluso che abbia ucciso la signora Otterbourne. Lo sapete bene quanto noi!.»

«So che non è stato lui a ucciderla.» Pennington adesso pareva un poco più calmo. «Io dico soltanto questo: per quale motivo ve la prendete con me quando non ricavo il minimo vantaggio dalla sua morte?»

«A dire il vero, mio caro signore» riprese la voce di Poirot, che sembrava morbida e sommessa come il ronfare di un gatto che fa le fusa «anche questa è tutta questione d’opinione… Madame Doyle era un’abile e attenta donna d’affari, s’intendeva perfettamente di tutto ciò che riguardava il suo patrimonio e sarebbe stata prontissima a scoprire anche la più piccola irregolarità. Non appena avesse assunto il controllo della propria posizione finanziaria – e lo avrebbe senz’altro fatto al suo ritorno in Inghilterra – le sarebbero sorti subito dei sospetti. Ma adesso che lei è morta e che suo marito eredita tutto, come mi avete fatto appena notare, le cose sono molto diverse. simon Doyle è all’oscuro di quella che è la situazione finanziaria della moglie: sa semplicemente che era riCca. Fra l’altro è un uomo semplice, pronto a fidarsi di chiunque. Non vi sarebbe difficile presentargli un quadro della Situazione molto complicato, nascondergli sotto un mare di cifre la vera entità del suo patrimonio e rimandare la sistemazione di tutto, adducendo qualche formalità legale e la Depressione avvenuta di recente.

Secondo me, ci sarebbe una bella differenza per voi a trattare con il marito piuttosto che con la moglie!»

Pennington alzò le spalle.

 

«Le vostre idee… sono fantastiche.»

«Il tempo ce lo dirà.»

«Come sarebbe?»

«Ho detto “Il tempo ce lo dirà!” siamo di fronte a tre decessi tre delitti,

La legge pretenderà un’investigazione accuratissima delle condizioni patrimoniali di Madame Doyle.» si accorse che il suo interlocutore si accasciava sulla seggiola, nascondendo la testa fra le spalle e capì di aver vinto. I sospetti di Jim Fanthorp eranO molto fondati.

 

«Avete giocato e perduto» riprese Poirot. «Mi sembra inutile insistere a bluffare..»

«Voi non capite» mormorò Pennington. «In realtà è tutto molto semplice.

La colpa è stata di quel maledettissimo crack… Wall Street sembrava impazzita. Ma io ho già studiato il modo di riguadagnare tutto ciò che è stato perduto. Con un po’ di fortuna le cose dovrebbero essere sistemate per la metà di giugno.»

Prese una sigaretta con le mani che gli tremavano, tentò di accenderla, non ci riuscì.

 

«Immagino» mormorò Poirot con aria assorta «che quel masso sia stato una tentazione improvvisa… eravate sicuro che nessuno vi avesse visto.»

«E’ stato un puro e semplice incidente… vi giuro… che è stato un incidente!» Si sporse in avanti, la faccia stravolta, gli occhi colmi di terrore. «Ho inciampato e ci sono caduto contro… vi giuro che è stata una disgrazia…»

I due uomini continuarono a tacere. Pennington riacquistò di colpo il controllo di sé. Era ancora distrutto ma, almeno in una certa misura, stava riacquistando il solito spirito combattivo. Si avviò alla porta.

 

«Non potete accusarmi di quell’incidente, signori. Come vi ho detto è successo per un disgraziatissimo caso… e non sono stato io a spararle.

Mi avete sentito? Non potete accusarmi nemmeno di quello… e non lo farete.»

Uscì.

 

Quando la porta si richiuse alle sue spalle, Race si lasciò sfuggire un profondo sospiro.

 

«siamo riusciti a farci raccontare molto più di quello che speravo. In fondo, la sua è stata una ammissione di frode. Una ammissione di tentato delitto. Più di tanto… era impossibile. Perché, vedete, un uomo è magari prontO a confessare, bene o male, un tentato delitto ma non riuscirete mai ad ottenere la sua confessione quando c’è di mezzo un delitto reale.»

«A volte si riesce» disse Poirot. I suoi occhi sognanti ebbero un guizzo felino. Race lo guardò con aria strana. «Avete un piano?» Poirot assentì. Poi cominciò a fare un elenco, contando sulle dita: «Il giardino di Assuan. Le dichiarazioni del signor Allerton. Le due boccettine di smalto per le unghie. La mia bottiglia di vino. La stola di velluto. Il fazzoletto macchiato. La rivoltella abbandonata sulla scena del delitto. La morte di Louise. La morte di Madame Otterbourne.

Sì, c’è tutto. No, non è stato Pennington, Race!» «Come avete detto?» esclamò Race allibito. «No, non è stato Pennington.

Aveva un movente, d’accordo. E anche la volontà di mettere in esecuzione il suo piano, certo. E arrivato addirittura a compiere un tentativo.

Mais c’est tout. Per un delitto come questo, occorreva qualcosa che Pennington non ha: audacia, una esecuzione rapida e impeccabile, coraggio, sprezzo del pericolo e un cervello calcolatore, pieno di risorse. Pennington non ha nessuna di queste qualità. Non commetterebbe mai un delitto a meno di non avere la certezza di restare impunito. Qui invece non se ne parla neanche! Qui è come camminare sulla lama di un rasoio. ci voleva audacia. Pennington non è un uomo coraggioso. E soltanto astuto.» Race adesso lo guardava con il rispetto che soltanto un uomo abile e capace sa tributare ai meriti di un altro. «Avete le idee molto chiare» disse.

 

«Credo di sì. Restano ancora un paio di cose… per esempio quel telegramma che Linnet Doyle ha letto. E una questione che mi piacerebbe vedere chiarita.»

«Per Giove, ci siamo dimenticati di domandarlo a Doyle! Ce ne stava proprio parlando quando è entrata la povera signora Otterbourne. Andiamo a chiederglielo di nuovo…»

«Fra un minuto. Prima c’è un’altra persona con la quale vorrei fare quattro chiacchiere.»

«Di chi si tratta?»

«Di Tim Allerton.»

Race alzò le sopracciglia, stupito.

 

«Allerton? Benissimo, mandiamolo a chiamare.»

Suonò il campanello e mandò un cameriere ad avvertire il giovanotto il quale entrò quasi subito con aria interrogativa.

 

«Un cameriere mi ha detto che mi cercavate, vero?»

«Sì, Monsieur Allerton. Accomodatevi.»

Tim si mise a sedere. La sua faccia registrava un’espressione attenta ma anche lievemente infastidita.

 

«Posso esservi utile in qualche cosa?» Il suo tono era cortese ma privo di entusiasmo.

 

Poirot disse: «In un certo senso, forse. In realtà devo chiedervi soprattuttO di ascoltare.»

Tim alzò le sopracciglia con un gesto di garbato stupore.

 

«Certo! Sono il miglior ascoltatore del mondo. Potete fidarvi di me.

Sono bravissimo ad esclamare… “Oh… già!” nei momenti giusti.»

«Ottimamente. “Oh… già” mi sembra un’espressione molto efficace. Eh bien, allora cominciamo. Quando ho conosciuto voi e vostra madre ad Assuan, Monsieur Allerton, confesso che sono stato molto attirato dalla Vostra compagnia. Tanto per cominciare, consideravo vostra madre una delle persone più simpatiche e affascinanti che avessi mai conosciuto…»

Sulla faccia infastidita e afflitta del giovanotto apparve un lampo di interesse.

 

«E… unica» disse.

 

«Ma la seconda cosa che mi ha interessato è stato il nome di una certa signora della quale avete parlato.»

«Davvero?»

«Infatti… avete menzionato una certa Mademoiselle Joanna Southwood.

Ora, vedete, avevo già avuto occasione poco tempo prima di sentirla nominare…»

Fece una pausa e proseguì: «In questi ultimi tre anni si sono verificati alcuni furti di gioielli che hanno preoccupato profondamente Scotland Yard. si tratta di quelli che potrebbero essere descritti come furti nella… Alta Società. Il metodo usato in genere è sempre lo stesso… la sostituzione di una copia con l’originale. L’ispettore capo Japp, mio buon amico, è arrivato alla conclusione che quei furti non erano opera di una, bensì di due persone, le quali lavoravano d’accordo, e con molta astuzia. Ha finito per convincersi, vista la straordinaria conoscenza di quell’ambiente che i furti rivelavano, che a compierli fossero un paio di persone le quali godevano di una posizione sociale molto in vista. E, alla fine, la sua attenzione si è concentrata sU Mademoiselle Joanna Southwood.

 

«Ognuna delle vittime era stata una sua amica, o anche una semplice conoscente, e in ciascuno di questi casi lei aveva aVuto per le mani, o si era fatta addirittura prestare, i gioielli in questione. Fra l’altro, aveva un tenore di vita molto più elevato di quanto non le consentisse il suo reddito. D’altra parte, era chiarissimo che il furto vero e proprio- diciamo, cioè la sostituzione non era stato eseguito da lei. In certi casi, lei era addirittura all’estero durante il periodo in cui al gioiello vero veniva sostituito quello falso.

 

«Così, a poco a poco l’ispettore capo Japp ha cominciato a crearsi un quadro abbastanza preciso degli avvenimenti. Per un certo periodo di tempo Mademoiselle Southwood era stata legata da rapporti di affari con una Associazione della Gioielleria Moderna. Lui aveva il sospetto che Joanna si impadronisse dei gioielli in questione, ne facesse un accurato disegno, poi provvedesse a farne eseguire una copia da qualche gioielliere sconosciuto, ma disonesto e, in seguito, come terza ed ultima parte dell’operazione, la sostituzione venisse effettuata da un’altra persona ancora… la quale avrebbe potuto dimostrare di non aver mai avuto fra le mani quei gioielli e soprattutto di non aver aVuto mai niente a che fare con copie o imitazioni di pietre preziose.

Naturalmente Japp era all’oscuro dell’identità di quest’altra persona.

 

«Ora dovete sapere che, durante la conversazione con voi, avete accennato ad alcuni argomenti che mi hanno interessato. Per esempio un prezioso anello era scomparso mentre vi trovavate a Majorca; e in un’altra occasione facevate parte anche voi degli ospiti di una casa in cui si era scoperta la sostituzione di un prezioso gioiello… affermavate di essere intimo amico di Mademoiselle Southwood. A parte tutto questo, era innegabile che vi garbava molto poco la mia presenza; anzi avete tentato più di una volta di impedire che vostra madre mostrasse nei miei confronti una crescente simpatia. In quest’ultimo caso, com’è logico, poteva trattarsi di un’antipatia di carattere personale, però non ci credevo. Eravate troppo ansioso di nascondere questa antipatia sotto modi di fare gentili e cordiali.

 

«Eh bien! Dopo l’assassinio di Linnet Doyle abbiamo scoperto che le perle erano sparite. Come potete ben capire, ho pensato subito a voi!

Ma non ero del tutto convinto. Perché, se lavoravate, come sospettavo, in coppia con Mademoiselle Southwood (intima amica di Madame Doyle), in tal caso avreste usato il metodo della sostituzione… non quello di un furto così sfacciato. Ma, in seguito, quando le perle sono state inaspettatamente restituite… che cosa scopro? Che non sono vere, si tratta di un’imitazione.

 

«Allora capisco Chi è il vero ladro. Un filo di perle falso era stato rubato e poi restituito… ma si trattava di un’imitazione che voi avevate provveduto a Sostituire in precedenza alle perle vere.»

Guardò con attenzione il giovanotto che gli sedeva di fronte.

 

Tim era tranquillo sotto l’abbronzatura. Non pareva un lottatore accanito come Pennington; non aveva la stessa tempra. Sforzandosi di non perdere il suo tono blandamente canzonatorio, esclamò: «Davvero? In tal caso… che cosa ne avrei fatto?.»

«So anche questo.»

La faccia del giovanotto cambiò di colpo espressione… adesso era stravolto.

 

Poirot intanto continuava a parlare pacatamente: «Esiste un luogo soltanto dove potete averle nascoste. ci ho riflettuto e sono giunto alla conclusione di non sbagliare. Quelle perle, Monsieur Allerton, sono nascoste in un rosario che avete appeso nella vostra cabina. I grani di quel rosario sono di legno, scolpiti in un modo molto elaborato. Credo che lo abbiate fatto fare appoSitamente. ciascuno di quei grani si può svitare ed aprire, come una scatolina, anche se non salterebbe mai in mente a nessuno di accorgersene. Nell’interno di ognuno di quei grani c’è una perla, incollata con l’attaccatutto. In genere anche nelle perquisizioni più minuziose, la polizia rispetta gli oggetti del culto religioso, a meno che non rivelino qualcosa di strano. E voi contavate proprio su questo fatto. Ho tentato di scoprire in quale modo Mademoiselle Southwood vi abbia spedito il filo di perle false. Deve essere stata lei a pensarci, dal momento che voi siete venuto qui direttamente da Majorca non appena avete sentito che Madame Doyle avrebbe fatto questo viaggio durante la luna di miele. La mia ipotesi è la seguente: quel filo di perle false vi è stato spedito in un libro… dopo aver scavato un bel buco nella parte centrale delle pagine… Di solito i libri viaggiano sempre senza pericolo e arrivano a destinazione sani e salvi; fra l’altro la posta non apre praticamente mai pacchi che contengono libri!.»

Ci fu una pausa… una lunga pausa.

 

Poi Tim disse con voce pacata: «Avrei vinto! La partita è stata interrotta, ma ormai è finita. Credo non mi resti altro che pagare lo scotto, vero?.»

Poirot annuì lentamente.

 

«vi siete reso conto di essere stato visto, questa notte?»

«Visto?» E Tim trasalì.

 

«Certo: la notte in cui Linnet Doyle è stata UCcisa, qualcuno vi ha visto uscire dalla sua cabina all’una appena passata.»

«Sentite un po’!» protestò Tim. «Non penserete… Non sono stato io ad ucciderla! Ve lo giuro! Oh, se sapeste in che guaio ho capito di essermi andato a cacciare! Pensare che ho scelto proprio quella notte fra tutte per… Dio, è stato terribile!»

Poirot disse: «Sì, capisco che dovete aver passato qualche brutto momento. Ma adesso che la verità è venuta a galla potrete aiutarci.

Madame Doyle era morta o viva quando avete rubato le perle?.»

«Non lo so» rispose Tim con voce rauca. «Ve lo giuro sulla mia testa, Monsieur Poirot, non lo so! Avevo scoperto che era solita metterle sempre sul ripiano del comodino, vicino al letto… ogni sera… sono entrato di soppiatto, ho allungato una mano e, a tentoni, ho frugato sul comodino, ho sentito le perle sotto le dita, le ho afferrate, ho messo l’altra collana al loro postO e sono uscito di nuovo in punta di piedi.

Naturalmente ero convinto che fosse addormentata.»

«L’avevate sentita respirare? Immagino che avrete teso l’orecchio, prima di agire, no?»

Tim ci pensò un momento.

 

«Ecco… veramente… c’era un gran silenzio… proprio un gran silenzio. No, non ricordo di averla sentita respirare.»

«Non c’era odore di polvere da sparo nell’aria, per esempio… perché ci sarebbe stato senz’altro se, in quella cabina, fosse stata usata un’arma da fuoco poco prima, capite?»

«Non credo. Non me ne ricordo.»

Poirot sospirò.

 

«In tal caso siamo al punto di prima.»

Tim gli domandò incuriosito: «Chi sarebbe stato a vedermi?.»

«Rosalie Otterbourne. Proveniva dall’altro lato della nave e vi ha visto lasciare la cabina di Linnet Doyle ed entrare nella vostra.»

«Dunque è stata lei a dirvelo!»

Poirot ribatté garbatamente: «Vi prego di scusarmi… no, non è stata lei a dirmelo….»

«Allora come fate a saperlo?»

«Perché sono Hercule Poirot. E non occorre che nessuno mi dica niente.

Quando ho insistito perché lei me lo confessasse, sapete cosa mi ha risposto? Ha detto: “Non ho visto nessuno”. E mentiva.»

«Ma perché?»

Poirot riprese con un certo distacco: «Forse perché credeva di aver visto l’assassino. In fondo, almeno stando alle apparenze… era inevitabile, non vi sembra?.»

«A me sembra fosse una ragione in più per dirvelo.»

«Invece lei non è stata di questa opinione, a quanto pare» ribatté Poirot alzando le spalle.

 

Tim esclamò, con una strana intonazione di voce: «E una ragazza straordinaria! Con quella madre, non deve certo aver fatto una vita piacevole.»

«E’ vero. La vita non è stata buona con lei.»

«Povera bambina» Tim mormorò. Poi rivolgendosi a Race aggiunse: «Ebbene, signore, qual è la mia posizione a questo punto? Ammetto di aver portato via le perle dalla cabina di Linnet. Le troverete esattamente dove ha detto il signor Poirot. Sono colpevole. Ma per quello che riguarda la signorina Southwood, non vi farò alcuna confessione. Non avete nessuna prova nei suoi confronti. Il modo in CUi mi sono proCurato il filo di perle falso è affar mio!.»

«Un comportamento molto corretto» mormorò Poirot.

 

Tim ribatté, in un lampo di buonumore: «Sempre gentiluomo, vero?» Poi aggiunse: «Potete quindi immaginare come mi ha dato fastidio vedere mia madre che vi manifestava tutta quella simpatia! Confesso di non essere un criminale tanto incallito da trovar divertente la compagnia di un investigatore celebre e famoso proprio nel momento in cui c’è da tentare un colpo abbastanza rischioso! Magari c’è anche chi si divertirebbe! Io, no In tutta franchezza vi confesso che, se avessi potuto, avrei rinunciato all’impresa.»

«Invece la mia presenza non vi ha impedito di tentare ugualmente, vero?»

Tim si strinse nelle spalle.

 

«Non potevo rovinare tutto in questo modo! La sostituzione doveva pur essere fatta in un momento o l’altro… e io sapevo di avere un’oCcasione unica facendo il viaggio su questa nave… Una cabina a poca distanza dalla mia e Linnet stessa talmente preoccupata dai propri guai da non accorgersi, molto probabilmente, che la sostituzione era avvenuta…»

«Mi domando se è proprio stato così…»

Tim trasalì, guardandolo: «Cosa vorreste dire?.»

Poirot suonò il campanello.

 

«Adesso pregherò la signorina Otterbourne di venire qui un momento.»

Tim aggrottò le sopracciglia ma non disse nulla. Un cameriere si presentò, ricevette il messaggio e andò a riferirlo.

 

Rosalie entrò dopo qualche minuto. I suoi occhi, arrossati per il pianto recente, si allargarono un poco quando vide Tim; tuttavia il suo atteggiamento non era più scontroso né pieno di sospetto come una volta. si mise a sedere con una docilità strana in lei e sfiorò con lo sguardo prima Race e poi Poirot.

 

«siamo molto dolenti di disturbarvi, signorina Otterbourne» mormorò Race con gentilezza.

 

Era un po’ indispettito nei confronti di Poirot.

 

«Non importa» mormorò la ragazza a bassa voce.

 

Poirot disse: «E necessario mettere in chiaro un paio di questioni.

Quando vi ho chiesto se avevate visto qualcuno sul ponte di tribordo alla una e dieci di stamattina, avete risposto che non avevate visto nessuno. Per fortuna sono riuscito ad arrivare alla verità senza il vostro aiuto. Monsieur Allerton ha ammesso di essere entrato nella cabina di Linnet Doyle stanotte.»

Lei lanciò un rapido sguardo a Tim. E Tim, con la faccia grave e contratta, le rispose con un breve cenno di assenso.

 

«Anche l’ora è corretta, Monsieur Allerton?»

«Correttissima» Allerton rispose.

 

Rosalie lo stava guardando con gli occhi sgranati. Aveva le labbra socchiuse… tremantì…

 

«Ma voi non… voi non avete…»

Lui si affrettò a risponderle: «No, non l’ho Uccisa io. Sono un ladro, ma non un assassino. Tanto… verrà subito fuori tutto e quindi è meglio che lo sappiate direttamente da me. Volevo le sue perle.»

Poirot disse: «Secondo la sua versione dei fatti, il signor Allerton ieri sera è entrato in quella cabina per sostituire alla collana di perle vere una imitazione.»

«E’ vero?» domandò Rosalie. I suoi occhi gravi, tristi, un po’ da bambina, lo fissarono.

 

«Sì» disse Tim.

 

Ci fu un silenzio. Il colonnello Race si agitò, lievemente imbarazzato, sulla seggiola.

 

Poirot riprese con una strana voce: «Come vedete, questa è la versione dei fatti di Monsieur Allerton, in parte confermata da ciò che avete detto. Mi spiego meglio: abbiamo le prove che, ieri sera, è effettivamente entrato nella cabina di Linnet Doyle, ma non sappiamo il motivo per il quale l’ha fatto.»

Tim lo fissò sbarrando gli occhi: «Sì, che lo sapete!.»

«Cosa so?»

«Ecco… sapete che ho preso quelle perle.»

«Mais oui… mais oui! So benissimo che avete le perle, ma non so quando le avete prese. Potrebbe essere accaduto prima della notte scorsa… poco fa mi avete detto che Linnet Doyle non si sarebbe accorta della sostituzione… io non ne sono del tutto convinto… Supponiamo invece che se nefosse accorta… supponiamo, addirittura che sapesse chi era stato… supponiamo che ieri sera abbia minacciato di svelare tutto, e che voi foste al corrente della sua intenzione… supponiamo che abbiate assistito, senza essere visto, alla scenata accaduta nel salone fra Jacqueline de Bellefort e simon Doyle e, non appena tutti se ne sono andati, siete entrato di soppiatto ad impadronirvi della rivoltella e poi, un’ora più tardi, quando il silenzio era calato sulla nave, siete entrato furtivamente nella cabina di Linnet Doyle per assicurarvi che non venisse fatta nessuna denuncia…»

«Dio mio!» esclamò Tim, diventando pallidissimo.

 

I suoi occhi angosciati, colmi di tormento, adesso fissavano smarriti Hercule Poirot.

 

Intanto quest’ultimo riprendeva a parlare: «Però c’è stato qualcuno che vi ha visto… la cameriera, Louise. Il giorno dopo è venuta da voi a ricattarvi. Voi le avete pagato una bella cifra perché non dicesse ciò che sapeva. Ma vi siete accorto che aCcettare il ricatto sarebbe stato il principio della fine. Quindi le avete lasciato credere di aCconsentire, avete fissato un appuntamentO dicendo che sareste andato nella sua cabina con il denaro appena prima dell’ora di pranzo. Poi, mentre lei contava le banconote, l’avete pugnalata. Ma anche stavolta non avete aVuto fortuna. Qualcuno vi ha visto entrare nella sua cabina…» e si girò leggermente verso Rosalie «…sua madre. Di nuovO vi siete visto costretto ad agire… anche se il rischio era grosso… ma non avevate altra scelta. vi era capitato di sentire Pennington che parlava della sua rivoltella. siete entrato a precipizio nella sua cabina, ve ne siete impadronito, vi siete fermato fuori dalla porta della cabina del dottor Bessner tendendo l’orecchio… e avete sparato a Madame Otterbourne appena prima che potesse rivelare il vostro nome.»

«No-o!» gridò Rosalie. «No, non è stato lui! Non è stato lui!»

«Poi, avete fatto l’unica cosa che vi restava da fare… vi siete precipitato a poppa. E quando io ho tentato di inseguirvi, vi siete voltato e avete fatto finta di arrivare dalla direzione opposta. Avevate impugnato la rivoltella con; guanti… i guanti che tenevate in tasca quando io ve li ho domandati…»

«vi giuro davanti a Dio che non è vero… Non c’è una sola parola di verità in tutto questo!» esclamò Tim.

 

Ma la sua voce, incerta e tremante, non convinse nessuno.

 

A questo punto fu Rosalie Otterbourne che li lasciò di stucco.

 

«Naturale che non è vero! E Monsieur Poirot lo sa benissimo! Sta raccontando tutto questo perché ha i suoi buoni motivi…»

Poirot la guardò. E un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra.

Allargò le braccia, come se volesse arrendersi.

 

«Mademoiselle è troppo intelligente… però ammettete… che le imputazioni contro il signor Allerton sarebbero state convincenti?»

«si può sapere cosa diavolo…» cominciò Tim, accalorandosi, ma Poirot lo fece tacere alzando una mano.

 

«Sì, le apparenze sarebbero tutte contro di voi, Monsieur Allerton.

Voglio che sia ben chiaro. Ma voglio anche dirvi qualcosa di più gradevole. Non ho ancora esaminato il rosario che tenete nella vostra cabina. Può anche darsi che, quando mi deciderò a farlo, non riesca a trovare nulla. In tal caso, dal momento che Mademoiselle Otterbourne continua a sostenere di non aver visto nessuno sul ponte stanotte, e bien… eCco che anche tutto il castello di imputazioni costruito contro di voi finirebbe per crollare. Le perle sono state rubate da una cleptomane che ormai le ha già restituite da tempo. si trovanO in quella scatoletta sul tavolino vicino alla porta, se volete esaminarle con mademoiselle.»

Tim si alzò. Per un attimo non riuscì a pronunciare una sola parola. E quando lo fece, ciò che disse sembrò inadeguato alla situazione anche se non è affatto da escludere che i suoi ascoltatori siano rimasti ugualmente soddisfatti.

 

«Grazie!» esclamò. «Non sarà più necessario offrirmi altre occasioni!» si affrettò a tenere aperta la porta per fare uscire la ragaZza la quale, andandosene, portò via con sé la scatoletta. Tim la seguì.

si allontanarono l’uno di fianco all’altra.

 

Tim aprì la scatoletta, ne estrasse il filo di perle false e le scaraventò lontano, il più lontano possibile, nel Nilo.

 

«Ecco!» disse. «E fatta. Quando restituirò quella scatoletta a Poirot, dentro ci sarà la collana autentica. Che pezzo d’idiota sono stato…»

Rosalie domandò con voce sommessa: «si può sapere perché avete cominciato a fare cose di questo genere?.»

«Perché ho cominciato, è questo che volete sapere? Oh, non lo so neanch’io! Noia… pigrizia… divertimento… in fondo era un modo molto più attraente di guadagnarsi da vivere, invece di piegare la schiena e andarsi a cercare un lavoro- Immagino che troverete molto sordido tutto questo ma provate a capire… per me ha sempre avuto un grande fascino… soprattutto il rischio…»

«Credo di capirvi.»

«Forse… però voi non lo fareste mai!»

Rosalie meditò su questa domanda per qualche minuto, tenendo abbassata la bella testolina.

 

«No» disse con semplicità. «Non lo farei.»

«Oh, mia cara…» disse Tim. «Come siete bella… siete proprio incantevole… per quale ragione non avete detto di avermi visto stanotte?»

«Avevo paura… che potessero sospettarvi» rispose Rosalie.

 

«Ma… e voi?»

«No. Non potevo credere che foste capace di uccidere qualcuno.»

«No. Infatti gli assassini hanno una tempra più robusta. Io sono soltanto un miserabile ladruncolo.»

Lei allungò timidamente una mano e gli sfiorò il braccio.

 

«Non dite questo…»

Tim afferrò quella mano fra le proprie.

 

«Rosalie…» disse passando dal voi al tu «non vorresti… hai capito quello che sto dicendo? oppure mi disprezzeresti in eterno e me lo rinfacceresti di continuo?»

Lei sorrise lievemente.

 

«Quante cose potresti rinfacciare anche a me…»

«Rosalie… tesoro…»

Ma lei lo respinse ancora per un attimo.

 

«Questa… Joanna?…»

Tim proruppe in un grido: «Joanna? Sei anche tu terribile come la mamma?

Io me ne infischio altamente di Joanna! Ha una faccia da cavallo e gli occhi da uccello rapace. Una femmina assolutamente priva di attrattive.»

Dopo un po’, Rosalie disse: «Non oCcorre che la mamma sappia mai niente di tutto quello che è sUccesso.»

«Non so…» Tim rispose, meditabondo. «Pensavo di dirglielo. La mamma ha un coraggio da leone, sai? Ed è capace di affrontare cose del genere!

Sì, credo proprio che sarà meglio far crollare tutte le illusioni materne che aveva SU di me. E, poi, chissà che sollievo quando scoprirà che i miei rapporti con Joanna erano puramente… commerciali… Sono sicuro che mi perdonerà tutto il resto!»

Intanto erano arrivati davanti alla cabina della signora Allerton. Tim bussò a grandi colpi alla porta. Questa si aprì e sulla soglia apparve la signora Allerton.

 

«Rosalie e io…» cominciò Tim. Ma si interruppe.

 

«Oh, miei cari!» esclamò la signora Allerton. Abbracciò Rosalie. «Cara, cara bambina. Avevo sempre sperato… ma Tim era così noioso… continuava a fingere di trovarti antipatica. Invece, io, avevo già capito tutto da un pezzo!»

Rosalie mormorò con voce rotta dall’emozione: «E voi siete sempre stata così buona, così dolce con me… sempre… se sapeste… avrei voluto… avrei voluto…» ma non riuscì a concludere ciò che stava dicendo e scoppiò in lacrime di gioia con la faccia nascosta contro la spalla della signora Allerton.

 

Non appena la porta si chiuse alle spalle di Tim e Rosalie, Poirot guardò con espressione quasi di scusa il colonnello Race. Quest’ultimo, invece, sembrava piuttosto di cattivo umore.

 

«Acconsentirete a questo mio piccolo… arrangiamento, sì?» Poirot lo supplicò. «E irregolare… capisco che è irregolare, certo… ma ho sempre tenuto in grande considerazione la felicità umana.»

«Non avete la stessa considerazione per la mia!» ribatté Race.

 

«Quella jeunefille! Provo un po’ di tenereZza per lei; e poi, ama quel ragazzo. Sarà un ottimo matrimonio; lei ha la severità e l’energia che a lui. mancano; la madre di lui la trova molto simpatica. Mi sembra che tutto sia sistemato in un modo eccellente.»

«Insomma, un matrimonio voluto dal Cielo e da Hercule Poirot. A me non resta altro che rendermi complice di… di un grave reato.»

«Ma, mon ami, ve l’ho già detto… da parte mia si trattava di pure e semplici congetture!»

Di colpo Race scoppiò in una risata.

 

«E va bene! Sono d’accordo» disse. «Io non sono un maledetto poliziotto,; grazie al cielo! Sono sicuro che quel piccolo scioCco d’ora in avanti righerà dritto! Perché quella ragazza è di un’onestà incredibile. No, se mi lamentavo lo facevo per il modo in cui avete trattato me! D’accordo, sono un uomo paziente, ma anche la pazienza ha dei limiti! Lo sapete, sì o no, in fin dei conti, chi ha commesso tre delitti a bordo di questa nave?»

«Sì, lo so.»

«E allora perché continuate a menare il can per l’aia a questo modo?»

«Credete forse che io mi stia divertendo a risolvere tutte queste piccole questioni collaterali? E vi dà fastidio? Ma no, non si tratta di questo. Una volta mi è capitato, per motivi inerenti alla mia professione, di partecipare a una spedizione archeologica… e vi assicuro che ho imparato parecchie cose. Nel corso di uno scavo, a mano a mano che i reperti affiorano, si ripulisce il terreno attorno a loro con la massima cura. si toglie il terriccio smosso, si gratta qui e là con un temperino in modo che l’oggetto rinvenuto resti completamente ripulito, pronto ad essere disegnato e fotografato senza materie strane di contorno che provochino confusione. E quello che ho cercato di fare anch’io… eliminare le materie estranee in modo da poter vedere la verità, la verità nuda e cruda, la splendida verità!»

«Bene» ribatté Race «E adesso vediamola un po’, allora, questa verità nuda e cruda. Non è stato Pennington. Non è stato il giovane Allerton.

Devo concludere che non è nemmeno Fleetwood. Proviamo un po’ a sentire, tanto per cambiare, chi può essere stato sul serio.»

«Amico mio, stavo proprio per dirvelo.» si sentì bussare alla porta. Race soffocò un’imprecazione.

 

Era il dottor Bessner in compagnia di Cornelia Robson. La ragazza pareva turbata.

 

«Oh, colonnello Race!» esclamò. «La signorina Bowers ha appena finito di spiegarmi tutto quello che riguarda la Cugina Marie. Per me è stato un colpo duro. Ha cominciato col dire che non si sentiva più di sopportare da sola tutta la responsabilità e che era meglio che io lo sapessi… In fondo faccio parte della famiglia. Io, subito, non ci volevo credere ma il dottor Bessner è stato così buono e comprensivo!»

«No, no» protestò il dottore, con modestia.

 

«E’ stato così gentile, mi ha spiegato tutto e mi ha detto che le persone, in realtà, non hanno nessuna colpa. Anche lui ha avuto dei cleptomani nelle sue cliniche. Mi ha spiegato che si tratta di nevrosi difficilissime da curare.»

Cornelia ripeteva le parole del dottore con rispettosa ammirazione.

 

«si tratta di qualche cosa che è profondamente radicato nell’inconscio; a volte basta una piccolezza che è accaduta quando si era bambini. Lui è riuscitO a curare alcune persone costringendole a ripensare al passato e a ricordare quel piccolo episodio che pareva privo di importanza.»

Cornelia fece una pausa, respirò a fondo e ricominciò a parlare: «Però sono letteralmente atterrita al pensiero che la notizia venga risaputa.

Sarebbe troppO, troppo terribile a New York! Figuriamoci! Tutti i giornaletti più scandalistici ne parlerebbero. La cugina Marie… e la mamma… e chiunque altro… nessuno di noi avrebbe più il coraggio di camminare a testa alta!.»

«Proprio così!» esclamò Race con un sospiro. «Ma non preoccupatevi.

Perché questa è la Casa dei Misteri.»

«Non capisco… cosa volete dire, colonnello Race?»

«Cercavo di spiegarvi che, qui, da noi, si fa tutto per mettere a tacere qualsiasi altra cosa che non sia il delitto!»

«Oh!» esclamò Cornelia congiungendo le mani. «Se sapeste come mi sento sollevata! Quante preoccupazioni… mi torturavo il cervello!»

«Avete il cuore troppo tenero» disse il dottor Bessner, e le allungò un colpetto affettuoso sulla spalla. Poi, rivolgendosi agli altri aggiunse: «Ha un carattere stupendo… così piena di sensibilità!.»

«Oh, non è vero! siete troppo buono!»

Poirot mormorò: «Non avete più visto il signor Ferguson?.»

Cornelia arrossì.

 

«No… ma mi pare di aver capito che la cugina Marie gli ha parlato.»

«Sembra che il giovanotto appartenga a una famiglia altolocata» disse il dottor Bessner. «Devo confessare che, a guardarlo, non si direbbe! Ha dei vestiti addirittura indecenti! No, neanche per un momento, dà l’impressione di essere una persona colta e istruita.»

«Voi che cosa ne pensate, mademoiselle?»

«Secondo me, è semplicemente pazzo» disse Cornelia.

 

Poirot si rivolse di nuovo al dottore: «Come va il vostro paziente?.»

«Ach, si comporta in un modo splendido. Ho appena finito di rassicurare Fraulein de Bellefort. Non ci crederete, ma l’ho trovata in preda alla disperazione. E tutto, perché quel poveretto, nel pomeriggio, ha avuto un po’ di febbre! Cosa ci può essere di più naturale? Anzi C’è da meravigliarsi che non abbia una febbre da cavallo, ora! Invece no, assomiglia un po’ a certi nostri contadini… ha una costituzione straordinaria… è forte come un toro. A me è capitato di vedere alcuni di questi contadini con ferite gravissime di cui quasi non si accorgevano. Con il signor Doyle è la stessa cosa. Il polso è regolare, la temperatura appena un poco più alta della norma. Di conseguenza ho potuto far capire alla giovane signorina che non doveva avere nessuna preoccupazione. Comunque è buffo. Nich wahr? Prima gli spara addosso, poi le viene una crisi isterica per la paura che le sue condizioni peggiorino.»

«Lo ama terribilmente, capite?» disse Cornelia.

 

«Ach! Ma non è ragionevole, questo. Se voi foste innamorata di un uomo, gli sparereste addosso? No, voi siete piena di buonsenso.»

«In ogni caso a me non piaCciono tutti quei gingilli che sparano, ecco la verità» rispose Cornelia.

 

«E’ naturale che non vi piacciano. Voi siete molto femminile.»

Race interruppe questa scenetta con un tono pieno di approvazione, ma non esente da un po’ di sarcasmo: «Dal momento che Doyle sta bene, non vedo perché non potrei fare un salto da lui a riprendere la conversazione che avevamO cominciato nel pomeriggio. Mi stava parlando del contenuto di un telegramma.»

Il dottor Bessner prese a dondolarsi lentamente sui piedi, avanti e indietro, con la sua massiccia corporatura, senza nascondergli la propria ammirazione.

 

«Oh, oh, oh! Questa sì che è proprio buffa! Doyle lo ha raccontato anche a me. Era un telegramma che parlava di verdure… patate, carciofi, porri… Ach! Pardon?»

Con un’esclamazione soffocata, Race si era raddrizzato di scatto sulla seggiola.

 

«Mio Dio!» esclamò. «Dunque è così! Richetti!» E scrutò l’una dopo l’altra le facce sbalordite dei suoi compagni.

 

«Certo… si tratta di un nuovo codice… che è stato adoperato nelle ribellioni sudafricane. Patate significa mitragliatrici; carciofi sono gli esplosivi… e così via. Richetti non è un archeologo, né più né meno come non lo sono io! E’ un pericolosissimo agitatore, un uomo che ha ucciso più di una volta e sono pronto a giurare che lo ha fatto di nuovo. La signora Doyle aveva aperto quel telegramma per errore, capite?

Ma se le fosse capitato di ripetere qualcosa di ciò che aveva letto magari davanti a me… lui aveva capito di potersi considerare spacciato!» si voltò verso Poirot: «Ho ragione?» gli domandò. «E Richetti il nostro uomo?»

«E’ il vostro uomo» rispose Poirot. «Ho sempre pensato che ci fosse qualche cosa di ambiguo in lui. Recitava la sua parte in un modo troppo perfetto; era troppo archeologo, e non abbastanza essere umano.»

Poi fece una pausa e riprese: «Ma non è stato Richetti a uccidere Linnet Doyle. E già da un po’ che ho intuito come si possa spiegare quella che chiamerei la “prima parte” del delitto. Adesso conosco anche la “seconda parte”. Il quadro è completo. Purtroppo cercate di capirmi… anche se sono al corrente di quello che deve essere accaduto, non ne ho la minima prova! Dal punto di vista intellettuale, il caso è soddisfacente. Ma in termini reali, è profondamente insoddisfacente. Esiste solo una speranza… che l’assassino si decida a confessare.»

Il dottor Bessner alzò le spalle con aria scettica.

 

«Ah! Quello sarebbe… un miracolo!»

«Credo di no. Date le circostanze.»

Cornelia esclamò: «Ma insomma… si può sapere chi è? Non volete dircelo?.»

Poirot sfiorò lentamente con lo sguardo prima l’uno e poi l’altro dei suoi compagni: Race che sorrideva sardonico, Bessner che appariva sempre più scettico, Cornelia con la bocca socchiusa, che lo fissava con occhi spalancati e curiosi.

 

«Mais oui» disse. «Sì, vi confesserò che adoro avere un pubblico! Sono vanitoso, capite? Pieno di prosopopea. Mi piace poter dire: “Guardate un po’ com’è intelligente il nostro Hercule Poirot”!»

Race si agitò leggermente sulla seggiola.

 

«Be’» domandò con garbo «insomma… ci volete dire… allora, come è intelligente Hercule Poirot?»

Facendo segno di no con la testa Poirot disse: «Tanto per cominciare sono stato stupido… incredibilmente stupido. A me pareva che l’ostacolo principale per la spiegazione del delitto fosse la rivoltella… la rivoltella di Jacqueline de Bellefort. Per quale motivo quella rivoltella non era stata lasciata sulla scena del delitto? L’idea dell’assassino, evidentemente, era quella di far ricadere ogni colpa su di lei. E, allora, per quale motivo l’assassino l’aveva portata via?

Sono stato tanto sciocco da pensare a una infinità di motivi uno più stravagante e fantastico dell’altro. Il motivo reale era molto semplice.

L’assassino ha portato via quell’arma perché doveva portarla via… perché non aveva altra scelta.»

«Voi ed io, caro amico» e Poirot si protese un poco verso Race «abbiamo iniziato le nostre indagini con un’idea preconcetta. cioè l’idea che l’assassinio fosse stato commesso seguendo un impulso improvviso, senza un piano ben premeditato. Qualcuno voleva togliere di meZzo Linnet Doyle e ha colto l’occasione per farlo nel preciso momento in CUi Jacqueline de Bellefort sarebbe stata quasi sicuramente accusata di averlo commesso. Era evidente, pertanto, che la persona di CUi stiamo parlando doveva aver assistito, sia pure non vista, alla scena fra Jacqueline e simon Doyle e si era impossessata della rivoltella quando gli altri avevano lasciato il salone.

 

«Invece, amici miei, quest’idea preconcetta era sbagliata e, di conseguenza, l’intero sospetto del nostro caso veniva ad essere alterato. Eccome se era sbagliata! Qui non si trattava di un delitto avvenuto così, all’improvviso, seguendo un impulso momentaneo. Al contrario era stato pianificato con estrema cura; perfino il momento più adatto nel quale eseguirlo era stato calcolato con precisione, come tutti gli altri particolari che erano stati messi a punto, meticolosamente, in precedenza… arrivando addirittura a mettere un sonnifero nella bottiglia di vino di Hercule Poirot proprio quella sera!

 

«Ma certo… è andata proprio così! Qualcuno ha voluto avere la sicurezza che io dormissi profondamente in modo da escludere qualsiasi rischio di vedermi partecipare agli avvenimenti della nottata. Una possibilità, questa, alla quale non avevo pensato. Io bevo vino; i miei due compagni di tavolo bevono rispettivamente whisky e acqua minerale.

Niente di più facile che far scivolare un po’ di sonnifero innocuo nella mia bottiglia di vino… in fondo quelle bottiglie rimangono sui nostri tavoli tutto il giorno! Eppure io ho respinto quell’idea! Era stata una giornata molto calda; io mi ero stancato più del solito; non c’era niente di straordinario se, per una volta, il mio era stato un sonno di piombo mentre, di solito, è leggerissimo!

 

«Come vedete, continuavo a non abbandonare la mia famosa idea preconcetta. Se qualcuno mi aveva messo un sonnifero nella bottiglia, ciò non poteva che indicare la premeditazione e significava anche un’altra cosa, cioè che il delitto era già stato deciso prima delle sette e mezzo, l’ora in cui la cena viene servita; e questo (sempre dal punto di vista dell’idea preconcetta) era assurdo.

 

«Il primo duro colpo alla mia idea preconcetta è stato dato dalla rivoltella, quando l’hanno ripescata dal Nilo. Tanto per cominciare, se i presupposti dai quali noi partivamo fossero stati giusti, quella rivoltella non avrebbe mai dovuto essere stata buttata in acqua… ma non è tutto.»

Poirot si volse al dottor Bessner: «Voi, dottore, avete esaminato il cadavere di Linnet Doyle. Ricorderete che intorno alla ferita apparivano tracce di ustione… sarebbe come dire che la rivoltella era stata praticamente appoggiata alla testa prima che il colpo venisse sparato.»

Bessner assentì.

 

«Precisamente. Tutto questo è esatto.»

«Ma quando la pistola è stata ritrovata, era avvolta in una stola di velluto e quella stola di velluto dimostrava, da segni ben precisi, che un proiettile fosse stato sparato attraverso le sue pieghe, presumibilmente con l’idea che, in tal modo, il rumore della detonazione sarebbe rimasto attutito. Ma, se il proiettile era stato sparato attraverso la stola di velluto, non avremmo dovuto scoprire nessuna bruciacchiatura sulla pelle della vittima. Pertanto, il colpo sparato attraverso la stola non poteva essere stato quello che aveva ucciso Linnet Doyle. E se fosse stato l’altro… quello che Jacqueline de Bellefort aveva sparato a simon Doyle? No, anche in questo caso non era possibile… due testimoni avevano assistito alla sparatoria, e sapevamo tutto il necessario su quello che era accaduto. Di conseguenza non restava che pensare che un terzo colpo fosse stato sparato… e di questo noi non sapevamo niente!

Invece i colpi sparati dalla rivoltella di Jacqueline erano soltanto due, e non C’era traccia di un altro sparo.

 

«Eccoci dunque di fronte a una circostanza molto curiosa che non aveva spiegazione. Un altro elemento interessante è stato il seguente: nella cabina di Linnet Doyle ho trovato due boccettine di smalto per unghie.

Ora, le signore cambiano spesso il colore delle loro unghie ma, almeno fino a quel momento, le unghie di Linnet Doyle le avevo sempre viste del colore che veniva indicato sulla boccettina con il nome di CARDINALE… cioè un rosso molto scuro. L’altra boccettina portava sull’etichetta la denominazione NAILEX ROSA, il che significa che doveva trattarsi di uno smalto rosa chiaro… invece le poche gocce che rimanevano non erano rosa chiaro, ma rosso vivo. La mia curiosità è stata talmente forte che ho svitato il tappo e ho provato ad annusare la boccettina. Invece del solito intenso odore di vernice… un po’ caramelloso… l’odore era di aceto! Insomma, non mi restava che pensare che quelle poche gocce di liquido contenute nella boccettina fossero di inchiostro rosso. Ora non esiste nessun motivo per cui Madame Doyle non avrebbe dovuto possedere anche una boccettina di inchiostro rosso ma sarebbe stato più logico se l’inchiostro rosso fosse stato contenuto in una boccettina da inchiostro e non in una di smalto per le unghie! Mi ha subito suggerito una connessione con un certo fazzoletto macchiato di rosa che era stato avvolto intorno alla rivoltella. L’inchiostro rosso si lava facilmente però la macchia resta, di un pallido colore rosato.

 

«Forse sarei arrivato alla verità sulla base di questi fragili indizi se non fosse accaduto un avvenimento che doveva rendere superfluo ogni dubbio. Louise Bourget veniva UCcisa in circostanze le quali dimostravano inequivocabilmente che doveva aver cercato di ricattare l’assassino. E non soltanto perché è stata trovata con un pezzetto di banconota da mille franchi ancora stretta fra le dita, ma perché mi sono tornate in mente alcune parole molto significative da lei dette stamattina.

 

«Ascoltatemi bene, perché è proprio questo il nocciolo dell’intera faccenda. Quando le ho domandato se aveva visto qualcosa durante la notte lei mi ha dato una risposta molto strana: “Naturalmente, se non fossi riuscita a prender sonno, se fossi salita sU per le scale, allora forse avrei potuto vedere questo assassino, questo mostro, entrare o uscire dalla cabina di madame…”.

 

Dunque, ditemi un po’ qual era l’esatto significato delle sue parole?»

Bessner, che seguiva la disquisizione con il vivo interesse della persona colta e intelligente, rispose con pronteZza: «Che effettivamente la ragaZza aveva salito le scale!.»

«No, no assolutamente; non avete ancora colto nel segno. Per quale motivo avrebbe dovuto dire una cosa del genere a noi due?»

«Per mettervi sulla buona strada.»

«Ma per quale motivo restare nel vago? Perché fare soltanto un’allusione? Se sapeva Chi fosse l’assassino, aveva a sua disposizione due possibilità: rivelarci la verità oppure tacere e pretendere dei soldi per il proprio silenzio dalla persona interessata. La ragazza non ha fatto nessuna di queste due cose. Non si è affrettata a dire chiaro e tondo: “Non ho visto nessuno. Ero addormentata”. Né tantomeno ha detto: “Sì, ho visto qualcuno, si trattava del Tal dei Tali”. Perché servirsi, invece, di tante parole inutili… allusive e oziose? Parbleu! La ragione è una sola! Voleva far capire all’assassino di sapere qualcosa; di conseguenza l’assassino in quel momento doveva essere presente. Ora, oltre a me e al colonnello Race, erano presenti soltanto due persone: simon Doyle e il dottor Bessner.»

Il dottor Bessner si alzò in piedi di scatto, con un autentico ruggito.

 

«Aah! Cosa state dicendo? Accusate me? Di nuovo? Ma tutto questo è ridicolo… è addirittura indegno!»

«State zitto» ribatté Poirot con asprezza. «vi sto semplicemente spiegando ciò che avevo pensato in quel momento. Cerchiamo di non fare allusioni di carattere personale!»

«Vedete… con questo non vuol dire che ne sia convinto anche adesso» si affrettò a spiegargli anche Cornelia in tono suadente.

 

Intanto Poirot aveva ripreso: «Dunque la soluzione era lì: o simon Doyle o il dottor Bessner. Ma quale motivo poteva avere Bessner di uccidere Linnet Doyle? Nessuno, per quel che ne so. E simon Doyle, allora? Anche questo era impossibile! Quanti erano i testimoni disposti a giurare che Doyle non aveva mai lasciato il salone quella sera fino a quando era scoppiata la discussione? In seguito, era stato ferito e sarebbe stato addirittura nell’impossibilità fisica di commettere il delitto. Avevo valide testimonianze su questi due punti? Sì, avevo la testimonianza di Mademoiselle Robson e Jim Fanthorp e di Jacqueline de Bellefort sul primo punto; riguardo al secondo, c’erano la testimonianza del dottor Bessner e di Mademoiselle Bowers, due persone che sapevano il loro mestiere. Nessun dubbio era possibile. Dunque il dottor Bessner doveva essere il colpevole. A favore di questa teoria c’era anche il fatto che la cameriera era stata pugnalata con un bisturi. Di contro, non potevo nascondermi che Bessner aveva richiamato deliberatamente la nostra attenzione sU questo fatto.

 

«Allora, amici miei, mi si è presentato di fronte un altro elemento che era assolutamente indiscutibile. No, le allusioni di Louise Bourget non potevano essere rivolte al dottor Bessner, perché sapeva che avrebbe potuto parlargli senza difficoltà in privato, e in qualsiasi momento.

C’era una persona, e una persona sola, che potesse spiegare il suo modo di comportarsi… simon Doyle! simon Doyle era ferito, era assistito costantemente dal dottore, si trovava riCoverato nella cabina del dottore. Quindi era a lui che Louise Bourget si era arrischiata a rivolgere quelle parole ambigue, nel caso non le riuscisse di trovare un’altra opportunità! Mi ricordo benissimo che lei aveva anche aggiunto, rivolgendosi a simon Doyle: “Monsieur… vi supplico… vedete anche voi come sono le cose? Che altro posso dire?”. E questa era stata la risposta: “Cara la mia ragazza, non dite sciocchezze. Nessuno crede che voi abbiate visto o udito qualcosa. Non correte nessun rischio. Penserò io a voi. Nessuno., vi accusa di nulla”. Ecco l’assicurazione che lei cercava, e l’aveva ottenuta!»

Bessner si lasciò sfuggire un robusto grugnito.

 

«Ach, queste sono sciocchezze! Cosa credete? Che un uomo con una gamba fratturata e immobilizzata dalle stecche se ne possa andare in giro per la nave a pugnalare la gente? Credete a quello che vi dico, era assolutamente impossibile che simon Doyle lasciasse la mia cabina.»

«E’ vero» ammise Poirot pacato. «Capisco benissimo. La cosa era impossibile. Era impossibile, ma anche vera! Le parole di Louise Bourget non potevano che nascondere un solo, e logico significato. Così ho deciso di ripartire dal principio e di esaminare di nuovo il delitto alla luce di questa nuova idea. Era possibile che, nel periodo precedente la discussione, simon Doyle avesse lasciato il salone e gli altri se ne fossero dimenticati e non lo avessero notato? No, capivo che non era possibile. Come facevo a non tener conto di deposizioni accurate e convincenti come quella del dottor Bessner e di Mademoiselle Bowers?

Nemmeno questo era possibile! Però poi mi sono ricordato che fra le due cose c’era un piccolo vuoto. simon Doyle era rimasto solo nel salone per pochi minuti, non più di cinque, e la testimonianza valida e convincente del dottor Bessner confermava soltanto ciò che era accaduto dopo quel periodo. Ma per quanto riguardava quel periodo avevamo soltanto una prova visiva che, seppur valida, in apparenza non mi dava la necessaria sicurezza. Insomma, si può sapere che cosa era stato realmente visto… lasciando da parte soltanto quelle che potevano essere le supposizioni dei presenti?

 

«Mademoiselle Robson aveva visto Mademoiselle de Bellefort sparare con la sua rivoltella. Aveva visto simon Doyle accasciarsi in una poltrona, lo aveva visto afferrare un fazzoletto e portarselo a tamponare una gamba e si era accorta che quel fazzoletto a poco a poco si macchiava di rosso. Che cosa aveva visto e sentito Monsieur Fanthorp? Aveva sentito uno sparo, aveva trovato Doyle che si tamponava una gamba con un fazzoletto macchiato di rosso. E allora cosa era accaduto? Doyle aveva insistito, e molto, perché conducessero via Mademoiselle de Bellefort, e aveva raccomandato che non venisse mai lasciata sola. Poi aveva pregato Fanthorp di correre a chiamare il dottore.

 

«Di conseguenza Mademoiselle Robson e Monsieur Fanthorp sono usciti con Mademoiselle de Bellefort, e per i cinque minuti seguenti sono stati tutti molto occupati, sul ponte di sinistra. Le cabine di Mademoiselle Bowers, del dottor Bessner e di Mademoiselle de Bellefort si trovano tutte da quella parte della nave. Ma due minuti sono più che sufficienti per simon Doyle. Raccoglie la rivoltella da sotto il divano, si toglie le scarpe, corre senza far rumore lungo il ponte di destra, entra nella cabina della moglie, le si avvicina con passo furtivo, nota che lei è addormentata, la uccide con un proiettile alla tempia, posa la boccettina che conteneva l’inchiostro rosso sul ripiano del lavabo, perché “non doveva assolutamente essere trovata addosso a lui”, esce di nuovo di corsa, si impadronisce della stola di Mademoiselle Van Schuyler, che aveva nascosto sotto il cuscino di una poltrona per averla a sua disposizione, la avvolge intorno alla rivoltella e si spara un proiettile nella gamba. La poltrona nella quale si lascia cadere (stavolta le sue sofferenze sono autentiche) si trova vicino a una finestra. La apre, e butta la rivoltella (avvolta in quel fazzoletto così significativo e nella stola di velluto) nel Nilo.»

«Impossibile!» esclamò Race.

 

«No, amico mio, non impossibile. Ricordate la deposizione di Tim Allerton. ci aveva detto di aver sentito un colpo, un colpo come un tappo saltato da una bottiglia… seguito da un tonfo in acqua. E aveva sentito qualcos’altro… i passi di un uomo che correva… un uomo che correva davanti alla sua porta. Ma nessuno avrebbe potuto correre sul ponte di destra. Quello che lui aveva sentito era lo scalpiccio di simon Doyle, che si era tolto le scarpe, e che passava correndo davanti alla sua cabina.»

Race disse: «Continuo a ripetere che è impossibile. Nessuno potrebbe eseguire una serie di azioni così complicate in un batter d’occhio… soprattutto un tipo come Doyle che mi sembra piuttosto lento nei suoi processi mentali.»

«Ma rapidissimo nelle reazioni fisiche!»

«Può darsi, però non sarebbe mai stato capace di organizzare un piano simile.»

«Ma non toccava a lui organizzarlo, amico mio. Ecco dove ci siamo sbagliati! Quello che sembrava un delitto commesso senza premeditazione… in realtà era un delitto commesso con la massima meditazione! Come vi dicevo, è stato un piano architettato con grandissima intelligenza e studiato anche nei minimi particolari. No, non si può pensare che simon Doyle si trovasse ad avere, per caso, una boccettina di inchiostro rosso in tasca. No, doveva fare parte di un piano. E non era nemmeno per caso che si trovava in tasca un fazzoletto di stoffa comune, senza le cifre. Come non è stato per caso che Jacqueline de Bellefort ha allungato un calcio alla rivoltella per mandarla sotto il divano dove sarebbe rimasta nascosta e dimenticata almenO per un po’.»

«Jacqueline?»

«Certo. Le due metà del delitto. Che cosa ha fornito a simon il suo alibi?

 

Lo sparo di Jacqueline. Che cosa ha dato a Jacqueline il suo? Le insistenze di simon che qualcuno rimanesse con lei tutta la notte. Ecco, queste due persone, insieme, avevano tutte le qualità richieste dal delitto… un cervello freddo, pieno di risorse, capace di premeditazione, il cervello di Jacqueline de Bellefort; e l’uomo di azione, in grado di realizzare il piano con incredibile rapidità e tempismo.

 

«Provate un po’ a esaminare i fatti sotto questo punto di vista e vedrete che ogni domanda avrà la sua risposta. simon Doyle e Jacqueline erano amanti. Immaginate che lo siano ancora, e tutto vi sarà chiaro. simon uccide la moglie, ricca, eredita i suoi soldi e, a tempo debito, sposa l’antica innamorata. Tutto molto ingegnoso. La persecuzione di Madame Doyle da parte di Jacqueline era solo parte di un piano! E simon Doyle che fingeva di essere furioso… eppure… qualche errore c’è stato. Per esempio, lui, una volta, mi ha fatto una lunga diatriba criticando le donne possessive… e dal tono con cui parlava, si capiva che la sua amarezza doveva essere autentica… avrei dovuto capire subito che non stava pensando a Jacqueline… ma a sua moglie. E poi… il suo modo di comportarsi in pubblico con Linnet. Da bravo inglese freddo, un po’ goffo, come sono le persone della classe sociale di simon Doyle, avrebbe dovuto sentirsi imbarazzato a far mostra del suo affetto in pubblico. E invece simon non era un buon attore. Esagerava nelle premure di cui circondava la moglie. Poi c’è stata anche la mia conversazione con Mademoiselle Jacqueline, quando lei ha fatto finta che qualcuno ci ascoltasse di nascosto. Io, in verità, non ho visto nessuno.

E infatti non C’era nessuno! Tuttavia era un particolare che le avrebbe fatto comodo per depistarci… in seguito! Poi, una sera, sulla nave, mi è sembrato di sentire simon e Linnet che parlavano fuori dalla mia cabina. LUi stava dicendo: “Ormai dobbiamo andare fino in fondo”. Era proprio Doyle, ma stava parlando con Jacqueline.

 

«Il dramma finale, poi, è stato preparato con un tempismo perfetto. Per me, il narcotico, casomai avessi tentato di immischiarmi in quello che non mi riguardava. Poi la scelta di Mademoiselle Robson come testimone… la preparazione della scenata, il rimorso esagerato, la crisi isterica di Mademoiselle de Bellefort. Ha fatto un gran chiasso, nel caso qualcuno potesse udire lo sparo. En vérité, la sua è stata un’idea straordinariamente intelligente. Jacqueline dice di aver sparato a Doyle, Mademoiselle Robson lo conferma, Fanthorp lo conferma… e quando la gamba di simon viene esaminata, si trova che è veramente ferita. Insomma, non si discute! L’alibi è perfetto sia per l’uno che per l’altra… anche se… d’accordo… è costato un po’ di sofferenze e un certo rischio per simon Doyle… ma una ferita che lo mettesse in condizioni di non potersi più muovere era indispensabile.

 

«Poi, però, il piano così perfetto comincia a scricchiolare. Louise Bourget non rlusciva a prender sonno. Ha salito le scale ed ha visto simon Doyle correre nella cabina della moglie e uscirne. Niente di più facile che mettere insieme questi due fatti per ricostruire l’accaduto, l’indomani. Lei, che è una donna avida, si illude di poter guadagnare un bel po’ di quattrini servendosi del ricatto e non si accorge che, invece, ha firmato la sua condanna a morte.»

«Ma come ha fatto il signor Doyle a ucciderla? Era assurdo!» obiettò Cornelia.

 

«No, è stata la sua complice a commettere quell’assassinio. Non appena possibile, simon Doyle chiede di vedere Jacqueline. Poi si spinge addirittura a farmi capire di lasciarlo solo con lei. E le spiega qual è il nuovo pericolo. Bisogna agire subito. Lui sa dove Bessner tiene i bisturi. Dopo il delitto il ferro viene ripulito e messo di nuovo al suo posto. Poi, con parecchio ritardo e un po’ affannata, Jacqueline de Bellefort si affretta ad entrare in sala da pranzo.

 

«Purtroppo le cose non si sono ancora sistemate perché Madame Otterbourne ha visto Jacqueline entrare nella cabina di Louise Bourget.

Si precipita subito a raccontarlo a simon. Jacqueline è l’assassina.

Ricordate che Simon si era messo a urlare parlando a quella poveretta?

Nervi, abbiamo pensato. La porta, invece, era spalancata e lui stava cercando di avvertire la sua complice del pericolo. Lei ha udito ed è entrata in azione… veloce come il fulmine. si è ricordata che Pennington aveva parlato della sua rivoltella. Se n’è impadronita, si è avvicinata in punta di piedi alla porta, ha teso l’orecchio e, al momento critico, ha fatto fuoco. Ricordo che una volta aveva dichiarato di essere un’ottima tiratrice e bisogna ammettere che la sua non era stata una vanteria…

 

«Ho fatto notare, dopo il terzo delitto, che l’assassino avrebbe potuto squagliarsela in tre maniere differenti. Intendevo dire che avrebbe potuto correre verso prua e passare dall’altra parte del ponte (in tal caso il criminale era Tim Allerton); avrebbe potuto azzardarsi a scavalcare il parapetto e a scendere al ponte inferiore oppure entrare in una cabina. Quella di Jacqueline è vicinissima alla cabina del dottor Bessner. Le restava soltanto da buttar via la rivoltella, precipitarsi in cabina, darsi un’arruffatina ai capelli e lasciarsi cadere sulla CUccetta. Rischioso, ma non aveva altra possibilità.»

Ci fu un lungo silenzio.

 

Poi Race domandò: «Che ne è stato della prima pallottola, quella che la ragazza ha sparato contro Doyle?.»

«Credo sia finita nel tavolo. Se non sbaglio, ci dev’essere un foro, fatto molto di recente. Penso che Doyle abbia avuto il tempo di estrarla con un temperino e di scaraventarla fuori dalla finestra. Naturalmente lui aveva un altro proiettile di scorta in modo che, almeno in apparenza, risultassero sparati soltanto due colpi.»

Cornelia sospirò.

 

«Hanno proprio pensato a tutto» disse. «E… orribile!»

Poirot rimase in silenzio. Ma non era un silenzio pieno di modestia, il suo.

 

Pareva che i suoi occhi volessero dire: “Vi sbagliate. Non hanno pensato a Hercule Poirot”. A voce alta, invece, aggiunse: «Adesso dottore, se andassimo a dire due parole al vostro paziente….»

Era molto più tardi quella sera quando Hercule Poirot andò a bussare alla porta di una cabina.

 

Una voce disse: «Avanti!» e lui entrò.

 

Jacqueline de Bellefort era seduta su una seggiola. Su un’altra, addossata alla parete, sedeva la bella cameriera alta e robusta.

 

Gli occhi di Jacqueline scrutarono Poirot con aria pensosa. Poi fece un gesto verso la cameriera.

 

«Lei può andare?»

Poirot acconsentì e fece cenno alla donna di lasciarli soli. Questa se ne andò. Poirot accostò una seggiola a quella di Jacqueline e si accomodò. Nessuno dei due parlava. Poirot non aveva l’aria contenta.

 

Alla fine fu la ragazza che si decise a parlare per prima.

 

«Be’» disse «adesso è finita! siete stato troppo intelligente per noi, Monsieur Poirot.»

Poirot sospirò. Allargò le braccia. Pareva che avesse perduto la voglia di parlare.

 

«Con tutto ciò» riprese Jacqueline in tono riflessivo «non mi sembra che abbiate molte prove. D’accordo, avete aVuto ragione in tutto e per tutto ma se fossimo riusciti a bluffare anche con voi…»

«No, mademoiselle, le cose non sarebbero potute accadere in modo diverso!»

«Questa è una prova più che sufficiente per una mentalità logica, ma non credo che avrebbe convinto una giuria. Oh, be’… tanto non ci si può fare più niente, vi siete scagliato contro quel povero simon e lui non ha saputo resistere. E crollato subito. Ha perduto letteralmente la testa, povero tesoro, e ha finito per ammettere ogni cosa.» Scrollò il capo. «Non sa perdere.»

«Per voi mademoiselle, è tutto il contrario!»

Lei scoppiò a ridere una strana risata quasi di sfida.

 

«Oh, sì, io so perdere… è giusto quello che dite.» Lo guardò. Poi, seguendo un impulso improvviso, esclamò ancora: «Non siate così addolorato, monsieur Poirot. Per me, voglio dire. Perché vi dispiace, vero?.» «Sì, mademoiselle.» «Non vi è venuto in mente che potevate lasciar perderee non smascherarci?» Hercule Poirot rispose sommessamente: «No.» Lei annuì.

Era d’accordo.

 

«C erto, è inutile esser sentimentali. Potrei farlo di nuovo ormai sono una persona pericolosa. Me ne accorgo io stessa…» e continuò, con aria assorta: «E talmente facile… tremendamente facile… uccidere la gente. A un certo momento si comincia ad avere la sensazione che non ha più importanza… siete soltanto roi, sei soltanto tu, che importi! E questo è pericoloso.»

Ta cque per qualche istante, infine riprese con un pallido sorriso: «Del resto, avete fatto del vostro meglio per impedirmelo, sapete? Quella sera ad Assuan… ricordo che mi avevate detto di non spalancare il mio cuore al male… ma, in quel momento, non vi eravate reso conto di quello che stavo meditando?.»

Lu i fece segno di no con la testa.

 

«S apevo soltanto di dire una cosa vera.»

«I nfatti. Forse, allora avrei ancora potuto fermarmi, sapete? E per un momento ci avevo pensato… avrei potuto dire a simon che non me la sentivo di andare fino in fondo… ma, allora, forse…» si interruppe.

 

Poi riprese: «vi piacerebbe sapere com’è andata tutta questa storia? Fin dal principio?.»

«S e volete raccontarmela, mademoiselle.»

«Sì, credo di sì. In realtà è stato tutto molto semplice. Vedete, simon e io eravamo innamoratissimi…»

Era un’affermazione pronunciata con candore, la sua, eppure sotto sotto, dietro quel tono così nonCurante, quasi frivolo, si levavano gli echi…

 

Poirot disse con semplicità: «Per voi l’amore sarebbe anche potuto bastare, ma non per lui.»

«Forse, si può anche dire così… in un certo senso è vero. Ma voi non conoScete simon. Vedete… i soldi sono sempre stati tutto per lui. Li ha sempre desiderati in un modo terribile. E gli piaCciono tutte le cose che ci si procura con i soldi… cavalli e yacht e tutti gli sport che si possono fare… e quello che C’è di meglio in questo campo, tutte quelle cose che a un uomo piacciono da morire. Invece non ha mai potuto avere niente di tutto questo. In fondo Simon è una creatura molto semplice. Desidera le cose esattamente come le desidererebbe un bambino… mi capite, vero?… con una smania spaventosa.

 

A ogni modo non ha mai tentato di sposare una ragazza ricca e brutta.

No, non è fatto così. Poi ci siamo conosciuti e… e… tutto si sarebbe sistemato. Solo che non riuscivamo a capire quando saremmo riusciti a sposarci. LUi aveva un lavoro discreto ma lo ha perduto. In un certo senso è stata colpa sua. Ha cercato di fare il furbo servendosi di denaro non sUO ed è stato subito scoperto. Non credo avesse intenzioni disoneste. Probabilmente credeva che tutti, nella city, si comportassero come si era comportato lui.»

Uno strano lampo passò sul volto di Poirot, tuttavia si guardò bene dal fare commenti in proposito.

 

«Quindi ecco qual era la nostra situazione… in piena difficoltà finanziaria. Poi a me è venuta in mente Linnet, la sua nuova casa di campagna e mi sono precipitata da lei. Vedete, Monsieur Poirot, volevo bene a Linnet, credetemi… Le volevo bene sul serio. Era la mia migliore amica e non avrei mai immaginato che nemmeno un’ombra potesse insinuarsi fra noi. Pensavo semplicemente che era molto fortunata ad essere ricca. Per me e per simon tutto sarebbe cambiato se lei gli avesse dato un impiego. Linnet è stata molto carina quanto a questo, mi ha pregato di tornare giù, in campagna, con simon per fare la sua conoscenza. E stato più o meno in quell’epoca che ci avete visto quella sera da Chez Ma Tante. Stavamo festeggiando la notizia anche se, tutto sommato, non ce lo potevamo realmente permettere.»

Tacque per qualche istante, sospirò, poi riprese: «Quello che vi dirò adesso, Monsieur Poirot, è la pura verità. Anche se Linnet è morta, la verità non si può cambiare. Ecco perché, in fondo, non provo un gran dispiacere nei suoi confronti, nemmeno ora. Perché, vedete, lei ha fatto di tutto per portarmi via Simon! Questa è la sacrosanta verità! Non credo abbia avuto nemmeno un attimo di esitazione, no, assolutamente. Io ero la sua più cara amica, eppure non ci ha pensato sU un attimo. si è precipitata a capofitto alla conquista di simon…

 

«Quanto a simon, se ne infischiava altamente di lei! E vero, vi ho parlato molto del suo fascino anche se, in realtà, non era affatto vero.

LUi non voleva Linnet. La giudicava una bella ragazza ma prepotente in un modo insopportabile e lui odia le donne autoritarie e possessive!

Tutta quella faccenda non ha fatto altro che creargli un saCco di imbarazzi. Quello che gli piaceva, però, era il suo denaro. Io naturalmente, me ne sono aCCorta… e alla fine gli ho suggerito che non sarebbe stata una cattiva idea se si fosse deciso… «liberarsi di me per sposare Linnet. Ma lui ha respinto la mia proposta. Diceva, che per quanto ricca potesse essere la sua vita, come marito di Linnet, sarebbe stata un inferno. Diceva che gli sarebbe piaciuto avere molti soldi… ma non essere il marito di una donna riCca che non gli avrebbe mai mollato i cordoni della borsa… “Finirei per diventare una specie di stramaledetto Principe Consorte”, mi ripeteva. E poi diceva di non desiderare nessun’altra donna all’infuori di me…

 

«Credo di sapere quando quell’idea gli è balenata. Un giorno mi ha detto: “Se avessi un po’ di fortuna, la sposerei, lei dovrebbe morire nel giro di un anno e lasciarmi l’erede di tutto”. Poi gli era apparsa una strana espressione negli occhi. E stata quella la prima volta che ci ha pensato… E ha cominciato a parlarne… ne parlava sempre più spesso… ripeteva che sarebbe stato molto comodo se Linnet fosse morta.

Io ribattevo osservando che era un’idea terribile, la sua; allora lui ammutoliva. Poi, un giorno, l’ho scoperto mentre leggeva su un libro tutte le notizie relative all’arsenico. L’ho preso in giro e lui è scoppiato a ridere dicendo: “Chi non risica non rosica! Mi pare che questo sarebbe l’unico momento della mia vita in cui potrei mettere le mani su un bel mucchio di soldi”.

 

«Dopo qualche tempo ho capito che aveva preso una decisione. E ne sono rimasta terrorizzata… semplicemente terrorizzata. Perché, capite, mi rendevo conto che non se la sarebbe mai cavata. E un tale bambino! Così semplice! Manca di un minimo di sottigliezza… e non ha nessuna immaginazione! Probabilmente le avrebbe fatto prendere dell’arsenico illudendosi che qualsiasi medico dichiarasse che Linnet era morta di gastrite. Eppure aveva l’assoluta convinzione che le cose sarebbero andate a finire bene. Così ho dovuto entrare anch’io a far parte del suo gioco, per sorvegliarlo…»

Aveva parlato con semplicità, in completa buona fede.

 

Poirot non dubitava minimamente che i suoi motivi fossero stati quelli.

Certo che non doveva aver desiderato la ricchezza di Linnet Ridgeway; però aveva amato simon Doyle, lo aveva amato oltre i limiti della ragione, della rettitudine, della pietà.

 

«Ci ho pensato a lungo tentando di studiare un piano adatto. Mi sembrava che, alla base di tutto, dovesse esserci una specie di alibi a due facce. Ecco, capite… se simon e io avessimo fornito testimonianze contraddistinte, nessuno avrebbe potuto imputarci. Non sarebbe stato difficile per me fingere di odiare simon. Anzi, date le circostanze, era la cosa più logica. Poi se Linnet fosse stata Uccisa, con ogni probabilità mi avrebbero sospettato; quindi tanto valeva che i sospetti si concentrassero sU di me fin dal principio. Abbiamo studiato il nostro piano in tutti i minimi particolari, a poco a poco. Io volevo che, se qualcosa non avesse funzionato, tutta la colpa ricadesse sulle mie spalle, e non sU simon. LUi invece era preoCcupato per me.

 

«L’unica cosa della quale mi rallegravo era di non essere costretta a commettere io, quel delitto! Perché non ce l’avrei fatta! No, mai e poi mai sarei riuscita ad ucciderla a sangue freddo, mentre dormiva!

Perché, capite… ormai le avevo perdonato… forse sarei stata capace di ammazzarla se avessi dovuto affrontarla faccia a faccia, ma non nell’altro modo…

 

«Avevo studiato tutto con grande attenzione. Perfino per quello che riguardava la famosa J traCciata con il sangue, che è stato un gesto molto melodrammatico, a ben pensarci! Proprio il genere di cose che poteuano venire in mente a lui! Ma anche quella è andata bene.»

Poirot assentì. «Certo. Non è stata colpa vostra se Louise Bourget quella notte non riusciva a dormire… e dopo, mademoiselle?»

Lei incontrò il suo sguardo senza paura.

 

«Già» disse «è stato tutto abbastanza orribile, vero? Ancora adesso non riesco a crederci… di essere stata io… proprio io!»

«Capisco.»

«Sapete cosa volevate dire quando parlavate di aprire il proprio cuore al male… quanto al resto, più o meno dovete avere intuito quello che è successo. Louise aveva fatto capire chiaramente a simon di essere al corrente di tutto. simon vi ha pregato di accompagnarmi da lui. Non appena siamo rimasti soli mi ha detto tutto. E mi ha spiegato quello che dovevo fare. Io non mi sono nemmeno sentita inorridita. Avevo una tale paura… Una paura mortale… ecco come ti riduce il delitto! simon ed io eravamo al sicuro… perfettamente al sicuro… se non ci fosse stata quella sciagurata ragazza francese che voleva ricattarci! Ho portato con me tutto il denaro che sono riuscita a mettere insieme. Ho fatto finta di essere umiliata, ho accettato tutto quello che chiedeva. Poi, mentre lei stava contando i soldi, io ho fatto quello che dovevo! E stato molto semplice. Ecco quello che c’è di terrificante in tutto questo… sembra così incredibilmente facile… Poi ci siamo accorti che nemmeno così potevamo considerarci al sicuro. La signora Otterbourne mi aveva visto.

E si è precipitata trionfante sul ponte alla vostra ricerca. Io non ho avuto nemmeno il tempo di pensare. Ho agito seguendo il primo impulso, in un lampo. E stato quasi eccitante. Stavolta capivo che doveva svolgersi tutto in un batter d’occhio altrimenti… ma proprio quello lo ha fatto riuscire meglio… almeno mi è sembrato…» si interruppe di nuovo.

 

«Vi ricordate quando siete venuto nella mia cabina, in seguito? Mi avete detto che non sapevate bene perché eravate venuto a cercarmi. Io ero così infelice… così terrorizzata. Pensavo che simon fosse lì lì per morire…»

«E io… me lo auguravo» disse Poirot.

 

Jacqueline assentì.

 

«Sì, per lui sarebbe stata la soluzione migliore.»

«No, non è quello che ho pensato.»

Jacqueline fissò il volto severo di Poirot e disse con gentilezza: «Non angustiatevi troppo per me, Monsieur Poirot. In fondo, io ho sempre avutO una vita difficile, sapete? Se ci fosse andata bene, credo che sarei stata molto felice. Mi sarei goduta molte cose e con ogni probabilità non avrei mai rimpianto per un attimo quello che era accaduto. visto che le cose vanno così… be’, bisogna continuare, fino in fondo.»

Poi aggiunse: «Immagino che la cameriera mi sia stata messa alle costole per evitare che io tenti di impiccarmi o di inghiottire la solita capsula miracolosa di cianuro come si legge sempre nei romanzi polizieschi. Non abbiate paura! Non farò niente del genere. Tutto sarà più semplice per simon se gli sarò vicino.»

Poirot si alzò in piedi.

 

Jacqueline lo imitò.

 

Con un improvviso sorriso gli disse: «Vi ricordate quando vi ho detto che dovevo seguire la mia stella? Mi avete risposto che poteva essere una stella falsa e io allora vi ho detto: “Essere stella molto brutta, signore! quella stella cadere…”.»

Poirot uscì sul ponte con la risata di Jacqueline ancora nelle orecchie.

 

Era l’alba quando arrivarono a Shellal. La cupa scogliera scendeva fino all’acqua del fiume.

 

Poirot mormorò: «Quel pays sauvage!»

Race era in piedi vicino a lui.

 

«Be’» disse «abbiamo fatto il nostro dovere. Ho combinato le cose in modo che Richetti venga fatto scendere a terra per primo. Sono contento di averlo acchiappato. Vi assiCuro che sembra un’anguilla quell’uomo…

Ci era già sfuggito almeno una meZza dozzina di volte!» Poi proseguì: «ci vorrà una barella per Doyle. Incredibile come sia crollato all’improvviso.»

«Non mi pare» disse Poirot. «I criminali come lui, che hanno quell’aspetto così fanciullesco, da bravi ragaZzi, di solito sono anche straordinariamente presuntuosi. Quando il pallone della loro presunzione si sgonfia, è finita! Non dimostrano più un briciolo di coraggio… sembrano bambini!»

«Merita di essere impiccato» disse Race. «Perché è un farabutto dei peggiori… che sangue freddo! Mi dispiace per la ragazza… purtroppo non si può far niente!»

Poirot scrollò la testa.

 

«La gente dice che, di solito, l’amore giustifica tutto, ma non è vero… donne che amano con l’intensità di Jacqueline nei confronti di simon Doyle sono molto pericolose. E stato quello che ho detto la prima volta che l’ho vista. “E troppo innamorata, la piccina!” E vero.»

Cornelia Robson li raggiunse.

 

«Oh!» esclamò «siamo quasi arrivati.» Restò in silenzio per un paio di minuti, poi aggiunse: «Sono stata con lei.»

«Con Mademoiselle de Bellefort?»

«Sì. Mi pareva una cosa terribile lasciarla chiusa in cabina con la cameriera. Però ho paura che la cugina Marie si arrabbierà moltissimo.»

La signorina Van Schuyler stava procedendo a passo lento sul ponte nella loro direzione. I suoi occhi erano carichi di veleno.

 

«Cornelia!» esclamò in tono tagliente «ti sei comportata in un modo vergognoso. Adesso ti spedisco dritta dritta a casa.»

Cornelia respirò a fondo.

 

«Spiacente, cugina Marie, ma non ho intenzione di tornare a casa. Mi sposo.»

«Ah, vedo che hai riacquistato un po’ di buonsenso!» ribatté la vecchia signorina In tono secco.

 

In quel momento dall’angolo del ponte comparve Ferguson.

 

«Cornelia, cosa sento?» esclamò. «Non è vero!»

«Invece è verissimo» disse Cornelia. «Sto per sposare il dottor Bessner.

Ha domandato la mia mano, ieri sera.»

«Per quale motivo non volete sposare me?» domandò Ferguson infuriato.

«Semplicemente perché lui è ricco?»

«No, affatto» ribatté Cornelia indignata. «Mi piace. E gentile, e sa un sacco di cose. E poi io ho sempre provato un grande interesse per i malati e le cliniche, quindi con lui la mia vita sarà meravigliosa!»

«Vorreste forse dire» le domandò il signor Ferguson incredulo «che preferite sposare quel vecchio disgustoso invece di me?»

«Certamente! Voi siete una persona che non dà il minimo affidamento! E non sarebbe per niente piacevole vivere con voi. A parte il fatto che lui non è vecchio. Non ha ancora cinquant’anni.»

«Però ha la pancia» ribatté il signor Ferguson invelenito.

 

«Be’, e io ho la schiena Curva» ribatté Cornelia. «Non ha importanza l’aspetto che si ha. Lui dice che potrei essergli di grande aiuto nel suo lavoro e che mi insegnerà un mucchio di cose sulle nevrosi.» si allontanò.

 

Ferguson domandò a Poirot: «Credete che dica sul serio?.»

«Certo.»

«cioè che preferisce quel vecchio rompiscatole pomposo a me?»

«Senza dubbio.»

«Quella ragazza è matta!» dichiarò Ferguson.

 

Gli occhi di Poirot ebbero uno scintillio malizioso.

 

«E’ una donna che ha un gran carattere» disse. «Con ogni probabilità è la prima che vi è capitato di incontrare in vita vostra!»

Intanto la nave si era accostata al pontile. Un cordone era stato predisposto intorno ai passeggeri, che vennero pregati di attendere prima di sbarcare.

 

Richetti, torvo e imbronciato, venne accompagnato a terra da due macchinisti.

 

Poi, si dovette aspettare un po’ ed infine arrivò una barella. simon Doyle venne trasportato lungo il ponte, fino alla passerella. Pareva un uomo completamente diverso: rannicchiato su se stesso, terrorizzato… tutta la sua allegra disinvoltura fanciullesca era scomparsa.

 

Jacqueline de Bellefort lo seguiva. Al suo fianco, la cameriera. Era pallida ma, all’infuori di questo, aveva più o meno il solito aspetto. si avvicinò alla barella.

 

«ciao, simon!»

Lui alzò gli occhi di scatto a guardarla. L’antica espressione da ragazzo gli illuminò per un attimo il viso.

 

«Ho fatto un gran pasticcio» disse. «Ho perduto la testa e ho ammesso tutto. Mi spiace, Jackie. Mi spiace di averti deluso.»

«Non preoccuparti simon» disse. «Il nostro è stato un gioco rischioso e abbiamo perduto. Tutto qui.» si fece da parte.

 

Gli infermieri si chinarono per afferrare di nuovo i manici della barella.

 

Jacqueline si piegò ad allacciarsi la stringa di una scarpa. Poi insinuò una mano lungo la calza ed infine, quando si alzò, impugnava qualcosa.

 

Si udì una violenta esplosione.

simon Doyle sussultò, fU scosso da un brivido convulso e, infine, giacque immobile sulla barella.

 

Jacqueline de Bellefort annuì. Rimase ferma per un attimo con la rivoltella in mano. Rivolse un fuggevole sorriso a Poirot.

 

Poi, mentre Race balzava verso di lei, rivolse il giocattolo scintillante contro il praprio Cuore e premette il grilletto. si accasciò sul ponte come un morbido mucchietto di cenci.

 

Race gridò: «Dove diavolo si è procurata quella rivoltella?.»

Poirot si aCcorse che qualcuno gli aveva posato una mano sul braccio.

 

La signora Allerton gli domandò a mezza voce: «Voi… sapevate?.»

Lui assentì.

 

«Ne possedeva due. L’ho capito quando ho sentito che una rivoltella era stata trovata nella borsetta di Rosalie Otterbourne il giorno della perquisizione. Jacqueline era seduta al loro stesso tavolo. Quando ha intuito che l’avrebbero perquisita, ha fatto scivolare la rivoltella nella borsetta dell’altra ragazza. In seguito è entrata nella cabina di Rosalie per ricuperarla, dopo essere riuscita a distrarre l’attenzione della sua compagna fingendo di voler fare un confronto fra i loro rossetti. E poiché sia lei sia la sua cabina erano state accuratamente perquisite ieri, non è stato necessario ripetere la perquisizione.»

La signora Allerton disse: «Voi avete preferito che scegliesse questa fine?.»

«Sì. Ma da sola non si sarebbe mai decisa. Ecco perché sono convinto che simon Doyle abbia avuto una morte più facile di quanto non meritasse.»

La signora Allerton rabbrividì.

 

«L’amore può essere una cosa terribile!»

«Proprio per questo buona parte delle grandi storie d’amore sono tragedie.»

Intanto gli occhi della signora Allerton si erano posati su Tim e Rosalie, fermi l’uno di fianco all’altra sotto il sole. In tono fremente, carico di emozioni, disse: «Però, grazie a Dio, a questo mondo esiste anche la felicità!.»

«Proprio come dite, madame, e ringraziamo Dio per questo.»

Poco dopo i passeggeri scesero a terra.

 

Più tardi i corpi di Louise Bourget e della signora Otterbourne vennero trasportati giù dal Karnak. L’ultimo a tornare a terra fu il cadavere di Linnet Doyle e, allora, le linee telegrafiche del mondo intero cominciarono a diffondere la notizia, a raccontare al pubblico che Linnet Doyle, la quale prima di sposarsi si chiamava Linnet Ridgeway- la famosa, la stupenda, la ricchissima Linnet Doyle – era morta.

sir George Wode lesse la notizia nel suo club di Londra, Sterndale Rockford a New York, Joanna Southwood in Svizzera. Ne discussero anche nel bar del Tre Corone a Malton-under-Wode e il signor Burnaby osservò con molta acutezza: «Be’, si direbbe che non le abbia portato molta fortuna, povera figliola.» Dopo un po’ smisero di parlare di lei e il discorso si spostò, invece, su chi avrebbe vinto il Gran National.

 

Perché, come il signor Ferguson stava affermando in quel preciso momento a Luxor, non è il passato che importa, ma il futuro.

 

 

 

 

*1 Il Mena House del Cairo è uno dei più celebri alberghi “da stranieri” dell’Egitto. Nelle sue stanze sono passati re, nobili, scrittori, miliardari e avventurieri di tutto il mondo. Ma di una ospite in particolare sono estremamente fieri i proprietari dell’albergo: Agatha Christie, che vi soggiornò con il marito archeologo Max Mallowan. Ancora adesso ai turisti viene mostrata con orgoglio la «stanza della signora scrittrice» (qui sopra).

 

La foto è stata scattata da Gloria Lunel, una famosa fotografa italiana che ha ripercorso e documentato non solo i luoghi dove la Christie ha soggiornato durante i suoi numerosi viaggi in Medio Oriente e in Egitto, ma anche situazioni e personaggi, in una felice ricerca di quella atmosfera e di quel “colore locale” che traspaiono dai romanzi “esotici” della Christie, in particolare da Assassinio sul Nilo.

 

Come è noto, il primo soggiorno della Christie in Egitto risale al 1908, quando la giovane Agatha si trasferì al Cairo con la madre per tre mesi, in parte per rimettersi da una lunga malattia, in parte per debuttare in società senza pagare gli elevati costi di una “season” a Londra.

 

*2 L’ALBERGO SUL NILO

 

Altro albergo famoso nella mitologia christiana: il Cataract Hotel di Assuan.

 

Oltre alla scrittrice, vi soggiornarono Hercule Poirot e i suoi occasionali compagni di avventura.

 

L’albergo domina il Nilo; lungo le sponde sono attraccate le feluche che la scrittrice descrive nel suo romanzo.

 

Le foto sono di Gloria Lunel e fanno parte di un volume di prossima pubblicazione dedicato ai luoghi e alle atmosfere dei più celebri scrittori di romanzi polizieschi di tutto il mondo.

 

 

*3 Ecco le tipiche imbarcazioni sulle quali Agatha Christie fa imbarcare Hercule Poirot e i passeggeri del Karnak per una visita all’isola Elefantina.

 

Nel romanzo, il Karnak compie lo stesso tragitto compiuto da Agatha e Max, a sud di Assuan, oltre le cataratte che ostacolano la navigazione sul Nilo, verso Abu Simbel, il tempio costruito da Ramsete II.

 

Certo, il paesaggio che i turisti possono ammirare oggi non è più quello visto da Agatha Christie (e da Hercule Poirot). Il lago creato dalla diga di Assuan costruita dagli inglesi tra il 1899 e il 1902, allargata poi nel 1908 e nel 1929-1934, che tanto scandalo aveva sollevato tra gli archeologi per la scomparsa di interi villaggi e rovine, era ben poca cosa di fronte alle ciclopiche trasformazioni che sarebbero state provocate dalla costruzione della nuova grande diga di Assuan tra il 1950 e il 1979. Tra le rovine che il nuovo lago Nasser doveva ricoprire c’era anche il tempio di Abu Simbel, che è stato “salvato dalle acque” grazie a un grandioso intervento ingegneristico sponsorizzato dall’Unesco e finanziato da cinquantadue nazioni.