IV

Totalitarismo

 

 

Solo il concetto di totalitarismo rende intelligibile e possibile la fusione di ideologie apparentemente antitetiche in una medesima entità sociale. Il villaggio dei puffi offrirebbe un esempio di quello che potrebbe essere il risultato finale del processo totalitario. La nozione di totalitarismo ha l'enorme merito di far luce sulla profonda somiglianza fra il sistema bolscevico-comunista e il sistema nazifascista, a partire dalle rispettive tecniche di governo. Il totalitarismo si pone come forma antidemocratica e affida tutti i poteri a un unico capo, che si adopera per soffocare ogni forma di contestazione, trova dei capi espiatori e distrugge le strutture sociali esistenti, per inquadrare e imbarbarire maggiormente le masse. Le stesse caratteristiche si ritrovano nella società dei puffi.

 

Il Re puffo e l'antidemocrazia

I totalitarismi si propongono come antidemocrazie. Anche il villaggio dei puffi. Giusto per chiarire le cose fin dall'inizio, il secondo libro della serie è dedicato a questo aspetto.

Ricordiamo che mentre il primo, I puffi neri, raccontava di una minaccia razziale, il secondo libro, Il Re puffo, svela la natura del regime puffoso. Grande Puffo parte in cerca di euforbia e il villaggio resta senza una guida. In sua assenza, chi sarà il capo? Fra i puffi si scatena il dibattito, che finisce in cacofonia puffosa. Dato che tutti vogliono essere il capo, i puffi hanno la "buona" idea di eleggere un leader con "suffragio univerpuffoso". Viene organizzata una campagna elettorale, nel corso della quale un puffo più scaltro degli altri capisce che non è poi così difficile farsi eleggere: "Basta fare promesse!155". Fiero della propria trovata, fa improbabili promesse a destra e a manca, secondo l'interlocutore: per esempio, dolci tutti i giorni al puffo goloso; la riduzione dell'orario di lavoro al puffo pigrone; leggi contro Quattrocchi a tutti gli altri puffi. Il giorno delle elezioni scoppia il terremoto. Il politico fanfarone spazzola quasi tutti i voti del villaggio. Da lì, la situazione prende una pericolosa deriva monarchico-dittatoriale. Il puffo eletto si fa chiamare "Re puffo" ed elegge una guardia pretoriana. Rende schiavo il popolo per farsi costruire una reggia. Sempre più puffi abbandonano il villaggio e si formano gruppi di resistenza armata. Fortunatamente, torna Grande Puffo e ristabilisce l'ordine.

Ma la lezione è più che chiara: le elezioni sono una trappola per gli stolti. La democrazia è il sentiero più breve verso la più illegittima delle dittature. Le elezioni sono uno specchietto per allodole, il regno della manipolazione. Consegnano il potere a ciarlatani il cui unico obiettivo è lo sfruttamento della popolazione che li ha eletti. Ossia, dalle urne non esce niente di legittimo.

Il potere assoluto e gerontocratico di Grande Puffo è insostituibile. Ottima coincidenza: i totalitarismi si cristallizzano sempre attorno a un unico capo.

Grande Puffo, detentore di un potere assoluto e gerontocratico

Il volto di un regime totalitario è quello del dittatore che lo incarna, un personaggio carismatico, investito di tutti i poteri e incontrovertibile - tutte caratteristiche di Grande Puffo, che regna incontestato sul villaggio. Capo unico e legittimo, è insostituibile.

In veste di unica istituzione del villaggio, riunisce tutti i poteri:

 

  • potere legislativo: Grande Puffo fissa solo regole collettive. Come sappiamo, è lui a determinare i periodi di lavoro e di riposo, a emanare divieti e a dare autorizzazioni;
  • potere giudiziario: Grande Puffo ha il compito di dirimere i litigi. Solo in un'occasione i puffi organizzano un processo: quando scoprono che Puffetta è una creatura di Gargamella. Grande Puffo ordina che sia processata e sarà lui a giudicarla. Se nomina dei giurati, resta il giudice unico e supremo dell'affare. Nel resto del tempo, amministra la giustizia in modo medioevale, in nome del buon senso e di buoni rapporti di vicinato;
  • potere esecutivo: Grande Puffo fissa le regole collettive, pronuncia le sanzioni, fa rispettare le une e mettere in pratica le altre. È l'unico che può dare ordini e l'unico detentore del potere disciplinare. Dispone altresì di un potere formale di rappresentanza: è suo compito accogliere al villaggio i rari visitatori. Arrivano Rolando e Pirulì, le cicogne, Puffetta, Bontina, Buegrasso, il puffo selvaggio, il capo del secondo villaggio artificiale de La minaccia puffa e la figura di Gentile. Grande Puffo interagisce anche con gli umani, quando i puffi sono in libera uscita come ne La fame dei puffi. Una simile accumulazione di poteri fa di Grande Puffo la chiave di volta della società puffosa. Abbiamo già visto che non appena si assenta, al villaggio si scatena il putiferio. Ma dove nasce la sua legittimità? Risponde alla domanda Damien Boone, in un'interessante analisi del potere di Grande Puffo in chiave di lettura weberiana156.

 

In Economia e Società157 il sociologo Max Weber definisce tre idealtipo di legittimità del potere: la legittimità tradizionale, basata sulla morale, la tradizione e il sacro; la legittimità carismatica, fondata sull'autorità naturale del governante; la legittimità legale-razionale, da regole scritte e istituzioni stabilite. A che idealtipo di legittimità corrisponde quella di Grande Puffo? Sembra derivare da tutti e tre gli idealtipo weberiani, il che spiegherebbe la sua autorità incontrastata e sconfinata.

Come insegna l'episodio del Re puffo, Grande Puffo non trae legittimità dalle urne, infatti il villaggio non sembra essere governato da una Costituzione o da una qualsivoglia carta legislativa. Il potere di Grande Puffo nasce come consuetudine, ossia è basato su una legittimità di tipo tradizionale.

Ma Grande Puffo, dati la sua età e il suo sapere, esercita sui puffi anche un'autorità naturale di tipo carismatico. Più anziano, incarna naturalmente la saggezza e l'esperienza. Inoltre, è l'unico detentore delle conoscenze autenticamente scientifiche nel campo fondamentale della fisica - ovviamente. Una fisica che nei puffi può essere scomposta in due grandi materie: la fisica-magia e la fisica-medicina. In entrambi i campi, Grande Puffo gode di un monopolio inattaccabile e gelosamente custodito. Due puffi tentano l'assalto ai bastioni del potere. Il primo è l'Apprendipuffo, che contesta il monopolio di Grande Puffo sulla fisica-magia158. La sua esperienza prova che questa è inaccessibile ai comuni puffi e che tale deve restare. C'è solo un altro caso in cui la regola è infranta, ossia quando i puffi creano Bontina159 e mettono in pericolo la comunità160. Conseguenza: il laboratorio di Grande Puffo è off-limits per i puffi ed è l'unico luogo del villaggio cui si può accedere solo con una chiave. Il secondo puffo insubordinato, che contesta il monopolio di Grande Puffo sulla fisica-medicina161, è il Dottor puffo. Crimine di puffata maestà! Grande Puffo reagisce in modo colorito per proteggere il suo "praticello", e redarguisce furibondo il Dottor puffo: "Allora? Sembra che tu voglia puffare la medicina al mio posto!"162.

Il controllo monopolistico della scienza dà a Grande Puffo un considerevole ascendente sugli altri puffi in termini di carisma, e conferisce alla sua legittimità un'ulteriore dimensione legale-razionale, nella misura in cui fa leva su alcune conoscenze scientifiche, quindi dimostrabili.

Questa tripla legittimità consente a Grande Puffo di imporsi sulla popolazione dei piccoli omini blu, di farsi rispettare e obbedire senza ridurre gli attributi del potere. Gli basta farsi dare del Lei (è l'unico personaggio che dà del tu ai puffi - tranne Puffetta - ma che si fa dare del Lei), portare la barba e indossare abiti rossi. Tutto il contrario del Re puffo, che dissimula la sua illegittimità (nonostante il carattere democratico della sua ascesa al potere) con artifici simbolici - titolo pomposo, tunica in oro, ermellino, corona, portantino, reggia, guardia pretoriana - destinati a produrre una teatralizzazione forzata del suo regno.

Come sostituire un capo la cui legittimità è così radicata? Molto semplicemente, non si può. I pochi che si sono arrischiati, direttamente o indirettamente, hanno causato grandi danni (tranne Puffetta, come abbiamo visto, nell'operazione di correzione della sua immagine ne Grande Puffetta).

Come si fa a mettere in discussione un capo del genere?

 

Disobbedienza civile e status dell'opposizione: l'imbavagliamento della contestazione

La disobbedienza come forma efficace di una contestazione latente e il mantenimento di un'opposizione-pagliaccio: queste le due facce della dissidenza in un paese totalitario. Due facce che ricompaiono al villaggio dei puffi.

Infatti, tenuto conto della solidità della sua legittimità, è ben difficile essere apertamente critici su Grande Puffo. I puffi sono critici solo molto raramente e sempre in modo molto gentile. Come l'astropuffo, quando parla di Grande Puffo e riflette sul fatto che "detto fra noi, qualche volta rompe i puffi! Ma non ce la prendiamo! Diventa vecchio, per forza perde colpi da un puffo all'altro!"163. Stessa cosa quando il puffo contadino evoca "le patetiche avventure" di Grande Puffo164. L'unica che lo mette in discussione a voce alta è Puffetta: "Del resto, Grande Puffo non è infallibile! Se dice di fare questo e quello, non significa che bisogna obbedire alla cieca senza verificare che non si sia sbagliato! Giusto?"165. Ma la cosa non conta più di tanto, nella misura in cui da un lato Puffetta è una creatura di Gargamella, pensata per destabilizzare il villaggio, e dall'altro nell'episodio in questione è vittima di un maleficio. In altre parole, la contestazione diretta è molto accessoria e sterile. In simili condizioni, l'unica via di contestazione è quella della disobbedienza. Di fatto, i puffi disobbediscono molto. Disobbedienza del puffo che si rifiuta di andare per ghiande, come gli ha chiesto Grande Puffo ("Ghiande! Ghiande tutto il tempo! Mi chiedo cosa mai si può puffare con tutte queste ghiande!"166). Disobbedienza del puffo poeta che per far colpo su Puffetta apre la grande paratoia del villaggio e per poco non inonda il villaggio. Disobbedienza dei due puffolini incaricati di seppellire una pozione magica nel deserto, che invece la gettano in un ruscello da cui nasce il terribile uccello mostro167. Disobbedienza dell'Apprendipuffo che si cimenta nella magia, malgrado il divieto di Grande Puffo. Disobbedienza dei puffolini che scassinano il laboratorio di Grande Puffo168.

Disobbedienza anche del puffo giornalista che, dopo le rimostranze di Grande Puffo, anziché smettere di fare il suo mestiere denuncia l'imbavagliamento della stampa; o del Dottor puffo che si prende una strigliata ma poi approfitta della stanchezza di Grande Puffo per continuare la sua attività. Disobbedienza del puffo cuoco che mette una dose eccessiva di fertilizzante, mentre Grande Puffo aveva raccomandato di usarne poche gocce. Essendo l'unica forma di contestazione credibile ed efficace rimasta a loro disposizione, i puffi praticano la disobbedienza civile a oltranza.

Cosa resta della cosiddetta opposizione-pagliaccio tenuta volontariamente in caldo? È incarnata da tre figure. La prima è quella del puffo brontolone, simbolo dell'opposizione sistematica e sterile. Semplicemente, il puffo brontolone odia tutto e tutti (salvo Puffetta169 e il baby puffo170) e passa la vita a dirlo. Ovviamente, la sua contestazione è vana. Ricordiamo: è quella di un malato mentale che, comunque sia, finisce sempre per conformarsi agli altri. Il puffo pigrone e il puffo tontolone incarnano le altre figure dell'opposizione. Una misera opposizione, a dire il vero. La contestazione del primo è puramente passiva: dorme tutto il tempo. Grande Puffo e Quattrocchi gli stanno alle calcagna perché si rimetta al lavoro. La pigrizia è una temibile nemica del totalitarismo e del lavoro forzato. Fortunatamente per i dittatori, nel mondo reale questa è meno forte del terrore. Quanto al puffo tontolone, è molto semplicemente un ritardato. Agisce sempre contro-corrente. Come conformare un minorato? È l'unico personaggio che fa opposizione parzialmente con successo. Al villaggio non c'è un manicomio. Una simile struttura priverebbe la comunità della simpatia di Tontolone.

Tuttavia, tollerare un simulacro dell'opposizione non basta a tenere le redini di un popolo. Bisogna essere anche capaci di canalizzare la sua violenza. È il compito del capro espiatorio.

 

Quattrocchi, capro espiatorio puffoso

I sistemi totalitari hanno bisogno di nemici. Senza, non sarebbero in grado di crescere, né di migliorarsi. Hanno bisogno di nemici venuti da fuori, per costruirsi attraverso il rifiuto dello straniero. Abbiamo già visto che il villaggio dei puffi ha un suo nemico esterno ben identificato: l'ebreo Gargamella accompagnato dal gatto Birba. Tra l'altro, Grande Puffo riesce a riconciliare il popolo travolto dalla Guerra Civile, proprio facendo appello allo stregone (Puffo verde o verde puffo). La vecchia tecnica del nemico comune. Un nemico esterno che svolge appieno il suo ruolo.

Tuttavia, i totalitarismi hanno anche un vitale bisogno di nemici interni. Un nemico istituzionale, intendiamoci, che sappia mantenere un'opposizione-fantoccio. Un nemico piuttosto utile per dare al regime un'allure democratica ma che in sé è insufficiente. Perché per mobilitare le masse, risvegliare e strumentalizzare la violenza popolare, i totalitarismi hanno bisogno di far emergere un nemico dall'interno, che sia colpevole di tutti i mali di cui soffre il popolo, lo sfogo universale: il capro espiatorio. I puffi ne hanno uno?

Ovviamente, la risposta è sì. È l'ultimo aspetto di Quattrocchi, capro espiatorio della società dei puffi. Estremamente fragile, con il puffo timido (un personaggio secondario che appare solo ne Giochi puffolimpici) è l'unico abitante del villaggio che si differenzia grazie a una caratteristica fisica non vantaggiosa. Contrariamente al puffo forzuto, personalizzato dalla forza, è individualizzato da ciò che insieme corregge e simboleggia il suo difetto di visione. Quattrocchi è stigmatizzato dal suo handicap e i puffi si scatenano spesso contro di lui. Subisce scherni e vessazioni a tutt'andare. Sembra che al villaggio sia permesso colpire, schiaffeggiare e malmenare Quattrocchi. Grande Puffo non lo difende mai. Non lo vediamo mai rimproverare un puffo per le percosse inflitte a Quattrocchi. Al contrario, lui che è il simbolo della saggezza partecipa anche, se capita, alla violenza impetuosa sul capro espiatorio, come in una serie di vignette de La Fame dei puffi, in cui gli lancia una palla di neve in piena faccia e alle spalle, così forte da farlo cadere171. Nel processo a Puffetta, ovviamente Quattrocchi ha il ruolo di procuratore172: per l'occasione è solo contro tutti, per tre volte durante l'udienza gli lanciano i pomodori e gli recapitano anche un pacco regalo esplosivo, senza che il giudice, Grande Puffo, batta ciglio. Anzi, questi sorride.

Quindi, per impiegare una famosa espressione del sociologo Max Weber, sembra che Quattrocchi al villaggio subisca il monopolio della violenza fisica legittima173. Valvola di sfogo di un'intera società, parafulmine sociale, non è solo vittima di violenze fisiche, bensì di tutta la violenza fisica. Tranne che in casi eccezionali, subisce violenza quotidianamente.

Capo supremo e onnipotente, opposizione posticcia, capro espiatorio: una volta posate le fondamenta del totalitarismo, può iniziare l'opera di sradicamento delle istituzioni preesistenti.

 

Villaggio organico e società atomizzata

Il totalitarismo ha bisogno di un capo che lo incarni e non può svilupparsi pienamente se non destrutturando la società su cui vuole esercitare il potere. Il processo, che la filosofa Hannah Arendt chiama "atomizzazione", distrugge le strutture intermediarie fra il popolo e il capo come la famiglia, i partiti, i sindacati, le associazioni, le varie reti che formano la complessità di una società. Con l'avvio del processo di atomizzazione le classi sono sostituite dalla massa. In un regime totalitario ideale, c'è solo un capo di fronte alla massa.

Questo è proprio il caso dei puffi, la cui comunità è composta da individui in fila uno accanto all'altro, sottoposti a un capo. La struttura gerarchica del villaggio si traccia facilmente. In alto c'è Grande Puffo, in basso e sullo stesso livello tutti gli altri puffi. Non esiste nessuna autorità gerarchica intermedia. In più, in seno alla massa dei puffi non c'è nessun corpo costituito, nessun gruppo d'interessi, nessuna particolare rete. I puffi non vivono in famiglia, non si organizzano in sindacati, non creano associazioni né lobby, né partiti, né gruppi militari. L'individuo e la massa sono le uniche due entità sociali. Come vogliono i dirigenti totalitari, l'individuo è da solo di fronte al potere, con cui è in rapporto diretto. Il processo di atomizzazione rende possibile la formattazione degli individui. Al termine del processo, gli individui possono risultare indifferenziati come i puffi - una serie di cloni come ne Il Mondo Nuovo174. Non hanno più un nome. Tutto il loro essere si riduce al minimo denominatore possibile, tutta la loro identità si trova ridotta, direttamente o indirettamente, a una funzione sociale. L'individuo sta al tutto come la cellula sta all'organismo.

Mentre i totalitarismi miravano alla costruzione di uno "stato organico", i puffi ci offrono l'immagine di un "villaggio organico". Se la società tedesca e quella sovietica erano lontane dall'essere totalmente atomizzate, quella dei puffi non lo è. Quest'ultima è la rappresentazione di un totalitarismo compiuto. Una simile compiutezza è stata raggiunta grazie al controllo globale della società.

 

Quattrocchi e Grande Puffo: dal controllo poliziesco al paternalismo

Un regime totalitario cerca di esercitare il controllo su ogni singola componente sociale. Non c'è totalitarismo senza esercizio del controllo poliziesco. E il controllo migliore è garantito dagli stessi cittadini: infatti, la dittatura totalitaria mira a trasformare i cittadini in sbirri. Al villaggio dei puffi non sembra esserci né la polizia, né un esercito, né leggi, né tribunali, né prigione. Che ciò sia il marchio di una comunità libertaria? Niente affatto. In teoria, il totalitarismo compiuto dovrebbe poter fare a meno di strumenti coercitivi. Quando le regole sono interiorizzate da ciascun membro della comunità, le istituzioni repressive non hanno più ragione di esistere. La loro assenza nella società dei puffi non sarebbe il segno del fallimento del processo totalitario, ma del suo compimento. D'altra parte, l'episodio del puffo selvaggio porta a pensare che i puffi abbiamo profondamente interiorizzato le regole elementari del comportamento sociale. Quando Quattrocchi si incarica dell'educazione del puffo selvaggio, è per sradicarne la devianza, conformarlo e permettergli di vivere in seno alla comunità175. Inoltre, sarebbe errato supporre un'eliminazione totale del controllo poliziesco sul sistema sociale. Come abbiamo visto, ognuno è il miglior guardiano di se stesso e i totalitarismi investono a lungo termine sullo sviluppo dell'autocontrollo in ogni individuo, anziché sul potenziamento del controllo poliziesco. A suggellare tutto ciò, il fatto che più un regime è autoritario, più la legge tende a trasformarsi in morale. E più i poliziotti si trasformano in guardiani della morale, più i capi della ciurma fanno i moralizzatori.

Il che conduce a un nuovo aspetto del personaggio di Quattrocchi. Quattrocchi passa il tempo a dare lezioni agli altri puffi. Ovvio che gli tocchi il compito di conformare il puffo selvaggio. Le sue lezioni sono ben orientate. Ricorda "quello che dice sempre Grande Puffo" e cerca, così, di correggerne i comportamenti in virtù del ligio rispetto dei precetti e delle direttive del capo. Lungi dall'essere un oppositore. Quattrocchi è un collaboratore del potere, il suo portavoce. Del resto, si noti che Quattrocchi è sempre dalla parte del più forte. È il primo puffo ad allearsi con il Re puffo. Per capire bene il personaggio dobbiamo interrogarci un'ultima volta sulla simbologia degli occhiali: protesi oculare, servono a vedere meglio grazie a due lenti rotonde. Quattrocchi passa le giornate a osservare il comportamento dei suoi simili alla lente d'ingrandimento. Li sorveglia. Il che gli permette di opporsi a certe innovazioni che, secondo il caso, si rivelano effettivamente pericolose per la comunità. Per esempio, contesta l'introduzione del denaro al villaggio: "Ah, senza il parere di Grande Puffo! Solo lui può puffare una decisione!176". E spiffera a Grande Puffo gli imbrogli del Dottor puffo177. Censore e delatore, fa la parte del guardiano e del garante dell'ordine sociale stabilito.

Quattrocchi è il residuo della polizia politica. Lui e Grande Puffo sono inseparabili. Uno non può esistere senza l'altro. Sono le due facce del Giano totalitario. Grande Puffo mostra il lato benevolo, gentile, simpatico, rassicurante e paternalista del regime; Quattrocchi il suo lato spiacevole. Quattrocchi incarna il lato oscuro del potere, il doppio negativo del capo. Trotzky all'occorrenza, intellettuale, capro espiatorio e poliziotto politico, il personaggio di Quattrocchi rivela la sua complessità e la sua grande ricchezza solo a questo stadio della nostra analisi. Mediante il controllo poliziesco, incarnato dall'altra faccia di Quattrocchi, il totalitarismo inquadra le masse per infine imbarbarirle a dovere.

 

Neolingua e lingua dei puffi: l'imbarbarimento delle masse

I puffi non sono stupidi. Ma tutto porta a credere che potrebbero essere più intelligenti. Come in ogni totalitarismo che si rispetti, nel villaggio degli omini blu di Peyo è in corso un'opera di imbarbarimento, complici l'onnipresenza del lavoro, la valorizzazione dei compiti manuali e la condanna della stampa, considerata fonte di guai inutili e pericolosi178. Ma il meccanismo del livellamento e dell'alienazione mentale è ben più sistematico e profondo, perché colpisce il vettore stesso del pensiero: la lingua.

In 1984179 di George Orwell l'inglese è sottoposto a una regolare revisione. Il Grande Fratello, dittatore di una società del terrore, promuove la "neolingua", ossia una lingua di anno in anno sempre più semplificata - o meglio epurata. Nell'universo da incubo ideato da Orwell, non si dice più cattivo ma "sbuono"180. Più facile. L'impoverimento della lingua lima le sottigliezze intellettuali, imbriglia il pensiero e disarma lo spirito critico, rendendo gli individui docili e manipolabili. Ora, la lingua dei puffi non è certo ai livelli di una neolingua. Ricordiamo che si basa sulla sostituzione del massimo numero di termini possibili con la parola "puffo". Risultato: il numero delle parole è notevolmente ridotto. A un punto tale, del resto, da suscitare bisticci notevolmente sterili. Si deve dire cava-puffo o puffa-tappi? Ne Puffo verde o verde puffo si risponde con la guerra civile, come abbiamo visto.

Un altro segno della povertà intellettuale dei puffi, intrinsecamente legata a quella della lingua: i nanetti blu si esprimono solo per esclamazioni! Schiamazzano tutto il tempo! Sono rare le frasi non esclamative che gli scenaristi del fumetto fanno loro pronunciare! In più, la semplificazione del pensiero operata dal linguaggio veicola un messaggio subliminale, emesso in modo martellante all'insaputa dei puffi, che lo ripetono di continuo. Puffo, puffo, puffo: è tutto un puffo. Sono prima di tutto un puffo, nient'altro che un puffo. L'idea totalitaria del predominio del gruppo, del tutto organico sulla parte cellulare; l'idea che ciascuno abbia ragione di esistere solo all'interno e al servizio di un potente corpo collettivo è onnipresente, e trapela da ogni singola frase pronunciata dai puffi.

Nei Puffi, il processo di semplificazione del linguaggio raggiunge uno stadio molto avanzato. Ma non è completo. Alla fine de Puffo verde o verde puffo si compie una tappa supplementare quando Grande Puffo vieta le parole composte. E la storia finisce con la vignetta: " Eh no, il problema del linguaggio al villaggio dei puffi non si risolverà così in fretta...". Di certo, sarà risolto quando al villaggio rimarrà una sola parola: "puffo"!