I
Utopia
L'utopia è un genere letterario del tutto a sé, estremamente ricco e antico quasi come la Bibbia. Quasi, perché dopo la cacciata dei primi uomini, il giardino dell'Eden è andato perduto. Se l'Olimpo, i Campi Elisi o la Città Celeste rivelano la propensione umana a concepire universi ideali, gli stessi sono tuttavia privi di radici abbastanza profonde perché li si consideri utopie vere e proprie. L'utopia può essere spirituale ma non ha nulla di trascendente: infatti gli utopisti tratteggiano paradisi puramente terrestri. Al contrario di quanto è accaduto per I Puffi, l'utopia è nata molto prima che si cominciasse a parlarne. Si è dovuto attendere il XVI secolo perché Tommaso Moro coniasse un vocabolo composto da due termini greci: u, prefisso privativo e topos, ossia "luogo"84. Quindi, etimologicamente l'utopia è il luogo che non è in nessun luogo. Appena coniato, il genere conobbe una notevole fioritura. Dall'abbazia di Thélema alla moderna fantascienza, passando per le utopie protestanti, quelle dei Lumi, di Fourier, di Saint-Simon e di Proudhon o per le distopie del XX secolo, sono stati dedicati migliaia di testi alla descrizione della "miglior forma di governo". Va detto che tutte queste utopie hanno alcune caratteristiche comuni, riproposte coralmente ne I Puffi. Questo fa del fumetto di Peyo un archetipo - o meglio una caricatura - di utopia.
Una società della felicità
La prima caratteristica delle utopie è che i loro abitanti sono felici. Questo è esattamente il caso dei puffi. Infatti in ogni episodio si torna a parlare di questa condizione85. Tutti o quasi conoscono la felicità. "Vivono nella pace e nell'armonia più complete"86. Sono gioiosi, "goderecci"87, entusiasti, spensierati e allegri anche quando lavorano. Hanno bisogni e desideri minimi, tutti esauditi.
A questo proposito occorre citare due storie di puffi. La prima è L'uovo e i puffi, in cui viene introdotto al villaggio un uovo fatato che realizza i desideri di chi lo scuote. Elettrizzati dalla bizzarra novità, i puffi esprimono una serie di desideri deliranti e sempre più esosi. L'uovo diffonde un terribile caos al villaggio, finché Grande Puffo ristabilisce l'ordine e silura l'uovo. La lezione è evidente: nella società dei puffi il desiderio è inutile e pericoloso. L'altra storia, ancora più istruttiva, mette in scena due puffi placidamente seduti in riva a un fiume88. Il primo informa il secondo che non lontano da lì c'è un pozzo dei desideri. Come l'uovo magico, il pozzo ha il potere di esaudire i sogni. Il secondo puffo si precipita al pozzo. È di ritorno poco dopo. Si siede accanto all'amico e, con aria un po' sofferente, dice: "Come si fa a puffare un desiderio, con una vita come la nostra? Abbiamo tutto quello che vogliamo". Non c'è altro da aggiungere. L'ascetismo è una caratteristica comune ai puffi e alla maggior parte delle utopie.
Il mondo dei puffi è interessante sia per ciò che comprende ed esprime, sia per ciò che esclude. I puffi non soffrono di nevrosi e solo raramente manifestano sintomi di malattia mentale. Non sono mai né angosciati né depressi. Del resto, non avrebbero nessun motivo per esserlo, poiché non sembrano temere la morte, né conoscere i malanni. In effetti, per i puffi la malattia può essere o reale e molto sporadica, o puramente psicologica. Come ne Storie di puffi, quando il puffo freddoloso prende un'insolazione in pieno inverno, ma solo perché si sente accaldato89. All'inizio de Dottor puffo, quello stesso puffo consulta un medico perché crede di essere di nuovo malato. Il capo del villaggio allora si chiede: "Accipuffollina! E dire che tutto questo si puffa nella sua testa! Interessante, come caso psicopuffoso! Un giorno dovrò puffarmi sul suo caso"90. Una precisazione: i puffi possono ferirsi. È il caso di Grande Puffo all'inizio de Il Puffo finanziere (un incidente durante un gioco di magia) e del puffo goffo all'inizio de Dottor puffo (un incidente dovuto alla sua goffaggine). Inoltre, un libro cartonato patrocinato dalla Associazione dei Paralitici di Francia e da EDF-GDF per la sensibilizzazione all'handicap, mostra che un puffo può rompersi una gamba91. Un puffo può anche essere stanco (ne Dottor puffo, Grande Puffo e Puffetta cadono a terra stremati). Ma, come insegna l'episodio del Dottor puffo, ciò non giustifica la presenza stabile di un ospedale al villaggio, né quella di un professionista specializzato. Il dotto puffo alimenta l'ipocondria e la simulazione, e fa ammalare più che guarire. È sufficiente la medicina sommaria di Grande Puffo - ossia un semplice "azzeccagarbugli"92 - come recita il puffo inventore in apertura a Dottor puffo: "Grazie a lui, non ci ammaliamo mai"93.
I puffi sanno vivere in armonia, cosa che costituisce un ulteriore fattore di benessere. Non provano né odio, né gelosia e non conoscono l'egoismo. Tutte le storie dei puffi narrano della rottura temporanea di uno stato di eudemonismo collettivo. Sicché, quando lo stato di felicità collettiva dei puffi è infranto, la società non è mai responsabile. Al contrario, è solo l'agente necessario alla reintroduzione della felicità. Questo è evidente quando l'elemento responsabile della rottura dell'equilibrio è esterno al villaggio, e mosso da cattive intenzioni - come Gargamella o l'uccello mostro94. Quando un puffo, per errore o per un incidente, è triste, la regola esposta sopra è verificata. Infatti, appena Puffetta è accolta al villaggio, accede alla felicità. Allo stesso modo, per ridare il sorriso al puffo forzuto e all'Astropuffo, la comunità organizza i giochi puffolimpici e un finto viaggio sulla Luna. Allora, si ristabilisce l'idillio. Un altro episodio emblematico è quello del puffo diverso dagli altri95, che si annoia e vuole partire, "puffare via dal villaggio". Alla fine dell'avventura si rende conto che il mondo esterno è troppo pericoloso. Riconosce di essersi sbagliato: "Sento che non sarei mai così puffo come qui" conclude96. Il che la dice lunga.
Eppure, non tutti i puffi sono perfettamente felici. Prendiamo a esempio tre figure importanti: il puffo brontolone, il puffo freddoloso e Quattrocchi. La condizione dei primi due si spiega facilmente: sono malati. Il puffo freddoloso è ipocondriaco97. Non c'è altro da dire. Il caso del puffo brontolone è spiegato da una vignetta de L'uovo magico98, che ripropone alcuni frammenti del primo libro della serie, I puffi neri, in cui tutto il villaggio è contaminato da un'orribile malattia. Il puffo brontolone è semplicemente "rotto". Non funziona più come dovrebbe. Morale: l'insoddisfazione nella società dei puffi è la spia di una devianza.
Quanto a Quattrocchi, è di certo il personaggio più complesso del fumetto. Torneremo a parlare di lui più avanti.
Una società in nessun luogo
Imponiamoci, anche se a malincuore, di ammettere una cosa: il paese dei puffi non esiste e forse non è mai esistito. Questa triste possibilità è molto probabile, data anche la sporadicità delle indicazioni geografiche fornite da Peyo e il carattere a tratti fantasmagorico del villaggio dei puffi e dei suoi dintorni. Quindi, il paese dei puffi è un luogo che non si trova in nessun luogo, il che è consustanziale a ogni utopia.
Spesso, a questa qualità essenziale si aggiungono caratteristiche secondarie. In primo luogo, molte utopie sono concepite dai loro creatori come di difficile accesso. La Nuova Atlantide99 di Francesco Bacone è esemplare in tal senso, così come Utopia. L'autore Tommaso Moro narra la vicenda di un re di un'isola ideale, il quale ordina di creare un istmo per separarla dal continente. Il villaggio dei puffi non ha nulla da invidiare alla Nuova Atlantide né a Utopia. Nessun uomo può raggiungerlo, senza un puffo che faccia da guida100. Sin dal primo libro si stabilisce che "il paese dei puffi si trova lontano, molto lontano da qui, e sono molto rari i casi di uomini che siano riusciti a giungervi..."101. Infatti,"solo i puffi sanno dove si trova il loro villaggio"102.
Nota Damien Boone che gli indizi che permettono di localizzarlo sono molto rari: è un posto dove si possono trovare la salsapariglia, dell'oro (il puffo minatore lo estrae ne Il Puffo finanziere), dei vulcani spenti (L'astropuffo); la neve d'inverno. Inoltre, la civiltà dei puffi ricorda quella del Medio Evo europeo. In altre parole, come conclude il ricercatore, le indicazioni sono troppo poche per situare con precisione il villaggio103. Infine, quando ne Storie di Puffi due puffi si divertono a osservare le nuvole e a dar loro una forma e un nome, dimostrano di non avere la minima concezione della geografia europea104.
In secondo luogo, la maggior parte delle utopie sta in piedi grazie all'isolamento e all'autarchia. È il caso della Repubblica di Platone o della Città del Sole di Campanella. E, naturalmente, della società dei puffi: è autosufficiente e quasi priva di rapporto con la società degli umani.
Una società senza il denaro
Molte utopie sono costruzioni effimere dal punto di vista economico, per una ragione elementare: rifiutano di sottoporsi alle leggi del commercio e alla logica del denaro. Per i puffi, il commercio semplicemente non esiste. Il principio marxista "Da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni" si applica pienamente. Al di fuori del lavoro collettivo, ciascuno è libero di produrre o di oziare. Ma tutti i puffi ricevono dalla società una parte uguale. Per i puffi il denaro non esiste, anzi: è condannato in modo esplicito ed essenziale. Come in molte utopie classiche, i puffi confondono il sistema monetario e il metallo che lo materializza, cioè l'oro. La loro indifferenza verso l'oro esprime il loro rifiuto per il denaro. Una confusione classica, questa, che i dottori in scienze politiche chiamano "illusione crisoedonica". La troviamo in Platone, che nella sua città ideale ammette solo una moneta di ferro. Dal canto loro, gli abitanti di Amauroto, capitale di Utopia, impiegano l'oro solo per forgiare catene per gli schiavi o vasi da notte. Presso i puffi troviamo esattamente lo stesso rifiuto e lo stesso disprezzo. Ne Il Puffo finanziere, quando questi va in cerca dell'oro, il puffo minatore gli indica un grosso mucchio di metallo prezioso, dicendo "Dell'oro? Puah, che schifezza... Brilla e basta!"105.
Nel fumetto106 la brama dell'oro suscita i peggiori difetti e i vizi più odiosi. Indirettamente, l'oro è la causa dei guai più grandi: all'inizio della serie, Gargamella tormenta i puffi perché vuole tramutare il metallo vile in oro: sin dal primo fumetto, sappiamo che cerca il segreto della pietra filosofale, grazie alla quale potrebbe realizzare le sue brame.107 Ossia: un puffo è l'ingrediente finale che manca a Gargamella per la sua pozione magica, utile all'operazione alchemica. Bisogna che ne acchiappi uno.
La passione per l'oro è sinonimo di cupidigia, malignità, rancore - difetti manifestati da Gargamella in tutto il libro - e fa rima con la vanità. La prima cosa che il Re puffo fa, quando è eletto capo dei puffi, è barattare i suoi abiti bianchi con un cappello e un pantaloncino dorati, il che scatena l'ilarità degli altri puffi108.
Nella migliore delle ipotesi, quando non suscita i desideri più biechi, l'oro è molto semplicemente... inutile. Come nella vignetta de Storie di puffi già citata per illustrare l'inutilità del progresso tecnico, in cui il puffo inventore escogita una macchina capace di trasformare "un grande sacco di ghiande" in una moneta d'oro. Come ricorderete, Grande Puffo gli chiede cosa intenda fare con l'oro che produrrà. E il puffo inventore risponde: "Comprare un grosso sacco di ghiande..."109.
Ma gli scenaristi de I Puffi non si accontentano di sminuire il metallo: ne Il puffo finanziere imbastiscono una requisitoria contro il denaro. Nel libro, totalmente dedicato alla questione, un puffolino introduce al villaggio - in buona fede - il sistema di scambio di beni e di servizi. Dall'oggi al domani, nella comunità tutto è oggetto di compravendita. Molto rapidamente, il denaro corrompe gli animi e introduce alcune differenze fra i puffi. I più produttivi si arricchiscono (puffo inventore, cuoco, panettiere), mentre gli oziosi, gli artisti e tutti coloro che nessuno vuole stipendiare (puffo pigrone, poeta, musicista, Puffetta) si impoveriscono e sono stigmatizzati. I valori sociali che prevalevano fino a quel momento, (libertà, uguaglianza, fraternità, solidarietà, disinteresse) si cancellano e lasciano il posto a nuovi valori (produttività, lavoro, arricchimento personale). Emergono miseria e disuguaglianza. La gerarchia che si stabilisce fra i puffi del villaggio riflette la spartizione ineguale delle ricchezze. I puffi non sono più felici. Per il bene della comunità, Grande Puffo pone fine all'esperienza. Ricordiamo, inoltre, che si tratta di un'intelligente modellizzazione della dinamica economica che, indubbiamente, sarebbe interessante sottoporre all'attenzione di allievi e studenti come introduzione alla materia.
Una società dell'armonia
In genere, gli utopisti hanno una forte passione per l'ordine e l'armonia. Le loro costruzioni e le loro istituzioni sono tracciate con il righello, geometriche e simmetriche. Peyo non fa eccezione. Anzi, porta la regola alle sue più estreme conseguenze. Non si ferma alle abitazioni, ma spinge ancora più lontano la logica geometrica poiché, nella sua utopia, le case sono sì diverse fra loro, ma gli abitanti sono tutti uguali! Fisicamente, i puffi non possono essere distinti uno dall'altro. Sono tutti identici, come i gemelli Bokanovsky de Il Mondo Nuovo110. Il villaggio dei puffi è popolato da cloni!
E, come spesso accade con le utopie, l'amore per l'uniformità va a braccetto con l'uniforme. Non contenti di essere così simili fra loro, i puffi si vestono tutti allo stesso modo. La loro uniforme è composta da cappello e calzamaglia bianchi.
Una società collettivista
Le società utopiche collettivizzano tutta o una parte della produzione e dei beni. Così facendo, restringono di un certo numero di gradi il campo della proprietà privata. E al villaggio dei puffi? Se è fuori dubbio che vivono in collettività, la questione di sapere se al villaggio esista o meno la proprietà privata è molto più problematica. I puffi mangiano insieme in refettori comuni111. Quando si organizza una festa, tutti vi partecipano112. Quando va in scena uno spettacolo, in platea non manca nessuno113.
Eppure, la collettivizzazione del quotidiano è più evidente nel lavoro. Paradossalmente, quasi nessuna utopia libera l'uomo dal lavoro. Fanno eccezione solo la Città del Sole di Campanella e, certo, l'abbazia di Thélema di Rabelais. Nelle altre utopie il lavoro è onnipresente. Lo stesso vale per i puffi. "Tutti i puffi sono fatti per lavorare!" grida Grande Puffo ne Storie di puffi114. I puffi sgobbano come forzati, senza accorgersene: costruiscono e riparano la diga o il ponte; fanno provviste per l'inverno; ricostruiscono il villaggio dopo una catastrofe; pitturano; organizzano feste: paiono instancabili. Tutte le loro mansioni sono strettamente collettive.
La questione della proprietà privata è più delicata. In effetti, non abbiamo indizi che permettano di sapere se ogni puffo sia il proprietario della casa in cui abita, se il puffo inventore sia il possessore degli utensili o se il puffo forzuto possa disporre come gli pare e piace degli attrezzi ginnici. In realtà, la questione è irrilevante perché, proprietari o no, i puffi non sembrano avere alcun senso della proprietà. Infatti, tutti accettano di cambiare casa quando Puffetta arriva al villaggio e bisogna trovarle un alloggio. Grande Puffo sembra avere il beneficio di ridistribuire i beni a suo piacimento, senza che nessuno rivendichi un qualsivoglia diritto sulle cose in questione. I puffi prestano volentieri gli oggetti. Normalmente, non sono legati ai beni materiali. Al contrario, l'emergere di un senso della proprietà nei puffi è la spia di un'anomalia nel funzionamento sociale.
Lo si vede ne Puffo verde o verde puffo, un libro illustrato su cui ci siamo già soffermati. Ricordiamo, innanzitutto, che il villaggio è spaccato in due fronti nemici, quello dei puffi del Nord e quello dei puffi del Sud, e che la discordia nasce dal disaccordo sul modo di parlare la lingua dei puffi: se la regola vuole che tutte la parole siano sostituite da "puffo", come si traducono i nomi composti? Si dice "cappuccetto puffo" o "cappuffetto rosso"? Un bel problema. E, al cuore dei litigi, il puffo inventore - un puffo del Sud - che esige di continuo gli venga restituito il SUO cava-puffi (o puffa-tappi) prestato a uno dei traditori del Nord, prima dello scoppio delle ostilità. Questo è un tipico esempio della comparsa di un senso della proprietà prima sconosciuto.
Lo stesso accade ne La minaccia puffa. Un mattino i puffi si svegliano di pessimo umore, scontrosi. In una vignetta il puffo inventore - di nuovo lui! - rifiuta di prestare il SUO martello. "È il MIO martello!" afferma. Nel fumetto, la parola "MIO" è scritta in maiuscolo e sottolineata115, il che ovviamente pone l'accento sull'eccezionalità di una simile espressione di possessività.
Una società dirigista
Il dirigismo è un'altra caratteristica comune delle utopie. Le società utopiche sono società controllate. Come nel caso dei puffi.
Grande Puffo è onnipotente e onniscente. Tiene le redini della comunità, determina l'alternanza di lavoro e riposo e prende le decisioni principali. Senza Grande Puffo, i suoi piccoli puffi sono incapaci di gestirsi e commettono parecchie stupidaggini. Basta che il capo si assenti perché il Re puffo trasformi il villaggio in una dittatura monarchica, e perché la comunità si lanci in una guerra fratricida fra nordisti e sudisti; o che vengano messi in circolazione dei pericolosi robot. Allo stesso modo, quando Grande Puffo è convalescente, al villaggio vengono introdotte due calamità: la medicina e il denaro. Quando Grande puffo non c'è, i puffi ballano. Una massima che gli autori della serie sfruttano fin troppo spesso. Negli ultimi libri, mandare in vacanza Grande Puffo diventa una delle trovate più fortunate - e frequenti - degli scenaristi: in assenza di Grande Puffo, i puffi "pompano" le verdure che coltivano (Insalata di puffi); Il Libro che tutto sa mette zizzania al villaggio e Puffetta diventa Grande Puffetta116.
Peyo ha fatto dei suoi omini blu dei bambini irresponsabili. Spesso, le utopie diffidano degli uomini che hanno raggiunto la maturità. Si capisce: la vita di un popolo di individui minori e plasmabili è di certo più semplice da organizzare, che non quella di adulti agguerriti. Quindi, come ripete di continuo Quattrocchi, bisogna sempre fare quel che dice Grande Puffo. Ogni disobbedienza può costare molto cara alla comunità, come insegna il sesto libro, I puffi e l'uccello mostro. In questo episodio Grande Puffo fabbrica erroneamente una pericolosa pozione. Per disfarsene, chiede a due puffi di puffarla nel deserto. Per pigrizia, questi decidono di gettarla in un ruscello. La sfortuna vuole che un uccellino ne ingerisca una goccia e che si trasformi nell'uccello mostro, un rapace devastatore che si accanisce sul villaggio. Morale: disobbedire agli ordini di Grande Puffo è molto pericoloso.
Inutile cercare di soppiantarlo. Hanno tentato in molti: il Re puffo, L'Apprendipuffo e Dottor puffo. Non hanno fatto altro che generare catastrofi. Grande Puffo è molto semplicemente... insostituibile.
Una società stabile
L'ultima caratteristica comune alle utopie sta nel descrivere società fisse, irrigidite in uno status quo che i loro creatori sperano essere definitivo. Perché dovrebbero evolvere, se sono perfette? Dato che l'ideale è statico per definizione, queste società sono uscite dal tempo lineare per diventare le società "fredde" di cui abbiamo già discusso.117 Oltre a essere "utopiche", le città ideali sono anche "ucroniche". È il caso del villaggio dei puffi, dove niente cambia mai. Abbiamo visto che le loro avventure sono quelle di un eterno ritorno allo status quo iniziale, dopo uno sconvolgimento indesiderato e ricorrente. Nessuno di questi stravolgimenti lascia tracce sull'architettura sociale.
La fissità del mondo di Peyo è spinta all'assurdo: infatti, per un meccanismo del tutto misterioso, nonostante l'arrivo di nuovi personaggi (il puffo bambino, Bontina) e senza che nessuno abbandoni mai il villaggio (cfr. Il puffo diverso dagli altri), i puffi sono sempre in cento. Cento: una cifra tonda, simmetrica, geometrica, cifra aurea di Vitruvio, inalterabile.
Abbiamo già visto che al villaggio nessuna innovazione tecnologica è per sempre. L'aereo concepito dal puffo aviatore ne L'Aereopuffo riappare solo brevemente ne Insalata di puffi. L'elicottero che mette a punto nel secondo libro sparisce dalla serie. Anche la macchina per regolare il tempo atmosferico118, la tosaerba119, le automobili e i robot finiscono nel dimenticatoio perché troppo pericolosi. Infatti, il limite maggiore delle utopie è la loro difficoltà nell'apprendere e accettare il movimento e la durata, che costituiscono l'essenza della vita. Si guardano bene anche dalle loro nozioni, che possono minare le fondamenta dei castelli di carta delle loro belle costruzioni teoriche.
Conseguenza inevitabile: i costruttori di ideali non sono in grado di cogliere e assimilare il processo che conduce allo stato sociale del loro sogno. Come nel caso di Aldous Huxley ne Il Mondo nuovo, opera unica nel suo genere. Con questo libro, per la prima volta un autore utopico (qui, distopico120) si interroga sui metodi che renderebbero possibile l'emergere di un'altra società. Su questo aspetto le posizioni del socialismo utopico di Saint Simon, Prudhon, Fourier e Owen contrastano nettamente con il socialismo scientifico di Marx. Mentre i primi si preoccupano esclusivamente della riuscita, del "cosa?" senza nemmeno riuscire a prevedere il "come?", il secondo, incapace di concepire il compimento della storia che, tuttavia, predica, si limita a descriverne il processo. Marx trovava ridicole le fantasticherie dei socialisti utopici. Ciò nonostante, il suo socialismo scientifico è sempre stato penalizzato dall'incapacità di tracciare i contorni di una società comunista compiuta. I regimi sovietici hanno dovuto fare i conti molto duramente con tale insufficienza del sistema marxista. Dato che non si può attuare una politica senza obiettivi da raggiungere, si sono sbizzarriti in piani quinquennali. La pianificazione: ultima vestigia, residuo del bisogno rivoluzionario di utopia.
Dopo Marx, le utopie non si possono più analizzare allo stesso modo. Bisogna ristabilire l'unità del fatto utopico. A ciascuna utopia, e alla sua instaurazione, corrispondono un processo ideologico e un regime.
Se davvero la società dei puffi presenta, effettivamente, tutte le caratteristiche di un'utopia classica, quale o quali ideologie possono averla ispirata? Lo vedremo nel corso delle prossime pagine.