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Cosa sanno oggi le donne

SONO anni ormai che di tumore del seno si parla molto, e per ovvie ragioni.

Ma parlare molto di un argomento non significa necessariamente affrontarlo in modo corretto. E non c’è nulla di più pericoloso, in particolare in tema di salute, del diffondere informazioni non corrette, direi a volte sbagliate.

Quante ne abbiamo sentite di sciocchezze? Fra le più gravi, per esempio, i consigli di non curarsi con la chemioterapia, quando necessaria, utilizzando invece erbe, vitamine, integratori in generale, sostanze di dubbia provenienza e che nulla hanno a che vedere con l’efficacia di una medicina con evidenza scientifica. Per leggerezze e scelte del genere ha perso la vita più di una donna.

Spesso si tratta di ignoranza, ovvero di non conoscenza; ma è ancora più probabile che a farla da padrona sia la paura. Paura per aver incontrato qualcosa più grande di noi, che non ci aspettavamo arrivasse, e che arrivasse proprio a noi, rendendoci incapaci di affrontarlo e gestirlo. Ma facciamo attenzione! Il «non sapere», l’affidarsi alle sottili e intriganti maglie di Dottor Google o di qualcuno che vuole farci credere che ci tirerà fuori da questo «guaio» con qualche metodo non riconosciuto dalla medicina ufficiale, ma certamente «non invasivo», può causare danni irreversibili e a volte anche fatali.

L’informazione veicolata da internet e dai social può essere importante; come detto in più di un congresso – ricordo, a proposito, nel marzo del 2018 una sessione interamente dedicata a questo argomento all’European Breast Cancer Conference (EBCC) di Barcellona –, non possiamo demonizzare e allontanare i pazienti che si presentano con pacchi di documentazione scaricata da internet o che ci parlano di soluzioni alternative (e non complementari, che sono un’altra cosa) lette su qualche settimanale, oppure consigliate da un amico non certo appartenente al settore medico.

Allontanarli o liquidarli in pochi minuti può equivalere a perderli in quello stesso istante, mentre sappiamo che potrebbero farcela, anzi magari siamo sicuri che, vista la loro specifica situazione, ce la faranno. Bisogna avere pazienza, saper ascoltare, cercare di controbattere con comprensione ma in modo fermo ed efficace, sperando di riportarli a noi e alle nostre scelte di cura.

Una volta probabilmente era più facile per gli oncologi: il «sapere» delle persone era più limitato. Non esistevano tutti i mezzi di informazione che, da una parte per fortuna, ci sono oggi. Era più facile poter dire: «Questo è il problema, e questa è la cura». Ma devo ammettere che molti sono i programmi televisivi, per esempio, e molte le testate giornalistiche che fanno un’ottima informazione sulla salute, ogni giorno e perfino più volte al giorno. È necessario però saper scegliere anche tra i programmi televisivi.

E la maggior parte dei pazienti, soprattutto le donne, è attratta da queste fonti di informazione; le donne sono attente per se stesse ad ascoltare e ricevere consigli, ma lo sono anche per tutta la famiglia e per amici e colleghi.

L’importante è non sostituirsi al medico, allo specialista, ma saper mettere a frutto questa possibilità di conoscenza, considerandola una sollecitazione.

In che modo? Magari prendendo degli appunti se la cosa ci riguarda da vicino e ci interessa. Appunti che trasformeremo in domande al momento dell’incontro con il nostro specialista senologo, chirurgo, oncologo, radioterapista.

Tempo fa ho avuto due casi abbastanza eclatanti di disinformazione attraverso il passaparola. Una signora di 45 anni, dopo una quadrantectomia – intervento chirurgico che prevede l’asportazione di un solo quadrante della mammella –, ha ricevuto una terapia cosiddetta ormonale (TO). Chiaramente una terapia che è «contro» gli ormoni, se c’è stata una diagnosi di tumore ormonosensibile. La signora, autonomamente, ha iniziato ad assumere degli integratori per i disturbi della menopausa provocata dalla cura; e questi integratori, che le aveva suggerito una collega, contenevano ovviamente sostanze ormonosimili!

Un’altra giovane donna, di 38 anni, anche lei con una diagnosi di tumore ormonosensibile e una quadrantectomia effettuata, contemporaneamente alla cura per il tumore ha iniziato a riprendere la pillola anticoncezionale che aveva ancora a casa. Non si sentiva sicura, con i trattamenti da noi prescritti per entrare in menopausa; in pratica, temeva di poter avere una gravidanza!

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Quelli citati sono dei casi limite, ma non dobbiamo mai abbassare la guardia, e il nostro invito a porci tutte le domande possibili, a sciogliere con noi qualsiasi dubbio, deve essere un messaggio forte e chiaro da far arrivare alle nostre pazienti.

Una delle domande più frequenti che mi rivolgono le donne alle quali mi trovo a comunicare una diagnosi di tumore è: «Qual è la causa del mio tumore?»

Non è semplice spiegare che il tumore del seno è «multifattoriale», ovvero non è quasi mai possibile individuare una sola causa. Ciò che possiamo fare, però, è prenderlo in tempo con controlli regolari modulati a seconda dell’età e dei fattori di rischio. Gli stili di vita corretti aiutano moltissimo, esattamente come la prevenzione.

È vero, il tumore del seno non è prevenibile, né, a oggi, anticipabile come avviene per i tumori del colon se troviamo un polipo in corso di colonscopia, o una lesione da Papilloma virus (HPV) all’utero se individuata all’esordio. Ma è bene sappiate che il fumo, l’alcol e il sovrappeso aumentano fino a tre volte il rischio di sviluppare un tumore del seno. Anche la terapia ormonale sostitutiva (TOS), per le donne già in menopausa, ha delle regole e sarebbe consigliabile non assumerla per oltre cinque anni, sottoponendosi peraltro ai regolari esami periodici di verifica e controllo per il seno.

I fattori di rischio, inoltre, si sommano fra loro e si moltiplicano. Una donna fumatrice, obesa, che non svolge attività fisica e che assume anche la TOS è più esposta al tumore del seno, rispetto a una donna longilinea, non fumatrice, che svolge attività fisica e che ugualmente assume la TOS.

La parola obesità riguarda molti più adulti e bambini di quanti possiate credere. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’obesità attraverso l’indice di massa corporea (IMC), un dato cosiddetto biometrico che mette a confronto peso e altezza: sono da considerarsi obesi i soggetti con IMC maggiore di 30 kg/m2, mentre sono da ritenere in sovrappeso coloro il cui IMC è compreso fra 25 e 30 kg/m2.

È diverso per quanto riguarda il tumore ovarico; da numerosi studi e pubblicazioni, le terapie estro-progestiniche possono rappresentare una protezione per l’ovaio rispetto al carcinoma ovarico, ma in ogni caso è sempre bene far analizzare al proprio medico di fiducia rischi ed eventuali benefici che possono derivare dai trattamenti ormonali per ogni specifico caso.

Una paziente alla quale era stato diagnosticato un tumore del seno in fase avanzata mi ha confessato che quella diagnosi era arrivata dopo anni in cui non faceva mammografie… e sapete perché? Per timore che le radiazioni dei macchinari le facessero venire un tumore.

Ma le apparecchiature oggi sono tutte a basso dosaggio di radiazioni (low dose).

Studi scientifici, anche quelli più controversi, hanno dimostrato che non vi sono rischi nel ripetere le mammografie anche annualmente e che il vantaggio di scoprire un tumore in fase iniziale è talmente elevato da superare l’assorbimento di radiazioni di una mammografia ripetuta negli anni.

Altre volte, ancora troppo spesso, mi sento dire: «Sono fatalista, pertanto non mi sottopongo a esami; se dovrà arrivare, arriverà, ma almeno ho vissuto come mi piace e non ho questo tormento delle indagini periodiche da seguire». Un modo troppo semplice per derubricare le proprie ansie e paure.

Sempre in merito al sapere, spesso mi rendo conto che le donne riportano alla vita di oggi le conoscenze di ieri.

Mi spiego meglio.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che avere figli e allattare siano fatti positivi, laddove accade e quando desiderato.

Umberto Veronesi ha spinto milioni di donne ad allattare, anche a lungo, i propri figli, citando spesso anche come esempio le balie, che si ammalavano poco di tumore del seno (allora non c’erano studi appropriati e su base scientifica, ma si trattava di una semplice osservazione, una finestra sul mondo).

Tutto vero, ma i figli, per fattori che non stiamo qui a dibattere, si avevano in un’età precoce, e arrivate ai 30-35 anni si cominciava già a pensare a quando si sarebbe diventate nonne!

Io ho avuto il mio unico figlio a 29 anni, e ricordo che nel 1984 sulla mia cartella clinica fu scritto «primipara attempata»! Caspita, avevo 29 anni! E mia madre mi disse: «Te l’avevo detto che era già tardi!»

Ebbene, oggi le cose sono molto cambiate; la vita e la società sono andate e stanno andando in una diversa direzione; le donne, per svariati motivi, hanno figli sempre più tardi. Mi trovo con donne al di sopra dei 35 anni, quando non sono 40 e a volte anche 45, che iniziano a mettere in cantiere l’idea di una gravidanza.

Nell’era del tutto è possibile, certamente ci sono donne che riescono a coronare questo desiderio con facilità; altre, con difficoltà proprie e/o del partner, si sottopongono a una serie di indagini e anche di trattamenti che possono andare a realizzare questo desiderio.

Altre ancora scelgono la via eterologa direttamente, senza la necessità di un partner. Sono e siamo ormai abituati, anzi direi meglio preparati, a fronteggiare ogni tipo di situazione.

Ma quello che molte donne credono di sapere è che tutto sia esattamente uguale, come se avessero, per esempio, 25 anni. E non è così, ahimè.

La gravidanza in età superiore ai 30 anni rappresenta un fattore di rischio per il tumore del seno, mentre l’allattamento è considerato ancora ragionevolmente protettivo. Le gravidanze in età superiore ai 35 anni non possono mettere in secondo piano la salute del nostro seno. A 35-40, e a maggior ragione a 45, gli esami di prevenzione devono essere prioritari rispetto al progetto di una gravidanza, in particolare in presenza di terapie per sollecitare la fertilità. Il tumore del seno in gravidanza o in allattamento è purtroppo una realtà, e nella maggior parte dei casi si tratta di tumori preesistenti, non diagnosticati perché non si sono effettuati gli esami periodici. In genere sono semplici precauzioni, ma possono fare la differenza per la nostra vita.

Mi fa piacere vedere signore che hanno anche più di una gravidanza, una dopo l’altra, con allattamenti prolungati e quasi senza soluzione di continuità tra l’una e l’altra, ma non posso esimermi dal raccomandare loro di dare spazio agli esami di prevenzione. Mi sento senz’altro di consigliare un allattamento di alcuni mesi, sicuramente protettivo e anche di grande beneficio per il bambino, ma consiglio anche di interrompere del tutto l’allattamento per almeno sei mesi per sottoporsi alla mammografia e agli ulteriori esami di visita e di ecografia. Di certo se stiamo parlando di donne di età superiore ai 40 anni.

Cerchiamo di non focalizzare l’attenzione solo su quello che ci piace e sull’obiettivo che ci siamo poste. Dobbiamo tutelare innanzitutto la nostra salute e avere una conoscenza che non sia unidirezionale. Questo farà stare bene noi, ma anche coloro che dipendono in qualche modo da noi, vivendoci accanto.