Uno degli E. coli saltò sulla sua gamba e ci si av vinghiò intorno.
Rachel urlò, rimase su un piede solo e cercò di staccarlo con il tacco della scarpa.
"Non credo che le servirà a molto", disse Mark. 'Vede, qui c'è un'infezione in piena regola, se non sbaglio. Qualsiasi contatto virtuale fra loro e lei sarà sufficiente, ora che nel suo sistema è stato attivato il timer. Qual è il tempo, Charlie?"
"Un'ora per i primi sintomi neuropsichiatrici", disse Charlie. "Mal di testa forte, dolore forte alla colonna vertebrale e alle giunture, pressione intra- cranica in aumento, infiammazione delle meningi, poi della pia madre e della dura madre. Sintomi re lativi al sistema endocrino seguiranno circa un'ora più tardi: delirio, vaneggiamenti, vari eventi cortica li, magari anche una tempesta ormonale se le cose si fanno complicate. Idrocefalo. Alla fine infarto e di stacco della mielina. Morte. Caduta degli archi plan tari, scabbia. Sindrome..."
Mark lo guardò incredulo. "Non puoi averle dato questo. "
"Se avesse avuto delle valvole cardiache artificiali e io avessi avuto abbastanza tempo, certo che avrei potuto. E l'avrei fatto, anche", disse, e lanciò a Rachel un'occhiata così divertita che Maj rabbrividì.
"La parte che si riferisce alla morte, però", disse Mark, "quella è vera. Trentasei ore, 'Rachel'."
Ora era ferma immobile e pallida. I coli erano sci volati via dalla sua gamba, senza che vi prestasse at tenzione, ed erano saltellati via, alla ricerca di qual che luogo più interessante; ma Rachel non aveva più la stessa possibilità. A quel punto era bloccata nella realtà virtuale. Nel momento in cui avesse la sciato quello scenario, la sua malattia sarebbe diven tata del tutto reale.
Dall'oscurità uscì un'altra forma. "Direi che lei ha sfidato gravemente alcuni dei nostri agenti più giovani. Questa è una faccenda pericolosa... dato che loro non sono ancora sottoposti, diciamo così, a vincoli che alla fine dovranno imparare a rispettare nel corso della loro carriera." Lo sguardo in tralice che lanciò a Mark fece pensare a Maj che avessero già discusso di quell'argomento più di una volta, e probabilmente senza alcun esito.
James Winters arrivò fino al centro dello spazio e, tutto intorno, nell'ombra, qua e là, cominciarono a distinguersi altre figure, ma erano agenti della Net force, non gli orchi di Roddy. Winters mise una ma no nella tasca della giacca e ne estrasse il suo docu mento di identificazione. "Net Force", disse. "E que sto documento è vero. Lei è in arresto per violenza aggravata, varie violazioni dei codici sulle armi chimiche e biologiche e per essersi spacciata per un uf ficiale della Net Force."
Con un gesto della mano, Rachel saltò fuori dal labirinto e si rifugiò nell'oscurità. La inseguirono, Mark con loro. Winters seguì gli altri agenti, lenta mente, orientandosi con i richiami dei suoi che cir condavano Rachel prima di catturarla.
"Bene", disse Charlie. "andiamo. C'è ancora una cosa da finire." Fece un cenno con la testa verso il punto in cui c'era stato il "labirinto". Maj, perplessa, lo seguì.
"Computer", disse lui, "richiama la parete."
Comparve davanti a loro come un lampo, ema nando una luce azzurra chiara. Imitava il percorso del labirinto che Rachel aveva seguito. "Questa è la sostanza chimica che stavo costruendo ieri", disse Charlie. "È un antagonista per il rivestimento ester no dei coli, la loro "capsula"... qui dentro ci sono proteine che i coli non amano. C'è una barriera di confine fatta di questa sostanza attorno ai bordi del lo spazio di lavoro di Roddy, e c'è anche questa bar riera interna... anche se in origine non aveva questa forma; il suo labirinto ha creato un po' di confusione. Non importa. Adesso andiamo a caccia."
"A caccia di che cosa?"
"Quei colf, disse Charlie, inoltrandosi nel labirin to. "I "bacilli" là fuori non funzioneranno senza di loro. Dobbiamo trovarli e ucciderli subito, non dob biamo correre il rischio che escano di qui in qual che modo. Non mi sembra probabile... ma in que sto caso è una questione di certezza, non di probabi lità."
"Avevi pensato tutte queste cose in anticipo?"
"È solo simulare senza una simulazione", disse Charlie a bassa voce mentre giravano un angolo nel labirinto. "Si cerca di esaminare tutte le opzioni in anticipo nella propria testa. È quello che fanno i medici. Elimini l'impossibile... e curi quello che ri mane."
Maj annuì, perché non se la sentiva di parlare in quel momento. Aveva un'altra volta la bocca secca, così il suggerimento di lasciar fare agli agenti della Net Force non le uscì dalle labbra. Inoltre, negli oc chi di Charlie c'era un'espressione che faceva pen sare che qualsiasi suggerimento sarebbe stato inuti le. Vuole un incontro ravvicinato e personale con qualche germe...
Girarono a destra, poi a sinistra, poi ancora a si nistra.
"Sai dove stiamo andando?", gli chiese.
"Proprio per dente. Prima era solo un piccolo re cinto."
"Oh, grande!", disse Maj, poi si bloccò.
Un suono leggero: qualcosa che scivolava. Come un foglio di giornale sul pavimento. Sssshh, sssssh. Sssshh.
"L'hai sentito?", chiese.
Charlie rimase in ascolto. "Sì. Da questa parte."
Seguirono il suono. Non si spostava molto, o per lo meno solo lentamente, perciò, anche se imbocca rono un sacco di vicoli chiusi e di percorsi che non portavano da nessuna parte, sentivano di essere sempre più vicini alla fonte del suono. Poi girarono un angolo e...
Maj si fermò, con la gola così strozzata da non poter emettere alcun suono.
In un vicolo cieco davanti a loro, largo circa tre metri per tre, c'erano i coli. Scivolavano uno sopra l'altro e sopra il terreno, spinti dai loro flagelli bril lanti, che si contorcevano e spazzavano l'aria. Si di ressero verso la parete, ma ci sbatterono contro e tornarono indietro, si raggrupparono di nuovo e ri partirono in un'altra direzione, ancora una parete; urtarono, rimbalzarono indietro, ripartirono in un'altra direzione ancora, verso Maj e Charlie, que sta volta e cominciarono ad avvicinarsi lentamente, dato che non c'era nulla che li potesse fermare.
"Non sono i batteri veri', riuscì a dire Maj, e poi scosse la testa davanti alla sua stessa stupidità.
"Questi ragazzi? Nient'affatto. Li ho resi più grandi un migliaio di volte per poterli vedere bene, è tutto. Sono solo le copie speculari del vettore rea le."
"Sono fin troppo reali, per me", disse Maj, guar dandoli avvicinarsi, con le code che sferzavano dia bolicamente, simboli di un esercito di infezioni. Si aspettava quasi che grugnissero. "Come facciamo ad affrontarli?" disse Maj. "Frusta e seggiole?"
"Sembra che le fruste le abbiano già", disse Char lie. "Pensi che una seggiola possa essere utile?"
"In questo momento, qualsiasi cosa mi sembre rebbe meglio che starmene qui ferma a mani vuo te!"
Charlie allungò una mano di lato nell'aria e le porse una seggiola. "Ecco. Fai in modo che tutti gli altri rimangano chiusi nell'angolo... ma lasciane uscire uno. Io lo affronterò con un coltello."
Maj alzò le spalle. La seggiola non era solo sim bolica: le "gambe" erano rivestite di costrutti che im maginò fossero enzimi antagonisti specializzati con tro il microorganismo in questione. Li incalzò con la seggiola.
Uno dei batteri fece una finta alla seggiola, poi saltò oltre lei. "Piccoli germi opportunisti", disse Charlie. All'improvviso nella sua mano c'era uno strano pugnale, curvo nella parte anteriore e con la lama dall'aspetto mortalmente affilato all'interno.
"Bello", disse Maj.
"Kukri! disse Charlie. "Mio padre ne ha uno." Tenne gli occhi puntati sul l'E. coli che stava scivolando verso di lui, spinto dal flagello come un orolo gio impazzito che usasse una molla spezzata per sal tellare in giro.
"Questo è solo metà del problema", disse Char lie. "Questi piccoli mostricciattoli sono troppo mo bili."
Si spostò così rapidamente che Maj non lo vide neanche lanciarsi contro il coli mentre cercava di scivolare oltre. Il pugnale balenò nell'aria. Il flagello volò da una parte, staccato di netto vicino alla radice. Il batterio ricadde sul pavimento, cercò di alzarsi e di continuare ad avanzare come prima, ma non ci riuscì, e il mozzicone del flagello continuava a battere sul pavimento.
Il coli sibilò. Anche tutti gli altri sibilarono, un suono sgradevole che faceva rizzare i capelli sul col lo di Maj. Tutti saltarono insieme contro la seggiola, e Maj li parò e poi li rimandò nell'angolo, mentre tutù continuavano a sibilare. "Come fanno a fare questo rumore, non hanno mica dei polmoni!"
"È una cosa chimica. Ricevi un messaggio di trau ma chimico", disse Charlie, dando un calcio al batterio a cui aveva amputato il flagello. "E per quello che ne so, possono sentire ciascuno il dolore degli altri, o qualcosa del genere, sono quasi lo stesso or ganismo, come dei cloni.
"Credevo che i batteri avessero una riproduzione sessuata", disse Maj. "Almeno alcuni."
"Alcuni sì", disse Charlie, alzando nuovamente il pugnale e scegliendo un punto da colpire. Non ti piacerebbe vedere quello che diventerebbero poi. Ma questo non avrà mai la possibilità di riprodursi."
Affondò il pugnale. Ci fu un altro sibilo, più di sperato, e tutti gli altri saltarono contro Maj.
Uno la superò con un salto mentre li rintuzzava con la seggiola. Si imporporò, irata, e saltò.
"Stai attenta al flagello, stai attenta!" Charlie sta va urlando, ma già Maj era attentissima. Saltò con tutti e due i piedi sul batterio che stava tentando la fuga e lo appiattì completamente.
Altri sibili, ancora più forti, ma gli altri a quel punto sembravano meno intenzionati a saltarle ad dosso. Maj saltò giù dal batterio, e quello tentò di ri tornare alla forma primitiva, con il flagello che sfer zava con forza il pavimento.
"Sono robusti", disse Charlie. "È l'incapsulamen to. Ecco." Si piegò sul batterio con il pugnale e lo squarciò. Ne sgorgò del citoplasma e stette ben at tento a non toccarlo.
"Che cosa mi dici del flagello?", chiese Maj, rivol gendo la sua attenzione ai quattro coli che erano ri masti nell'angolo. "Contiene tossine o qualcos'altro del genere?"
"Non lo so", disse Charlie. "E non ho nessuna vo glia di scoprirlo."
Anche Maj non ne aveva voglia. "Sì", disse, sen tendosi un po' malconcia, non era molto in forma dopo tutto quello che era successo nelle ultime do dici ore. "Vediamo di finirli."
E così fecero, uno alla volta. Ci volle un po', pri ma che Charlie potesse fermarsi a osservare l'ulti mo, il flagello già amputato. Disse sottovoce: "Vorrei poter fare la stessa cosa ai vostri amici" e affondò il pugnale.
L'ultimo sibilo di dolore si affievolì fino a svanire nel nulla. "Subroutine della parete", disse Charlie. "Ce ne sono altri."
"No. Tutti morti, confermato."
"Apri la parete interna."
La parete svanì. Nello spazio di lavoro principale, un piccolo gruppo di agenti della Net Force stava avanzando più o meno verso di loro, con qualcuno al centro. Mark procedeva in testa al gruppo. "Ehi, dove vi eravate cacciati?"
"Avevamo una faccenda da concludere", disse Charlie, e lanciò allegramente il kukri in aria. Il pu gnale svanì. "Una piccola disinfezione."
Rimasero lì insieme mentre il gruppo degli agen ti della Net Force si avvicinava a loro. Avevano con loro Rachel, le mani ammanettate dietro la schiena e un'espressione di ira sfrenata sul volto. Dietro il gruppo arrivò James Winters.
"La signora 'Halloran' qui presente ha acconsentito a raccontarci tutto quello che vogliamo sapere sulle persone con cui lavora", disse Winters, "e di conseguenza si uniranno presto a lei in un posto adatto per riflettere in tutta tranquillità. In cambio, i nostri tecnici disinnescheranno la sua infezione, e noi passeremo un bel po' di tempo a esaminare questa struttura per capire che cos'altro può fare per la razza umana." Fece un cenno ai tre Explorers. "Grazie a voi."
Rachel lanciò uno sguardo mortale ai tre. "Spero di incontrarvi ancora", disse, "in circostanze più fa vorevoli."
Gli agenti della Net Force la condussero via. Winters li guardò andarsene, poi disse: "Due di voi è me glio che tornino in ospedale. Charlie, vogliamo ve derti più avanti, questa settimana, per parlare di questa storia, e tu Mark: abbiamo bisogno di qual che informazione su quello che hai aggiunto alla si mulazione principale. Oh, e Maj..."
Le lanciò un chip. Sorpresa, lei lo prese al volo.
"Da parte di un amico. Fallo girare nel tuo spazio di lavoro quando tomi a casa." Winters alzò lo sguardo sulla costruzione. "Bel lavoro", disse, e si gi rò per andarsene.
I tre si scambiarono un'occhiata, poi lo seguiro no nell'oscurità.
Ci volle un altro giorno prima che Maj potesse provare il chip. I medici dell'ospedale erano un po' incerti sul dimetterla così rapidamente, vista la causa della sua malattia, ma alla fine furono tutti d'ac cordo che non c'era motivo per trattenerla più a lungo. Suo padre venne a prenderla, e lei pensò di fargli una certa domanda... poi si trattenne.
La cucina fortunatamente era vuota e silenziosa, quando ci entrò: suo fratello, Muffin e sua madre erano da qualche altra parte. Maj si sedette davanti al tavolo della cucina nella poltrona dell'impianto e richiamò il suo spazio di lavoro virtuale, per metà, mantenendo la cucina nell'altra metà.
Il chip era sul tavolo, insieme con il suo zaino e parecchie altre cose. "Eseguilo", disse al computer, sentendosi improvvisamente quasi troppo stanca per fare domande.
Una pausa.
Oscurità...
...sulla pista di Muroc. Il cielo era di color indaco, pieno di stelle brillanti. La brina copriva l'erba ai bordi dell'asfalto di fronte all'hangar. Più in là oltre la pista, in mezzo agli alberi di yucca e al creosoto, un mimo cantava furiose cacofonie alle stelle incu ranti. Maj si alzò lentamente dalla poltrona, con gli occhi fissi sulla lunga ombra scura lì davanti, men tre nell'oscurità il mimo cominciava a esibirsi in una pessima imitazione di qualcuno che avvia un motore a reazione...
Maj inspirò profondamente l'aria fredda. "Descrivi il file", disse. "È accompagnato da qualche messaggio?"
"File di programma di simulazione, scritto con lo strumento autore DelEx, versione 4.0", disse il com puter. "Nome del file Maddy2.ddlxat. Messaggio te stuale di accompagnamento."
Il file originale. Il mio file originale. Non rovinato! "Vi sualizza il messaggio."
Contro il cielo notturno comparvero enormi let tere di fuoco, che illuminarono la forma argentea della Valchiria, al di sotto.
TIENI SEMPRE UNA COPIA DI BACKUP, dicevano, e da qualche parte, vicino al mimo, arrivò il suono della risata di Roddy.
Maj rimase lì un po'... poi si mise a ridere a sua volta, e molto sottovoce disse quello che sicuramen te avrebbe detto lui:
"Afferrato."
FINE