Capitolo 17
Uscii dal letto con una ferrea determinazione, decisa a provare che avevo il completo controllo delle mie emozioni. Scesi di sotto e iniziai a pulire. Qualcuno, nei momenti di stress, mangia. Io rassetto. Quando Dody e Fontaine si alzarono, avevo pulito i bagni, sfregato il pavimento della cucina, e stavo tirando giù le tende del soggiorno per lavarle.
«Buongiorno, raggio di sole» mi salutò Dody.
Dalle tende si levò uno sbuffo di polvere, che mi fece starnutire. «Quand’è stata l’ultima volta che le hai lavate?»
«Non sapevo che si poteva. I ganci non si impiglieranno in lavatrice?»
«I ganci si tolgono. E mi stai dicendo che non sono mai state lavate?»
«Se non si vede, che importanza ha? Sei irritabile questa mattina.»
Mi morsi il labbro. «Scusa. Mi mancano solo i bambini, immagino.» Non avevo intenzione di aggiornarla sulla scoperta della sera precedente. Avrebbe detto: “Oh, sciocchezze. Prendi dei semi di lino”.
Fontaine, saggiamente, tenne a freno la lingua, mantenendosi indaffarato con gli schizzi di un progetto, finché non se ne andò per incontrare un cliente. Non prendemmo nemmeno il caffè in veranda; non che temessi di vedere Des fare jogging. Di certo era ancora intrappolato tra le braccia della bionda e troppo esausto dalla ginnastica orizzontale per andare a correre.
Trascorsi la giornata lucidando ogni cosa su cui mettevo le mani. E ogni secondo di ogni minuto, mi rammentavo che non mi interessava. Non aveva alcuna importanza che non avesse nemmeno chiamato per raccontarmi altre bugie. L’avrei superata. I cuori spezzati si aggiustano. Richard mi aveva insegnato almeno quello.
Quando tornarono a casa i bambini, più tardi quella sera, ero arcicontenta. Li abbracciai e baciai finché Jordan disse: «Basta sbaciucchiarmi, mamma. Mi fai male alla faccia». Mettendo a letto Paige, le lessi tutte le sue favole preferite.
«Posso raccontarti io una storia, mamma?»
Mi rannicchiai sotto le sue coperte. «Certo.»
Mi mostrò delle immagini di Biancaneve, adattandole a una sua versione buffa. In sostanza, Biancaneve e i nani possedevano una fortunata fabbrica di biscotti, ma quando arrivava il Principe Azzurro, Biancaneve doveva decidere se abbandonare il lavoro e sposarlo o continuare a lavorare.
«Ma non può tenersi il lavoro e sposarsi lo stesso?» chiesi.
«No, sciocchina, perché quando ci si sposa, il tuo lavoro diventa prenderti cura del Principe.»
«Chi te l’ha detto?»
«Papà.»
Mi infiammai. «È l’opinione di papà, tesoro. Ma la mamma non è d’accordo con lui. Quando diventerai grande, potrai decidere da sola se vuoi fare entrambe le cose. È una tua scelta.»
«Sposerò Des» sospirò lei. La pelle mi s’infiammò ancora di più. «O forse Fontaine. E te. Posso sposare te, mamma?»
Feci un respiro profondo. Era così dolce, così innocente. Non l’avrei rovinata per tutto l’oro al mondo. «Certo che puoi, piccola. Mi piacerebbe tanto sposarti. Ora dormi.»
Spensi la luce e andai in camera mia. Non tornai al piano di sotto. Stavo evitando Dody e le sue inevitabili domande su dov’era Des. Non avevo nemmeno chiamato Penny per aggiornarla. Mi sembrava quasi che, se non l’avessi detto a nessuno, sarebbe stato come se non fosse accaduto davvero.
L’indomani era una giornata splendida, il che mi rese scontrosa. I bambini morivano dalla voglia di andare in spiaggia, ma io temporeggiavo, volevo essere certa di evitare la corsetta mattutina di Des. Il mio comportamento stava diventando un po’ ridicolo però. Se volevo continuare a evitarlo, tanto valeva che tornassi subito a Glenville.
«Puoi portarli in spiaggia tu, Dody? Ieri ho preso un po’ troppo sole e penso sia meglio che oggi resti in casa.»
«Certo, tesoro. Non si è mai troppo attenti con il sole. AnitaParker ha un neo molto sospetto sull’interno della coscia. Ho sempre in mente di chiedere a Des di darci un’occhiata. Quando lo senti, glielo puoi accennare?»
Oh, certo. Sarebbe stata la primissima cosa.
«Cercherò di ricordarmene, Dody. Ma AnitaParker dovrebbe chiamare il suo medico. Non possiamo infastidirlo con cose del genere.»
«Oh, suppongo di sì. Va bene, giovanotti! Andiamo in spiaggia a cercare zoccoli di cavallucci marini?»
«I cavallucci marini non portano gli zoccoli, zia Dody» rispose Paige.
«D’estate no. D’estate portano i sandali. Su, andiamo.»
Scesero i gradini del portico e trassi un piccolo sospiro di sollievo. Avevo scampato un altro potenziale incontro con il mio amante occasionale. Mi sistemai in veranda con una rivista e la mia tazza preferita piena di caffè, pronta per fare il pieno di caffeina e rimuginare. Traevo una gioia perversa dalla mia autocommiserazione, forse perché mi era così familiare. Ma la mia gioia fu interrotta da dei passi in veranda e da quell’accento ipnotico che dovevo ancora cancellare dalla memoria.
«Sadie?»
Dall’ombra proiettata sul pavimento del portico, seppi che Des era davanti alla porta a zanzariera. Non alzai lo sguardo. Perché avrei dovuto? Dovevo contemplare la mia rivista e gli occhi azzurri di Alex O’Loughlin. Non avevo bisogno di Des. Lo stupido vecchio Des con il suo stupido ventre piatto e i suoi stupidi capelli favolosi. Anche lo stupido accento. Probabilmente non era nemmeno reale. Non avevo forse visto qualcuno che sembrava lui su America’s Most Wanted?
«Ehi, Sadie?» Bussò piano, poi aprì la porta.
Maledizione. Ora avrei dovuto salutarlo.
Lasciai guizzare il mio sguardo su di lui. «Oh, ciao.»
Entrò.
«Ciao. Dody ha detto che eri qui. Troppo sole, eh?»
Feci spallucce, evasiva. «Sì, presumo.» Sfogliai le pagine della rivista.
«Uhm. Allora siamo d’accordo per la cena di stasera?»
Storsi il naso. «Ah, era stasera? Cavolo. Non credo di farcela.»
Lui incrociò le braccia e corrugò la fronte. Riuscivo quasi a immaginare il fumetto sopra la sua testa che diceva: “Questa donna è incazzata e non so perché. La prossima frase che deciderò di pronunciare è d’importanza critica. Pericolo! Pericolo!”.
Riesco a leggere molto in una piccola espressione accigliata.
Continuai ad aspettare un qualche commento stizzoso o una qualche scusa. Tipo che suo cugino Charlie era una bellissima drag queen adolescente. Ma rimase in silenzio, fissandomi e togliendomi tutto l’ossigeno. Mi occorse ogni muscolo del corpo per non mostrare imbarazzo. Sfogliai con nonchalance un’altra pagina. Addio, foto di Robert Downey Jr. Salve, milionesimo fotoritratto del clan Jolie-Pitt.
«Sadie» disse lui con fermezza.
Oh, era ancora lì? Mi ero completamente dimenticata di lui. Alzai gli occhi.
«Mi dispiace di essere stato costretto a disdire l’altra sera. Si tratta di questo?»
Per la cronaca, mi resi conto che mi stavo comportando in maniera infantile, ma non riuscivo a evitarlo. Volevo montare in collera. Volevo assestargli un calcio negli stinchi e dei pugni sulle braccia. (Le sue grosse… braccia… muscolose… maledizione!) Ma non gli avrei dato la soddisfazione.
«No. È solo che ho molto da fare adesso.»
Abbassò lo sguardo sulla rivista. «Lo vedo.»
La gettai da parte, alzandomi dalla sdraio con la grazia barcollante di un rinoceronte gravido. «Senti, non mi piace che mi si raccontino frottole. Non era necessario che ti inventassi una scusa. Potevi dirmi la verità. Quindi lasciamo perdere tutta la faccenda dell’amicizia, d’accordo? Grazie per il tuo aiuto con Dody, ma non abbiamo più bisogno di te.»
Caspita! Ecco! Gliel’avevo detto. Era un attore, ma non mi aveva ingannata, accidenti, perché ero troppo furba! Da un momento all’altro sarei stata percorsa da un’ondata di giusta indignazione! Da un momento all’altro… solo un attimo…
«Di che stai parlando?»
Oh, era bravo. Dovevo dargliene atto. Aveva l’aria di un uomo sinceramente confuso.
«Charlie? Ho visto la cheerleader biondina a casa tua, e non era tuo cugino Charlie!»
Sgranò gli occhi. «Si tratta di questo? Di mia cugina?»
«Oh, giusto, tua “cugina”.» Il segno delle virgolette che feci con le dita aggiunse proprio il tocco perfetto.
Lui buttò fuori il fiato e mi squadrò un istante. Senz’altro stava cercando nella sua testona dura una scusa plausibile. «Wow, Sadie» disse infine. «Non so nemmeno come rispondere.»
«Che ne dici di “hasta la vista, baby”?»
«Che ne dici di “la biondina è mia cugina. Charlie”?»
«Charlie? Charlie è una ragazza?» Uhmmmm.
«Sì! È rimasta bloccata all’aeroporto tornando a casa da Marquette.»
Era parecchio insistente. Sentii il rimescolio dell’incertezza ma lo ricacciai con ostinazione. Stava utilizzando la tipica tattica maschile, cavolo! Prima ti fanno credere che sei irrazionale, così inizi a dubitare di te stessa, poi in qualche modo si trasforma tutto in una lite dove tu per caso rovesci un bicchierone di tè freddo sulla tastiera, perché pensavi che stesse guardando dei porno su Internet.
«Dovrei crederci? L’ho vista, Des.»
«Quando?»
«Sulla tua veranda. Fontaine e io stavamo portando a spasso i cani.»
«Perché non sei entrata a salutare?»
«Perché non pensavo che fosse tua cugina. Chi diavolo chiama una ragazza come quella Charlie?»
Lui rinviò la palla sulla difesa. «Tu hai un cugino che si chiama Fontaine!»
Oh, oh, aspetta! Non mi farò prendere in castagna!
«Sì, ma Fontaine non è il suo vero nome. Cioè, è il suo vero nome, ma non il primo. È il suo secondo nome.»
Ah! Ecco!
Des esitò. Il suo viso aveva la stessa espressione di Lazyboy quando restava confuso davanti a qualcosa che emetteva suoni striduli. «Allora qual è il suo primo nome?»
«Tim!»
Tiè! Beccati questa!
Si massaggiò le tempie. «Si chiama Tim ma preferisce farsi chiamare Fontaine?»
«Ehilà! È gay!» Smettila di cercare di cambiare argomento, stupido.
«Charlie sta per Charlotte. Ehilà!»
Era un gioco sporco usare il mio sarcasmo contro di me. Ma avevo troppa esperienza di liti con Richard per lasciare che Des la passasse liscia.
«Allora perché non mi hai detto che tuo cugino era una ragazza?»
«Non mi sono reso conto di non avertelo detto. E perché non mi è mai passato per la testa che potessi dare completamente di matto vedendola. Che problema hai?» Si passò entrambe le mani tra i capelli, stringendoli nei pugni sulla sommità del capo. «Pensavi che ti avessi dato buca per stare con un’altra?»
Mi misi sulla difensiva, con le mani sui fianchi. «Hai tutto il diritto di stare con un’altra. Non siamo una coppia esclusiva. È solo che non mi piace che mi si dicano bugie.»
Si premette una mano contro la fronte. «Ma non ti ho mentito! E non ero con un’altra!»
«Ma io non lo sapevo!» sibilai.
«Be’, adesso lo sai!» gridò lui.
«Allora non dovrei essere arrabbiata! Ma lo sono!»
Des si portò entrambe le mani al viso e scosse la testa.
Avete mai avuto uno di quei sogni bizzarri, in cui una celebrità strafamosa è follemente e appassionatamente innamorata di voi? E poi, quando vi svegliate, sapete che non è reale, però sembra ancora reale. Le emozioni sono così intense, e le tracce rimaste di tutte quelle sensazioni danno l’impressione che sia accaduto davvero… Come quella volta in cui avevo avuto un peccaminoso sogno bollente su Matt Lauer, che era strano perché lui non è proprio il mio tipo. Insomma, trascorsi l’intera giornata seguente pensando che potesse chiamarmi sul serio.
Ora mi trovavo in quello stato. Mi sentivo come se fosse accaduto qualcosa d’importante e reagivo di conseguenza. Il fatto che mi fossi completamente sbagliata era irrilevante. Era troppo tardi, perché avevo già gridato.
Des aprì la bocca, ma ci vollero dieci secondi buoni prima che ne uscisse un qualche suono.
«Sei incredibile, Sadie. Devo andare.» Poi uscì dalla porta e scese i gradini.
Avrei dovuto chiamarlo, ma ero ancora in collera. In collera per niente, pareva. Forse avevo incasinato tutto.
Qualche minuto dopo Dody salì gli scalini trotterellando e mi trovò appollaiata sul bordo della sedia a fissare il vuoto. Mi agitò un dito davanti.
«SadieTurner, non sono mai stata una che si fa gli affari suoi e non inizierò adesso. Che cosa hai detto a quel giovanotto? Sembrava sconvolto.»
«Chi bada ai bambini, Dody?»
Lei alzò gli occhi al cielo. «Stanno bene. Gli ho detto di stare lontani dall’acqua. Che sta succedendo tra te e Des?»
Balzai in piedi, precipitandomi fuori. «Non posso credere che li hai lasciati soli sulla spiaggia!»
Si affrettò dietro di me. «Non cambiare argomento, signorina!»
Arrivammo in spiaggia e in bambini stavano bene. Ma Dody mi fece sedere per raccontarle l’accaduto. Le dissi tutto, ammisi persino il mio sbaglio. Poi rimanemmo sotto l’ombrellone, mentre i miei figli costruivano un castello di sabbia e lo decoravano con sassi e piume.
«Tesoro, sai che le suppurazioni ti fanno fare la figura della cretina.»
«Supposizioni, Dody.»
«Be’, quello che è, sapientona. Ti stai comportando da sciocca. Perché ci metti tanto impegno a rendere le cose più difficili?»
«Non è così.» Mi stavo davvero stancando di sentirglielo ripetere.
«Sì, invece. Avresti dovuto chiedergli di quella ragazza invece di saltare alle concussioni.»
«Conclusioni!» Dio!
«Di tanto in tanto devi dare alle persone la possibilità di spiegarsi. Sei proprio come tua madre. Porta rancore come un elefante.»
Se solo avessi fumato! In quel momento una sigaretta mi sarebbe stata davvero utile. «Non porto rancore.»
«Oh, sul serio? Non pensi di stare incolpando Des per qualcosa che non ha fatto, solo perché Richard ti ha tradita?»
«Dody, non è giusto!» Desiderai che AnitaParker fosse lì. Doveva avere un pacchetto di sigarette in quella sua enorme borsa da spiaggia.
«Giusto? Chi ti ha detto che la vita è giusta?» Dody tirò fuori un fazzoletto dall’incavo tra i seni e si tamponò il naso.
«Tu! Parli sempre del karma e continui a dirmi che ogni azione è collegata in un circolo.»
«Sì, è vero, ma ciò non significa che sia sempre giusto. Quello che voglio dire è che qualunque energia tu diffonda nell’universo la riavrai indietro.»
«Stai dicendo che mi merito tutta la merda schifosa che ricevo?»
Si tolse gli occhiali da sole per guardarmi. «No. Sto dicendo che se ti aspetti il peggio dalla persone, è quello che otterrai. Ti offendi anche quando non c’è nessun intento di offenderti, proprio come fa tua madre. Non è sempre stata così, sai?»
«No?»
«No, era felice, dolce e divertente. Ma da qualche parte lungo la sua strada, qualcuno l’ha delusa e lei ha punito ogni singola persona che è venuta in seguito. E poi, naturalmente, c’è stato tuo padre. Anche lui è stato una grande delusione. E non l’ha mai accettato. Non voglio vederti finire come lei, tesoro. La vita va accolta a braccia aperte. Va vissuta e goduta. Commetti i tuoi errori, ma commettili con gusto e impara da essi. Alcune persone continueranno a tradirti, come Richard. È il tipo d’uomo che ha un prurito che non si può eliminare. Ma ti prometto che, se inizi a cercare il meglio nelle persone, sarai sorpresa da quello che troverai.»
Mi bruciavano gli occhi, mi pizzicavano come quando cercavo di non piangere. Era una sensazione familiare.
Dody mi mise un braccio intorno alle spalle con dolcezza. «Penso che tu debba delle scuse a quel ragazzo. Magari potremmo preparargli dei biscotti.»