CAPITOLO SESTO: FEBBRE A QUARANTA

 

«Sst!... Si è addormentata... Ma entri pure...».

Il signor Martin si fece da parte, rassegnato.

Rassegnato a lasciar entrare qualcuno nell'appartamento in disordine. Rassegnato a farsi vedere tutto trasandato, con i baffi cascanti, verdognoli, il che significava che di solito se li tingeva.

Era rimasto sveglio tutta la notte, e adesso era stremato, incapace di reagire.

In punta di piedi andò a chiudere la porta che comunicava con la camera, in cui si intravedevano il letto e un catino poggiato a terra.

«La portinaia le ha detto...?» bisbigliò, guardando ansiosamente verso la porta. E intanto spense il fornello a gas su cui stava riscaldando un po' di caffè.

«Una tazzina?».

«No, grazie... Resto solo un attimo... Volevo avere notizie della signora Martin...».

«E' gentile da parte sua!» disse Martin con aria sincera.

Non ci vedeva davvero niente di strano. Era così sconvolto che aveva perso ogni senso critico, quand'anche ne avesse mai avuto.

«Sono terribili queste crisi!... Lei permette che beva il caffè in sua presenza?...».

Si accorse con imbarazzo che le bretelle gli penzolavano sui polpacci; allora si rassettò frettolosamente e liberò il tavolo dalle boccette di medicinali che vi erano sparse alla rinfusa.

«La signora ha spesso crisi del genere?».

«No... E comunque non così violente!... Certo è molto nervosa, pare che da giovane avesse delle crisi di nervi ogni settimana...».

«Anche adesso?».

Martin gli lanciò un'occhiata da cane bastonato e osò appena confessare:

«Devo stare molto attento a come la tratto...

Basta una piccola contrarietà e lei entra in agitazione!...».

Con quel suo soprabito beige, i baffi ben impomatati e i guanti di pelle, era soprattutto ridicolo: la caricatura dell'impiegatuccio con qualche pretesa di eleganza.

Ora però i baffi erano stinti e gli occhi pesti. Non aveva neanche avuto il tempo di lavarsi la faccia. Sotto una vecchia giacca, indossava ancora la camicia da notte.

Non era altro che un povero diavolo. E doveva avere almeno cinquantacinque anni!

«La signora ha avuto qualche contrarietà ieri sera?».

«No... No...».

Cominciava a turbarsi, e si guardava intorno spaventato.

«Non ha ricevuto nessuna visita?... Suo figlio, per esempio?...».

«No!... Dopo che lei è andato via, abbiamo cenato...

Poi...».

«Poi cosa?».

«Niente... Non so... E' successo così, senza motivo...

E' molto sensibile... Ha avuto tante disgrazie in vita sua!...».

Credeva davvero a quello che diceva? Maigret aveva l'impressione che Martin parlasse per convincere se stesso.

«Insomma, lei non si è fatto una sua opinione su questo delitto?».

Martin lasciò cadere per terra la tazza che aveva in mano. Aveva forse anche lui i nervi malati?

«Perché dovrei avere una mia opinione?... Le giuro che... Se ne avessi una, io...».

«Lei...?».

«Non saprei... E' una cosa tremenda... E proprio adesso che abbiamo tanto lavoro in ufficio...

Stamattina non ho avuto nemmeno il tempo di avvertire il capufficio...».

Si passò sulla fronte la mano scarna, poi si mise a raccogliere i cocci. Dopodiché cercò per un bel po' uno straccio per pulire il parquet.

«Se avesse dato retta a me, non saremmo rimasti in questa casa...».

Si vedeva chiaramente che aveva paura. Era stravolto dalla paura. Ma paura di che, paura di chi?

«Lei è un brav'uomo, vero, signor Martin? E un uomo onesto...».

«Ho trentadue anni di servizio e...».

«Di conseguenza, se sapesse qualcosa di utile per aiutare la giustizia a scoprire il colpevole, si sentirebbe in dovere di dirmelo...».

Sembrò sul punto di mettersi a battere i denti.

«Lo direi certamente... Ma non so nulla... E anch'io vorrei sapere!... Non è più vita, questa...».

«Cosa pensa del suo figliastro?».

Lo sguardo di Martin si posò su Maigret con un'espressione di stupore.

«Roger?... E'...».

«E' uno scapestrato, lo so».

«Ma non è cattivo, glielo assicuro... E' tutta colpa del padre... Come dice sempre mia moglie, non si dovrebbe dare tanto denaro ai ragazzi... E ha ragione!

Penso anch'io che Couchet non lo facesse per bontà o per amore del figlio, che gli era del tutto indifferente... Lo faceva per toglierselo di torno, per mettersi la coscienza a posto...».

«La coscienza?...».

Martin arrossì, sempre più imbarazzato.

«Si è comportato male con Juliette, vero?» soggiunse a voce più bassa.

«Juliette?».

«Mia moglie... La sua prima moglie... Che cosa ha fatto per lei?... Niente!... L'ha trattata come una serva...

Eppure è stata lei ad aiutarlo nei momenti difficili!...

E dopo...».

«Non le ha dato niente, naturalmente!... Ma lei si era risposata...».

Il viso di Martin era diventato paonazzo. Maigret lo guardò con sorpresa e indulgenza. Perché capiva che il poveretto non era affatto convinto di quelle assurdità, e si limitava a ripetere ciò che aveva udito centinaia di volte dalla moglie.

Couchet era ricco, mentre lei era povera!...

Quindi...

L'impiegato tese l'orecchio.

«Non ha sentito niente?».

Rimasero un attimo in silenzio. Si udì un debole richiamo proveniente dalla camera accanto. Martin andò ad aprire la porta.

«Che gli stai raccontando?» domandò la signora Martin.

«Ma... io...».

«E' il commissario, vero?... Che cosa vuole ancora?...».

Maigret non la vedeva. La voce era quella di una persona costretta a letto, assai indebolita, ma che non ha perso affatto il controllo della situazione.

«Il commissario è venuto a vedere come stai...».

«Digli di entrare... Aspetta! Dammi un asciugamano umido e lo specchio. E il pettine...».

«Ti arrabbierai di nuovo...».

«Ma reggi lo specchio come si deve!... No! E' meglio che lo lasci a me... Non sei nemmeno capace di...

Togli di mezzo quel catino!... Ah! gli uomini... Se non ci bada una donna, la casa diventa una stalla...

Adesso fallo entrare».

La camera era squallida e triste come la sala da pranzo, arredata male, con una gran quantità di vecchie tende, vecchi tessuti e tappeti scoloriti. Dalla soglia Maigret sentì lo sguardo della signora Martin, calmo e straordinariamente lucido, puntato su di lui.

Sul viso tirato vide nascere un sorriso melenso da ammalata.

«Non ci faccia caso...» disse. «C'è un disordine spaventoso!... Colpa di questa mia crisi...».

E guardò davanti a sé con aria triste.

«Ma adesso mi sento meglio... Devo rimettermi prima di domani, per le esequie... Sono domani, vero?...».

«Sì, domani! Lei va soggetta a queste crisi...».

«Ne soffro da quando ero bambina... Ma mia sorella...».

«Ha una sorella?».

«Ne avevo due... Non mi fraintenda, però...

Anche quella più piccola aveva delle crisi... Poi si è sposata...

Suo marito era un buono a nulla, e un bel giorno ha approfittato di una di queste crisi per farla internare... E lei, dopo una settimana, è morta...».

«Non agitarti!...» supplicò Martin, che non sapeva dove mettersi né dove guardare.

«Era pazza?» domandò Maigret.

Allora i lineamenti della donna s'irrigidirono di nuovo, la sua voce s'indurì.

«Diciamo che suo marito voleva togliersela dai piedi!... Neanche sei mesi dopo si era già risposato...

Del resto, gli uomini sono tutti uguali... Una si sacrifica, si ammazza per loro...».

«Ti supplico!...» disse il marito sospirando.

«Non mi riferivo a te! Benché tu non valga poi molto più degli altri...».

E Maigret, d'improvviso, sentì nell'aria come una ventata di odio. Fu solo un'impressione, e durò poco più di un attimo. Eppure era sicuro di non essersi sbagliato.

«Ciò non toglie che, se non ci fossi io...» proseguì la donna, e nella sua voce Maigret avvertì come un tono di minaccia.

Martin prese ad agitarsi a vuoto. Pur di fare qualcosa, si mise a contare le gocce di una medicina lasciandole cadere a una a una in un bicchiere.

«Il dottore ha detto...».

«Me ne infischio del dottore!».

«Eppure, bisogna... Dai!... Bevi piano piano...

Non ha un cattivo sapore...».

Lei lo guardò, poi guardò Maigret, e alla fine bevve, alzando le spalle con rassegnazione.

«Davvero è venuto solo per avere mie notizie?» disse poi in tono diffidente.

«Stavo andando al laboratorio quando la portinaia mi ha detto...».

«Ha scoperto qualcosa?».

«Non ancora...».

La donna chiuse gli occhi, come per far capire che era stremata. Martin guardò Maigret, che si alzò.

«Allora, le auguro di guarire presto... Ma sta già meglio...».

Lei lo lasciò andare. Maigret non volle che Martin lo accompagnasse alla porta.

«Rimanga con lei, la prego».

Poveraccio! Si sarebbe detto che avesse paura a restare, che si aggrappasse al commissario perché, in presenza di un'altra persona, la situazione era per lui meno insopportabile.

«Vedrà che non è nulla...».

Nell'attraversare la sala da pranzo, sentì un fruscio sul pianerottolo. Riuscì a raggiungere la vecchia Mathilde proprio nel momento in cui stava per rientrare in casa.

«Buongiorno, signora...».

La donna lo guardò intimorita, senza rispondere, con la mano sulla maniglia della porta.

Maigret parlava a voce bassa. Immaginava le orecchie tese della signora Martin, che era capace di alzarsi dal letto per venire a origliare a sua volta dietro la porta.

«Lei sa certamente che sono il commissario incaricato delle indagini...».

Intuì subito che non avrebbe cavato nulla da quella donna dal volto serafico, tanto serafico da sembrare quasi sovrumano.

«Cosa vuole da me?».

«Soltanto chiederle se non ha niente da dirmi... E' da molto che abita in questo palazzo?».

«Da quarant'anni!» replicò asciutta.

«Allora conoscerà tutti...».

«Non parlo con nessuno!».

«Pensavo che forse ha visto o sentito qualcosa... A volte un indizio anche insignificante basta a mettere la giustizia sulla buona strada...».

All'interno della stanza qualcuno si stava muovendo.

Ma la vecchia teneva la porta ostinatamente chiusa.

«Non ha visto nulla?...».

Lei non rispose.

«E non ha udito nulla?».

«Farebbe meglio a dire al proprietario di farmi installare il gas...».

«Il gas?».

«Ce l'hanno tutti, nel palazzo. Ma a me, visto che non può aumentarmi l'affitto, me lo rifiuta...

Vorrebbe buttarmi fuori!... Fa di tutto perché me ne vada...

Ma se ne andrà prima lui, con i piedi in avanti!...

Ecco, glielo può andare a dire da parte mia...».

La porta si aprì di quel tanto che bastava perché la donna, grande e grossa com'era, riuscisse a passare.

Poi si richiuse dentro e nella camera non si udì che qualche rumore smorzato.

«Ha un biglietto da visita?».

Il domestico col gilè a righe prese il cartoncino che Maigret gli porgeva e sparì all'interno dell'appartamento, straordinariamente luminoso grazie alle finestre alte cinque metri, come se ne trovano ormai solo nei palazzi di place des Vosges e dell'île Saint-Louis.

Le stanze erano immense. Si sentiva il ronzio di un aspirapolvere elettrico. Una bambinaia col grembiule bianco e una graziosa cuffietta azzurra, nel passare da una camera all'altra, guardò il visitatore con curiosità.

Dalla stanza accanto qualcuno disse:

«Faccia entrare il commissario...».

Il signor de Saint-Mare era nel suo studio, in vestaglia, con i capelli argentei pettinati con cura. Per prima cosa andò a chiudere una porta attraverso la quale Maigret ebbe il tempo di intravedere un letto antico e, sul guanciale, il viso di una giovane donna.

«Si accomodi, prego... Immagino che vorrà parlarmi di questo terribile caso Couchet...».

Malgrado l'età, dava un'impressione di vigore e di salute. E l'atmosfera che regnava nella casa, così luminosa e allegra, era di assoluta felicità.

«E' una tragedia che mi ha particolarmente colpito perché è accaduta in un momento di grande emozione per me...».

«LO SO...».

Un lampo d'orgoglio balenò negli occhi dell'ex ambasciatore. Era molto fiero, alla sua età, di aver avuto un bambino.

«Parli sottovoce, la prego: preferirei nascondere questa faccenda alla signora de Saint-Mare... Nel suo stato sarebbe increscioso... Ma, a proposito, cosa voleva domandarmi? So poco o nulla di quel Couchet...

L'ho intravisto due o tre volte attraversando il cortile...

Apparteneva ad uno dei circoli che frequento ogni tanto, il circolo Haussmann... Ma probabilmente non ci andava quasi mai... Ho solo notato il suo nome sull'annuario pubblicato poco tempo fa... Credo che fosse un tipo abbastanza volgare, o mi sbaglio?...».

«Diciamo che i suoi genitori erano gente del popolo... Ha fatto una certa fatica a diventare quello che è diventato...».

«Mia moglie mi ha detto che aveva sposato una ragazza di ottima famiglia, una sua vecchia compagna di collegio... Anche per questo è preferibile non dirle niente... Dunque, che cosa voleva sapere?...».

Dalle grandi finestre si dominava place des Vosges, illuminata da qualche tenue raggio di sole. Nel giardino stavano annaffiando il prato e i cespugli fioriti. Ogni tanto passava un carro trainato lentamente dai cavalli.

«Una semplice informazione... So che più volte, innervosito dall'attesa del lieto evento cosa del tutto naturale , lei è sceso a camminare su e giù per il cortile... Ha per caso incontrato qualcuno?... Non ha visto nessuno dirigersi verso gli uffici là in fondo?...».

Il signor de Saint-Mare si mise a riflettere, e intanto giocherellava con un tagliacarte.

«Aspetti... No, credo di no... Bisogna dire che avevo altro per la testa... Ma la portinaia, forse, potrebbe...».

«La portinaia non sa nulla...».

«E io... No!... O meglio... Ma questo non ha niente a che vedere...».

«Dica pure ugualmente».

«A un certo punto ho sentito un rumore vicino ai bidoni della spazzatura... Non avevo niente da fare...

Sicché mi sono avvicinato e ho visto un'inquilina del secondo piano...».

«La signora Martin?».

«Credo che si chiami così... Confesso che conosco poco i miei vicini... Stava frugando in uno dei cassoni di zinco... Ricordo che mi ha detto: "Mi è caduto per sbaglio un cucchiaio d'argento nella spazzatura...".

Le ho chiesto: "L'ha ritrovato?". E lei mi ha risposto abbastanza bruscamente di sì».

«E poi che cosa ha fatto?» chiese Maigret.

«E' risalita in casa, a passi rapidi... E' un tipo nervoso, che ha sempre l'aria di aver fretta... Me lo ricordo perché è capitato anche a noi di perdere nello stesso modo un anello di valore... E il bello è che uno straccivendolo l'ha trovato rimestando nei rifiuti e l'ha consegnato alla portinaia...».

«Non sa dirmi verso che ora è capitato questo incidente?».

«Mi sarebbe difficile... Aspetti... Non avevo voglia di cenare... Ma verso le otto e mezzo Albert, il domestico, mi ha supplicato di mangiare qualcosa... E poiché rifiutavo di mettermi a tavola, mi ha portato nel salotto qualche tartina con le acciughe... E' successo prima...».

«Prima delle otto e mezzo?».

«Sì... Diciamo che l'incidente, come lei lo chiama, è capitato poco dopo le otto... Ma credo che non abbia la benché minima importanza. Qual è la sua opinione su questo caso, signor commissario?... Da parte mia, mi rifiuto di credere, come pare si cominci a mormorare, che il delitto sia stato commesso da qualcuno del palazzo... Pensi che chiunque può entrare liberamente nel cortile... Intendo peraltro mandare una lettera di reclamo al proprietario affinché la porta dell'androne venga chiusa al tramonto...».

Maigret si era alzato.

«Non mi sono ancora fatto un'opinione!» disse.

La portinaia era salita a consegnare la posta e, siccome la porta dell'anticamera era rimasta aperta, scorse inaspettatamente il commissario a colloquio con il signor de Saint-Mare.

Povera signora Bourcier! Ne fu addirittura sconvolta!

Nei suoi occhi si potevano leggere gli interrogativi più angosciosi: Maigret osava forse sospettare i Saint-Mare? O anche soltanto disturbarli con le sue domande?

«La ringrazio... E le chiedo scusa per questa visita!...».

«Un sigaro?».

Il signor de Saint-Mare era un gran signore, con quel pizzico di familiarità condiscendente che faceva pensare più a un uomo politico che a un diplomatico.

«Sono a sua completa disposizione».

Il domestico richiuse la porta. Maigret scese lentamente le scale e si ritrovò nel cortile, dove il fattorino di un grande magazzino stava cercando invano la portinaia.

Nella guardiola c'erano solo un cane, un gatto e i due bambini intenti a impiastricciarsi la faccia con la zuppa di latte.

«Non c'è la mamma?».

«Torna subito! E' salita a consegnare la posta...».

In un angolo nascosto del cortile, vicino alla portineria, c'erano i quattro bidoni di zinco dove, quando faceva buio, gli inquilini venivano uno dopo l'altro a buttare la spazzatura.

Alle sei del mattino la portinaia apriva il portone e i netturbini svuotavano i bidoni in un camion.

Quell'angolo, di sera, non era illuminato. L'unica lampada del cortile si trovava dalla parte opposta, ai piedi delle scale.

Che cosa era andata a cercare lì dentro la signora Martin pressappoco all'ora in cui Couchet veniva assassinato?

Si era messa in testa anche lei di ritrovare il guanto del marito?

«No!» borbottò Maigret ricordandosi all'improvviso di un dettaglio: Martin era sceso con la pattumiera molto più tardi.

Allora che fandonie andava raccontando la signora Martin? Non poteva aver perduto nessun cucchiaio, visto che di giorno gli inquilini non avevano il permesso di buttare alcunché nei bidoni della spazzatura!

Che cosa stavano dunque cercando tutti e due, uno dopo l'altro?

La signora Martin frugava dentro al bidone.

Martin, invece, ci girava intorno accendendo dei fiammiferi!

E il giorno dopo il guanto era ricomparso!

«Ha visto la neonata?» fece una voce alle spalle di Maigret.

Era la portinaia, che parlava della bambina dei Saint-Mare con più emozione che dei suoi.

«Spero che almeno non abbia detto niente alla signora... Non deve sapere che...».

«LO SO, lo so!».

«Per la corona... cioè la corona degli inquilini... mi domando se devo farla portare alla camera ardente oggi o se va recapitata solo al momento del funerale...

Anche gli impiegati sono stati tanto carini...

Hanno raccolto più di trecento franchi...».

Poi, rivolgendosi a un fattorino:

«Per chi è?».

«Saint-Mare».

«Scala a destra. Primo piano di fronte... Ma, mi raccomando, suoni piano!».

E a Maigret:

«Non può immaginare quanti fiori sta ricevendo la signora! Non sanno più dove metterli... La maggior parte l'hanno dovuta portar su nelle camere della servitù... Non vuole entrare?... Jojo, ma la vuoi lasciare in pace tua sorella?...».

Il commissario continuava a fissare i bidoni della spazzatura. Cosa diavolo potevano cercare là dentro i Martin?

«Li mette ogni mattina sul marciapiede, come stabilisce il regolamento?».

«No! Da quando sono rimasta vedova è impossibile!

Comunque, dovrei farlo fare a qualcun altro, perché sono troppo pesanti per me... Ma gli uomini della nettezza urbana sono così gentili... Vengono a prendere i bidoni nel cortile ed ogni tanto io gli offro un bicchiere di vino bianco...».

«Gli straccivendoli, quindi, non ci possono frugare dentro!».

«Ma figuriamoci! Entrano in cortile pure loro... A volte arrivano in tre o quattro e poi lasciano una sporcizia da non credere...».

«La ringrazio».

E Maigret se ne andò, sovrappensiero, dimenticando o trascurando di tornare una seconda volta negli uffici, come si era proposto di fare quella mattina.

Quando arrivò al Quai des Orfèvres gli annunciarono:

«L'hanno cercata al telefono. Un colonnello...».

Ma lui seguiva il filo dei suoi pensieri. Aprendo la porta dell'ufficio degli ispettori, chiamò:

«Lucas! Non c'è tempo da perdere... Va' subito a interrogare tutti gli straccivendoli che bazzicano dalle parti di place des Vosges... Se necessario, va' fino all'impianto di Saint-Denis, dove bruciano le immondizie...».

«Ma...».

«Cerca di sapere se l'altro ieri non hanno notato niente di insolito nella spazzatura del 61 di place des Vosges...».

Si era appena lasciato cadere nella sua poltrona quando gli tornò in mente una parola: colonnello...

Quale colonnello? Non conosceva nessun colonnello...

E invece sì! Ce n'era ben uno in quella vicenda! Lo zio della signora Couchet! Ma che andava cercando da lui?

«Pronto!... Élysée 17-622... Qui il commissario Maigret, della Polizia giudiziaria... Come dice? Il colonnello Dormoy desidera parlarmi?... Sì, resto in linea... Pronto!... E' lei, signor colonnello?... Come?...

Un testamento?... Non la sento molto bene... No, al contrario, parli meno forte!... Allontani un po' la cornetta... Così va meglio... Diceva?... Ha trovato un testamento molto strano?... E nemmeno in busta sigillata?... D'accordo! Sarò lì tra una mezz'ora... Ma no! Non occorre che prenda un taxi...».

Si accese la pipa spingendo indietro la poltrona, poi accavallò le gambe.