CAPITOLO PRIMO: L'OMBRA CINESE
Le dieci di sera. I cancelli del giardino al centro di place des Vosges erano chiusi; la piazza era deserta: solo le tracce lucide lasciate dalle macchine sull'asfalto e il canto ininterrotto delle fontane, gli alberi senza foglie e la linea monotona dei tetti che si stagliavano uniformi contro il cielo.
Sotto i magnifici portici che cingono la piazza non più di tre o quattro negozi avevano ancora le vetrine illuminate. In uno di essi il commissario Maigret vide una famiglia seduta a cena in mezzo a una gran quantità di corone mortuarie di perle finte.
Aveva appena oltrepassato il negozio di corone e stava cercando di leggere i numeri sopra le porte quando una figura minuta uscì dall'ombra.
«E' con lei che ho parlato al telefono poco fa?».
Doveva essere un bel pezzo che stava lì ad aspettarlo.
Malgrado il freddo di novembre, non si era nemmeno infilata un cappotto sopra il grembiule. Aveva il naso arrossato e lo sguardo ansioso.
A meno di cento metri, all'angolo con rue de Béarn, era di servizio un poliziotto in divisa.
«Perché non ha avvisato lui?» borbottò Maigret.
«Per via della signora de Saint-Mare, che sta per partorire... Ecco, guardi! Quella è la macchina del dottore che hanno chiamato d'urgenza...».
Tre automobili erano accostate al marciapiede con le luci posteriori e i fari accesi. Il cielo, attraversato da qualche nuvola su uno sfondo pallido di luna, era di un chiarore inquietante. Come se si preparasse alla prima nevicata.
La portinaia avanzò sotto la volta dell'androne illuminato da una lampadina da venticinque candele opaca di polvere.
«Ora le spiego... Questo è il cortile... Per andare in una qualsiasi parte del palazzo, eccettuati i due negozi, si deve passare da qui... A sinistra c'è la guardiola dove sto io... Non faccia caso alla confusione... Non ho neanche avuto il tempo di mettere a letto i ragazzi».
Erano due, un bambino e una bambina, nella cucina tutta in disordine. Ma la portinaia non vi entrò.
Indicò invece un lungo fabbricato in fondo al cortile, che era vasto e di proporzioni armoniose.
«E' lì... Ora capirà...».
Maigret guardava con curiosità quella donnina bizzarra che agitava freneticamente le mani per l'emozione.
«C'è qualcuno al telefono che vuole parlare con un commissario!» gli avevano detto poco prima al Quai des Orfèvres.
Aveva udito una voce soffocata, tanto che per tre o quattro volte aveva dovuto ripetere:
«Ma parli più forte!... Non riesco a sentirla!».
«Non posso... Chiamo dal bar... Dunque...».
Parlava a scatti.
«Dovrebbe venire subito al 61 di place des Vosges...
Sì... Un delitto, credo... Ma è meglio che non si sappia, per il momento!...».
Ora la portinaia stava mostrando i finestroni del primo piano. Dietro le tende si scorgeva un viavai di ombre.
«E' là...».
«Il luogo del delitto?».
«No, la signora de Saint-Mare, che sta partorendo!...
Il primo parto... E' così delicata... Capisce?...».
Il cortile era ancora più buio della place des Vosges.
Lo rischiarava un'unica lampada fissata al muro.
Dietro una porta a vetri si intravedevano le scale; poi, qua e là, alcune finestre con le luci accese.
«Allora, questo delitto?».
«Ecco qua. Alle sei, gli impiegati della Couchet sono andati via...».
«Un attimo. Che cos'è "la Couchet"?».
«Quella costruzione in fondo al cortile... Un laboratorio dove si fabbricano... li conoscerà certamente... i Preparati del dottor Rivière...».
«Quella finestra illuminata?».
«Aspetti... Oggi è il 30, per cui il signor Couchet era qui... Di solito, dopo la chiusura degli uffici, rimane da solo... L'ho visto attraverso i vetri, seduto in poltrona... Guardi là...».
Una finestra con i vetri smerigliati. Un'ombra strana, come quella di un uomo accasciato sulla scrivania.
«E' lui?».
«Sì... Verso le otto, quando sono andata a buttare la spazzatura, ho dato un'occhiata... Stava scrivendo...
Si vedeva benissimo la mano che reggeva una penna o una matita...».
«A che ora è stato comm...».
«Un attimo! Sono salita a chiedere notizie della signora de Saint-Mare... Scendendo ho guardato di nuovo... Era nella stessa posizione, ho perfino creduto che si fosse addormentato...».
Maigret cominciava a perdere la pazienza.
«Poi, un quarto d'ora dopo...».
«Sì, era sempre nella stessa posizione! Andiamo al sodo...».
«Tutto qua... Ho deciso di dare un'occhiata... Ho bussato alla porta dell'ufficio... Non ha risposto nessuno e sono entrata... Stecchito... C'è sangue dappertutto...».
«Perché non ha avvertito il commissariato? E' a due passi, in rue de Béarn...».
«Già, così sarebbero arrivati tutti in divisa e avrebbero messo a soqquadro il palazzo!... Le ho detto che la signora de Saint-Mare...».
Maigret teneva le mani in tasca e la pipa fra i denti.
Guardò le finestre del primo piano ed ebbe l'impressione che il momento cruciale fosse imminente, perché c'era un gran movimento. Si aprì una porta, e si udirono dei passi per le scale. Una sagoma alta e robusta si delineò nel cortile, e la portinaia, toccando il braccio del commissario, bisbigliò in tono riverente:
«Il signor de Saint-Mare... Un ex ambasciatore...».
L'uomo, di cui non si riusciva a distinguere il viso, si fermò, riprese a camminare, poi si fermò di nuovo, senza staccare gli occhi dalle finestre del suo appartamento.
«L'avranno mandato fuori... Anche prima... Venga...
Ecco qua! Ci risiamo, con quel grammofono!...
E proprio sopra ai Saint-Mare!...».
E la portinaia accennò a una finestra più piccola, al secondo piano, con una luce più bassa. I vetri erano chiusi e si udiva a malapena, o meglio si intuiva, la musica di un grammofono.
Ossequiosa, tesissima, con gli occhi arrossati e le mani in continuo movimento, la portinaia andò in fondo al cortile e gli indicò una scaletta esterna con una porta socchiusa.
«Lo vedrà, sulla sinistra... Io preferisco non entrarci più...».
Un ufficio come tanti altri. Mobili chiari e carta da parati in tinta unita.
E un uomo sui quarantacinque anni, seduto in una poltrona, con la testa reclinata sui fogli sparsi davanti a lui. Un proiettile lo aveva colpito in pieno petto.
Maigret tese l'orecchio: la portinaia era sempre là fuori ad aspettarlo, mentre il signor de Saint-Mare continuava ad andare su e giù per il cortile a grandi passi. Ogni tanto nella piazza passava un autobus, e quel rumore rendeva più denso il silenzio che seguiva.
Il commissario non toccò nulla. Si accertò soltanto che l'arma non fosse rimasta nell'ufficio, indugiò per tre o quattro minuti guardandosi intorno e aspirando qualche rapida boccata dalla pipa, poi uscì con aria assorta.
«E allora?».
La portinaia non si era mossa. Parlava a voce bassissima.
«Allora niente! E' morto!».
«Hanno appena richiamato su il signor de Saint-Mare».
Nell'appartamento c'era un gran trambusto. Porte che sbattevano. Qualcuno che correva.
«E' tanto delicata!».
«Già, già!» borbottò Maigret grattandosi la nuca.
«Solo che il problema è un altro. Ha idea di chi potrebbe essersi introdotto nell'ufficio?».
«Io?... E come?...».
«Ma, scusi, dalla guardiola vedrà pur passare gli inquilini!».
«Dovrei vederli! Se il proprietario mi desse un locale decente e non risparmiasse sulla luce... E' già tanto se sento dei passi e se la sera intravedo qualche ombra... Alcuni passi li riconosco...».
«Non ha notato niente di insolito dalle sei in poi?».
«Niente! Quasi tutti gli inquilini sono venuti a buttare la spazzatura... Qui, a sinistra della guardiola...
Vede quei tre bidoni?... Prima delle sette di sera è vietato...».
«E non è passato nessuno dall'androne?».
«Come faccio a saperlo?... Si vede che lei non conosce il palazzo... Ci sono ventotto inquilini... Senza contare la ditta Couchet, dove c'è un continuo andirivieni...».
Si udirono dei passi nell'androne. Un uomo con una bombetta in testa entrò nel cortile, girò a sinistra e, avvicinatosi ai bidoni delle immondizie, prese una pattumiera vuota. Malgrado l'oscurità scorse probabilmente Maigret e la portinaia, perché restò un attimo immobile e poi disse:
«C'è qualcosa per me?».
«Niente, signor Martin...».
E Maigret si informò:
«Chi è?».
«Un impiegato dell'Anagrafe, il signor Martin, che abita al secondo piano con la moglie».
«Come mai la sua pattumiera...?».
«Fanno quasi tutti così, quando devono uscire...
La portano giù andando via e la riprendono al ritorno...
Ha sentito?».
«Che cosa?».
«Mi sembrava... come un vagito... Se quelle due, là in alto, la smettessero una buona volta con il loro benedetto grammofono!... E, badi bene, lo sanno benissimo che la signora de Saint-Mare sta partorendo...».
Si precipitò verso le scale, sentendo scendere qualcuno.
«Allora, dottore?... E' un maschio?».
«Una bambina».
E il medico si allontanò. Lo sentirono mettere in moto la macchina e avviarsi.
Nel palazzo si continuava a vivere la vita di tutti i giorni. Il cortile buio. L'androne a volta con quella sua misera lampadina. Le finestre illuminate ed una musica indistinta proveniente dal grammofono.
Il morto era sempre nel suo ufficio, tutto solo, con la testa reclinata sulle lettere sparpagliate.
All'improvviso, dal secondo piano, si udì un grido.
Un grido acuto, come una richiesta disperata d'aiuto.
Ma la portinaia non si scompose affatto, ed entrando nella guardiola sospirò:
«Non ci mancava altro! Pure la matta...».
E si mise a gridare anche lei perché uno dei bambini aveva rotto un piatto. Alla luce della lampada Maigret vide il suo volto magro e stanco, il suo corpo senza età.
«Quando cominceranno con le formalità?» chiese la donna.
Il bar di fronte era ancora aperto e qualche minuto dopo Maigret andò a rinchiudersi nella cabina telefonica per dare istruzioni, parlando a mezza voce, come poco prima aveva fatto la portinaia.
«Sì... La Procura... al 61... E' quasi all'angolo con rue de Turenne... Informate la Scientifica... Pronto!...
Sì, rimango sul posto...».
Fece qualche passo sul marciapiede, imboccò quasi istintivamente l'androne e finì col piantarsi in mezzo al cortile, immusonito, stringendosi nelle spalle per il freddo.
Le luci delle finestre cominciavano a spegnersi.
Sul vetro smerigliato si stagliava ancora, simile a un'ombra cinese, la sagoma del morto.
Si fermò un taxi. Non erano quelli della Procura.
Una giovane donna attraversò il cortile a passi rapidi lasciando dietro di sé una scia profumata e aprì la porta dell'ufficio.