CRAMER TIRA DI BOXE

Quella sera alle sette, mentre s'addensavano le prime ombre, scesi dalla macchina di fronte alla casa di Wolfe. Mi accompagnava l'avvocato Parker il quale, con intensi sforzi, era riuscito a districarmi dalle mani della giustizia di White Plains.

"E così, adesso lo posso sapere, dove si trova Wolfe?" mi domandò.

"Ne dubito, dal momento che io non lo so e ho avuto l'ordine di non cercarlo."

"Capisco." Il suo tono di voce mi irritò. "Vi assicuro che non ho la più pallida idea di quel che conta di fare il principale." Il benvenuto che ricevetti entrando in casa fu altrettanto irritante. Era in forma di biglietto e se ne stava appoggiato al mio calamaio.

Caro Archie, mi spiace tanto che siate in prigione e spero che non dobbiate restarvi a lungo. Il signor Vukcic è venuto a trovarmi e ora vado a lavorare per lui con uno stipendio di mille e cinquecento dollari al mese. Del signor Wolfe nessuna notizia. Voglia Iddio che sia sano e salvo! Io credo poi che dovreste andarlo a cercare, nonostante quello che vi ha scritto. Ho buttato via la latta vecchia di sardine e ho sospeso il latte.

Coi miei affettuosi saluti e auguri, Fritz Ore 1,35 pomeridiane.

Mi fece piacere notare che il fido maggiordomo continuava a seguire le istruzioni di Wolfe e aveva scritto l'ora sul biglietto. Inoltre era carino da parte sua terminare il messaggio con le stesse parole che il nostro signore e padrone mi aveva diretto. Ma tutto sommato la situazione era oltremodo desolante. Decisi di fare un giro d'ispezione, salii al quarto piano e apersi la porta della serra: il colpo che ricevetti, devo ammetterlo, fu molto più forte dell'anno precedente, la sera della sparatoria. Perché allora, almeno, avevo visto una gran massa di rottami, mentre adesso non c'erano che file interminabili di banchi nudi. Feci un giro completo: camera fredda, sala di trapianto, stanzino di disinfezione, camera di Theodore… tutto vuoto. Hewitt doveva aver mandato un'armata per provvedere al trasferimento così in fretta.

Scesi in cucina, apersi il frigorifero e scelsi la mia cena: un barattolo di paté fatto in casa, uno sfilatino di pane italiano, formaggio del Vermont e latte. Mentre masticavo attivamente, con un giornale spiegato davanti, mi scopersi a rizzare le orecchie in attesa di qualche rumore… un rumore qualsiasi. La nostra non era mai stata una casa chiassosa, ma tutto quel silenzio mi faceva un effetto strano.

Quando ebbi terminato di mangiare riposi tutto come un bravo bambino e andai a fare il bagno purificatore post-gattabuia. Mentre mi svestivo pensai che tutti i miei problemi non derivavano dai sentimenti che provavo, ma dal fatto che non sapevo quali sentimenti provavo. Se era scritto negli astri che non avrei rivisto Nero Wolfe mai più, era un momento molto triste per me, non potevo negarlo, e se qualcuno avesse bussato alla porta proprio allora non sapevo se sarei riuscito a nascondere il nodo che mi stringeva la gola. Ma se a bussare alla porta fosse stato Nero Wolfe in persona? Quello era il pasticcio.

Ed effettivamente, proprio mentre stavo scendendo a pianterreno dopo il bagno, qualcuno arrivò. Una chiave girò nella serratura e apparve Fritz. Appena mi vide si illuminò di un sorriso radioso.

"Archie! Siete evaso?"

"Sono in libertà provvisoria, su cauzione. Grazie per il biglietto. Come va il nuovo lavoro?"

"Terribile. Sono sfinito. Il signor Wolfe?"

"Non so niente del vostro caro signor Wolfe. Ho mangiato mezzo barattolo di paté." Lui cessò di botto di sorridere radiosamente. "Il signor Vukcic vende questa casa."

"Ha intenzione di metterla in vendita, il che non è precisamente la stessa cosa."

"Forse no." Trasse un profondo sospiro. "Sono stanco da morire. Il signor Vukcic dice che posso benissimo dormire qui, se voi lo permettete. Mi piacerebbe tanto, sapete, sono così abituato alla mia stanza…"

"Sicuro. E io sono abituato alla mia. Dormirò qui anch'io fino a nuovo ordine."

"Mi fa piacere." Si avviò verso la cucina, poi si fermò e mi chiese ansiosamente. "Lo cercherete?".

"No!" Scopersi che urlare mi faceva bene e continuai su quel tono. "No e poi no e poi no!" Feci dietrofront e mi avviai su per le scale. "Buona notte."

"Buona notte Archie." Ero già al primo piano quando la voce di Fritz mi gridò dietro. "Ve la preparerò io la prima colazione! Devo essere in servizio alle dieci."

"Magnifico!" urlai in risposta. "Staremo molto meglio senza il signor Wolfe." Il giorno seguente, martedì, non ebbi tempo di farmi venire un nodo nella strozza. Arrivarono dozzine di telefonate di giornalisti, clienti, amici e seccatori assortiti. Una venne da Calvin Leeds, che mi pregava di andar subito da lui, ma io risposi che per il momento ne avevo abbastanza di Westchester e quando insisté accettai di vederlo in ufficio alle due. Poi approfittai di un'altra chiamata, da parte di Lon Cohen della "Gazette", per chieder notizie del mio ex compagno di prigione, Max Christy. Lon volle subito sapere perché me ne interessavo. Lon è un buon ragazzo ma nessun giornalista al mondo può rispondere alla più semplice domanda senza rivolgervene una prima, e più di una, se è possibile.

"Sono semplicemente curioso" dichiarai. "L'ho incontrato durante una "fine settimana" in prigione e mi ha affascinato. Non pretendo una biografia, mi basta un semplice profilo."

"Per usi pubblici o privati?"

"Privati."

"Benissimo. Non è ancora arrivato ai fastigi della cronaca nera, ma è un tipo che si dà da fare. Non che lavori in grande stile, per ora. A quanto mi risulta è specializzato in gite in provincia, durante le quali pela polli a tutto andare."

"Gioco, donne o che cosa?"

"Tutto purché ci sia da far quattrini. Ho sentito dire che va in giro con Brownie Castigan. Sino a che punto siete curioso? Per il valore di una bistecca? O fino al punto di regalarmi il numero di telefono o indirizzo dove possa trovare Nero Wolfe?" Ormai avevo abbandonato l'idea di convincere un qualsiasi essere umano della sincerità che albergava nel mio cuore, perciò ringraziai e appesi. Lavorai sodo tutta la mattinata, e finalmente giunsero le due che mi portarono in dono Calvin Leeds sulle ali del vento.

"Son venuto per ottenere una spiegazione e l'avrò" esordì il mio ospite, con aria feroce.

Evidentemente aveva bisogno di qualcosa, se non di una spiegazione, di una dose di olio di ricino. Aveva la pelle più rugosa e cascante del solito e gli occhi decisi ma non chiari e svegli come quando l'avevo conosciuto. Nessuno mai avrebbe immaginato che aveva ereditato da poco mezzo milione di dollari.

Migliaia di volte in passato avevo visto Wolfe appoggiarsi all'indietro e chiudere gli occhi quando un visitatore sfoderava un'osservazione bellicosa. Pensai che valesse la pena di imitarlo, e così feci. Ma le molle della poltrona, che erano state accuratamente adattate al fondo del mio signore, opposero una bestiale resistenza e dovetti continuare a far forza per impedire al maledetto sedile di scaraventarmi in su, come una catapulta.

"Un uomo che percorre sessanta chilometri per avere una spiegazione" dissi con gli occhi chiusi "ha diritto di averla. Ebbene, che cosa deve essere spiegato?"

"Il contegno di Nero Wolfe."

"Non è una novità. Succede molto spesso. Ma non tocca a me farlo." Nel tentativo di starmene appoggiato all'indietro arrivai sull'orlo di un serio attacco di crampi e dovetti raddrizzarmi.

"Voglio vederlo" ruggì il mio ospite.

"Anch'io."

"Siete un bugiardo, Goodwin." Tentennai il capo con le labbra strette. "Sapete, in vita mia ho detto probabilmente tante bugie quante ne dice un uomo medio che non soffre di anomalie psichiche. Ma non son mai stato chiamato bugiardo tanto di frequente, con tanto entusiasmo quanto nelle ultime ventiquattr'ore, vale a dire da quando mi sono attenuto alla verità. Al diavolo. Il signor Wolfe è partito per il Sud con una squadra di calcio. Vuol giocare da terzino."

"Queste chiacchiere non ci serviranno a nulla" dichiarò Leeds paziente, ma deciso. "A voi non piace esser chiamato bugiardo, ma nemmeno io ci tengo. L'unica differenza sta nel fatto che "io" sono sincero. Il procuratore distrettuale dice che mentisco, perché Nero Wolfe è improvvisamente scomparso e a sentir Archer è scomparso perché non vuole esser costretto a rivelare quel che gli ha confidato mia cugina. Questo starebbe a provare che la vostra deposizione è falsa e di conseguenza è falsa anche la mia. Tutti i poliziotti sono convinti che io inventi frottole e fintanto che la penseranno così non faranno nulla per scoprire l'assassino di Sarah." Fece una pausa per tirare il fiato, poi riprese: "C'è un solo modo d'uscirne: Wolfe deve rivelare pubblicamente le vere ragioni della sua scomparsa. Anche se è in gioco la sua sicurezza personale dovrebbe riuscire a farcela in qualche modo. Dovete ricordargli che mia cugina gli ha dato diecimila dollari e che è suo dovere proteggerne gli interessi. Senza dubbio il fatto che io sia sospettato non è nell'interesse della povera Sarah."

"Volete dire che la polizia ha messo gli occhi su di voi?" chiesi. "Come mai?"

"No! Non mi sospettano d'omicidio! Mi sospettano di menzogna."

"E chi dovrebbe essere sospettato d'omicidio, secondo voi?"

"Non lo so." Fece un gesto seccato. "State cercando di cambiare discorso. Qui non si tratta di me e di quel che penso, ma di voi e di quel che farete. Da quanto ho sentito dire di Wolfe, non credo che otterreste molto ripetendogli le mie parole. Devo parlargli io, personalmente. Se è vero che è costretto a nascondersi… fate quel che volete. Bendatemi gli occhi, mettetemi nella vostra automobile a faccia in giù. Ma fatemelo vedere! Mia cugina l'avrebbe desiderato… e lui ha accettato il suo denaro." In un certo senso fui contento di ignorare dove si trovasse il principale. Io non ero pazzo d'amore per un essere che preferiva un dobermann Pinscher a una donna, ma dovevo ammettere che non aveva tutti i torti. Perciò, se avessi saputo dove si nascondeva Wolfe, avrei dovuto fare uno sforzo per indurire il mio cuore, così dovetti indurire solo la voce. Allora, per la prima volta mi venne in mente che in fondo non era il caso di prendersela tanto con Wolfe.

Leeds si trattenne per un quarto d'ora abbondante e se ne andò chiamandomi ancora bugiardo a voce spiegata.

Da quando ero ritornato di prigione avevo preso l'abitudine, ogni volta che suonava il campanello, di andare nell'atrio a guardare l'intruso dal vetro-spia, di fare una smorfia e di tornarmene in ufficio. Se il campanello insisteva troppo a lungo per la pace dell'anima mia, mi limitavo a staccare il contatto. Ma il mercoledì mattina, verso le undici invece di fare una boccaccia tirai il catenaccio e apersi dicendo: "Oh, riverisco! Volete accomodarvi?" Il visitatore, tipo ben piazzato, alto quasi quanto me e provvisto di una pelle molto colorita e un po rugosa, d'un paio d'occhi color grigio ferro e di una capigliatura quasi bianca, grugnì un saluto e varcò la soglia. Mentre appendevo il suo cappotto all'attaccapanni mi dissi che dovevo essere un po meno espansivo. Il fatto che mi trovassi solo in casa non mi autorizzava a dare all'ispettore Cramer della Squadra Omicidi l'impressione che la sua presenza fosse gradita. Wolfe o non Wolfe bisognava mantenere le apparenze.

Condussi il mio vecchio nemico in ufficio ed ebbi la tentazione di sedermi di nuovo nella poltrona di Wolfe per vedere le sue reazioni, ma poi pensai che mi sarei trovato in svantaggio perché ero troppo abituato ad osservarlo dalla mia scrivania.

"Dunque, reggete voi la cittadella" borbottò.

"Non esattamente" obiettai. "Sono soltanto il guardiano. Lo scopino. O forse si può dire che sto affondando con la nave. Non che coloro che l'han lasciata sian topi, beninteso."

"Dov'è Wolfe?"

"Non lo so… Dopo di che voi mi chiamate bugiardo. Allora io dico che lo sono stato nel passato, ma non ora. Poi voi…"

"Balle. Dov'è, Archie?" Questo schiarì l'atmosfera. In tutti gli anni che lo conoscevo l'ispettore mi aveva chiamato Archie una volta su cinquanta. Lo faceva in genere quando aveva un atroce bisogno di qualcosa, o quando Wolfe gli aveva elargito un'informazione tanto importante da portare a galla il lato umano della sua personalità. Dunque il nostro era un roseo idillio.

"Sentite" gli dissi in tono amichevole ma fermo. "Le chiacchiere ufficiali son buone per i procuratori distrettuali, la Polizia di Stato, i rappresentanti della stampa, eccetera, ma voi meritate qualcosa di più. O io non so dove si trovi il principale, o io lo so e non sgancio. Che differenza c'è? Avanti, sparate la domanda seguente."

"Deve essere stata una faccenda seria" osservò l'ispettore ispezionando attentamente il suo sigaro spento. "Un avviso sui giornali. Poi le orchidee se ne vanno, Fritz e Theodore fanno altrettanto, Vukcic, mette in vendita la casa… E io… io soffrirò di nostalgia se non potrò più venir qui a farmi venire l'apoplessia e a pensare che il vostro odioso ciccione è più in gamba del Padreterno e delle sue schiere d'angeli. Dev'essere stata una cosa ben grave a farlo filare. Allora? Mi dite che cos'è?"

"O io non so dove si trovi il principale oppure lo so…" cominciai lentamente, con voce stanca.

"E che ne è di quel pacchetto di salsicce che si è trasformato in gas lacrimogeno?" Ero sempre riuscito a cavarmela con l'ispettore Cramer, alla luce dell'esperienza e guidato dall'intelligenza, perciò anche questa volta non battei ciglio. Mi limitai a chinare il capo da un lato e a fissarlo negli occhi finché non ebbi meditato a sufficienza.

"Non credo che sia stato Fritz" dichiarai. "Il signor Wolfe l'ha allenato troppo bene. Ma forse, domenica mattina, quando è sparito il principale, Fritz ne ha fatto parola a Theodore e voi siete riuscito a sedurre il beneamato giardiniere. Dev'essere stato così." Annuì gravemente e domandò: "È stato il gas a spaventarlo al punto da farlo uscire di senno, o di casa sua che in fondo è la stessa cosa?"

"Può darsi, no? Un fifone come lui…"

"No." Cramer si piantò il sigaro fra i denti ad un angolo di quarantacinque gradi. "No, ci sono migliaia di cose che non posso soffrire in Wolfe, ma so benissimo che non è un fifone. In quel gas lacrimogeno dev'esserci stato qualcosa che avrebbe spaventato chiunque. C'era?"

"Per quanto mi risulta era gas normalissimo, niente di elaborato. Sentite un po, la vostra compagnia è deliziosa, ma non vi pare di esagerare? Voi vi guadagnate lo stipendio lavorando in omicidi, e il gas lacrimogeno non ci ha nemmeno fatto venire la bua al pancino. Inoltre la vostra giurisdizione termina ai confini della contea di New York, e la signora Rackham è morta a Westchester. Io apprezzo altamente l'onore di far quattro chiacchiere con voi, ma dove sono le vostre credenziali?" Cramer fece un rumoretto in gola che poteva anche essere una risatina. "Così va meglio" osservò senza ironia. "Finalmente tornate ad essere naturale. Vi dirò la verità: sono qui per richiesta di Ben Dykes che darebbe tutti i denti e l'orecchio destro per risolvere il caso Rackham prima dei ragazzi della Polizia di Stato. Sa che Archer, il procuratore distrettuale, è quasi convinto che voi e Leeds abbiate mentito per la gola, ma siccome lui non ne è sicuro, si è rivolto a me nella mia qualità di "competente in Nero Wolfe" e mi ha chiesto la mia opinione." Il sigaro cambiò posizione. "Ora, secondo me, ci sono tre possibilità. Primo, Archer ha ragione e voi e Leeds mentite. Però mi pare strano che Wolfe punti tutto sull'abilità nel mentire di un perfetto estraneo. Devo approfondire la mia analisi?"

"No, grazie."

"Lo pensavo. Secondo: è possibile che quando avete telefonato a Wolfe subito dopo aver scoperto il cadavere gli abbiate detto qualcosa di essenziale per la scoperta dell'assassino, ma che lui, per trovare le prove, abbia dovuto andarsene di casa. Wolfe è capacissimo di fare una cosa simile, perché so quanto gli piace vedere la cronaca delle sue gesta sulla prima pagina di tutti i giornali, con titoli di scatola, ma non vedo perché avrebbe dovuto mandar via Fritz e Theodore. Nonché i fiori. In fondo la signora Rackham gli ha dato solo diecimila dollari. Perché spenderli per mandare le orchidee a spasso in carretta?" Cramer scosse il capo. "No, non ci credo proprio. E questo lascia un'ultima possibilità: cioè che qualcosa l'abbia spaventato veramente. Può darsi che nella faccenda della signora Rackham ci fosse un elemento più forte di lui. Ora… ci sarebbe un mondo di cose da dire intorno a questa possibilità. Avete tempo di ascoltarmi?"

"Ho quasi tutto il giorno, però vi avverto che Fritz non è qui a prepararci la colazione."

"Faremo senza." L'ispettore intrecciò le mani dietro la nuca e spostò il proprio centro di gravità. "Sapete, Archie, a volte sono molto meno "indietro" di quanto voi pensiate."

"E a volte io penso che voi siate molto più "indietro" di quanto io pensi."

"Anche questo è possibile. In ogni caso so fare due più due. Ragion per cui credo che Wolfe abbia avuto a che dire con Arnold Zeck. È così?"

"Eh? Chi sarebbe Arnold Zeck? Un babau inventato?" Prima di finire avevo già capito di aver commesso un errore marchiano. Cramer fece una faccia soddisfattissima. "Dunque, voi avete fatto l'investigatore per anni e anni, avete incontrato migliaia di persone e non avete mai sentito parlare di Arnold Zeck? Quindi, o devo convincermi che voi siete un po balordo, oppure ho messo il dito sulla piaga."

"Ma certo che l'ho sentito nominare. Solo che, per un secondo, non avevo capito bene di chi si trattava."

"Oh, per l'amor di Dio! Wolfe se n'è andato da appena quattro giorni e state già rimbecillendo? Guardate che non ho tirato a indovinare. Un giorno, due anni fa, io ero seduto in questa sedia, Wolfe era là, e voi qui dove siete ora. Era stato assassinato un tizio che si chiamava Orchard ed era stata assassinata anche una giornalista, una certa Poole. E, durante una lunga conversazione, Wolfe, tra l'altro, mi spiegò come fosse possibile che un uomo ingegnoso e senza scrupoli organizzasse un ricatto su larga scala guadagnando un milione di dollari all'anno, senza arrischiare un capello. E non solo era possibile, ma c'era qualcuno che lo faceva. Wolfe si rifiutò di rivelarmi il nome, e poiché non c'entrava direttamente con gli omicidi sui quali indagavo, lasciai correre… Però un paio di cose che mi vennero all'orecchio e un paio di cose che capitarono in seguito mi diedero un'idea abbastanza precisa. E non solo a me… Lo si mormorava un po dappertutto: Arnold Zeck. Forse ve ne ricorderete."

"Ricordo il caso Orchard, sicuro" concessi. "Ma i mormorii non li ho sentiti."

"Io sì. Ricorderete inoltre che un anno dopo, l'estate scorsa, la serra di Wolfe è stata distrutta a raffiche di fucile mitragliatore."

"Già, ero seduto proprio qui e ho sentito il fracasso."

"Così m'han detto. Poiché non era morto nessuno io, ufficialmente, non potei occuparmene, però, com'è naturale sentii parlare parecchio della faccenda. Wolfe aveva cominciato a fare indagini su un certo Rony, e le attività di Rony erano proprio quelle che potevano condurre un investigatore di gran classe come Wolfe sulla pista di Arnold Zeck, e forse anche vicino a lui. Così, tanto per dare un piccolo avviso al vostro principale, Zeck mandò le orchidee all'inferno. In seguito Rony venne ucciso e fu una fortuna per Wolfe perché si trovò dalla stessa parte di Zeck."

"Accidenti, che storia complicata!" mi lagnai.

"E come no?" Cramer addentò ferocemente il sigaro. "E adesso, poche ore dopo che la signora Rackham è venuta a fargli visita e l'ha assunto per investigare sulle rendite di suo marito, qualcuno gli manda un cilindro di gas lacrimogeno… Badate bene, non una bomba per farlo saltare in aria… no, gas lacrimogeno. Per dargli un avvertimento. Quella stessa notte la signora Rackham va al Creatore. Voi lo annunciate per telefono a Wolfe e quando tornate a casa, lui è sparito." Cramer si tolse il sigaro di bocca e lo puntò contro di me. "Voglio dirvi che cosa penso, Archie. Penso che se Wolfe fosse rimasto a casa, l'assassino della signora Rackham sarebbe già al fresco ormai. Penso che il vostro principale avesse qualche ottima ragione per credere che se avesse favorito la cattura dell'assassino avrebbe dovuto trascorrere il resto della sua vita cercando di eludere Arnold Zeck. E infine penso che Wolfe abbia deciso che l'unica via di cavarsela sia quella di mettere a posto Zeck in maniera definitiva. Che ve ne pare?"

"Nessun commento" dichiarai educatamente. "Se avete ragione avete ragione e se avete torto non voglio ferire i vostri sentimenti."

"Molto obbligato. Però un avvertimento da Zeck l'ha avuto: il gas lacrimogeno."

"Nessun commento."

"Non ne aspettavo. Ora vi dirò perché son venuto. Voglio che portiate a Wolfe un messaggio personale da parte mia, non in veste di funzionario di polizia, ma di amico. Tutto resterà fra noi, beninteso. Zeck è intangibile. Nessuno, può arrivare sino a lui. È una maledetta vergogna che un rappresentante della giustizia debba dire una cosa simile, anche solo in privato. Ma purtroppo è vero. Qui c'è di mezzo un caso d'omicidio e grazie al cielo non spetta a me risolverlo. Non voglio dir male di gente come Ben Dykes e come il procuratore distrettuale, ma se Barry Rackham ha ucciso sua moglie ed è veramente un uomo di Zeck, sulla sedia elettrica non ci andrà mai. Non so ancora come manovrerà, Zeck, ma una cosa è più che certa: Rackham resterà su questa terra." Cramer sbuffò e lanciò il sigaro spento verso il mio cestino della carta, sbagliandolo di mezzo metro.

"Sempre viva la giustizia!" inneggiai.

L'ispettore sbuffò, ma a quanto pareva non contro di me. "Voglio che al vostro principale diciate questo: a Zeck non si può arrivare. Non può arrivarci nemmeno lui. Lo so, lo so che è terribilmente testardo e che ha più fegato di mille sergenti di polizia messi insieme. Vedete, Archie, io lo conosco a menadito, il vostro Wolfe, e mi piacerebbe un mondo dargli un bel pugno sul naso, forse un giorno lo farò e ci godrò pazzamente. Però non vorrei mai vederlo fiaccarsi le ossa in una lotta senza speranza. A occhio e croce negli ultimi dieci anni ci sono stati più di cento omicidi in questa città, collegati in un modo o nell'altro col giro di operazioni di Arnold Zeck. Ma non in un solo caso si è avuta la più lontana possibilità di arrivare fino al responsabile. Zeck è intangibile… potete dirglielo chiaro. Ma per l'amor di Dio non andate a spifferarlo in giro. Non è colpa mia se Zeck non lo si può beccare."

"Ci sono due ragioni per cui il vostro messaggio non raggiungerà il destinatario. Innanzi tutto lui è per me come Zeck per lui: non posso beccarlo. Non so dove si trovi."

"Oh, la commedia continua!"

"In secondo luogo non mi va il messaggio. Ammetto di aver sentito il signor Wolfe discutere di Zeck. Una volta ne ha parlato a un'intiera famiglia… solo che lo chiamava X. Descriveva le difficoltà che si sarebbero incontrate per coglierlo con le mani nel sacco. A sentir lui, tra la gente che conosce a New York, non ci sono più di cinque persone libere dal sospetto di aver a che fare con le attività di X. Un'altra volta, per caso, ho chiesto notizie di Zeck a un giornalista e ho scoperto che circolano chiacchiere piuttosto strane intorno ai dipendenti di quel signore. Tra l'altro, il giornalista mi ha elencato, non per nome naturalmente, uomini politici, poliziotti, finanzieri, avvocati farabutti di varie specie coi loro clienti, assassini inclusi, baristi, dattilografe e, forse, massaie. Non ha fatto cenno, in particolare, agli ispettori di polizia."

"Una semplice dimenticanza, immagino."

"Credo anch'io. Delle cinque eccezioni fatte dal signor Wolfe, io non so il nome, ma son quasi certo di averne indovinate tre. Pensavo che probabilmente il quarto foste voi, ma temo d'aver avuto torto. Voi vi siete preso il disturbo di venire fin qui con un messaggio personale, però non volete che ne parli in giro, il che significa che se riferirò questa conversazione a qualcuno che non sia il signor Wolfe mi darete del bugiardo. E che messaggio m'avete affidato? Dovrei dire a Wolfe di girare al largo da Zeck se non vuol rimetterci la pelle. Ora, poiché il mio principale è il migliore e il più coraggioso investigatore della terra, questo è proprio il genere di servizio che Zeck pagherebbe a peso d'oro. Non vorrei dire…" Non arrivai a dire ciò che non volevo dire. Cramer era balzato dalla poltrona e veniva verso di me con un'espressione che non gli avevo mai vista prima. Varie volte l'ispettore aveva perso la calma col mio principale, ma mai al punto da diventare bianco come un panno lavato e da lanciar fiamme omicide dagli occhi che roteavano nelle orbite.

Mi misurò un destro e lo schivai. Cercò di colpirmi basso con un sinistro e lo bloccai con l'avambraccio. Tentò di nuovo col destro ed io saltai all'indietro, mi tirai da parte e mi rifugiai dietro la scrivania di Wolfe.

"Non arriverete mai a colpirmi, neanche se ci metterete un secolo. Io personalmente non voglio nemmeno sfiorarvi: avete vent'anni più di me, e per soprammercato siete ispettore. Se ho torto, un giorno o l'altro vi farò le mie scuse. Ho detto se ho torto." Lui fece dietrofront e uscì a gran passi. Non ritenni opportuno andarlo ad aiutare a infilarsi il cappotto.