Parte seconda

MONOTEISMI

1. Tirannie e servitù degli oltremondi

1.1. L'occhio nero del monoteismo

Sappiamo che gli animali non sono contagiati da Dio. Indenni dalla religione, ignorano l'incenso e l'ostia, le genuflessioni e le preghiere, né li vediamo in estasi davanti agli astri o ai sacerdoti; non costruiscono né templi né cattedrali e non vengono mai sorpresi a invocare finzioni. Con Spinoza, pensiamo che se si creassero un Dio, lo farebbero a loro immagine: gli asini con grandi orecchie, gli elefanti con la proboscide, le api con un pungiglione. Perciò quando gli uomini si mettono in testa di dare vita a un Dio unico, lo fanno a loro immagine: violento, geloso, vendicatore, misogino, aggressivo, tirannico, intollerante. Per farla breve, danno forma alla loro pulsione di morte, alla loro parte oscura, e ne fanno una macchina lanciata a tutta velocità contro se stessi.

Infatti solo gli uomini inventano oltremondi, dèi o un solo Dio; essi soltanto si prosternano, si umiliano, si abbassano; essi soltanto favoleggiano e credono testardamente alle storie nate dalla preoccupazione di evitare di guardare in faccia il destino; essi soltanto a partire da queste finzioni architettano un delirio che trascina con sé una sequela di sciocchezze pericolose e di nuove scappatoie; essi soltanto lavorano alacremente alla realizzazione di ciò che più di tutto vorrebbero evitare: la morte. La vita gli appare invivibile se la morte ne è la fine inevitabile. Subito si danno da fare per chiamare il nemico a governare la loro vita: vogliono morire regolarmente un po' tutti i giorni, per poter credere che il trapasso è più facile, quando arriva l'ora. Le tre religioni monoteistiche esortano a rinunciare a vivere qui e ora col pretesto che un giorno bisognerà rassegnarvisi: magnificano un aldilà (fittizio) per impedire il pieno godimento dell'aldiquà (reale). Il loro carburante? La pulsione di morte e infinite variazioni sul tema.

Strano paradosso! La religione risponde al vuoto ontologico scoperto da chiunque si accorga che un giorno dovrà morire, che il suo soggiorno sulla terra è limitato nel tempo, che ogni esistenza si svolge per un breve periodo tra due nulla. Le favole accelerano il processo. Esse impiantano la morte sulla terra in nome dell'eternità in cielo. In questo modo esse sprecano il solo bene di cui disponiamo: la materia viva di un'esistenza viene uccisa in germe col pretesto della sua finitezza. Ma è un pessimo calcolo rinunciare a vivere per non dover morire, perché così alla morte si paga due volte un tributo che è sufficiente pagare una volta sola.

La religione deriva quindi dalla pulsione di morte. Questa strana forza nera nel vuoto dell'essere lavora alla distruzione di ciò che esiste. Laddove qualcosa vive, si espande, vibra, lì si muove anche una controforza, necessaria all'equilibrio, che vuole arrestare il movimento e immobilizzare il flusso. Quando la vitalità apre varchi e scava gallerie, la morte si attiva, è il suo modo di vivere, la sua maniera di essere. Essa fa andare a male i progetti di esistenza per far crollare l'insieme. Venire al mondo significa scoprire di essere per la morte; essere per la morte significa vivere giorno per giorno la delusione della vita. Solo la religione dà l'impressione di arrestare il movimento. In realtà lo accelera.

Rivolta contro di sé, la pulsione di morte genera tutti i comportamenti a rischio, le tendenze suicide, crea pericoli per se stessi; diretta contro gli altri, produce l'aggressività, la violenza, i crimini, gli omicidi. La religione del Dio unico sposa questi movimenti: lavora all'odio verso sé, al disprezzo del proprio corpo, al discredito dell'intelligenza, alla disistima della carne, alla valorizzazione di tutto ciò che nega la soggettività dischiusa; proiettata contro gli altri, fomenta il disprezzo, la cattiveria, l'intolleranza che a loro volta producono i razzismi, la xenofobia, il colonialismo, le guerre, l'ingiustizia sociale. Basta guardare la Storia per constatare la miseria e i fiumi di sangue versati in nome del Dio unico.

I tre principali monoteismi, animati dalla stessa pulsione di morte, condividono identici disprezzi: l'odio per la ragione e l'intelligenza; l'odio della libertà; l'odio di tutti i libri in nome di uno solo; l'odio della vita; l'odio della sessualità, delle donne, del piacere; l'odio del femminile; l'odio del corpo, dei desideri, delle pulsioni. Al loro posto, l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo difendono: la fede e la credenza, l'obbedienza e la sottomissione, il gusto della morte e la passione per l'aldilà, l'angelo asessuato e la castità, la verginità, la fedeltà e la monogamia, la sposa e la madre, l'anima e lo spirito. Vale a dire: la crocifissione della vita e la celebrazione del nulla.

1.2. Dagli all'intelligenza

Il monoteismo detesta l'intelligenza, virtù sublime che si definisce per la capacità di legare ciò che a priori, e per lo più, viene considerato slegato.

Essa rende possibili le causalità inattese, ma vere: produce spiegazioni razionali, convincenti, basate su ragionamenti; rifiuta le finzioni costruite.

Con essa si evitano i miti e le storie per bambini. Nessun paradiso dopo la morte, niente anime salvate o dannate, nessun Dio che tutto sa e tutto vede: ben guidata, e secondo l'ordine delle ragioni, l'intelligenza, a priori atea, evita ogni pensiero magico.

I sostenitori della legge mosaica, delle frottole cristiane e dei loro cloni coranici, condividono la stessa favola sulle origini del male nel mondo: nella Genesi (3,6) - comune alla Torah e al Vecchio Testamento della Bibbia cristiana - e nel Corano (II, 29) si trova la stessa storia di Adamo ed Eva nel paradiso, in cui Dio proibisce di avvicinarsi a un albero, mentre un demone incita a disobbedire. Versione monoteista del mito greco di Pandora, è la prima donna a causare evidentemente l'irreparabile e a diffondere col suo gesto il male su tutta la terra.

Questo racconto, in tempi normali buono solo per ingrossare la categoria delle favole o delle storie che non stanno in piedi, ha avuto sulla civiltà conseguenze enormi! Odio della donna e della carne, colpevolezza e desiderio di ravvedimento, ricerca di un'impossibile riparazione e sottomissione alla necessità, fascinazione per la morte e passione per il dolore - tutte occasioni per attivare la pulsione di morte.

Che cosa c'è nel dossier di questa storia? Un Dio che proibisce alla coppia primordiale di consumare il frutto dell'albero della conoscenza.

Siamo chiaramente di fronte a una metafora. Ci vorranno i Padri della Chiesa per sessualizzare questa storia, perché il testo è chiaro: mangiare questo frutto apre gli occhi e permette di distinguere il bene e il male, dunque di essere simili a Dio. Un versetto parla di un albero «desiderabile per acquistare saggezza» (3,6). Non tener conto del diktat di Dio, significa preferire il sapere all'obbedienza, voler conoscere piuttosto che sottomettersi. Detto diversamente: optare per la filosofia contro la religione.

Che cosa significa questa proibizione dell'intelligenza? In questo magnifico giardino si può fare tutto, ma non diventare intelligenti - l'albero della conoscenza - o immortali - l'albero della vita. Quale destino riserva dunque Dio agli uomini: l'imbecillità e la mortalità? Bisogna immaginare un Dio perverso per offrire un simile regalo alle sue creature. Celebriamo allora Eva che opta per l'intelligenza a prezzo della morte, mentre Adamo non afferra immediatamente la posta in gioco del periodo paradisiaco: la gioia eterna dell'imbecille felice!

Che cosa scoprono quegli infelici, dopo che la signora ha dato un morso al frutto sublime? La realtà. La realtà, e nient'altro: la nudità, la loro parte naturale, ma anche, dopo la recente acquisizione del sapere, la loro parte culturale, o per lo meno le sue potenzialità, con la creazione di un perizoma con foglie, di fico e non di vite. E ancora: la durezza della quotidianità, la tragicità di ogni destino, la brutalità della differenza sessuale, l'abisso che separa per sempre uomo e donna, l'impossibilità di evitare la fatica del lavoro, il dolore della maternità e l'impero della morte. Una volta affrancati, per evitare l'aggiunta della trasgressione che avrebbe permesso di accedere alla vita eterna, in quanto l'albero della vita stava accanto all'albero della conoscenza, il Dio unico, decisamente buono, mite, amante, generoso, espelle Adamo ed Eva dal paradiso. Da allora noi ci troviamo in questa condizione.

Lezione numero uno: se rifiutiamo l'illusione della fede, le consolazioni di Dio e le favole della religione, se preferiamo voler sapere optando per la conoscenza e l'intelligenza, allora la realtà ci appare così com'è: tragica. Ma una verità che toglie subito la speranza e consente di non sprecare del tutto la vita collocandola sotto il segno del morto-vivente è meglio di una storia che sul momento consola, ma ci fa trascurare il nostro unico bene: la vita qui e ora.

1.3. La litania delle proibizioni

Dio non si è accontentato di vietare una volta di mangiare il frutto proibito: infatti, da quel giorno, si manifesta solo per mezzo di divieti. Le religioni monoteistiche non vivono che di prescrizioni e di richieste: fare e non fare, dire e non dire, pensare e non pensare, agire e non agire. Proibito e permesso, lecito e illecito, d'accordo e non d'accordo, i testi religiosi abbondano di codificazioni esistenziali, alimentari, comportamentali, rituali e quant'altro.

Infatti l'obbedienza si misura bene solo per mezzo di divieti. Più questi pullulano, maggiori sono le occasioni di farsi allettare, tanto più diminuiscono le probabilità di perfezione e aumenta la colpevolezza. Ed è una buona cosa per Dio - o almeno per il clero che lo invoca - poter giocare con questa potente molla psicologica. Ognuno deve continuamente sapere che deve sempre obbedire, conformarsi, agire come si deve, come la religione ci ordina. Non comportarsi come Eva, ma, come Adamo, sottomettersi al volere del Dio unico.

L'etimologia ci dice: "islam" significa 'sottomissione'... E come rinunciare meglio all'intelligenza se non sottomettendosi ai divieti degli uomini. Infatti la voce di Dio si sente male, poco o per niente! Come può manifestare le sue preferenze alimentari, quelle relative al modo di vestire, rituali, se non tramite un clero che pone divieti, decide in suo nome del lecito e dell'illecito? Obbedire a queste leggi e regole significa sottomettersi a Dio, forse, ma di sicuro più a chi si avvale della sua autorità: il sacerdote.

Il periodo trascorso nel giardino dell'Eden, quando Dio parla ad Adamo ed Eva, è l'epoca benedetta del rapporto diretto tra la divinità e le sue creature. Ma con l'espulsione dal paradiso, il contatto è rotto. Da qui l'interesse a manifestare la Sua presenza nei particolari, negli aspetti più minuti della vita quotidiana, in ogni minimo gesto. Dio veglia e minaccia non soltanto in cielo, ma dappertutto - e anche il diavolo, quindi, spia nella sua ombra...

L'essenziale è nel particolare: per esempio gli ebrei si proibiscono di mangiare crostacei, perché a Dio ripugnano gli animali senza pinne e senza squame che, per di più, esibiscono all'esterno il loro scheletro; allo stesso modo i cristiani evitano la carne il Venerdì santo - giorno celebre per il suo eccesso di emoglobina; e i musulmani stanno attenti a non fare festa col sanguinaccio. Ecco tre occasioni tra le altre per mostrare la propria fede, credenza, pietà e la devozione a Dio.

Il lecito e l'illecito occupano un posto rilevante nella Torah e nel Talmud, limitato nel Corano, ma assai ampio soprattutto negli hadith. Il cristianesimo - una volta tanto sia resa gloria a san Paolo! - non si carica di tutto ciò che, ad esempio nel Levitico o nel Deuteronomio dove sono enunciati i divieti più importanti, obbliga, vieta, impone in tutti i campi: gli usi a tavola, i comportamenti a letto, i raccolti nei campi, la tessitura e i colori del guardaroba, l'impiego del tempo ora per ora ecc.

I Vangeli non proibiscono né il vino né la carne di maiale né alcun alimento e non obbligano a portare particolari vestiti. L'appartenenza alla comunità cristiana implica l'adesione al messaggio evangelico, non a dettagliate prescrizioni maniacali. A un cristiano non verrebbe in mente di proibire il sacerdozio a un individuo deforme, cieco, zoppo, sfigurato, gobbo, mingherlino, come invece chiede Jahwèh a Mosè per chiunque abbia intenzione d'intraprendere il culto come professione (Levitico 21, 16). In compenso Paolo conserva la mania del lecito e dell'illecito in campo sessuale. Gli Atti degli apostoli testimoniano su questo punto di un legame intimo tra il Vecchio e il Nuovo Testamento.

Ebrei e musulmani obbligano a pensare Dio a ogni istante della vita quotidiana. Dal risveglio al momento di andare a letto, le ore da dedicare alla preghiera, ciò che bisogna mangiare o non mangiare, il modo di vestire, nessun comportamento della vita quotidiana, anche quello in teoria il più insignificante, può essere scelto liberamente. Non è possibile nessun giudizio o apprezzamento personale: solo obbedienza e sottomissione. È la negazione di ogni libertà di agire e la proclamazione del regno della necessità. La logica del lecito e dell'illecito rinchiude in una prigione dove l'abdicazione della volontà vale come atto di fedeltà e prova di comportamento pio - un investimento ripagato profumatamente, ma più tardi, nel paradiso.

1.4. L'ossessione della purezza

La coppia lecito/illecito funziona assieme alla coppia trainante puro/impuro. Che cosa è puro? O impuro? Chi lo è? Chi non lo è? Chi decide di tutto ciò? Autorizzato e legittimato da chi? Il puro designa ciò che è senza mescolanza. Il contrario della commistione. Dalla parte del puro: l'Uno, Dio, il Paradiso, l'Idea, lo Spirito; di fronte, l'impuro: il Diverso, il Molteplice, il Mondo, il Reale, la Materia, il Corpo, la Carne. I tre monoteismi condividono questa visione del mondo e gettano discredito sulla materialità del mondo.

Con ogni evidenza, una serie di impurità segnalate dal Talmud possono giustificarsi e derivare da una saggezza pratica: è comprensibile che si possa considerare impuro un cadavere, una carogna, il flusso di sostanze corporee, la lebbra. Il buon senso associa la decomposizione, la putrefazione, la malattia al pericolo per gli individui di esporre al rischio la comunità. La possibilità di buscarsi la febbre o di contrarre una malattia, l'eventualità che si diffonda un'epidemia o una pandemia, che si propaghino malattie sessualmente trasmissibili, giustifica le misure di prevenzione, un'efficace medicina popolare. Non andare incontro al male è il primo dei beni.

L'impurità contamina: il luogo, il posto, l'interno della tenda, gli oggetti, le persone quando vengono toccate ma anche quando sono vicine, i recipienti scoperti nelle case. La persona interessata infetta a sua volta ciò che avvicina o tocca fino a quando la purificazione e le abluzioni non mettono fine a questo stato di pericolo collettivo. L'igienista vede in ciò delle misure utili per evitare la propagazione di malattie. Ma per altre impurità l'argomento della profilassi non regge. Che cosa si rischia a stare vicino a una donna con le mestruazioni? O a un'altra che ha appena partorito? Tutte e due impure. Quanto è comprensibile la paura di flussi anormali che possono significare pericolo di blenorragia, di gonorrea o di sifilide, altrettanto è discutibile il discredito del sangue mestruale o della puerpera. Salvo avanzare l'ipotesi che in entrambi i casi la donna non è feconda, e può perciò disporre liberamente del suo corpo e della sua sessualità senza rischiare la gravidanza - uno stato ontologicamente inaccettabile per i rabbini, sostenitori dell'ideale ascetico e dell'espansione demografica.

I musulmani condividono molte concezioni con gli ebrei. Segnatamente questa fissazione sulla purezza. In generale, il corpo è impuro per il semplice fatto di esistere. Da qui la continua ossessione a purificarlo attraverso cure particolari: circoncisioni, pulizia e taglio della barba, dei baffi, dei capelli, taglio delle unghie, proibizione di ingerire alimenti non ritualmente preparati, proscrizione di ogni contatto con i cani, evidentemente proibizione assoluta del maiale e dell'alcol, ordine tassativo di evitare ogni materia corporale - urina, sangue, sudore, saliva, sperma, feci.

Certo, ancora una volta si può giustificare tutto ciò in modo razionale: profilassi, igiene, pulizia, senza che sia possibile sapere perché il maiale piuttosto che la carne di cammello - alcuni avanzano l'ipotesi del maiale come animale emblematico di certe legioni romane, un cattivo ricordo locale, altri si basano sul carattere onnivoro dell'animale che ingerisce i rifiuti pubblici. L'odio del cane può rimandare ai rischi dei morsi e della rabbia; la condanna dell'alcol al fatto che le regioni calde sembrano propizie all'ozio, al riposo e all'idratazione intemperante, e perciò acqua o tè in quantità vanno preferiti agli alcolici, che presentano effetti collaterali. Tutto ciò può trovare una spiegazione razionale.

Ma perché non accontentarsi di una pratica laica? Che bisogno c'è di trasformare queste prevenzioni giustificate dal buon senso in occasioni di regole rigide, di leggi inflessibili, e poi di subordinare la salvezza o la dannazione eterna all'osservanza di questi diktat? Nessuno contesta che nelle toilette sia necessaria la pulizia, soprattutto in epoche e regioni in cui non esistevano un buon sistema fognario, l'acqua corrente, gli scarichi sanitari, le fosse settiche, i prodotti per la disinfezione. Ma che alcuni hadith prescrivano dettagliatamente le modalità della pulizia anale: non meno di tre pietre, nessun ricorso ai rifiuti (!), né alle ossa (!);non dirigere il getto dell'urina verso la Mecca; oppure quelle relative alla condizione di purezza prima della preghiera: non aver emesso liquido prostatico, gas, urine, feci, mestrui, certo, ma anche, causa di rottura con l'islam, non aver avuto relazioni sessuali durante le mestruazioni della propria compagna, né rapporti anali - anche qui a motivo del sesso dissociato dalla procreazione...

di tutto ciò non si capisce il nesso razionale e ragionevole.

1.5. Tenere a bada il corpo

Come spiegare questa serie di divieti ebraici e musulmani - così simili -

se non con la sistematica associazione del corpo all'impurità? Corpi sporchi, sudici, corpi infetti, corpi di materie vili, corpi libidici, corpi maleodoranti, corpi di fluidi e di liquidi, corpi malati, corpi di morti, di cani e di donne, corpi di rifiuti, corpi sanguinolenti, corpi puzzolenti, corpi sodomiti, corpi sterili, corpi infecondi, corpi detestabili.

Uno hadith insegna la necessità di purificarlo praticando abluzioni.

Afferma che più queste pratiche saranno frequenti, maggiore sarà la possibilità di disporre in cielo di un corpo glorioso, nel senso che a questa parola danno i cristiani. Il giorno della resurrezione, il corpo rinasce con dei segni luminosi nei punti di contatto con il tappeto da preghiera. Corpo di carne nera e opaca contrapposto al corpo spirituale bianco e splendente.

Quale, tra le anime semplici, può voler amare una carne terrestre peccaminosa quando la speranza di un anticorpo paradisiaco si presenta come una certezza ammirevole a ogni credente che si piega alla logica lecito/illecito secondo il principio puro/impuro? Quale mai?

Il rituale di purificazione fornisce ugualmente occasioni per tenere a bada il corpo, come al guinzaglio di se stesso. Ogni organo occupa il proprio posto in un rituale di preghiera organizzato, meticolosamente ordinato. Nulla sfugge all'occhio di Allah. L'abilitazione dei materiali e dell'attrezzatura utilizzati - acqua, pietre, sabbia, terra -, la numerazione delle membra, la codifica rituale, l'iscrizione di tutta l'anatomia in un ordine di successione, la scenografia della reiterazione dei gesti: dita, polsi diritti, avambracci, gomiti, tre volte, ecc. Non dimenticare il tallone, perché una tale negligenza porta all'inferno...

Evitiamo una lettura puramente razionale basata solo sul desiderio di pulizia. Se si tratta di mettere in guardia contro lo sporco di urina sul vestito, di utilizzare la mano con cui non si mangia per pulirsi in bagno, l'argomento regge. Ma crolla quando si esaminano gli hadith che autorizzano la purificazione dei piedi sopra la pantofola, secondo l'espressione consacrata - e la traduzione che utilizzo -, e quando si dichiara che l'operazione è possibile persino conservando i calzini. Dio dispone sicuramente di ragioni diverse da quelle puramente igieniche!

L'ammaestramento del corpo attraverso la purificazione è lo stesso ammaestramento che si compie con la pratica della preghiera - delle cinque preghiere quotidiane, tutte annunciate dal muezzin dall'alto del suo minareto. Impossibile disporre del proprio tempo per sé, e neanche del proprio corpo: il risveglio e l'andare a letto dipende dall'appello, lo svolgersi della giornata anche, poiché tutto termina con la preghiera. L'allineamento per indicare l'ordine, l'organizzazione e la buona intesa della comunità.

Niente donne. I più vecchi davanti. La prosternazione del corpo secondo un codice molto preciso: sette ossa devono stare a contatto col suolo - la fronte, le due mani, i due ginocchi, l'estremità dei due piedi. Senza disturbare l'imam, ma un solo piede sono cinque dita, due piedi dieci, e con l'aiuto della podologia si oltrepassa la teoria dei sette.

Certe posture sono proibite, in quanto non conformi. Lo stesso per inchini e prosternazioni: devono essere effettuati secondo le regole.

Impensabile che il corpo si abbandoni alla pazza gioia, bisogna mettere alla prova la sua sottomissione e obbedienza. Non si è musulmani senza mostrare con zelo la propria gioia nel piegarsi ai dettagli. Poiché Allah è nei dettagli. Ancora una parola: gli angeli non amano l'aglio, né lo scalogno, sarà bene quindi evitare di passeggiare vicino alle moschee con questi bulbi nella gellaba. A maggior ragione di entrare col burnus pieno!

2. Autodafé dell'intelligenza

2.1. Il laboratorio clandestino dei libri sacri L'odio per l'intelligenza e il sapere, l'esortazione a obbedire piuttosto che a riflettere, il funzionamento della doppia coppia lecito/illecito, puro/impuro per generare obbedienza e sottomissione invece del libero uso di sé, tutto ciò si trova codificato in alcuni libri. Il monoteismo passa per essere la religione del Libro - ma sembra piuttosto la religione di tre libri che non si sopportano affatto. Ai paolini non piace molto la Torah, i musulmani non apprezzano affatto né il Talmud né i Vangeli, i cultori del Pentateuco considerano il Nuovo Testamento e il Corano come altrettante imposture.

Certo, tutti insegnano l'amore del prossimo. Ma è già difficile essere irreprensibili con i fratelli delle religioni abramitiche!

La confezione di questi libri cosiddetti santi rientra nel campo delle più elementari leggi della storia. Si dovrebbe anzitutto affrontare questo corpus con occhio filologico, storico, filosofico, simbolico, allegorico, e in ogni altro modo che dispensi dal credere che siano libri ispirati e scritti sotto la dettatura di Dio. Nessuno di essi è rivelato. D'altro canto, da parte di chi?

Non più delle favole persiane o delle saghe islandesi, queste pagine non discendono dal cielo.

La Torah non è così antica come afferma la tradizione; Mosè è improbabile; Jahwèh non ha dettato nulla; sicuramente non in una scrittura che al tempo di Mosè non esisteva! Nessun evangelista ha conosciuto personalmente il famoso Gesù; il canone testamentario deriva da decisioni politiche tardive, in particolare quando, siamo nella prima metà del IV

secolo, Eusebio di Cesarea, su incarico dell'imperatore Costantino, costituisce un corpus a partire da ventisette versioni; gli scritti apocrifi sono più numerosi di quelli che costituiscono il Nuovo Testamento. Maometto non ha scritto il Corano; d'altra parte questo libro esiste in quanto tale solo venticinque anni dopo la sua morte; la seconda fonte di autorità musulmana, gli hadith, vede la luce nel IX secolo, ossia due secoli dopo la scomparsa del profeta. All'ombra dei tre Dei si può constatare la presenza molto attiva degli uomini.

2.2. Il Libro contro i libri

Per consolidare l'autorità del Corano definitivo, le autorità politiche -

come Marwan, governatore di Medina - cominciano col recuperare, distruggere e bruciare le versioni esistenti, allo scopo di conservarne una sola per evitare il raffronto storico e scoprire le tracce di una fabbricazione umana, troppo umana. (A questo rogo delle sette versioni primitive ne sfugge una, che ancora prevale in certi paesi dell'Africa). E la prefigurazione di numerosi roghi di libri accesi in nome dell'Unico Libro.

Ciascuno di questi tre libri pretende di essere il solo e afferma di contenere tutto quello che occorre sapere e conoscere. Raccoglie in forma enciclopedica l'essenziale e sconsiglia fortemente di andare a cercare in altri libri, pagani o laici, ciò che si trova già in esso.

I cristiani danno il la con Paolo di Tarso il quale, negli Atti degli apostoli (19,19), incita a bruciare i manoscritti pericolosi. L'invito non cade su orecchie sorde: Costantino e altri imperatori cristianissimi mettono al bando e interdicono filosofi, perseguitano sacerdoti politeisti, imprigionati e in parte uccisi, dopo averne impedito l'esistenza sociale. L'odio per i libri non cristiani produce un impoverimento generale della civiltà. La creazione dell'Indice dei libri proibiti nel XVI secolo, cui si aggiunge l'Inquisizione, completa l'opera di sradicamento di tutto ciò che si discosta dalla linea della Chiesa cattolica, apostolica e romana.

Il desiderio di farla finita con i libri non cristiani, l'interdizione di un libero pensiero (tra i filosofi importanti, tutti quelli che contano, da Montaigne a Sartre, passando per Pascal, Cartesio, Kant, Malebranche, Spinoza, Locke, Hume, Berkeley, Rousseau, Bergson, e tanti altri, senza parlare dei materialisti, dei socialisti, dei freudiani, figurano nell'Indice), impoveriscono il pensiero, costretto alla rinuncia, al silenzio o a una prudenza estrema. La Bibbia, col pretesto di contenere tutto, impedisce tutto ciò che non contiene. Per secoli il danno che ne deriva è notevole.

Numerosi sono i casi in cui contro gli autori musulmani viene lanciata la fatwa, anche quando non difendono posizioni atee, non screditano gli insegnamenti del Corano, non ricorrono né alle bestemmie né alle ingiurie.

Per attirarsi i fulmini, basta semplicemente pensare ed esprimersi liberamente. Ogni velleità di pensiero autonomo si paga a caro prezzo; con l'esilio, l'inseguimento, la persecuzione, la calunnia, se non addirittura con l'assassinio, tutte miserie sperimentate da Ali Abderraziq, Muhammad Khalafallàh, Taha Hussein, Nasr Hamid Abfi Zayd, Muhammad Iqbal, Fazlur Rahman, Mahmud Mohammed Taha.

I sacerdoti delle tre religioni non tollerano l'autonomia del pensiero e della riflessione. Preferiscono dare l'autorizzazione - l'imprimatur - ai prestigiatori che stordiscono l'uditorio con la loro destrezza nel maneggiare il linguaggio, sfogliare il vocabolario e adattare le formule. Che cosa fa la scolastica per secoli, se non avvolgere verbalmente, nella terminologia astrusa della corporazione filosofica, le vecchie favole cristiane e i dogmi della Chiesa?

Ebrei, cristiani e musulmani amano gli esercizi di memoria, apprezzano particolarmente il gioco dei fedeli salmodianti. I musulmani imparano molto giovani a memorizzare le sure del Corano, a leggerlo correttamente con una buona dizione – tajwid -, e a salmodiarlo correttamente - tartil. La tajwid indica una declamazione lenta e melodiosa con variazioni ricche di melismi e abbellimenti, il tutto con ampie pause; il tartil è una recitazione lenta.

Tradizionalmente le scuole di teologia teorizzano sette tipi di lettura sulla base di connotazioni linguistiche e fonetiche: consonanti abbassate, rinforzate, senza connotazioni; vocali occultate; pronuncia leggerissima; abbellimento con l'aiuto di anafore; l'insieme contribuisce a subordinare lo spirito, il senso e l'intelligenza del testo al semplice lavoro fonico della lettera.

Ciò è testimoniato dalle litanie che si possono ascoltare nelle scuole talmudiche o nelle scuole coraniche - le madrasa —, spesso utilizzate per combattere la falsafa, la filosofia: si impara ad alta voce, in gruppo, in cadenza, su un ritmo collettivo e comunitario. Le melopee aiutano a memorizzare gli insegnamenti di Jahwèh o di Allah. La mnemotecnica ebraica implica un metodo di apprendimento della lettura e dell'alfabeto attraverso l'associazione di lettere a contenuti che dipendono dalla dottrina talmudica.

Il libro mira dunque paradossalmente alla sua quasi soppressione materiale dopo una memorizzazione integrale. Un'astuzia della ragione: si impara la Torah o il Corano a memoria, di modo che in caso di persecuzione, di esilio, di condizioni che impediscano di avere il volume sotto mano, o nel caso di qualche situazione imprevista, si possa disporre mentalmente del Libro e dei suoi insegnamenti.

2.3. Odio della scienza

Questa legge del Libro unico, totale, integrale, accompagnata dalla spiacevole abitudine di credere che tutto si trovi in un solo testo, porta a scartare il ricorso e l'aiuto dei libri non religiosi - senza per questo essere atei - come le opere scientifiche. Il monoteismo, salvo quando fa comodo, non ama molto il lavoro razionale degli scienziati. L'islam predilige si l'astronomia, l'algebra, le matematiche, la geometria, l'ottica, ma per poter meglio calcolare la direzione della Mecca con le stelle, stabilire i calendari religiosi, fissare le ore della preghiera; ama sì la geografia, ma per facilitare la convergenza verso la Kaaba in occasione del pellegrinaggio dei fedeli di tutto il mondo; pratica la medicina, ma per evitare l'impurità che impedisce il rapporto con Allah; apprezza la grammatica, la filosofia, il diritto, ma per meglio commentare il Corano e gli hadith. La strumentalizzazione religiosa della scienza sottopone la ragione a un uso domestico e teocratico. In terra islamica la scienza non viene praticata per se stessa, ma per incrementare la pratica religiosa. Dopo secoli di cultura musulmana non si registra nessuna invenzione o ricerca, nessuna scoperta di rilievo nel campo della scienza laica. Uno hadith celebra in effetti la ricerca della scienza fino in Cina, ma sempre nella logica della sua strumentalizzazione da parte della religione, mai per l'ideale puramente umano e immanente di un progresso sociale.

Anche il cristianesimo ritiene che la Bibbia contenga tutto il sapere necessario al buon funzionamento della Chiesa. Per secoli essa ha potentemente contribuito a rendere impossibile ogni ricerca che, anche senza contraddirli, andasse oltre i testi sacri, suscitando quindi preoccupazioni e interrogativi. Fedele alla lezione della Genesi (il sapere non è desiderabile, la scienza allontana dall'essenziale, cioè da Dio), la religione cattolica ostacola il cammino della civiltà provocando danni incalcolabili.

Sin dai primi tempi del cristianesimo, all'inizio del II secolo, il paganesimo diventa oggetto di una condanna integrale: tutto ciò che esso produce viene respinto, associato ai falsi dèi, al politeismo, alla magia e all'errore. Le matematiche di Euclide? La fisica di Archimede? La geografia di Eratostene? Le scienze naturali di Aristotele? L'astronomia di Aristarco?

La medicina di Ippocrate? L'anatomia di Erofilo? Non sono abbastanza cristiane!

Le scoperte fatte da questi geni greci - l'eliocentrismo di Aristarco, per fare un solo esempio - sono valide, evidentemente, indipendentemente dagli dèi e dal sistema religioso di allora. Poco importa l'esistenza di Zeus e dei suoi, se si tratta di determinare le leggi dell'idrostatica, calcolare la lunghezza di un meridiano, inventare latitudini e longitudini, misurare la distanza che ci separa dal Sole, professare la rotazione della Terra attorno al Sole, perfezionare la teoria degli epicicli, tracciare la carta del cielo, stabilire la durata di un anno solare, mettere in relazione le maree e l'attrazione lunare, scoprire il sistema nervoso, proporre ipotesi sulla circolazione del sangue: tutte verità indifferenti al popolamento del Cielo.

Voltare le spalle a queste conquiste, agire come se queste scoperte non fossero mai avvenute, riprendere le cose da zero, significa come minimo arrestarsi, entrare in un pericoloso immobilismo; nel peggiore dei casi, mentre altri avanzano, regredire a gran velocità e dirigersi alla cieca verso le tenebre da cui, per essenza e per definizione, ogni civiltà cerca di liberarsi per esistere. Il rifiuto dei Lumi caratterizza le religioni monoteistiche: esse preferiscono le notti della mente utili per alimentare le loro favole.

2.4. La negazione della materia

In fatto di scienza, la Chiesa si sbaglia da sempre su tutto: in presenza di una verità epistemologica, essa perseguita lo scopritore. La storia del rapporto tra scienza e cristianesimo partorisce una notevole somma di sciocchezze e di stupidità. Dal rifiuto dell'ipotesi eliocentrica dell'antichità alle condanne contemporanee della sperimentazione genetica per l'umanità si accumulano venticinque secoli di pasticci. Il passo che avrebbe tenuto l'Occidente senza tante vessazioni della scienza, si può solo immaginare.

Una delle linee di forza di questa tendenza antiscientifica? La condanna costante e accanita delle ipotesi materialistiche. Il colpo di genio di Leucippo e di Democrito che, nel V secolo prima dell'era volgare, scoprono l'atomo, senza disporre dei mezzi materiali per confermare la loro intuizione, non cessa di stupire! Senza microscopio, o strumenti e lenti d'ingrandimento, ma grazie solo a un efficace pensiero sperimentale, osservando i granelli di polvere in un raggio di luce, arrivano a intuire l'esistenza di particelle invisibili a occhio nudo. E a concludere che la disposizione di questi atomi è sufficiente a spiegare la costituzione di tutta la materia, dunque del mondo.

Da Leucippo a Diogene di Enoanda passando per Epicuro, Lucrezio e Filodemo di Gadara la tradizione atomistica rimane viva. Essa perdura per otto secoli nell'antichità greca e romana. Il De rerum natura offre l'esposizione meglio riuscita della fisica epicurea: forma, natura, peso, numero, struttura degli atomi, disposizione nel vuoto, teoria del clinamen, generazione e corruzione, non manca nulla per una decodifica integrale del mondo. Certo, se tutto è composto di materia, lo sono anche l'anima, lo spirito, gli dèi. Lo stesso per gli uomini. Con l'avvento dell'immanenza pura cessano le finzioni, le favole, dunque le religioni e con essa scompaiono i mezzi per circoscrivere il corpo e l'anima degli abitanti della città.

La fisica antica si fonda su un metodo poetico. Nonostante tutto, essa col tempo trova conferma. Passano i secoli, ma nell'epoca del microscopio a scansione elettronica, degli acceleratori di particelle, dei positroni, della fissione nucleare e dei mezzi tecnologici per entrare nel cuore della materia, l'intuizione democritea trova convalida. L'atomo filosofico riceve l'investitura del mondo scientifico - nucleare in particolare. Tuttavia la Chiesa persiste ancora in una posizione idealista, spiritualista, antimaterialista: nell'anima resiste una realtà irriducibile a ogni materia.

Non sorprende quindi che il materialismo costituisca la bestia nera del cristianesimo sin dalle origini. La Chiesa non indietreggia davanti a nulla per screditare questa coerente filosofia che rende assolutamente conto di tutta la realtà. Come procedere per impedire l'accesso alla fisica atomistica, se non screditando la morale atomistica? Calunniate dunque l'etica epicurea: l'epicureo definisce il piacere per mezzo dell'atarassia? Trasformate questa definizione negativa - assenza di turbamento - in aberrazione definitiva, e dite che egli esalta il godimento bestiale, grossolano e triviale degli animali!

Si smette di considerare meritevole di attenzione una fisica che agli occhi della casta cristiana appare pericolosa poiché proviene dal gregge di Epicuro... Calunniate dieci, cento volte, un secolo, dieci secoli, resta sempre qualcosa di utile per il partito del sicofante - san Gerolamo per primo.

Così, la Chiesa colpisce dovunque appaia un sospetto di materialismo.

Quando Giordano Bruno viene bruciato dai cristiani sul rogo di Campo de'

Fiori nel 1600, più che per ateismo - non ha mai negato l'esistenza di Dio -

muore a causa del materialismo - in quanto afferma la coestensività di Dio e del mondo. Bruno non bestemmia mai, non pronuncia ingiurie verso il Dio dei cattolici in nessuna delle sue opere, scrive, pensa e afferma che questo Dio, che esiste, non può non esistere che in forma estesa. La sostanza estesa del vocabolario che verrà con Cartesio.

Giordano Bruno, peraltro domenicano (!), non nega l'esistenza dello spirito. Ma, per sua sfortuna, ne colloca l'esistenza al livello fisico degli atomi. Vede le particelle come tanti centri di vita, luoghi nei quali si manifesta lo spirito coeterno di Dio. La divinità esiste dunque, certo, ma è composta di materia, e ne rappresenta il mistero risolto. La Chiesa crede certo nell'incarnazione di Dio, ma soltanto in un Figlio, rampollo di una Vergine e di un falegname. Ma non crede affatto negli atomi.

Analoga osservazione per Galileo, il rappresentante emblematico dell'odio della Chiesa verso la scienza e del conflitto tra fede e ragione. La leggenda tramanda la versione dell'eliocentrismo: il papa e i suoi condannano l'autore del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo perché Galileo difende l'ipotesi che la Terra è un satellite di un Sole posto al centro dell'universo. Accusa, processo, ritrattazione: la storia è nota, e si conclude con un Galilei che esce dal tribunale e afferma: Eppur si muove...

- come dice Brecht.

In effetti, le cose si sono svolte in modo diverso. Che cosa si rimprovera davvero a Galilei? Non tanto la sua difesa dell'astronomia copernicana - una tesi comunque in contraddizione con la posizione aristotelica della Chiesa -

quanto la sua presa di posizione materialistica... A quei tempi, davanti ai tribunali l'eliocentrismo comporta la condanna a vita agli arresti domiciliari, una pena relativamente mite; in compenso, la difesa dell'atomismo conduce direttamente al rogo! In questo caso, meglio scegliere il motivo meno dannoso... Nel caso specifico meglio confessare il peccato di eliocentrismo, veniale, che il peccato atomistico, mortale.

2.5. Un 'ontologia da fornaio

Per quale ragione la Chiesa ha tanto interesse a perseguitare i difensori di una concezione atomistica del mondo? Anzitutto perché l'affermazione dell'esistenza della materia come unico tipo di realtà conduce conseguentemente ad affermare l'esistenza di un Dio materiale. Dunque alla negazione del suo carattere spirituale, atemporale, immateriale e di altre qualità che figurano sulla sua carta d'identità cristiana. Di conseguenza va in rovina l'immagine di un Dio intangibile, costruita dalla religione ebraico-cristiana.

Ma esiste un'altra ragione, da fornaio nel caso specifico. Perché la Chiesa crede nella transustanziazione. Ossia? Essa afferma, a partire dalle parole di Gesù durante la Cena - Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue (Matteo 26, 26-28) - che il corpo reale e il sangue reale di Cristo si trovano nel pane azzimo.

Non simbolicamente, né allegoricamente, ma realmente... Durante l'elevazione, il sacerdote porta dunque sulle estremità delle sue braccia il corpo reale di Cristo.

Attraverso quale operazione dello Spirito Santo il pane del fornaio produce il mistero di un corpo demoltiplicato e di un sangue sovrabbondante in tutto il pianeta? Nel momento stesso in cui i sacerdoti officiano, sulla totalità del globo, ogni volta è la carne di un morto che riappare realmente nella sua eterna freschezza, tale che l'eternità non lo cambia. Ferrato in linguistica, Cristo usa il performativo e con la sua parola crea qualcosa di reale: fa sì che ciò che dice esista per il semplice fatto di dirlo.

La Chiesa dei primi tempi crede a questo miracolo. Quella dei tempi recenti pure. Il Catechismo della Chiesa cattolica - versione XXI secolo -

afferma sempre la presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche (art.

1373). Seguono, per legittimare questa favola, citazioni del concilio di Trento, della Somma teologica di san Tommaso, dei Misteri della Fede -

questo è registrato dalla Chiesa al numero 39 - e altri testi di San Giovanni Crisostomo che, nella sua prima omelia Contra Anomaeos, ha ben ragione di accettare l'esortazione di Paolo di Tarso il quale rivolgendosi ai Corinzi afferma come motivo di gioia: la scienza sarà abolita (1 Cor. 12, 8). Un simile postulato di partenza sembra proprio necessario per arrivare a insulsaggini di questo genere!

La Chiesa dunque da sempre crede alla presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane del fornaio e nel nettare del viticultore. Ma per far passare una simile pillola ontologica sono necessarie parecchie contorsioni intellettuali, e non delle minori. E la cassetta degli attrezzi concettuali di Aristotele, il filosofo prediletto dal Vaticano, che permette questo magnifico gioco di prestigio. Di qui una serie di numeri illusionistici permanenti con le categorie metafisiche dello Stagirita.

Spiegazione: il corpo di Cristo si trova veramente, realmente, sostanzialmente - vocabolario ufficiale - nell'ostia - idem per l'emoglobina nel vino. Infatti la sostanza del pane scompare con le parole del sacerdote, mentre persistono le specie sensibili, gli accidenti - colore, sapore, calore, freddezza. Le specie si mantengono per volontà divina in modo miracoloso.

Chi può il più - creare un mondo - può il meno - ingannare su una merce da fornaio. Certo, non ha il gusto del pane, ma non è (non è più) pane! Stessa osservazione per il vino: gli somiglia molto, è bianco, come il sangue rosso di Cristo, non ubriaca (non più), ma si tratta ugualmente di un Monbazillac.

Sono proprio necessari questi virtuosismi con la sostanza e le specie sensibili per arrivare a far credere al fedele che ciò che è (il pane e il vino) non esiste, e che ciò che non è (il corpo e il sangue di Cristo) esiste davvero! Un impareggiabile gioco di prestigio metafisico! Quando la teologia ci mette lo zampino, la gastronomia e l'enologia, per non parlare della dietetica e dell'ematologia, devono rinunciare alle loro pretese. Il destino del cristianesimo si gioca in questa pietosa commedia del gioco delle tre carte ontologico.

2.6. Epicuro non ama le ostie

Che c'entra Epicuro in tutto questo? A lui il pane piace, perché la sua bisboccia con un torso di pane e un modesto piatto di formaggio attraversa i secoli e lascia ricordi incancellabili nella storia della filosofia. Ma avrebbe riso del coniglio eucaristico sbucato dal cappello cristiano! Una lunga e inarrestabile risata... Poiché, in virtù dei principi enunciati nella Lettera a Erodoto, un'ostia si riduce a degli atomi. Lucrezio spiegherebbe come, con farina di frumento e acqua, senza l'uso del lievito, si prepara una focaccia bianca, insipida, pastosa in bocca, fondente, con un piccolo pacchetto di atomi legati ai loro simili. Niente di utile per la finzione della transustanziazione. Materia, tutto qua.

Ecco il pericolo dell'atomismo e del materialismo: esso rende metafisicamente impossibile le futilità teologiche della Chiesa! All'analisi atomica contemporanea, nel pane e nel vino si riscontra unicamente la predizione di Epicuro: materia. I giochi di prestigio, resi possibili dagli sproloqui sulle sostanze e le specie sensibili, con la teoria di Epicuro diventano impossibili. Ecco perché è necessario eliminare i discepoli di Democrito. In particolare screditando le loro persone, distorcendo le loro biografie, deformando la loro etica ascetica e laica in licenza, sfrenatezza e bestialità.

Nel 1340 Nicola d'Autrecourt ha la sfrontatezza di proporre una teoria della luce estremamente moderna, ma atomistica: egli crede alla sua natura corpuscolare (oggi questa teoria ha trovato convalida), la qual cosa implica che sostanza e qualità siano identiche. Pericolo per la minestra metafisica aristotelica! Senza esitare, la Chiesa lo costringe all'abiura e brucia i suoi scritti. É l'inizio della persecuzione di tutte le ricerche scientifiche sull'atomismo, proibite dai gesuiti sin dal 1632, proibizione che dura nei secoli successivi. Il materialismo (articoli 285 e 2124 del Catechismo) figura ancora tra le teorie condannate dalla Chiesa contemporanea.

2.7. Il partito preso dell'insuccesso

Dal momento che il guazzabuglio biblico è sufficiente per ogni scienza, la Chiesa trascura le più importanti scoperte scientifiche nei dieci secoli nei quali la spinta dell'intelligenza è frenata, ma non arrestata dalle autorità cattoliche, apostoliche e romane. Il progresso si realizza grazie a individui ribelli, ricercatori determinati, scienziati che preferiscono le verità di ragione alle credenze della fede. Ma se si esaminano un po' le reazioni della Chiesa di fronte alle scoperte scientifiche degli ultimi mille anni, si rimane stupefatti degli insuccessi accumulati!

Rifiuto dunque dell'atomismo in nome dell'aristotelismo; ricusazione di ogni forma di meccanicismo in nome dell'intenzionalità di un Dio creatore: siccome la Genesi sostiene che Dio parte dal nulla e crea il mondo in una settimana, tutto ciò che contrasta con questa tesi scatena i fulmini del Vaticano. Causalità razionali? Concatenazioni ragionevoli? Rapporti deducibili dall'osservazione? Metodo sperimentale? Dialettica delle ragioni?

Quante ne volete? Dio decide, vuole, crea: il punto è tutto qua! Un'opzione diversa dal creazionismo? Impossibile.

Alcuni ricercatori credono all'eternità del mondo? Alla pluralità dei mondi? (Tesi epicuree, d'altro canto...). Impossibile: Dio ha creato l'universo a partire dal nulla. Prima del nulla, non c'è... nulla. Le tenebre, il caos, ma anche, in mezzo a questo cafarnao del nulla, Dio e le sue velleità di cambiare tutto questo.

Crea la luce, il giorno, la notte, il firmamento, il cielo, la terra, le acque -

la storia la conosciamo, fino alla creazione della fauna, rettili, animali selvatici, uomini. E questa la storia ufficiale: genealogia datata. L'eternità dei mondi? Impossibile.

Dopo calcoli precisi e minuziosi, alcuni scienziati confermano l'idea di Aristarco: il Sole si trova proprio al centro del nostro mondo. La Chiesa risponde: impossibile. La creazione di un Dio perfetto non può trovarsi altrove che nel centro, luogo della perfezione. E poi la centralità del Sole alimenta tutti i culti solari pagani. .. La periferia sarebbe il segno di una inconcepibile

imperfezione,

dunque

non

può

essere

provata

scientificamente.

Lamarck prima, Darwin poi, pubblicano le loro scoperte e affermano l'uno che le specie si trasformano, l'altro che si modificano in virtù delle cosiddette leggi dell'evoluzione naturale. I lettori del Libro Unico scuotono la testa: Dio ha creato direttamente il lupo e il cane, il topo di campagna e quello di città, il gatto, la donnola e il coniglietto. Non c'è alcuna probabilità che la comparazione delle ossa dimostri l'evoluzione o la trasformazione. E

poi l'idea che l'uomo proviene dalla scimmia. Un'insopportabile ferita narcisistica, spiega Freud. Il papa, cugino di un babbuino? Che miseria... Il trasformismo? L'evoluzionismo? Impossibili.

Nell'atmosfera laboriosa dei loro gabinetti di lavoro, alcuni scienziati sostengono la poligenesi - l'esistenza simultanea sin dall'origine di diversi individui in diversi punti della terra. Contraddizione, vomita la Chiesa: Adamo ed Eva sono, di fatto, realmente, il primo uomo e la prima donna; prima di loro non esiste nulla. La coppia primitiva, quella del peccato originale, rende possibile la logica dell'errore, della colpevolezza, del riscatto e della redenzione. Che farsene dell'esistenza di uomini e di donne prima del peccato, dunque da lui risparmiati? I pre-adamiti? Impossibile.

Pulendo pietre, scrutando fossili, alcuni geologi propongono una datazione del mondo. Le conchiglie scoperte su alcune montagne, gli strati e le falde testimoniano a favore di una cronologia immanente. Ma sorge un problema: la cifra non corrisponde alla numerologia sacra fornita dalla Bibbia. I cristiani affermano che il mondo ha quattromila anni, né più né meno. Gli scienziati provano l'esistenza di un mondo prima del loro mondo.

La scienza ha torto... la geologia, una disciplina affidabile? Impossibile.

Alcuni uomini di buona volontà non sopportano la morte e la malattia e per capire come far regredire le epidemie, le patologie, vogliono aprire cadaveri per trarre dai morti lezioni utili ai vivi. Il loro desiderio? Che la morte salvi la vita. La Chiesa si oppone risolutamente alle ricerche anatomiche. Non causalità razionali, ma ragioni teologiche: il male, la morte derivano da Eva la peccatrice. Il dolore, la sofferenza, la malattia derivano da una volontà e da una decisione divine: si tratta di mettere alla prova la fede degli uomini e dei loro congiunti. Le vie del Signore sono impenetrabili: egli agisce secondo un piano noto solo a lui. Cause materiali delle patologie? Un'eziologia razionale? Impossibile.

Ai piedi del suo divano, attorno al 1900, un medico viennese scopre l'inconscio, i meccanismi della rimozione e della sublimazione, l'esistenza della pulsione di morte, il ruolo del sogno e mille altre nozioni che rivoluzionano la psicologia allora a uno stadio preistorico; mette a punto un metodo che cura, placa, guarisce le nevrosi, le affezioni mentali, le psicosi; è vero che, incidentalmente, nell'Avvenire di un'illusione dimostra anche che ogni religione deriva da una «nevrosi ossessiva» che intrattiene anche rapporti con la «psicosi allucinatoria». La Chiesa condanna, decreta la sua fatwa e mette all'Indice. L'uomo mosso da una forza oscura collocata nel suo inconscio? Ciò mette in discussione il dogma del libero arbitrio, tanto necessario ai cristiani per rendere ognuno totalmente responsabile, quindi colpevole, quindi punibile... Tanto utile anche per giustificare la logica del giudizio universale! Freud e le sue scoperte? Suvvia... La psicanalisi?

Impossibile.

E poi, per finire: i genetisti del XX secolo scoprono la carta d'identità genetica, penetrano lentamente in questo universo che offre magnifiche possibilità per formulare diagnosi, per prevenire malattie, per cure più mirate, per evitare patologie, lavorano per l'avvento di una medicina predittiva che rivoluziona la disciplina: la Carta degli operatori sanitari pubblicata dal Vaticano, condanna. Evitare dolori e sofferenza?

Immaginarsi esonerati dal pagamento del prezzo del peccato originale?

Volere una medicina umana? Impossibile.

Uno stupefacente partito preso per il fallimento! La perseveranza nell'(auto)inganno e nel rifiuto della verità, l'ostinazione nel proiettare la pulsione di morte nel vivo delle ricerche, nella vitalità della scienza, nel dinamismo del progresso non cessano di stupire! La condanna delle verità scientifiche

-

della

teoria

atomista,

dell'opzione

materialistica,

dell'astronomia eliocentrica, della datazione geologica, del trasformismo, dell' evoluzionismo, della terapia psicanalitica, della sperimentazione genetica - è la vittoria di Paolo di Tarso che incitava a uccidere la scienza.

Progetto riuscito oltre ogni speranza!

Si comprende che per arrivare a questo fenomenale tasso di successo nel fallimento, la Chiesa ha dovuto mostrare una determinazione straordinaria!

La persecuzione, la messa all'Indice, i roghi, gli strumenti dell'Inquisizione, gli imprigionamenti, i processi non hanno avuto fine... Per secoli fu proibita la lettura diretta della Bibbia senza la mediazione del clero. Impossibile affrontare questo libro con le armi della ragione, dell'analisi, della critica, da storico, da filologo, da geologo, da scienziato. Con Richard Simon nel XVII secolo compaiono i primi studi di esegesi del Vecchio e del Nuovo Testamento. E ovvio che Bossuet e la Chiesa cattolica ne facciano l'oggetto di una dura persecuzione. Il frutto dell'albero della conoscenza libera un'amarezza che dura a lungo in bocca...

3. Desiderare l'inverso del reale

3.1. Inventare oltremondi

I monoteismi non amano l'intelligenza, i libri, il sapere, la scienza. A ciò aggiungono un forte disprezzo per la materia e per il reale, dunque per ogni forma di immanenza. All'esaltazione dell'ignoranza, dell'innocenza, dell'ingenuità, dell'obbedienza, della sottomissione, le tre religioni del Libro aggiungono un analogo disgusto per la struttura, le forme e le forze del mondo. Questo mondo non ha diritto di cittadinanza, perché tutta la terra porta il peso del peccato originale fino alla fine dei tempi.

Per spiegare quest'odio per la materia, i monoteisti hanno creato di sana pianta un mondo di antimateria! Nell'antichità, odiata quando si tratta di scienza, i dottrinari del Dio unico, per costruire la loro città senza carne utilizzano Pitagora, anche lui formatosi al pensiero religioso orientale, e Platone: in questo cantiere intellettuale le Idee sono utilissime e somigliano in modo sbalorditivo a cloni di Dio: come lui, esse sono eterne, immortali, prive di estensione, inaccessibili al tempo; sfuggono alla generazione e alla corruzione, resistono a ogni comprensione sensibile, fenomenica, corporea; non hanno bisogno che di se stesse per esistere, durare, perseverare nel loro essere, e via dicendo! La loro identità corrisponde esattamente a quella di Jahwèh, Dio e Allah. Con una sostanza simile, i monoteismi creano castelli in aria, utili per screditare ogni altra abitazione reale, concreta e immanente.

Da qui la schizofrenia dei monoteismi; essi giudicano e valutano il qui e ora in nome di un altrove; pensano la città terrena unicamente in vista della città celeste; si prendono cura degli uomini col metro degli angeli; considerano l'immanenza se e soltanto se serve da sgabello per la trascendenza; vogliono sì prendersi cura della realtà sensibile, ma per misurare il rapporto che intrattiene col suo modello intelligibile; prendono in considerazione la Terra, ma a patto che fornisca l'occasione per il Cielo.

A forza di trovarsi tra queste due istanze contraddittorie, nell'essere si crea una voragine, una ferita ontologica che non è possibile richiudere. Da questo vuoto esistenziale impossibile da colmare nasce il malessere degli uomini.

Anche in questo caso il monismo atomista e l'unità materialistica permettono di evitare metafisiche piene di buchi. Infatti la logica di chi pensa che la realtà sia costituita esclusivamente di materia e che il reale sia riducibile alle sue sole manifestazioni terrestri, sensibili, mondane, fenomeniche, impedisce l'erranza della mente e la frattura col solo e vero mondo. Il dualismo pitagoreo, platonico, cristiano lacera l'essere che lo accetta. Quando si mira al paradiso, si manca la Terra. La speranza di un aldilà, l'aspirazione a un altro mondo generano immancabilmente la disperazione qui e ora. Oppure, l'imbecille beatitudine del "pastore della stella" nel presepe.

3.2. Gli uccelli del Paradiso

Questo mondo fuori del mondo produce due creature fantastiche: l'Angelo e il Paradiso. La prima funziona come prototipo dell'antiuomo, la seconda dell'antimondo. Agli uomini viene chiesto di detestare la loro condizione, di disprezzare la loro realtà per aspirare a un'altra essenza, a un'altra esistenza. L'ala dell'Angelo significa l'opposto dell'ancoraggio degli uomini alla terra; la geografia del Paradiso testimonia di una definitiva atopia, di un'eterna utopia e di una congenita ucronia.

Gli ebrei dispongono di un proprio allevamento di creature alate: i cherubini custodiscono l'ingresso del giardino dell'Eden; i serafini li accompagnano, tutti ricordano quello che visita Abramo, o il suo collega che lotta con Giacobbe. Il loro mestiere? Lodare l'Eterno alla corte celeste; Dio infatti ignora sì le piccolezze umane, ma tuttavia ama che la sua grandezza venga celebrata. Talmud e qabbalah sono pieni di angeli.

Servitori di Dio, dunque, ma anche protettori dei giusti e dei figli di Israele, li si vede talora lasciare la loro dimora celeste per portare un messaggio da Dio agli uomini. L'Ermes pagano non siede mai molto lontano, e anche lui è dotato di piume, ma sul copricapo e sui piedi...

Puri spiriti, fatti di luce - la qual cosa, a rigor di logica, non impedisce che abbiano piume e ali, sicuramente spirituali e luminose. .. -, gli angeli meritano la nostra attenzione perché sono senza sesso. Né uomini né donne, androgini, un po' dei due, infantili persino, risparmiati dai tormenti della copula. Felici volatili, essi ignorano la condizione sessuata: niente desiderio, niente libido; volatili beati, non conoscono la fame e la sete, si nutrono tuttavia di manna - l'ambrosia degli dèi pagani -, ma, ovviamente, non defecano mai; gioiosi uccelli, ignorano la corruzione, il decadimento e la morte.

E poi esistono anche gli angeli caduti, ribelli: le creature insubordinate.

Nel giardino dell'Eden, il Diavolo - «il calunniatore, colui che getta», come dice Littré - insegna ciò che sa: la possibilità di disubbidire, di non sottomettersi, di dire di no. Satana - «l'oppositore, l'accusatore», sempre Littré - soffia lo spirito di libertà sulle acque sporche del mondo delle origini dove sola trionfa l'obbedienza - regno della massima servitù. Al di là del Bene e del Male, e non incarnazione di quest'ultimo, il Diavolo indica le possibili libertà. Egli rende agli uomini il loro potere su se stessi e sul mondo, affranca da ogni tutela. Questi angeli caduti, non c'è dubbio, si attirano l'odio dei monoteisti. In compenso, beneficiano della passione incandescente degli atei.

3.3. Desiderare l'inverso del reale

È indubbio che il luogo di questi corpi impossibili è esso stesso impossibile: il paradiso, «giardino recintato», sempre secondo Littré.

Pentateuco, Genesi e Corano accettano questa geografia isterica, ma sono i musulmani a darne la definizione più compiuta. Ne vale la pena! Ruscelli, giardini, fiumi, sorgenti, aiuole fiorite, bevande e frutti magnifici, uri dai grandi occhi, sempre vergini, giovani avvenenti, letti in abbondanza, vesti superbe, tessuti lussuosi, straordinarie parure, oro, perle, profumi, stoviglie preziose, nulla manca a questo depliant di un sindacato di iniziativa ontologica.

La definizione del paradiso? L'antimondo, il contrario della realtà. I musulmani rispettano scrupolosamente i riti, comunicano nella logica rigorosa del lecito e dell'illecito, obbediscono alle leggi severe che regolano la distinzione delle cose in pure e impure. In paradiso tutto ciò cessa: niente obblighi, niente riti, niente preghiere. Al banchetto celeste si beve vino (LXXXIII, 25 e XLVII, 15), si mangia maiale (LII, 22), si canta, si porta oro (XVIII, 31) - vietato nel corso della vita; si mangia e si beve in piatti e vasi di metallo prezioso - illecito sulla terra; ci si veste di seta - ripugnante in questo mondo, poiché il filo è una deiezione della larva...; si può flirtare con le uri (XLIV, 54), si hanno a disposizione vergini eterne (LV, 70), o efebi (LVI, 17) su cuscini di pietre preziose, mentre sotto la tenda del deserto c'è un tappeto, e le mogli legittime, tre al massimo... In effetti, tutto ciò che è stato proibito diventa liberamente accessibile, a piacere.

Nell'accampamento, il vasellame è di terracotta: in paradiso, di pietre e metalli preziosi; sotto la tenda, seduti su tappeti di ruvido pelo, si divide una modesta pietanza che non è facile trovare tutti i giorni, latte di cammella, carne di montone, tè alla menta: in Cielo, cibi e bevande traboccano in quantità astronomiche, disposti su tessuti di raso verde, di broccato; sotto il velario delle tribù gli odori sono rudi, forti, potenti - sudore, sporcizia, cuoio, peli di animali, fumi, sego, untume: in compagnia di Maometto, solamente fragranze magnifiche: canfora, muschio, zenzero, incenso, mirra, cannella, cinnamomo, ledano; intorno al fuoco, se per caso si bevono alcolici, l'ubriachezza è in agguato: negli empirei musulmani, si ignora l'ubriachezza (XXXVII, 47) e, cosa apprezzabile, il mal di testa (LVI, 19); in più, neanche consumando smoderatamente si rischia di fare peccato!

Sempre nella logica del paradiso come antimondo desiderabile per far accettare il mondo reale, spesso indesiderabile: l'islam è originariamente una religione del deserto, dal clima brutale, caldo e violento; in paradiso regna un'eterna primavera, né sole né luna, un'eterna chiarità, mai giorno, mai notte; lo scirocco rovina la pelle, l'harmattan brucia le carni? Nel Cielo islamico, il vento profumato di muschio si carica della dolcezza dei fiumi di latte, di miele, di vino e d'acqua, che poi distribuisce generosamente; la raccolta è spesso difficoltosa, si trova, non si trova, si trova poco, bacche in quantità ridicole, datteri col contagocce, rari fichi? Presso Maometto l'uva è talmente grossa che un corvo che volasse attorno al grappolo avrebbe bisogno di più di un mese per compiere il periplo! Nell'immensa distesa di sabbia dei deserti, la freschezza dell'ombra è assai rara, benvenuta?

Nell'hotel delle Idee musulmane, un cavallo impiega cento anni per uscire dall'ombra di un banano. Le carovane sono lunghe sulle dune, lente le avanzate, interminabili i chilometri sulla sabbia? La scuderia del Profeta possiede cavalli alati, fatti di rosso rubino, liberi da costrizioni materiali, che corrono a velocità siderali...

Stessa osservazione, infine, per il corpo. Penoso compagno che, senza posa, chiede la sua razione d'acqua, la sua quantità di cibo, il suo soddisfacimento libidico, tutte occasioni che rischiano di allontanare dal Profeta e dalla preghiera, motivi di schiavitù nei confronti delle necessità naturali, il corpo in paradiso brilla per la sua immaterialità: niente pasti, salvo che per il puro piacere. In caso di ingestione, la digestione non appesantisce - già Gesù che mangia pane, vino, pesce non evacua mai... -: né flatulenze, né gas di scappamento, perché questi fumi pestilenziali diventano in cielo eruttazioni muschiate esalate dal corpo madido!

Non si è più sottomessi al bisogno di procreare per assicurarsi una discendenza; non si dorme più perché ormai si ignora la fatica; non ci si soffia più il naso né si sputa; si ignorano le malattie fino alla fine dei tempi; si cancellano dal proprio vocabolario il dispiacere, la paura e l'umiliazione, così spesso imperiosi sulla terra; non si desidera più - il desiderio è dolore e mancanza, dice la tradizione platonica... -, gli basta apparire per trasformarsi immediatamente in piacere: guardare un frutto con desiderio basta per sentirne in bocca il gusto, la consistenza e il profumo.

Chi può rifiutare tutto questo? Si comprende come, tentati da queste eterne vacanze da sogno, milioni di musulmani possano partire per i campi di battaglia, dalla prima razzia del Profeta a Nakhla fino alla guerra Iran-Iraq; che terroristi palestinesi trasformati in bombe umane scatenino la morte sulle terrazze dei caffè all'aperto israeliani; che pirati dell'aria scaglino aerei di linea contro le Torri Gemelle di New York; che attentatori con bombe al plastico sventrino treni pieni di gente che va al lavoro a Madrid. Bisogna ancora sacrificarsi a queste favole che sbalordiscono l'intelligenza più modesta.

3.4. Farla finita con le donne

Bisogna vedere nell'odio per le donne, che accomuna l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam, la conseguenza logica dell'odio per l'intelligenza?

Torniamo ai testi: il peccato originale, la colpa, la volontà di sapere, passa anzitutto attraverso la decisione di una donna, Eva. Adamo, l'imbecille, è assolutamente soddisfatto di obbedire e sottomettersi. Quando il serpente (Iblis nel Corano, lapidato da secoli da milioni di pellegrini alla Mecca, sotto la forma primitiva di un betilo) parla - una cosa normale, tutti i serpenti parlano... -, si rivolge alla donna e intavola con lei un dialogo.

Serpente tentatore, donna tentata, dunque donna tentatrice per l'eternità, il passo è logico...

L'odio per le donne somiglia a una variazione sul tema dell'odio per l'intelligenza. A cui si aggiunge l'odio per tutto ciò che esse rappresentano per gli uomini: il desiderio, il piacere, la vita. E la curiosità - Littré conferma che ogni donna curiosa viene chiamata «figlia di Eva». Essa suscita desideri e dà la vita: per suo tramite si perpetua il peccato originale, di cui Agostino assicura che si trasmette dalla nascita, nel ventre della madre, attraverso lo sperma del padre. La sessualizzazione della colpa.

I monoteismi preferiscono mille volte l'angelo alla donna. Meglio un mondo di serafini, di troni e di arcangeli che un universo femminile, almeno misto! Soprattutto, niente sesso. La carne, il sangue, la libido, naturalmente associati alla donna, forniscono all'ebraismo, al cristianesimo e all'islam altrettante occasioni per decretare l'illecito, l'impuro, dunque per scatenare guerre contro il corpo desiderabile, il sangue delle donne liberate dalla maternità, l'energia edonista. Bibbia e Corano vanno in brodo di giuggiole con gli anatemi su questi argomenti.

Le religioni del Libro detestano le donne: esse amano solo le madri e le spose. Per salvarsi dalla loro negatività consustanziale, le donne hanno solo due soluzioni - in realtà una sola in due tempi: sposare un uomo e dargli dei figli. Quando si occupano dei loro mariti, preparano da mangiare, risolvono le faccende domestiche, quando a ciò si aggiungono i figli da nutrire, da accudire, da educare, per la loro femminilità non resta più spazio: la sposa e la madre uccidono la donna, ed è su questo che contano i rabbini, i preti e gli imam per la tranquillità del maschio.

La religione ebraico-cristiana sostiene che Eva - la quale nel Corano esiste sì come moglie di Adamo, ma non viene mai nominata, un segno...

l'innominata è innominabile! - sia stata creata dopo (sura III, 1), in via accessoria, a partire dalla costola di Adamo (Gen. 2, 22)! Un pezzo vile sottratto al corpo principe. Anzitutto il maschio, poi, come frammento staccato, avanzo, briciola: la femmina. L'ordine d'arrivo, la modalità esistenziale partecipativa, la responsabilità della colpa, tutto schiaccia Eva.

Da allora essa paga un prezzo assai alto.

Il suo corpo è maledetto, e lo è la donna nella sua totalità. L'ovulo non fecondato esacerba in profondità il femminino, attraverso la negazione della maternità. Da qui l'impurità delle mestruazioni. Il sangue presenta ugualmente il pericolo dei periodi di infecondità. Una donna sterile, infeconda, per un monoteista è il peggior ossimoro! E poi in questo periodo non c'è pericolo di maternità, non si rischia la gravidanza, la sessualità può quindi essere dissociata dalla paura, praticata per se stessa. La potenzialità di una sessualità dissociata dalla procreazione, quindi di una pura sessualità, è il male assoluto.

In nome di questo stesso principio, i tre monoteismi condannano a morte gli omosessuali. Per quali motivi? Perché la loro sessualità impedisce - fino a ora... - i destini di padre, di madre, di sposo e di sposa, e afferma chiaramente il primato e il valore assoluto dell'individuo libero. Il celibe, dice il Talmud, è un mezzo uomo (!), al che il Corano risponde negli stessi termini (XXIV, 32), mentre Paolo di Tarso vede nell'uomo solitario un pericolo per la concupiscenza, l'adulterio, la sessualità libera.

Da qui la sua esortazione, quando non è possibile la castità, al matrimonio, il modo migliore per limitare la libidine.

Nelle tre religioni troviamo anche una critica simile dell'aborto. La famiglia funziona da orizzonte insuperabile, come cellula di base della comunità. Essa esige inoltre che nascano figli: l'ebraismo li considera condizione per la sopravvivenza del suo popolo, la Chiesa li vuole veder crescere e moltiplicarsi, i musulmani li desiderano come segno della benedizione del Profeta. Tutto ciò che ostacola questa demografia metafisica scatena la collera monoteistica. Dio non ama la pianificazione familiare.

Per questo, subito dopo aver partorito, la madre ebraica entra in un ciclo di impurità. Il sangue, sempre il sangue. Nel caso di un figlio maschio, la proibizione di entrare nel santuario è di quaranta giorni; per le figlie: sessanta! Il Levitico dixit... È nota la preghiera mattutina che esorta ogni uomo a benedire Dio durante la giornata per averlo fatto ebreo, e non schiavo o... donna (Men. 43 b)! E non è noto che il Corano non condanna esplicitamente la tradizione tribale preislamica che giustifica la vergogna di diventare padre di una figlia e legittima l'interrogativo: tenere la bimba o nasconderla sotto la polvere (XVI, 58)? (La parziale edizione della Plèiade, probabilmente per attenuare la barbarie, in nota precisa che è per paura della povertà: e anche fosse?).

Da parte loro, buontemponi, i cristiani al concilio di Macon del 585

sottopongono alla discussione il libro di Alcidalus Valeus intitolato Dissertazione paradossale dove si cerca di provare che le donne non sono creature umane... Non si capisce dov'è il paradosso (!), né si sa se il saggio fu modificato, e neanche se Alcidalus conquistò il suo pubblico di gerarchi cristiani già acquisiti alla sua causa - basta sottoscrivere le innumerevoli imprecazioni misogine di Paolo di Tarso... -, ma la prevenzione della Chiesa nei confronti delle donne rimane di sinistra attualità.

3.5. Elogio della castrazione

Conosciamo le peripezie di Origene che prende Matteo alla lettera.

L'evangelista disserta (19,12) sugli eunuchi, stabilisce una tipologia - privi dei testicoli dalla nascita, evirati da altri, o mutilati da se stessi per la causa del Regno di Dio - e conclude: «Chi vuole capire capisca». Astuto, Origene recide nel vivo e con un colpo si taglia i genitali, probabilmente prima di scoprire che il desiderio non è questione di testicoli, bensì di cervello. Ma troppo tardi...

La letteratura monoteistica abbonda di riferimenti all'estinzione della libido e alla distruzione del desiderio: in assoluto, elogio della continenza ed esaltazione della castità; poi, relativamente al fatto che gli uomini non sono né dèi né angeli, ma piuttosto animali con cui bisogna venire a patti: valorizzazione del matrimonio, assieme al dovere di essere fedeli alla sposa, o alle spose, nel caso degli ebrei o dei musulmani; infine concentrazione di tutta la sessualità in direzione della procreazione. La famiglia, il matrimonio, la monogamia, la fedeltà, tutte variazioni sul tema della castrazione... Come diventare un Origene virtuale.

Il Levitico e i Numeri fissano con precisione la regola ebraica in materia di relazioni sessuali: niente rapporti sessuali fuori del matrimonio; legittimazione della poligamia; divorzio a discrezione dello sposo, senza molte formalità - è sufficiente consegnare alla sposa ripudiata una lettera, un guet; illegalità del matrimonio con un non ebreo; trasmissione matrilineare dell'ebraicità - per dimostrarlo la madre ha nove mesi di tempo, mentre il padre non è mai certo...; divieto per le donne di studiare la Torah - obbligo per gli uomini; divieto, per le figlie di Eva, di recitare le preghiere, portare lo scialle, sfoggiare i filatteri, suonare il shofar, costruire la capanna rituale -

la soukka -, di far parte del gruppo minimo di dieci necessario per la preghiera - il minyan; ineleggibilità alle funzioni amministrative e giudiziarie; autorizzazione a possedere, ma non a gestire né amministrare i propri beni, compito del marito. Il che dimostra che Dio ha fatto l'uomo a sua immagine, non a immagine della donna...

La lettura del Corano mostra la parentela evidente tra queste due religioni. L'islam afferma nettamente la superiorità dei maschi sulle femmine, perché Dio preferisce gli uomini alle donne (IV, 34). Da qui una serie di diktat: divieto di lasciare scoperti i capelli - quindi obbligo del velo (XXIV, 30) -, la pelle delle braccia e delle gambe; niente sesso, eccetto la relazione legittima con un membro della comunità, che può possedere anche lui diverse spose (IV, 3); ovvia condanna della poliandria; elogio, chiaramente, della castità (XVII, 32 e XXXIII, 35); divieto di maritarsi con un non musulmano (III, 28); proibizione per le donne di indossare vestiti maschili; nessuna promiscuità nelle moschee; divieto di stringere la mano di un uomo, se non con un guanto; matrimonio obbligatorio, nessuna tolleranza per il celibato (XXIV, 32), neanche per motivi religiosi; sconsigliati la passione e l'amore nel matrimonio, celebrato per il bene della famiglia (IV, 25), della tribù e della comunità; esortazione a sottomettersi a tutti i desideri sessuali del marito - il quale ara la moglie a proprio piacimento, come la terra: la metafora è nel Corano (II, 223); legittimazione a picchiare la sposa in caso di sospetto, perché la colpevolezza non deve nemmeno essere provata (IV, 34); stessa facilità nel ripudiare, stessa minorità esistenziale, stessa inferiorità giuridica (II, 228) - la testimonianza di una donna equivale alla metà della testimonianza di un uomo; una donna sterile e una donna deflorata valgono la stessa cosa: niente.

Di qui l'elogio della castrazione: le donne sono troppo. Troppo desiderio, troppo piacere, troppi eccessi, troppe passioni, troppa esuberanza, troppo sesso, troppo delirio. Esse mettono in pericolo la virilità del maschio.

Dio, la meditazione, la preghiera, il rispetto dei riti, l'osservanza del lecito e dell'illecito, la cura del divino negli aspetti più minuti della vita quotidiana, ecco verso che cosa bisogna tendere. Verso il Cielo, non verso la Terra.

Meno ancora verso il peggio della Terra: i corpi... La donna, tentata molto tempo fa e divenuta tentatrice perpetua, minaccia la rappresentazione che l'uomo si fa di se stesso, fallo trionfante, portato come amuleto dell'essere.

L'angoscia della castrazione muove tutta l'esistenza vissuta sotto lo sguardo di Dio.

3.6. Dagli ai prepuzi!

Non bisogna allora stupirsi che gli ebrei, seguiti su questo come su tanti altri terreni dai musulmani, tengano alla circoncisione tanto da provocare un dibattito su questo argomento tra i cristiani delle origini: Paolo di Tarso, egli stesso circonciso, sarà costretto a regolare il problema per i cristiani che decidono di risparmiare la carne reale per preferire ad essa la circoncisione del cuore (Atti degli apostoli 15, 1), dello spirito, e di quant'altro si vorrà -

le labbra, le vere, quelle della bocca, gli occhi, le orecchie, e altre parti del corpo inventariate nel Nuovo Testamento. La qual cosa dispensa oggi i cristiani - salvo i copti, cristiani d'Egitto - dall'inalberare il glande all'aria aperta...

Strano come l'escissione delle bambine - la circoncisione femminile, ma diverse lingue per le due mutilazioni utilizzano la stessa parola - fa indignare l'Occidente, ma non suscita nessuna condanna quando viene praticata sui bambini. Il consenso sembra totale, fino a quando l'interlocutore non viene invitato a riflettere sulla legittimità di un'operazione chirurgica che consiste nel tagliare una parte sana del corpo di un bambino non consenziente senza una ragione medica - che è appunto la definizione giuridica della mutilazione.

Quando una filosofa canadese, Margaret Somerville, affronta la questione senza nessuno spirito polemico, con argomenti razionali, facendo ricorso alla comparazione, all'analisi, quando fornisce precise informazioni anatomiche, scientifiche, neuropatologiche, psicologiche a sostegno della tesi della mutilazione, viene sottoposta a durissimi tiri di sbarramento da parte dei suoi connazionali, al punto che, dopo questa levata di scudi, persiste certo nelle sue analisi, ma poi sospende il giudizio e acconsente a legittimare la circoncisione per ragioni... religiose. (A titolo informativo, è circonciso il 60 per cento degli americani, il 20 per cento dei canadesi, il 15

per cento degli australiani, non in base a motivazioni religiose, ma per presunti motivi igienici).

La fasciatura cinese dei piedi, l'allungamento padung del collo per mezzo di anelli, la limatura dei denti, la perforazione del naso, delle orecchie o delle labbra nelle tribù amazzoniche, le scarificazioni e i tatuaggi polinesiani, lo schiacciamento peruviano della scatola cranica derivano dallo stesso tipo di pensiero magico da cui provengono l'escissione e l'infibulazione africane o la circoncisione ebraica e musulmana. Marchiatura del corpo per ragioni religiose, sofferenze rituali per meritarsi l'integrazione nella comunità, pratiche tribali per attirare su di sé la benevolenza degli dèi, le ragioni non mancano - anche senza chiamare in causa la psicanalisi.

Perché

sorridere

dell'incavigliatura

del

glande

nell'Oceania,

dell'evirazione presso gli skopzi russi - una setta di cristiani praticanti tra il XVIII secolo e gli anni Venti del XIX secolo... -, della subincisione australiana - il pene tagliato per tutta la sua lunghezza, dal meato allo scroto? Infatti le logiche mentali, i presupposti ontologici, le dosi di pensiero magico sono precisamente gli stessi. A meno di non considerare barbara solo ciò che non appartiene alle nostre abitudini - già, Montaigne... -

come accettare e legittimare le nostre mutilazioni, e poi rifiutare quelle del vicino?

Infatti è certo che si tratta di mutilazione. Lo è anzitutto sul piano giuridico: il diritto proibisce ogni intervento chirurgico senza la motivazione medica di una patologia effettivamente fondata. Ora, il prepuzio da solo non è una patologia. Ed è una mutilazione dal punto di vista fisiologico: la superficie di pelle tolta corrisponde alla metà o ai due terzi del rivestimento tegumentario del pene. Questa zona di trentadue centimetri quadrati in un adulto - pelle esterna, pelle interna - concentra più di mille terminazioni nervose, di cui duecentocinquanta piedi di nervi.

Quella che viene praticata è perciò la resezione di una delle strutture più innervate del corpo.

Inoltre, la scomparsa del prepuzio - che le popolazioni primitive seppelliscono, mangiano, fanno seccare, riducono in polvere, conservano -

comporta una cicatrice circolare che col tempo si cheratinizza: l'esposizione permanente dei tessuti agli sfregamenti agisce in modo abrasivo sulla pelle che si indurisce e perde sensibilità. Il fatto che questa superficie diventa secca e la scomparsa della lubrificazione riducono il benessere sessuale dei partner.

3.7. Dio ama le vite mutilate

Il Corano non esorta e non obbliga alla circoncisione, ma non la condanna. A ogni buon conto, la tradizione vuole che Maometto sia nato circonciso! Il Libro non prescrive neanche l'escissione o l'infibulazione. In compenso, nel corno dell'Africa orientale dove si praticano queste mutilazioni, la resezione del cappuccio clitorideo è chiamata "sunna dolce": quella della testa del cappuccio "sunna modificata". Dove "sunna" significa

'tradizione e via del Profeta'...

Anche gli ebrei considerano questa mutilazione come un segno decisivo di appartenenza alla comunità. Il solo o quasi, tanto il rigore su questo punto

- se si può dire... - è temibile: Dio la esige da Abramo che la pratica su di sé a ottantanove anni; la raccomanda per tutti i membri maschi della casa, compresi gli schiavi; la codifica per l'ottavo giorno dopo la nascita: ne fa il segno specifico dell'alleanza col suo popolo eletto. La circoncisione è talmente importante che se cade in un giorno di shabbath, sparisce ogni divieto di attività ritualmente associato a questo giorno. Anche nel caso di un bambino morto prima dell'ablazione del prepuzio, il mohel compie il suo lavoro.

Montaigne racconta una circoncisione nel suo Giornale di viaggio: il circoncisore utilizza un coltello in precedenza collocato sotto il cuscino della madre allo scopo di assicurarsi i migliori auspici. Estrae il pene, blocca la pelle, spinge il glande, taglia nella viva carne, senza anestesia, per togliere il prepuzio. Dopo aver bevuto un sorso di vino che trattiene in bocca, succhia la ferita - l'aspirazione rituale si chiama méziza -, poi aspira il sangue per evitare che resti nella ferita, dice il Talmud. Risputa per tre volte. A questo punto il bambino entra nella comunità: gli viene dato il nome. Dopo Montaigne il rito non è cambiato, méziza compresa.

Su questo rito primitivo e sulla sua persistenza attraverso i secoli è stato detto tutto. Freud - i cui biografi sottolineano il cattivo ricordo della circoncisione -, e dopo di lui numerosi psicanalisti, hanno parlato di soppressione del femminile nell'uomo (circoncisione) come eco di quella del maschile nella donna (escissione); di ammonimento paterno, poi di messa in guardia contro il desiderio edipico attraverso la minaccia di una castrazione più grande; di ripetizione del taglio del cordone ombelicale come simbolo di una nuova nascita. Certo, oltre a rappresentare un rituale di appartenenza identitaria e comunitaria, tutto ciò probabilmente conta.

Ma conta anche, e soprattutto, l'ipotesi avanzata da due filosofi ebrei, Filone di Alessandria nelle Quaestiones in Genesim e Mosè Maimonide nella Guida dei perplessi: l'operazione mira e vuole l'indebolimento dell'organo sessuale; ricentra l'individuo sull'essenziale perché non sprechi in eccessi erotici un'energia meglio impiegata a celebrare Dio; attenua la concupiscenza e facilita il dominio sulla voluttà. Al che si può aggiungere: altera le possibilità sessuali, impedisce un godimento puro, per se stesso; scrive nella carne e con essa l'odio del desiderio, della libido e della vita; significa il dominio sulle passioni mortificate nel luogo stesso delle pulsioni vitali; rivela una delle modalità della pulsione di morte rivolta contro gli altri per il proprio bene, come sempre...

Col cristianesimo e con le decisioni di Paolo, la circoncisione diventa una questione mentale. Non c'è più bisogno di un contrassegno sulla carne, la mutilazione non corrisponde a nulla di reale. Importa quindi solo la circoncisione del cuore. Per fare ciò, si tratta di spogliare il corpo di tutti i peccati prodotti dalla concupiscenza della carne. Di qui il battesimo, certo, ma anche e soprattutto l'ascesi quotidiana di una vita consacrata all'imitazione di Cristo, della sua sofferenza e della sua Passione. Con il Tarsiota il fedele conserva sì il pene intero, ma perde del tutto il corpo: ormai si tratta di separarsi totalmente da esso così come il circonciso fa a meno del prepuzio. Col cristianesimo, la pulsione di morte si avvia a incancrenire l'intero pianeta.