Ovunque proteggi

Il mondo è difficile. Siamo circondati da nemici interni ed esterni. Dentro i confini ogni giorno è una lotta contro la perdita del lavoro, la fuga dei nostri ragazzi all’estero, lo stipendio che finisce sempre prima della fine del mese, la sanità che non garantisce il diritto di cura e la scuola che non promette piú il futuro a nessuno. Fuori i mercati esteri non vedono l’ora di mettere in ginocchio le nostre imprese, i nostri artigiani e i nostri operai che languono disoccupati in braccio alla cassa integrazione.

La minaccia culturale non è da meno. C’è un mondo che non vede l’ora di varcare i nostri confini e imporci le sue usanze retrograde, la sua religione sanguinaria, la sua cucina fetida e il suo modo estraneo di vedere le cose. Vogliono cambiarci e per farlo approfittano della nostra solidarietà. Vengono qui, chiedono accoglienza e con la scusa di volerci assomigliare ci costringono ogni giorno ad assomigliare un po’ di piú a loro. Si comincia mangiando kebab e si finisce togliendo i crocefissi dalle scuole con la scusa del rispetto, privandoci delle nostre radici e della nostra identità. Vogliono sostituirci etnicamente, cosí con la scusa che non facciamo piú figli – come se fosse una scelta non fare figli in questo mondo senza certezze! – fanno entrare dai nostri confini centinaia e centinaia di giovani uomini di colore che oggi sono poveri e vogliono solo cibo e vestiti usati, ma domani saranno meno poveri e pretenderanno di avere i nostri diritti, il nostro lavoro, le nostre donne. Pretenderanno di essere noi.

Il fascismo può proteggerci perché a differenza della democrazia riconosce che tutto questo è un pericolo. I democratici, anche quelli liberali che su questioni economiche non si farebbero mai chiamare di sinistra, sono troppo legati all’ideologia della differenza, a quanto è bello essere tutti diversi al mondo, a quanto si può imparare gli uni dagli altri, dal cibo etnico, dal multiculturalismo, dall’ecumenismo e via mischiando anche cose che tra loro non hanno alcuna ragione di mischiarsi. Intanto il mondo continua a restare un posto difficile, noi siamo ogni giorno piú fragili e la nostra unica possibilità è difenderci con tutte le nostre forze, affidandoci a chi saprà guidarci contro gli assalti che stiamo subendo. A molti questa visione potrà sembrare catastrofista, ma la catastrofe è meglio essere precoci nel temerla che sorpresi nel subirla.

La democrazia, sempre ingenuamente fiduciosa nel progresso e nelle potenzialità positive del genere umano, è lo strumento meno indicato per far fronte a questi pericoli, perché di solito le costituzioni democratiche si fondano proprio sui sedicenti valori che impediscono di riconoscerli: uguaglianza, solidarietà, diritti umani. Le democrazie non sono predisposte a riconoscere che gli esseri umani, al di fuori di quelli che consideriamo fratelli di sangue e di suolo, sono un pericolo. Il mantra «restiamo umani» che tanto piace ai democratici dal cuore tenero dimentica che gli umani sono la specie dominante del pianeta proprio perché sono i predatori di tutte le altre. Restare umani in natura vuol dire sopravvivere, mettere sé stessi prima di ogni altra cosa, sapersi difendere contro tutti e se necessario anche contro i propri stessi simili. «Restiamo umani» lo diciamo anche noi fascisti, quindi, ma il senso in cui lo diciamo noi risponde a un dato di natura, non alla facile commozione di chi ha già pagato le rate del mutuo. Il fascismo deve dunque far capire a tutti che nelle situazioni di pericolo – cioè sempre – può organizzarsi molto meglio della democrazia per proteggere chi è debole o si sente tale. Certo, potrà anche capitare che ci sia chi è debole e non sa di esserlo. Ma sarà sufficiente trovare il modo per rivelargli che lo è.

Non è un compito complicato, in realtà. Nella società capitalista contemporanea solo l’1 per cento della popolazione non è definibile come fragile, perché guadagna troppo per avere punti deboli. Tutti gli altri cittadini hanno qualcosa da perdere e se gli si fa vedere che quel qualcosa è minacciato, si fideranno di chiunque si dimostri in grado di difenderlo.

Il bene primo, quello per cui tutti lavoriamo e lottiamo, è sempre la famiglia. Evidenziare quanto la famiglia sia debole è dunque essenziale per suscitare un sano spirito bellicoso nei padri e nelle madri. I nemici della famiglia sono quelli che cercano di sovvertire i ruoli naturali dell’uomo e della donna o le loro funzioni tradizionali. Le due categorie che cercano di fare questo da decenni sono sempre le stesse: le femministe e i gay.

Negli anni in cui la democrazia si credeva invincibile al punto da imporre a tutti le sue ideologie devianti è passata l’idea che le cause femministe – aborto, divorzio, parità di genere, libertà sessuale – fossero lodevoli e andassero sostenute come forma di progresso, cosí come si è riusciti a convincere una buona parte della società che i desideri dei gay – non discriminazione, matrimonio e persino adozione – fossero addirittura diritti umani. Nessuna delle due cose è vera ed entrambe sono pericolose. La presunta liberazione della donna ha portato solo al crollo delle nascite e alla competizione con gli uomini nei luoghi di lavoro, lasciando a casa culle vuote, cene fredde e montagne di camicie da stirare. La cosiddetta rivoluzione sessuale ha creato confusione e ha allontanato le donne dagli uomini, al punto che oggi non si può piú fare loro nemmeno un complimento o dare una pacca affettuosa che subito si grida alla molestia. Per contro, laddove le donne non vogliono piú sposarsi e prendersi cura della famiglia, i gay invece pretendono di farlo come se fosse una cosa normale. È il mondo al contrario generato dalla democrazia, dove ogni scempiata acquista senso solo perché c’è una maggioranza a dire che va bene. Ma la natura non si può sovvertire a colpi di decreto legge, né il sole tramonterebbe a est solo perché lo ha deciso una maggioranza. Questo sconquasso che sta mandando a monte la famiglia naturale si origina dall’idea del tutto errata che le donne siano uguali agli uomini e i gay uguali agli eterosessuali.

Il fascismo, politica del buon senso, ha come compito fondamentale quello di riportare le cose a posto e cominciare dalla donna è essenziale, perché la donna è il sostegno dell’uomo e l’uomo è il capo della famiglia: se si sposta lei, crolla tutto. Il fascismo sa che le donne non sono autonome. In natura la femmina cerca protezione e le femmine degli esseri umani non fanno eccezione: esse hanno bisogno degli uomini perché sono deboli e gli uomini sono forti. Preziose per la loro funzione materna e accoglienti per indole, le donne sono delicate e proteggerle è un dovere, specialmente quando nella loro irrazionalità non vogliono essere difese. Non devono esporsi a rischi inutili, frequentando posti non sicuri, o adottare comportamenti disinibiti che le mettano in pericolo facendole credere disponibili. Fuori è pieno di uomini di altre culture pronti a stuprarle perché le considerano oggetti inferiori.

La saggezza fascista deve ricordare alle donne che è proprio la pretesa di essere forti ad averle rese bersaglio e che l’essersi sottratte al ruolo che la natura ha loro assegnato ha destabilizzato anche i loro uomini, che spesso – feriti e abbandonati – reagiscono in modo scomposto, con conseguenze che sarebbe meglio evitare. Non servono a nulla i centri antiviolenza, retaggio del femminismo, che incoraggiano le donne a denunciare i loro compagni, anziché a risolvere i conflitti e tenere unite le famiglie. Una proposta di governo fascista offrirà quindi politiche di sostegno non alla donna in sé, che non è un soggetto sociale da considerare isolatamente, ma alla madre nella sua funzione. L’ideale sarebbe immaginare proprio una sezione «Mamme» tra le categorie politiche di riferimento. Ma una scelta di linguaggio cosí esplicita potrebbe essere controproducente tra quelle fasce di conservazione democratica che ancora si riferiscono al veterofemminismo. Indebolite quelle, finalmente la mamma tornerà a essere al centro della vita familiare e dunque politica.

Per quanto riguarda i gay non c’è nemmeno bisogno di spiegare quale danno rappresentino per il genere umano semplicemente esistendo. Eliminarli o curarli, dopo tanti anni di lassismo democratico che ha contagiato anche gli Stati vicini al nostro, richiederebbe un dispendio di energie e denaro davvero sproporzionato. Costringerli a nascondersi per non dare il cattivo esempio ai giovani è però un dovere a cui non ci si può sottrarre. Qualunque tentativo di far passare l’omosessualità come normale è una minaccia alla famiglia e alla continuità della specie. Per questo i bambini vanno protetti tanto dall’indottrinamento dell’ideologia gender – che con la scusa di eliminare la discriminazione fa loro credere che possono essere quello che vogliono, invece che imparare a volere quello che già sono – quanto da quello sulla parità dei sessi. I bambini facciano i bambini e le bambine facciano le bambine.

Fondamentale è raccontare la debolezza di una categoria troppo a lungo dimenticata che invece rappresenta e rappresenterà sempre piú la maggioranza nelle società occidentali: gli anziani. I pensionati con la minima sono fragili e nessuno si occupa di loro. Risolvere le magagne attuali del sistema pensionistico è purtroppo impossibile per colpa della democraticissima parità di genere, che lasciando andare le donne al lavoro ha tolto loro il tempo e la voglia di fare i figli che avrebbero versato i contributi per pagare le pensioni alle generazioni precedenti. Le donne hanno messo sé stesse davanti alle esigenze della collettività e per questo tutta la società paga un prezzo altissimo. I pensionati delle periferie però potrebbero avere qualche difficoltà a capire che le conseguenze delle colpe della democrazia non possono diventare responsabilità del fascismo. Quello che invece possono capire è un banchetto nella piazza del quartiere dove si distribuiscono sacchetti con la spesa dentro, perché se non puoi risolvere la causa della malattia sociale, puoi però curare il sintomo dove si presenta. Purtroppo un gesto di cura rivolto a un anziano impoverito non trasforma automaticamente quell’anziano in un fascista: è necessario quindi non lasciare che la solidarietà sia confusa con la politica, perché il fascismo, anche quando distribuisce sacchetti della spesa, non è una onlus, ma un movimento politico.

Nell’essere solidali con gli ultimi è dunque importante ribadire che non lo facciamo per gli ultimi, ma per i nostri ultimi, e che prima vengono i nostri e poi, se ne resta, verranno gli ultimi degli altri; ma sappiamo tutti benissimo che non ne resta mai. Ogni volta che uno di quegli anziani riceve da noi fascisti una busta della spesa, deve sapere che il sistema democratico ne sta probabilmente distribuendo altre due a un estraneo. Ogni volta che i democratici tenteranno di dire che bisogna soccorrere i deboli, il fascismo ricorderà che i primi deboli sono quelli di casa nostra e che la politica terzomondialista democratica li ha abbandonati, preferendo curarsi di persone che non appartengono al nostro popolo. In questo modo sarà chiaro che i nemici sono sia quelli che pretendono di essere aiutati senza averne diritto, sia la democrazia stessa, che afferma che il diritto di essere aiutati è di tutti. La debolezza dei nostri sarà la nostra forza.

Per molti questa attenzione del fascismo alle fragilità sociali è paternalismo, ma se il paternalismo è lo sguardo del padre che protegge tutti, soprattutto chi non ce la fa da solo, allora sí, siamo paternalisti. Uno Stato è come una famiglia dove il padre è il capo e giustamente si comporta come tale, perché se è una sola persona ad assumersi la responsabilità di rappresentare tutti, allora quella persona deve anche prendersi cura di tutti. Se sei quello che ha saputo vedere le fragilità sociali, allora hai anche il diritto di offrirti come protettore e custode. Nel fascismo tutti devono sentirsi al sicuro. Nessuno deve pensare di essere costretto a diventare forte e autonomo da solo, perché sappiamo che certe debolezze sono strutturali e non possono essere risolte. Convincere le persone che possono diventare autonome dallo Stato è un atto irresponsabile nei loro confronti: fa loro credere di non avere piú bisogno di protezione e cosí, quando si presenta il vero pericolo, non sono preparate ad affrontarlo. La debolezza dei singoli è fondamentale per la forza dello Stato, perché chi si riconosce debole si affida a chi è forte. E chi è forte, quando è necessario, non si ferma davanti a niente per proteggere i suoi.