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Lise come ogni notte era distesa sul divano. Vestita di tutto punto, truccata, la sciarpa azzurra al collo con i lembi ben distesi sul petto. Adelmo non si faceva vedere da più di una settimana e lei era sempre più disperata.

Sentì un rumore e aguzzò l’udito. Quando vide la luce tremolante della torcia scrutare il pavimento del corridoio pensò che il suo ladro avesse scordato il percorso che conduceva dal bagno al salotto.

«Adelmo?».

«No, sono la Carlina» rispose una voce di donna dal buio.

La tedesca era sorpresa. E sconcertata. Ma si riprese subito. «Immagino sia a conoscenza dei dettagli, non c’è bisogno che accenda la luce».

«Meglio di no. I soldi sono nel cassetto?».

«Sì. Ma controlli, la prego».

La Carlina non si limitò a verificare la presenza delle banconote, volle anche contarle. «Non è per malfidenza ma questo è un servizio costoso, capisce?».

Lise rifletté sul termine “servizio”. In fondo era corretto, anche se risultava in qualche modo osceno.

La donna del ladro si sedette sul divano. Il suo profumo scadente fece arricciare il naso raffinato della tedesca, che chiese: «Lui dov’è?».

«All’ultimo momento si è fatto la valigia e se n’è andato» rispose l’altra dopo un lungo sospiro. «Si è messo sull’attenti e mi ha detto: “Generalessa Carlina, l’esercito è sconfitto. Il soldato Adelmo fugge, scappa da questa vita. Se ne va a cercarne un’altra”. Il solito buffone».

«I disertori sono adorabili» disse Lise. «Ingenui, fragili, con la testa piena di sogni. Ne ho conosciuti diversi e ne ho amati due. Ma brevemente e solo per curiosità. Ero persuasa che il tempo dell’amore dovesse essere calcolato a tavolino a seconda del tornaconto. A quei tempi ero caparbiamente convinta di tante cose, una più errata dell’altra. Anche su Adelmo mi sono sbagliata. Alla fine la nostra partita l’ha vinta lui».

«Vedo che ha voglia di chiacchierare. Vuole che torni un’altra volta?» domandò la Carlina premurosa.

La tedesca, nel buio, tastò le braccia e le mani della donna ricoperte di guanti di lattice. Si tranquillizzò. Erano forti e robuste, abituate al lavoro e agli sforzi. Non l’avrebbero fatta soffrire.

«No, cara. Ora va bene» rispose serena.