Capitolo ottavo
Lentamente, molto lentamente, il gruppo di lumache avanzava sull’erba. Erano tristi e sentivano la tristezza trasformarsi in un piccolo fardello che appesantiva i loro gusci.
Nessuna si azzardava a esprimere la sua preoccupazione e così, quando voltando la testa non riuscirono più a scorgere il rimpianto albero di calicanto, una di loro avvisò le altre che si stavano dirigendo verso il confine del prato, cioè in direzione degli umani: «Un momento, ma che razza di leader sei, tu? Ci stai portando verso il pericolo» sussurrò, risvegliando ancora maggiore inquietudine fra le compagne.
Ribelle si fermò e ricordò che gli uccelli e gli scoiattoli che abitavano il faggio più vetusto rimanevano sempre sui rami a guardar scendere il sole nel suo rifugio, e che lo stesso facevano i conigli e le rane del prato.
«Molti esseri ringraziano in silenzio per il tepore ricevuto, persino i fiori si chiudono piano per conservare l’ultimo calore, ma noi, esseri dell’ombra, non ci fermiamo mai a guardare il sole che si allontana dall’oscurità» spiegò Ribelle.
«È vero, evitiamo il sole perché la nostra vita dipende dall’umidità del corpo. Ma continuo a non capire perché ci porti là dove si trovano gli umani» dichiarò una delle lumache più vecchie.
«Perché nel mio viaggio con Memoria ho osservato bene gli umani e ho visto che non stendono mai il manto nero che copre ogni cosa sull’altro lato dei loro gusci di legno e pietra, quelli che chiamano case. Forse anche agli umani piace restare a guardare il sole mentre scende nel suo nido di fuoco.»
«Forse! Forse! Questo vuol dire che ci conduci in un luogo mai visto, al quale forse arriveremo e forse no, dato che non sei sicura di niente» esclamò indignata un’altra delle vecchie lumache.
«E io dico che forse non dobbiamo abbandonare il calicanto, che forse gli umani non arriveranno fin là, che forse dobbiamo lasciar perdere questa avventura senza senso» dichiarò una terza lumaca fra le più vecchie del gruppo.
«Sì, torniamo indietro, non avremmo mai dovuto andarcene!» esclamarono all’unisono varie lumache, e il gruppo si divise. Quasi tutte le lumache più vecchie intrapresero lentamente, molto lentamente, il ritorno alla pianta di calicanto, mentre le più giovani rivolsero i loro cornini con gli occhi verso Ribelle.
«È vero che non sono sicura di trovare il nuovo Paese del Dente di Leone. È vero che non so dov’è, né quanto tempo impiegheremo ad arrivare. È vero che non so se incontreremo grandi pericoli e se arriveremo tutte. Ma so che il nuovo Paese del Dente di Leone è davanti a noi e non alle nostre spalle. Io proseguirò. Voi potete venire con me o tornare indietro.»
Lentamente, molto lentamente, Ribelle riprese a muoversi e quando si voltò vide che tutte le lumache la seguivano. Non provò orgoglio né la minima felicità. In quel momento pensò che avrebbe preferito non essere seguita perché così sarebbe stata responsabile soltanto del proprio destino. Le lumache avevano fiducia in lei e questo la spaventò molto, ma poi ricordò Memoria: un vero ribelle conosce la paura ma sa vincerla, e lentamente, molto lentamente, continuò ad avanzare sull’erba.