XVII

Burrasca, anzi tempesta, quel giorno, in casa di don Diego.

Stellina aveva avuto, la mattina, un violento scoppio d'ira contro il marito, il quale, da che era entrato in convalescenza, era diventato, poverino, insopportabile. Aveva scritto al padre ingiungendogli di venire subito subito a prendersela, altrimenti si sarebbe buttata giù dal balcone. Don Marcantonio era accorso in gran furia insieme con la moglie, e col deliberato proposito d'imporre alla figlia il rispetto più devoto al marito, e a Pepè Alletto il divieto assoluto di frequentar la casa del genero.

Ciro Coppa e Pepè, entrando nel salotto, trovarono Stellina in lagrime, abbandonata su la spalliera del divano. La si-donna Rosa le sedeva accanto con gli occhi bassi, le labbra strette e le mani intrecciate sul pacifico ventre. Don Marcantonio passeggiava, con le mani dietro la schiena, gridando rimproveri alla figlia, per modo che li udisse don Diego tappato in camera da letto. Nel vedere il Coppa, smise subito di gridare, e gli andò innanzi, premuroso:

Colpito da quell'accoglienza lagrimosa, il Coppa disse, sedendo:

— riprese, sorridendo, il Ravì.

Ciro lo interruppe, guardandolo con fredda severità:

Stellina si tolse il fazzoletto dal volto e guardò smarrita, con gli occhi rossi dal pianto, il Coppa. Poi disse, esitante:

— si provò a intromettersi di nuovo don Marcantonio.

— riprese forte il Coppa, seccato. —

Pepè, comprendendo finalmente l'equivoco in cui era caduto il cognato, si agitò su la seggiola, rosso come un papavero, e disse:

— entrò a dire risolutamente don Marcantonio. —

— disse Stellina singhiozzando, senza scoprir la faccia. —

Ciro Coppa, a queste parole, si levò da sedere gonfio e quasi sbuffante dalla stizza e dalla commozione.

— gridò alla figlia, irritato, il Ravì.

— rispose, pronta, Stellina con voce rotta dal pianto.

— scattò don Marcantonio. —

— singhiozzò Stellina. —

— lo interruppe Stellina, puntando i due pugni sul divano e mostrando finalmente il volto inondato di lagrime. —

— esclamò don Marcantonio, mezzo stordito. —

Pepè si agitò di nuovo sulla seggiola, imbarazzatissimo. Venne intanto dalla camera di don Diego lo scoppio di due strepitosi sternuti.

— gli gridò don Marcantonio, con un gesto di comicissima ira, aggiungendo a bassa voce: —

Sorrisero tutti, tranne il Coppa, allo scatto strano, improvviso.

— prese a dire Ciro con aria grave, —

— esclamò don Marcantonio.

— gridò Ciro, che non ammetteva repliche, nemmeno in casa altrui.

— riprese, umile, don Marcantonio. —

— ribatté Ciro, —

— domandò, perdendo la bussola, il Ravì. —

— tuonò Coppa, —

— si provò a soggiungere don Marcantonio.

Il campanello della porta squillò a lungo, come tirato da una mano nervosa. Il Ravì s'interruppe. Stellina scappò via dal salotto, seguita dalla madre. E Pepè, recatosi ad aprire, si trovò di fronte Mauro Salvo con la combriccola.

Il Ravì si fece loro incontro.

— disse Mauro. —

— s'affrettò a rispondere don Marcantonio.

— riprese il Salvo. —

— disse il Coppa, con un tono che tagliava netto, guardando fiso negli occhi Mauro. —

Poi, rivolgendosi a Pepè, aggiunse:

Pepè ubbidì, e poco dopo andarono via tutti, senza neppur salutare il Ravì, che rimase sul pianerottolo, come un ceppo.

Appena fuori del portoncino, Mauro Salvo, avviandosi coi fratelli e i cugini, disse, pigiando su le parole:

— impose forte a Pepè Ciro Coppa, in modo che i Salvo e i Garofalo udissero.