VI

Pepè trovò la sorella che si aggirava come un'ombra per le stanze quasi al bujo. Pareva già vecchia a trentaquattro anni: un male, che ancora i medici non riuscivano a precisare, la consumava da parecchi mesi; ma di questo ella non si lagnava, considerandolo come una lieve giunta ai tanti danni della sua vita. Non si lagnava veramente di nulla, neanche di non poter vedere la madre, già da anni in rottura mortale col genero. Avrebbe avuto tanta consolazione anche dalla sola vista di lei! Ma donna Bettina aveva giurato di non rimetter piede mai più in casa del Coppa; ed ella, per la gelosia feroce del marito, non che uscire di casa, non poteva neppure sporgere un po' il naso fuor della finestra. Non glien'importava più; non si crucciava più nemmeno in cuore della sorte tristissima che le era toccata, nascendo. L'amarezza d'una totale remissione le si leggeva ormai negli occhi silenziosi, costantemente assorti in una pena ignota, indefinita.

Ella alzò le spalle e aprì un po' le braccia, in risposta. Pepè sbuffò per il naso; poi riprese:

— gridò subito Filomena. —

— esclamò Pepè, commosso.

— riprese con la stessa voce stanca la sorella —

— approvò Pepè, —

— corresse amorevolmente Filomena. —

Pepè approvava col capo, e quella sua approvazione era insieme segno di compianto per la sorella; guardava nella penombra la ricca mobilia della stanza, e tra sé diceva: "".

A questo punto entrò la servetta ad annunziargli che qualcuno lo attendeva giù nello studio. Pensò che fossero i padrini (così presto?), e s'affrettò a discendere; trovò invece nello studio don Marcantonio Ravì tutt'ansante e scalmanato.

— rispose Pepè, breve, serio e compunto.

— rispose Pepè, accigliato —

— lo interruppe don Marcantonio. —

— ripeté l'Alletto con aria grave e pur malinconica. —

— gli gridò, quasi con le lagrime a gli occhi, il Ravì. —

Non poté continuare. Entravano nello studio Gerlando D'Ambrosio e Nocio Tucciarello, i due padrini scelti da Ciro: il D'Ambrosio alto, biondo, con le spalle in capo, miope, il mento e la guancia sinistra deturpati da una lunga cicatrice; l'altro, tozzo, barbuto, panciuto, dall'andatura stentatamente bravesca.

— salutò il D'Ambrosio.

Nocio Tucciarello non disse nulla; contrasse soltanto una guancia come per fare un mezzo sorriso e chinò appena il capo.

— propose Pepè, premuroso, con gli occhi ora all'uno ora all'altro.

— parlò il Tucciarello, rifacendo con la guancia la smorfia di prima e alzando lentamente una mano in segno negativo. —

— chiese angustiato il Ravì a l'Alletto. E, volgendosi ai due sopravvenuti: —

Il Tucciarello lo interruppe, posandogli leggermente una mano sul petto.

— s'affrettò a rispondere Pepè, con la vista intorbidata dall'interna agitazione, affermando ripetutamente col capo. —

— scattò sù don Marcantonio. —

— disse allora Nocio Tucciarello pacatamente, un po' accigliato, con un lento gesto della mano. —

— esclamò il Ravì . —

— rispose il Tucciarello con la stessa aria spocchiosa. —

I due padrini andarono via, seguiti da don Marcantonio, cui premeva di far intendere al Tucciarello, umilmente, il suo pensiero.