Nota editoriale
In questo libro parla uno scrittore. Per mettere in discussione il sapere che ci viene allestito dalla pubblicistica - la cui responsabilità muore giorno dopo giorno - e, in fondo, dal testimone che rivendica sempre, accanto alla veridicità, anche il suo essere parziale, perché ferito.
Narrando di fiumi, di un viaggio, di neve sporca, questo è anche un libro in qualche modo gestuale: mostra una forma del comprendere e così ne indica un'altra, quella basata sull'effetto del punto esclamativo, del «fermo-immagine». È un gesto importante, diffuso in ogni pagina, dove scrittura e significati si articolano in continuazione sui punti interrogativi, sulle parentesi dubitative, sui «forse». Se è questo il procedere necessario della conoscenza nelle cose piccole e piccolissime, perché dovrebbe essere diverso per ciò che è più complesso, più grave? E se ci si può domandare, con l'autore, «se un annotare così non sia osceno, non vada addirittura proibito, vietato», si abbia il tempo di ascoltare anche la sua risposta, e magari di chiedersi se il comprendere, la pace vera, non si fondi sempre su un simile conflitto.
La letteratura cinese dà notizia di un autore che scrisse un Libro da nascondere e poi un secondo Libro da bruciare, o forse viceversa.
Rendere pubblico qualcosa che non conviene, qualcosa che è «meglio» non lo sia, è ciò che accomuna a volte autore ed editore, quando meno pensano se stessi come macchine di consenso.
Per parlar chiaro: in questo libro non si negano le atrocità della guerra. Ci si prende la responsabilità totale di volgere lo sguardo su «terze cose», e di farlo fuori tempo, fuori dall'attualità, verrebbe da dire fuori sincrono. Sì, perché la «Giustizia per la Serbia» invocata dal sottotitolo non accenna ai tribunali, che sono qui ovviamente fuori discussione, ma a quella «partecipazione (tele)visiva» di cui sembra non si possa fare a meno neanche per arrivare alla realtà di sotto casa. «Cosa si sa là dove si possiede un sapere a base di internet e online, privo di qualsiasi sapere effettivo, che può nascere solo dall'imparare, guardare o imparare? Cosa sa chi al posto di un fatto si trova davanti unicamente all'immagine dello stesso, o, come nei notiziari televisivi, a uno stenogramma dell'immagine, o, come nel mondo della rete informatica, allo stenogramma di uno stenogramma?»
L'editore sa che questo libro ha subito lo stesso trattamento che denuncia. E, quindi, ha deciso per insistere.