Mia figlia Christine, che mi ha scritto queste lettere, è morta di broncopolmonite doppia acuta in un ospedale di Stoccarda la mattina dell’8 agosto 1914. Non le ho divulgate per quasi tre anni perché, al di là dell’amore che contengono, che le rendeva sacre ai tempi in cui ancora facevamo incetta di ciò che avevamo, sembravano – a me che non conoscevo i tedeschi e per lungo tempo ho guardato a loro, come gran parte dei cittadini inglesi, senza alcuna amarezza e con la propensione a comprendere e giustificare – troppo estreme e drastiche nel loro giudizio. Ora, passati alcuni anni, ognuno più carico del precedente di azioni tedesche difficili da comprendere se non in base a un’unica interpretazione, e impossibili da giustificare, penso che queste lettere, capaci di ritrarre lo stato d’animo del popolo tedesco nell’imminenza della prima guerra mondiale e scritte da una persona che si è recata là disposta ad amare con entusiasmo tutto e tutti, potranno utilmente contribuire a comporre un frammento del grande quadro che in futuro dovremo tenere ben chiaro e in evidenza davanti a noi se vogliamo salvaguardare il mondo.

Do alle stampe le lettere così come mi sono arrivate, senza omettere nulla. Oggigiorno nessuno più appartiene a cerchie ristrette, a piccoli gruppi di intimi. Ci hanno privato della riservatezza, del nostro bagaglio più privato. Viviamo un’unica grande parentela. I nostri dolori non sono più solo nostri, e qualunque sentimento di amore e felicità, persino la minima espressione di esso, dovrebbe essere a sua volta condivisa. Così, quelle che seguono sono le lettere in versione integrale.

La guerra ha ucciso Christine proprio come un soldato di trincea. Non scriverò del suo talento, che era straordinario. La guerra ha sottratto anche quello al mondo, l’ha spezzato e gettato via.

Non l’ho mai più rivista. Ho ricevuto un telegramma dove mi comunicavano che era morta. Ho cercato di andare a Stoccarda, ma sono stata respinta alla frontiera. Ho ricevuto le sue due ultime lettere, da Halle e da Würzburg, quando sapevo ormai che era morta.

Alice Cholmondeley

Londra, maggio 1917