Spari nella notte

 

 

La grande e squadrata casa di mattoni rossi, con il suo tetto sporgente di ardesia verde che le conferiva un'aria decisamente massiccia per i suoi due piani, sorgeva su un'altura erbosa a una certa distanza dalla strada, affacciandosi sulla vallata del fiume Mokelumne.

La Ford che avevo affittato per uscire da Knownburg mi portò a destinazione oltrepassando prima un alto cancello di rete metallica, poi aggirando un vialetto d'ingresso circolare ricoperto di ghiaia e lasciandomi infine accanto alla veranda coperta che correva lungo tutto il perimetro dell'edificio.

«Quello è il cognato di Exon» mi disse l'autista, intascando i soldi che gli avevo appena dato e accingendosi a ripartire.

Mi girai e vidi un uomo alto e snello, intorno alla trentina, che dalla veranda si dirigeva verso di me. Era vestito con cura e il suo viso abbronzato era incorniciato da una folta chioma castana. Nella sua bocca atteggiata a un pigro sorriso non potei fare a meno di notare una piega di crudeltà, mentre i suoi occhi grigi rivelavano con una certa chiarezza l'indole dell'avventuriero.

«Il signor Gallaway?» chiesi andandogli incontro mentre scendeva i gradini dell'ingresso.

«Sì.» Aveva una voce strascicata da baritono. «E lei è...»

«Continental Detective Agency di San Francisco» dissi concludendo la frase per lui.

Fece un cenno col capo tenendomi la porta aperta.

«Lasci pure qui il suo bagaglio. Lo farò portare di sopra tra un attimo.» Mi fece strada all'interno della casa e, assicuratosi che avessi già pranzato, mi offrì una comoda poltrona e un eccellente sigaro. Quindi si buttò a sua volta in una poltrona di fronte alla mia, sedendosi scompostamente, e lanciò una boccata di fumo verso il soffitto.

«Mi lasci cominciare col dire» iniziò in tono morbido «che non mi aspetto grandi risultati. L'ho fatta venire qui come palliativo senza aspettarmi che lei possa davvero arrivare a qualcosa. Personalmente non credo che vi sia nulla da fare. A ogni modo io non sono un detective, per cui potrei sbagliarmi e lei potrebbe essere anche in grado di arrivare a chissà quale genere di piccola o grande scoperta.

Se andrà così tanto meglio. Ma non ci tengo granché.» Non dissi nulla, anche se quell'esordio non era particolarmente di mio gusto. Fumò in silenzio per un minuto, quindi riprese a parlare.

«Mio suocero, Talbert Exon, ha cinquantacinque anni e di solito è un diavolaccio solido, duro come la roccia e incredibilmente attivo. In questo periodo però si sta riprendendo da un brutto attacco di polmonite che l'ha buttato giù parecchio. Non è ancora in grado di alzarsi dal letto e il dottor Rench spera di riuscire a tenercelo ancora per una settimana.

«Il vecchio ha la sua camera al secondo piano, la prima all'angolo di destra, proprio sopra le nostre teste. La sua infermiera, la signorina Caywood, occupa la stanza accanto, comunicante con la sua.

La mia camera è dall'altra parte del corridoio rispetto a quella di mio suocero e accanto alla mia c'è la camera di mia moglie, situata proprio di fronte a quella dell'infermiera. Più tardi le farò fare un giro, ma volevo descriverle la situazione.

«La scorsa notte, o meglio questa mattina intorno all'una e mezzo, qualcuno ha sparato a mio suocero nel sonno, mancandolo. La pallottola, di circa trenta centimetri troppo alta, si è conficcata nello stipite della porta che dà nella camera dell'infermiera. La traiettoria, desumibile dal modo in cui il proiettile si è piantato nel legno, lascerebbe pensare che il proiettile sia stato sparato dalla finestra, dall'interno o dall'esterno della camera.

«Exon si è svegliato, ovviamente, ma non ha visto nessuno.

Noialtri, ossia mia moglie, la signorina Caywood, i Figg e io, ci siamo svegliati a nostra volta e siamo corsi immediatamente in camera, ma anche noi non abbiamo visto nulla. Non c'è dubbio che chiunque abbia sparato è fuggito dalla finestra, altrimenti qualcuno di noi lo avrebbe incontrato, dato che arrivavamo da ogni direzione.

A ogni modo, nel terreno intorno alla casa non abbiamo visto nessuno e nemmeno abbiamo trovato tracce di un qualche passaggio.»

«Chi sono i Figg e chi altri vive sulla proprietà, a parte lei, sua moglie, il signor Exon e l'infermiera?»

«I Figg sono Adam ed Emma. Lei è la donna di servizio e lui è una sorta di tuttofare. La loro camera è sul retro, al secondo piano.

Oltre a loro c'è Gong Lim, il cuoco, che dorme in una stanzetta vicino alla cucina e i tre contadini. Joe Natara e Felipe Faderia sono italiani e vivono qui da non più di due anni, mentre Jesus Mesa, un messicano, lavora in questa casa da poco più di un anno. Dormono in una casetta vicino al fienile. Personalmente, ammesso che la mia opinione abbia un qualunque valore, credo che loro non c'entrino per nulla in questa faccenda.»

«Ha estratto la pallottola dallo stipite?»

«Sì. A dire il vero è stato Shand, il vicesceriffo di Knownburg.

Dice che si tratta di una calibro trentotto.»

«Non ci sono pistole di quel genere in casa?»

«No. In casa ci sono una calibro ventidue e la mia quarantaquattro che tengo in macchina. Poi ci sono due fucili da caccia e una doppietta. Shand ha perlustrato la casa e non ha trovato nessun'altra arma da fuoco.»

«Che cosa dice il signor Exon?»

«Non molto, a dire il vero, a parte che se gli mettiamo un fucile accanto al letto sarà perfettamente in grado di cavarsela da solo senza bisogno di polizia e investigatori. Non so se abbia idea di chi possa avergli sparato, dato che è un vecchio mastino di poche parole.

Da quello che so di lui, posso immaginare che ci possa essere più di una persona che potrebbe sentirsi in pace con la coscienza, facendolo fuori. Da giovane, a quanto pare, era tutt'altro che un giglio di campo. E pure dopo, se è per quello.»

«Si basa su fatti precisi o sono solo supposizioni?» Gallaway fece un sorriso tirato, quasi di scherno, che mi sarebbe toccato vedere parecchie volte prima di chiudere l'affare Exon.

«L'una e l'altra cosa» disse. «So per certo che la sua vita è costellata di partner fregati e amici traditi, e so anche che ha scampato la galera almeno una volta in vita sua sviando le prove a suo carico contro i suoi soci. So anche che sua moglie morì in circostanze perlomeno curiose e che era assicurata a peso d'oro e che per qualche tempo su di lui era gravato il sospetto che fosse stato lui a farla fuori, ma alla fine la cosa fu lasciata cadere per mancanza di indizi. Questi, mi pare, sono esempi sufficienti a descrivere le maniere del ragazzaccio, per cui in definitiva credo che ci sia un sacco di gente a cui piacerebbe premere il grilletto contro di lui.»

«E se lei mi fornisse una lista dei suoi nemici e io la facessi controllare?»

«Temo che potrei fornirle ben pochi nomi rispetto al totale, e anche controllare quei pochi le occuperebbe mesi di tempo. E non è mia intenzione andare incontro a una simile perdita di tempo e di denaro. Come le ho detto, non tengo particolarmente a un risultato concreto. Il fatto è che mia moglie è parecchio spaventata e per qualche strana ragione vuole bene al vecchio e perciò, su sua richiesta e allo scopo di tranquillizzarla, ho accettato di assumere un investigatore privato. La mia idea è che lei stia nei paraggi per un paio di giorni fin tanto che le cose non si siano calmate e mia moglie si sia nuovamente rassicurata. Nel frattempo, se le dovesse capitare di imbattersi in una pista la segua, altrimenti arrivederci e grazie.» A quel punto il mio viso doveva avere tradito i miei pensieri, dato che i suoi occhi ebbero un guizzo e l'uomo proruppe in una risatina.

«Per favore, non si faccia l'idea che lei è qui per non trovare il potenziale assassino di mio suocero. Lei ha mano libera. Investighi quanto le pare e piace, con l'unica raccomandazione di essere nei paraggi il più possibile di modo che mia moglie si senta rassicurata dalla sua presenza. A parte questo, non mi importa di quello che fa.

Può anche arrestare criminali a carrettate. Come avrà ormai compreso, non è che adori il padre di mia moglie e del resto il sentimento è reciproco. Per essere del tutto sinceri, se l'odio non fosse così faticoso, penso che potrei davvero odiare quel vecchiaccio infernale.

Ma se lei desidera ed è in grado di acciuffare la persona che gli ha sparato, ne sarò contento. Tuttavia...»

«Va bene, va bene» dissi io. «Non mi piace granché questo incarico, ma dato che mi trovo qui lo porterò a termine. Si ricordi però che io non mollo fino all'ultimo.»

«Sincerità e rettitudine» disse scoprendo i denti candidi mentre atteggiava nuovamente la bocca a un sorriso sardonico e si alzava in piedi. «Sono tratti lodevoli.»

«A quanto pare» borbottai io. «Mi faccia dare un'occhiata alla camera del signor Exon.» La moglie di Gallaway e l'infermiera si trovavano in compagnia del malato, ma prima di fare loro qualunque domanda esaminai con cura la stanza.

Era una camera piuttosto ampia, con tre grandi finestre che davano sulla veranda e due porte, una sul corridoio e una che dava sulla camera adiacente, occupata dall'infermiera. Questa seconda porta era aperta e vi era stato sistemato un séparé giapponese che rimaneva lì anche durante la notte, di modo che l'infermiera potesse sentire a qualunque ora il paziente chiamasse.

Un uomo in piedi sul tetto del portico avrebbe potuto tranquillamente appoggiarsi a uno dei davanzali, se non addirittura balzare all'interno della camera, e fare fuoco sull'uomo a letto.

Salire da terra sulla veranda era cosa di poco conto e scendere era ancora più facile, dato che si trattava semplicemente di lasciarsi scivolare giù per il tetto con i piedi rivolti alla grondaia, frenando la velocità di discesa con le mani fino a cadere in piedi sul vialetto di ghiaia. Arrivare e squagliarsela sarebbe stato un gioco da ragazzi. Inoltre le finestre non avevano nemmeno le zanzariere.

Il letto del paziente era situato proprio accanto al passaggio che univa la sua stanza a quella dell'infermiera, il che significava che quando era steso a letto il vecchio si trovava tra il corridoio e la finestra da cui lo sparo era provenuto. Fuori non c'erano edifici né alberi o punti elevati a tiro di arma da fuoco, anche a grande gittata, da cui sarebbe potuta partire la pallottola che si era conficcata nella porta.

Mi rivolsi quindi agli occupanti della camera, cominciando dal vecchio. Si intuiva che in gioventù doveva essere stato un uomo dal fisico imponente, ma adesso era sciupato, smagrito e smunto come un cadavere. Nel suo viso sottile e scavato due occhi come perline sovrastavano un naso lungo e affilato, mentre la sua bocca non era che un taglio incolore sopra un mento ossuto.

La sua deposizione fu un capolavoro di petulante concisione.

«É stato lo sparo a svegliarmi. Io non ho visto niente. Ho un milione di nemici, io, così tanti che della maggior parte di loro non ricordo nemmeno il nome.» E dopo avere così parlato, chiaramente malvolentieri, distolse il viso, chiuse gli occhi e si rifiutò di aggiungere altro.

La signora Gallaway e l'infermiera mi seguirono nella camera di quest'ultima, dove procedetti a interrogarle. Erano due donne del tutto diverse e tra loro c'era chiaramente una certa freddezza e un'evidente ostilità di cui mi sarei meglio reso conto più tardi.

La signora Gallaway aveva all'incirca cinque anni più del marito.

Capelli scuri, fisico meravigliosamente statuario, un'espressione accorata nello sguardo che diventava particolarmente evidente quando i suoi occhi si posavano sul marito. Non c'era dubbio che era molto innamorata di lui, e l'ansia che trapelava dal suo viso e i mille sforzi che nel corso del mio soggiorno a casa Exon le vidi fare per compiacerlo in ogni minima cosa, mi convinsero del fatto che quella donna lottasse costantemente contro la paura di poter perdere il marito in qualunque momento.

La signora Gallaway non fu in grado di aggiungere nulla a quanto il marito mi aveva già detto. Era stata svegliata dallo sparo, si era precipitata nella camera del padre, non aveva visto niente, non sapeva niente, non sospettava nessuno.

L'infermiera, di nome Barbra Caywood, mi raccontò la medesima storia, quasi usando le stesse parole. Era balzata dal letto svegliata dallo sparo, aveva scostato il paravento ed era corsa nella camera del paziente. Era stata la prima ad arrivare e non aveva visto altro che l'anziano, seduto sul letto, il pugno levato in direzione della finestra.

Barbra Caywood era una ragazza che poteva avere ventuno o ventidue anni ed era proprio il genere di ragazza che qualunque uomo sceglierebbe per farsi rimettere in sesto: appena più bassa della media, con una figuretta, al di sotto del severo candore della sua uniforme, in cui snellezza e curve si combinavano in una sintesi piuttosto felice, e una chioma bionda e soffice che incorniciava un visetto delizioso. E tuttavia, con tutto quel fascino, aveva un modo di fare del tutto professionale e improntato ad assoluta efficienza.

Dalla camera dell'infermiera, Gallaway mi guidò in cucina, dove feci alcune domande al cuoco cinese. Gong Lim era un asiatico dalla faccia triste, resa ancora più triste da un sorriso perenne. Si inchinò e fece segno di sì dall'inizio alla fine dell'interrogatorio, senza dirmi nulla.

Adam ed Emma Figg, uno magro magro e l'altra tarchiata, ma entrambi reumatici, si diedero a tutta una serie di supposizioni nei confronti sia del cuoco sia dei contadini, presi tanto individualmente che in gruppo, svariando bruscamente dall'uno all'altro. Ovviamente non avevano alcun elemento per motivare i propri sospetti, a parte il fatto di nutrire la ferma convinzione che quasi tutti i crimini violenti sono commessi da stranieri.

Trovai i contadini, due italiani sorridenti di mezza età con dei grandi baffi e un ragazzino messicano dagli occhi dolci, intenti al lavoro in uno dei campi. Parlai con loro per quasi due ore e me ne andai con la ragionevole certezza che nessuno di loro aveva nulla a che fare con l'accaduto.

 

Il dottor Rench aveva appena terminato una visita al suo paziente, quando io e Gallaway fummo di ritorno a casa. Il dottore era un uomo minuto e dall'aria saggia, assai gentile nei modi e nello sguardo, caratterizzato da una folta peluria sul viso, che gli andava dalla testa alle sopracciglia, alle guance, al mento e fin nelle narici.

L'eccitazione, disse, aveva in un certo modo rallentato la convalescenza di Exon, ma non riteneva che i danni fossero stati seri. La temperatura era salita leggermente ma pareva che tutto stesse tornando alla normalità.

Dopo che ebbe salutato gli altri, seguii il dottore fino alla sua auto, dato che desideravo porgli alcune domande in privato, ma per quello che ne ricavai avrei potuto anche risparmiarmi il disturbo.

Non fu infatti in grado di dirmi niente di utile. Da lui seppi che l'infermiera, Barbra Caywood, era stata inviata da San Francisco attraverso i canali consueti, il che escludeva che si fosse insinuata in casa Exon per qualche fine segreto che potesse avere un qualunque collegamento con il tentato omicidio di Exon.

Di ritorno dalla mia chiacchierata col dottore, ai piedi della rampa di scale dell'ingresso, mi imbattei in Hilary Gallaway e nell'infermiera. L'uomo teneva un braccio appoggiato lievemente su una spalla di lei e le sorrideva ammiccante. Nell'istante esatto in cui entrai in casa lei si girò facendogli scivolare via il braccio, scoppiò in una risatina canzonatoria e corse su per le scale.

Non sapevo se la donna mi avesse visto avvicinarmi prima di nascondere quell'abbraccio, né sapevo da quanto tempo quel braccio era posato sulla sua spalla, ma si trattava di domande che avrebbero potuto fare una certa differenza, per una esatta interpretazione del loro atteggiamento.

Hilary Gallaway di certo non era tipo da far mancare attenzioni a una ragazza graziosa come l'infermiera ed era senza ombra di dubbio un uomo abbastanza fine e attraente da rendere gradevoli le proprie avances. Né avevo l'impressione che Barbra Caywood fosse il tipo di ragazza che si potesse con certezza definire del tutto disinteressata alla sua corte. Per quel che ne sapevo, però, era probabile che tra i due non ci fosse null'altro che un giocoso corteggiamento.

Tuttavia, indipendentemente dalla fondatezza di qualunque ipotesi su di loro, per quanto potessi giudicare, fino a quel momento non c'era alcun collegamento con il tentato omicidio. Capivo però perfettamente la ragione della tensione che esisteva tra l'infermiera e la moglie di Gallaway.

Gallaway mi sorrise in modo enigmatico, vedendomi intento a inseguire la ridda dei miei pensieri.

«Nessuno è al sicuro, con un detective nei paraggi» si lamentò.

Ricambiai il sorriso. Era la sola risposta possibile che si potesse dare a quel tipetto.

Dopo cena Gallaway mi portò in auto a Knownburg fino alla casa del vicesceriffo. Si offrì anche di riportarmi a casa Exon quando avessi sbrigato le mie indagini in città, ma dato che non sapevo quanto tempo mi ci sarebbe voluto, gli dissi che al ritorno mi sarei arrangiato da solo.

Shand, il vicesceriffo, era un uomo biondo, sulla trentina, grande e grosso e dalla parlata lenta almeno quanto il suo cervello. Il tipo d'uomo perfetto per fare il vicesceriffo in un posto come San Joaquin.

«Mi sono recato a casa di Exon non appena mi hanno chiamato» disse.

«Credo che fossero più o meno le quattro e mezzo del mattino quando sono arrivato. Non ho trovato niente. Non c'erano tracce sul tetto del porticato, ma questo non significa nulla, dato che io stesso ho provato a salire e non ho lasciato impronte di nessun genere. Anche il terreno intorno alla casa è troppo duro per trattenere impronte sufficientemente chiare. Ne ho trovate sì alcune, ma non portavano da nessuna parte e del resto, finché sono arrivato io, tutti erano andati su e giù da ogni parte, e quindi non ci si capiva più niente.

Per quello che ne so, non sono state avvistate facce sospette nelle vicinanze. Le uniche persone qui intorno che potrebbero avercela con il vecchio sono i Deemses, che hanno perso un processo con Exon un paio di anni fa, ma tutti loro, sia il padre sia i figli, erano a casa al momento dell'attentato.»

«Da quanto tempo Exon vive qui?»

«Direi quattro o cinque anni.»

«Niente su cui lavorare, dunque.»

«Direi di no.»

«Che cosa sa della famiglia Exon?» Shand si grattò pensosamente il testone e aggrottò le sopracciglia.

«Immagino lei si riferisca a Hilary Gallaway» disse poi lentamente.

«Ci ho pensato. I Gallaway si sono presentati da queste parti dopo un paio di anni che Exon aveva acquistato la proprietà e Hilary ha trascorso la maggior parte del suo tempo nel retro di Ady a insegnare il poker a lui e agli altri ragazzi. E a quanto sento ha un sacco di cose da insegnare, in materia. Non so cosa dire. Il locale di Ady sembra a posto e io lo lascio in pace, anche se ovviamente non lo perdo d'occhio.

«A parte il fatto che è un giocatore accanito, che beve troppo e non fa altro che andare e venire dalla città, dove si dice abbia una storiella con una ragazza, di Hilary non so granché. Ma non è un segreto per nessuno che lui e il vecchio non si acchiappano affatto.

E la stanza di Hilary è proprio di fronte a quella di Exon e le finestre di entrambi danno sul tetto del portico e si trovano proprio l'una accanto all'altra. Ma non saprei...» Shand mi confermò quello che Gallaway mi aveva detto, ossia che si trattava di un proiettile di una calibro trentotto, che non c'era traccia di una pistola di quel calibro in casa, e che non c'era ragione alcuna per sospettare dei contadini o della servitù.

Trascorsi le due ore successive a chiacchierare con chiunque potessi trovare a Knownburg ma non ottenni nessuna informazione apprezzabile. Presi quindi una vettura con autista e mi feci riportare dagli Exon.

Gallaway non era ancora ritornato dalla città. Sua moglie e Barbra Caywood erano in procinto di cenare prima di ritirarsi nelle proprie camere per la notte, per cui mi unii a loro. Exon, disse l'infermiera, stava dormendo e aveva passato una giornata piuttosto tranquilla. Chiacchierammo fin verso mezzanotte e mezzo, quindi salimmo ognuno in camera sua.

La mia stanza si trovava accanto a quella dell'infermiera sul medesimo lato del corridoio che si estendeva lungo il secondo piano.

Mi sedetti a scrivere il mio resoconto della giornata, mi accesi un buon sigaro e, quando la casa fu immersa nel silenzio, mi misi in tasca una pistola e una torcia elettrica, scesi le scale e uscii per la porta della cucina.

La luna stava sorgendo e cominciava a illuminare fiocamente i dintorni, proiettando sul terreno l'ombra imponente della casa, degli edifici intorno e del fogliame circostante. Tenendomi il più possibile al riparo in quelle zone buie, mi misi a esplorare la zona, non trovando nulla di interessante.

La mancanza di qualunque indizio significativo che dimostrasse il contrario lasciava pensare allo sparo come a un incidente, magari dettato dalla paura o da un movimento improvviso di Exon, da parte di un ladro introdottosi in casa attraverso la finestra del vecchio. Se le cose erano andate così, non c'era una possibilità su un milione che quella notte succedesse qualcosa. Eppure non potevo fare a meno di sentirmi sul chi vive.

L'auto di Gallaway non era in garage. Evidentemente non era tornato da Knownburg. Un russare regolare proveniente dalla baracca dei due contadini mi avvertì, mentre passavo sotto la loro finestra, che i due stavano dormendo placidamente.

Dopo un'ora circa di indagini, rientrai in casa. Le lancette fosforescenti del mio orologio indicavano le 2 e 35 quando mi fermai dietro la porta della camera del cuoco cinese, ascoltandone il respiro regolare.

Al piano di sopra mi avvicinai alla porta della camera dei Figg fino a che non fui convinto che anche loro stavano dormendo. Dovetti attendere alcuni minuti presso la camera della signora Gallaway prima di sentirla sospirare girandosi nel letto. Il respiro di Barbra Caywood invece era sonoro, profondo e regolare come quello di un giovane animale privo di sogni. Mi giunse infine alle orecchie il respiro leggero del vecchio, appena turbato dal tipico, lieve raspare del convalescente da polmonite.

Dopo avere ascoltato tutti attentamente, tornai alla mia camera.

Sentendomi ancora sveglio e attivo, sistemai una sedia davanti alla finestra, mi sedetti al chiaro di luna riflesso nel fiume, che si snodava proprio sotto casa, e mi misi a fumare un altro sigaro, mentre nella testa pensavo e ripensavo, a dire il vero senza grande costrutto, a tutto quello che avevo visto.

Fuori non si sentiva alcun rumore.

Poi, improvviso, uno sparo proveniente dall'interno della casa! Mi precipitai fuori dalla camera.

La casa si riempì in un secondo delle acute grida di terrore di una donna.

La porta di Barbra Caywood non era chiusa a chiave. La spalancai.

Alla luce dei raggi lunari che filtravano dalla finestra la vidi seduta al centro del letto, il viso stravolto in una maschera di paura, mentre il grido piano piano le si smorzava in gola.

Tutto ciò nell'attimo che mi ci volle per attraversare la stanza e mettere un piede sul davanzale.

A quel punto si udì un altro sparo, proveniente questa volta dalla camera di Exon.

L'infermiera ebbe un sobbalzo tale che per un secondo pensai che le si staccasse la testa dal collo, poi raccolse le mani contro il petto e si gettò a faccia in giù tra le coperte.

Non so se passai attraverso, oltre o sopra il paravento che separava le due camere. In un secondo ero al capezzale di Exon, il quale giaceva su un fianco sul pavimento proprio di fronte alla finestra. Lo scavalcai e andai al davanzale.

Nel giardino, adesso illuminato in pieno dalla luna, tutto era immobile. Nessun rumore di fuga. Proprio in quel momento, mentre i miei occhi scrutavano attentamente la campagna circostante, arrivarono a piedi scalzi e in mutande i contadini, tutti trafelati.

Li chiamai e gli dissi di rimanere di guardia in quella posizione.

Nel frattempo dietro di me, Gong Lim e Adam Figg avevano rimesso Exon a letto, mentre la signora Gallaway ed Emma Figg esaminavano la ferita che Barbra Caywood aveva ricevuto in un fianco.

Mandai Adam Figg a telefonare al dottore e al vicesceriffo, quindi tornai fuori.

Uscendo dall'ingresso principale mi trovai faccia a faccia con Hilary Gallaway che evidentemente arrivava dal garage. Aveva il volto arrossato e il suo alito rivelava chiaramente quale genere di rinfreschi fossero stati serviti da Ady durante la partita, ma era abbastanza fermo sulle gambe e il suo sorriso ostentava la noncurante indolenza di sempre.

«Che succede?» disse.

«Stessa cosa di ieri! Ha incontrato nessuno tornando a casa? Non ha visto nessuno andarsene?»

«No.»

«Va bene. Salga sul suo macinino e corra giù per la strada e fermi chiunque stia allontanandosi da qui o abbia un'aria poco rassicurante. Ha una pistola?» Scattò senza la minima ombra residua di pigrizia.

«Ne ho una in macchina» disse e si precipitò giù per la strada.

Lasciando i contadini nella loro postazione, setacciai il terreno da est a ovest e da nord a sud. Mi rendevo conto che così facendo correvo il rischio di sprecare la possibilità di trovare delle tracce, nel momento in cui sarebbe stato possibile vederle, ma volevo tallonare il mio uomo finché era ragionevole pensare che fosse ancora a portata di mano. E poi mi ricordavo che Shand mi aveva detto che il terreno difficilmente tratteneva impronte significative.

Sulla stradina di ghiaia di fronte alla casa trovai la pistola da cui era partito il colpo. Era un revolver calibro 38 da poco prezzo, leggermente arrugginito, ancora odoroso di polvere da sparo bruciata, con tre camere vuote e tre cartucce cariche. A parte questo, nulla.

L'assassino - pareva lecito a quel punto usare quel termine, a giudicare dal foro di proiettile nel fianco dell'infermiera - era sparito.

Shand e il dottor Rench arrivarono insieme, quando ormai avevo concluso la mia infruttuosa ricerca. Poco più tardi fece ritorno anche Hilary Gallaway, a mani vuote.

 

La colazione quella mattina fu piuttosto malinconica per tutti a eccezione di Hilary Gallaway, il quale evidentemente si tratteneva a stento dal commentare con entusiasmo gli eccitanti avvenimenti della nottata. I suoi occhi si accendevano ogni volta che incontravano i miei e io sapevo che doveva ritenere favolosamente ironico il fatto che la seconda sparatoria fosse accaduta proprio sotto il mio naso.

Per tutto il tempo in cui anche la moglie fu al tavolo si mantenne però serio, come per il timore di offenderla.

La signora Gallaway ci lasciò ben presto, sostituita dal dottore, il quale ci disse che entrambi i pazienti versavano in buone condizioni e che pensava che si sarebbero ripresi presto.

La pallottola aveva sfiorato le costole e lo sterno della ragazza, e aveva attraversato i muscoli pettorali entrando e uscendo da sinistra a destra. A parte lo shock e la perdita di sangue, non era in pericolo di vita, anche se al momento era ancora incosciente.

Exon stava dormendo, disse il dottore, per cui Shand e io ci infilammo in camera sua per dare un'occhiata. La prima pallottola si era conficcata nello stipite della porta, circa venti centimetri al di sopra di quella sparata la sera prima. La seconda invece aveva trapassato il séparé giapponese e dopo avere ferito la ragazza si era fermata nello stucco del muro. Estraemmo entrambi i proiettili.

Entrambi calibro 38, entrambi apparentemente esplosi nelle immediate vicinanze della finestra, fuori o dentro la camera.

Shand e io quel giorno torchiammo il cuoco cinese, i contadini e i Figg senza pietà, ma alla fine nessuno di loro cadde in contraddizione. Nessun indizio che provasse che avevano a che fare con quella faccenda.

E per tutto il santo giorno quel dannato Hilary Gallaway mi seguì passo dopo passo, con un'espressione beffarda dipinta in faccia che, molto più chiaramente delle parole, mi diceva: «Sono io l'indiziato più logico. Perché non fai anche a me l'interrogatorio di terzo grado?» Ma io sorridevo a mia volta e tenevo la bocca chiusa.

Shand doveva andare in città, quel pomeriggio. Più tardi mi chiamò per dirmi che Gallaway aveva lasciato la città abbastanza presto da arrivare a casa, con il suo stile di guida, una mezz'ora abbondante prima della sparatoria.

Il giorno si concluse anche troppo rapidamente e mi ritrovai a temere l'arrivo della notte. Per ben due sere di seguito si era attentato alla vita di Exon. E adesso la terza aveva inizio.

A cena Hilary Gallaway annunciò che sarebbe rimasto a casa.

Knownburg, a confronto, era una vera noia. E nel dire così non mancò di fare uno dei suoi odiosi sorrisetti.

Il dottor Rench se ne andò dopo cena, dicendo che sarebbe tornato al più presto ma che aveva altri due pazienti dalla parte opposta della città a cui doveva assolutamente fare visita. Barbra Caywood era tornata in sé ma era agitatissima, per cui il dottore le aveva somministrato un oppiaceo. Adesso dormiva profondamente. Anche Exon dormiva tranquillo, per quanto la sua febbre fosse nuovamente aumentata.

Dopo cena salii per qualche minuto in camera di Exon e cercai di fargli qualche domanda sull'accaduto, ma lui si rifiutò di rispondere e io mi resi conto che non stava ancora bene.

Mi chiese però come stava la ragazza.

«Il dottore dice che non è in reale pericolo di vita. Ha però perso molto sangue ed è in stato di shock. Se non si strappa ancora le bende in preda a uno dei suoi attacchi isterici - ha rischiato di morire dissanguata - dovrebbe essere in grado di alzarsi in capo a un paio di settimane.» La signora Gallaway entrò a quel punto nella camera e io tornai al piano di sotto, dove venni nuovamente vampirizzato da Gallaway, il quale insisteva con una certa gravità perché gli raccontassi qualche caso che avevo risolto nella mia carriera. Evidentemente godeva oltremodo del mio disagio. Mi prese in giro per circa un'ora, mettendomi sulla graticola, ma io riuscii fino all'ultimo a sorridergli e a fare finta di nulla.

Quando la moglie si unì a noi, dicendo che entrambi gli infermi dormivano tranquillamente, io me la filai con la scusa che dovevo sbrigare alcuni documenti. In realtà non salii in camera mia.

Mi diressi invece nella camera dell'infermiera, aprii un armadio che avevo notato durante il giorno e mi ci infilai. Lasciando un'anta appena socchiusa riuscivo a tenere d'occhio il passaggio tra le due camere, da cui nel frattempo era stato tolto il séparé, la camera di Exon e la finestra da cui erano già arrivate tre pallottole e Dio solo sapeva che altro poteva arrivare, quella notte.

Il tempo passava e io cominciavo a soffrire, chiuso là dentro. Per due volte la signora Gallaway entrò per controllare il padre e l'infermiera. Ogni volta, non appena udii i suoi passi nel corridoio, chiusi l'anta completamente. Avevo intenzione di nascondere a chiunque la mia presenza nella stanza.

La signora Gallaway se n'era appena andata per la seconda volta quando, prima che avessi il tempo di riaprire nuovamente l'armadio, udii un debole fruscio sul pavimento, seguito da un leggero tonfo.

Non sapendo cosa fosse né da dove quel rumore provenisse, decisi di starmene perfettamente immobile e aspettare. Ben presto decifrai quel suono come un debole rumore di passi che si avvicinavano, passando proprio accanto al mio nascondiglio.

Attesi.

Ancora un fruscio quasi impercettibile. Una pausa. Un rumore lievissimo come di stoffa strappata...

Uscii dall'armadio con la pistola spianata.

In piedi, chino sulla sagoma immobile della ragazza, c'era il vecchio Talbert Exon, la faccia stravolta dalla febbre, avvolto da una camicia da notte che gli ricadeva miseramente sulle gambe malferme. In una mano aveva ancora la coperta che aveva scostato dal letto, mentre con l'altra stringeva il nastro adesivo necessario a tenere stretti i bendaggi e che lui stava chiaramente allentando.

Nel vedermi fece una smorfia e si affrettò con entrambe le mani a disfare le fasciature dell'infermiera. La luce folle e febbricitante dei suoi occhi mi diceva chiaramente che la mia pistola non aveva nessun significato per lui. Gli balzai di lato, lo agguantai con entrambe le braccia e lo trascinai via, scalciante e urlante, fino al suo letto. Poi chiamai gli altri.

 

Io, Hilary Gallaway e Shand, arrivato apposta dalla città, sedevamo in cucina davanti a una tazza di caffè e a una sigaretta, mentre gli altri si adoperavano a dare una mano al dottor Rench nella sua battaglia disperata per salvare la vita al vecchio Exon, il quale negli ultimi tre giorni aveva affrontato emozioni sufficienti a uccidere un uomo ben più giovane e in salute di lui.

«Ma perché mai quel diavolaccio voleva uccidere l'infermiera?» chiese Gallaway.

«Vallo a capire» ammisi, forse anche un po' troppo precipitosamente. «Non so perché volesse farla fuori, ma ci è andato dannatamente vicino. La pistola è stata rinvenuta proprio dove avrebbe potuto buttarla quando mi ha sentito arrivare. Io mi trovavo nella camera della ragazza quando è stata colpita e mi sono precipitato immediatamente alla finestra senza scorgere nessuno. Lei stesso, arrivando da Knownburg immediatamente dopo la sparatoria, ha detto di non avere visto nessuno lungo la strada. E a questo punto sono disposto a giurare che nessuno si sarebbe potuto dileguare senza che io o uno dei contadini riuscissimo a vederlo.

«E poi proprio stanotte ho detto a Exon che la ragazza si sarebbe rimessa presto a meno che non si fosse strappata le bende, cosa che, guarda un po', gli ha suggerito l'idea che ci avesse già provato. E a quel punto ha deciso che le avrebbe dato lui una mano, immaginando che fosse sotto sedativo e pensando che tutti avrebbero creduto che fosse stata lei. Ed era lì lì per realizzare il suo progettino aveva già strappato il nastro adesivo - quando l'ho fermato. Le ha sparato intenzionalmente e su questo non ci sono dubbi. Forse non riuscirei a provarlo in tribunale senza sapere il perché, ma so che le cose stanno così. Il dottore però dice che difficilmente sopravviverà, questa volta. Si è ucciso cercando di uccidere la ragazza.»

«Forse ha ragione» disse Gallaway, sempre con il suo sorriso canzonatorio sulle labbra, «dato che è un demonio di detective. Ma perché non mi ha sospettato?»

«L'ho sospettata, infatti» dissi, «ma non a sufficienza.»

«E perché? Potrebbe essere in errore» disse alzando la voce. «Lei sa che la mia camera è proprio di fronte alla sua. La prima notte potrei essere uscito dalla finestra, avere percorso il tetto del portico, avergli sparato e poi essere tornato in camera mia.

«Quanto alla seconda notte, quando lei si trovava già qui, dovrebbe sapere che sono tornato abbondantemente in tempo per parcheggiare da qualche parte, sparare quei due colpi, filarmela col favore del buio, tornare alla macchina e poi parcheggiare con aria innocente nel garage. Dovrebbe inoltre essere al corrente del fatto che non godo di un'ottima reputazione e sono considerato un cattivo soggetto. Infine sa benissimo che detesto il vecchio. E per quello che riguarda il movente, c'è il fatto che mia moglie è l'unica erede. Spero del resto» e nel concludere la sua arringa inarcò le sopracciglia, assumendo un'espressione comicamente addolorata, «che lei non mi creda frenato da qualche scrupolo morale di fronte alla possibilità, di tanto in tanto, di un omicidio a regola d'arte.» Risi di cuore. «Non lo penso infatti.»

«E allora?»

«Se Exon fosse stato ucciso quella prima notte e io fossi venuto allora in questa casa, adesso lei starebbe raccontando le sue barzellette dietro le sbarre. E se fosse stato ucciso la seconda notte, sarebbe andata nello stesso identico modo. Ma non la faccio un uomo che tira così in lungo le cose, perlomeno non per due volte. Lei non l'avrebbe mancato, e non sarebbe scappato lasciandolo vivo.» Mi strinse la mano con fare grave.

«É sempre confortante sapere che c'è qualcuno che apprezza le tue doti.» Prima di morire Exon chiese di me. Voleva morire, diceva, con tutte le sue curiosità soddisfatte. Fu così che ci scambiammo le nostre informazioni. Gli raccontai di come ero giunto a sospettarlo e lui mi spiegò perché aveva cercato di uccidere Barbra Caywood.

Quattordici anni prima aveva effettivamente ucciso la moglie, ma non, per incassare l'assicurazione, come era stato detto allora, ma in un accesso di gelosia. In ogni caso aveva occultato in modo talmente perfetto le prove che lo incriminavano che era riuscito a non arrivare nemmeno a un processo. Tuttavia quel delitto pesava su di lui al punto da essere diventato una vera ossessione.

Sapeva che non si sarebbe mai tradito coscientemente - era troppo scaltro - e sapeva anche che nessuno sarebbe mai stato in grado di trovare delle prove contro di lui. C'era però sempre la possibilità che in un momento di incoscienza, per esempio nel sonno o in stato di ubriachezza, si facesse sfuggire qualcosa che potesse risultare sufficiente da spedirlo al fresco.

Pensava continuamente a questa possibilità, finché non divenne per lui un timore morboso e onnipresente. Rinunciò all'alcol - quella era la parte più facile - ma non c'era modo di guardarsi dall'altra evenienza.

E infatti un giorno, nonostante tutte le sue precauzioni, era accaduto. Si era beccato la polmonite e per una settimana aveva versato in condizioni di totale incoscienza durante la quale aveva parlato. Uscito dal delirio aveva interrogato la sua infermiera, la quale però gli aveva dato risposte alquanto vaghe, rifiutandosi evidentemente di spiegargli di cosa aveva parlato e che cosa aveva detto. Un giorno l'aveva addirittura sorpresa a osservarlo con uno sguardo carico di disprezzo e di profondo disgusto.

Comprese allora con certezza che aveva spifferato l'omicidio della moglie. Fu allora che decise di approntare un piano per fare fuori l'infermiera prima che cedesse alla tentazione di ripetere quello che sapeva. Fino a quando fosse rimasta in casa si riteneva al sicuro.

Non avrebbe detto nulla mentre era lì e sarebbe passato qualche tempo prima che potesse parlare con estranei. Poteva darsi che l'etica professionale le avrebbe impedito di parlare, ma non poteva permettersi di lasciarla andare via con un simile segreto.

Fu così che ogni giorno, di nascosto, si mise alla prova finché non si rese conto di essere in grado di reggersi in piedi, fare qualche passo e tenere una pistola con mano abbastanza salda. Fortunatamente il suo letto era posizionato nel modo opportuno al suo scopo, ossia in linea contemporaneamente con una delle finestre, con la porta di comunicazione e con il letto dell'infermiera. In una vecchia scatola nell'armadio, di cui nessuno a parte lui conosceva il contenuto, teneva una vecchia pistola che non avrebbe mai potuto essere ricondotta a lui.

La prima notte aveva preso l'arma, si era allontanato di qualche passo dal proprio letto e aveva esploso un proiettile contro lo stipite, quindi era tornato di gran fretta sotto le coperte nascondendovi la pistola, dato che nessuno avrebbe pensato di cercarla lì, fino al momento in cui poté riporla con calma nella scatola.

Erano quelli i preparativi di cui aveva bisogno: mettere in piedi un tentativo di omicidio ai suoi danni, dimostrando che una pallottola diretta a lui poteva facilmente finire nei paraggi della porta comunicante, se non addirittura attraversarla.

La seconda notte attese che la casa fosse immersa nel silenzio, quindi spiò da una fessura del paravento, riuscendo a scorgere la sagoma della ragazza illuminata dalla luce della luna. Tuttavia si rese conto che dovendosi allontanare dal paravento, onde evitare tracce di polvere da sparo che l'avrebbero tradito, non sarebbe più riuscito a prendere bene la mira, perlomeno finché lei era distesa.

Decise perciò di sparare prima nello stipite, proprio sopra il foro del proiettile della notte precedente, allo scopo di svegliarla.

La ragazza balzò a sedere immediatamente urlando e a quel punto il vecchio sparò per la seconda volta. Avrebbe voluto esplodere anche un terzo colpo, per essere sicuro di ucciderla veramente, ma il mio arrivo glielo aveva impedito, come gli aveva impedito di nascondere la pistola. Per questo, con le poche forze che gli restavano, aveva gettato la pistola fuori dalla finestra.

Quello stesso pomeriggio spirò e io feci ritorno a San Francisco.

Ma la storia non finisce qui.

Secondo le procedure standard, la contabilità dell'agenzia spedì a Gallaway il conto per il servizio. L'assegno che spedì era accompagnato da una lettera indirizzata a me, di cui un paragrafo recitava come segue: Non vorrei mai che lei si perdesse il meglio di tutta questa vicenda. L'adorabile Caywood, ripresasi, ha negato nel modo più reciso che nel corso del suo delirio Exon avesse fatto alcun riferimento all'assassinio della moglie o ad altro genere di crimine.

Il motivo per cui le era in effetti capitato di osservarlo con disgusto, nonché la ragione per cui era reticente a parlarne, risiede semplicemente nel fatto che durante quella settimana di degenza dalla bocca di Exon non era uscito altro che un ininterrotto fiume di oscenità e bestemmie che avevano comprensibilmente scioccato la poveretta.