MAX
«Riesci a chiudere quella cazzo di bocca per un attimo?» questa ricca e viziata ragazzina mi urta. Mi fa ribollire il sangue nelle vene e mi fa venire voglia di aprire la portiera di questo cazzo di taxi in corsa e sbatterla giù, per la strada, sull’asfalto, consegnandola così a chi di sicuro ci sta già seguendo.
Lei mi guarda con occhi da cucciolo ferito come se avessi detto una terribile bestemmia ma poi per lo meno tace, cosa per cui le mie orecchie ringraziano.
Lo fa per un secondo, almeno.
«Voglio sapere dove cavolo stiamo andando e voglio scendere da questo cavolo di taxi!» strilla un attimo dopo, facendomi davvero desiderare di tapparle la bocca per sempre.
D’altronde non ho pazienza e in quanto a umanità o emozioni, ci so fare davvero pochissimo.
Se non sta zitta le tiro due schiaffi così forti che le si gonfieranno anche le corde vocali.
«Non qui» sentenzio sperando che comprenda.
Insomma, siamo su un maledetto taxi con uno sconosciuto che se ne sta seduto davanti ad ascoltare le nostre parole al limite dell’intollerabile, possibile che il suo cervellino da ricca fidanzata della star non ci arrivi?
La guardo, ha serrato le labbra e mi fissa come se mi sfidasse, come se mi detestasse. Non che m’interessi ma trovo che sia abbastanza ingrata e mi danno per averle salvato due volte la vita.
Però la stavo seguendo da giorni perché sapevo che sarebbe accaduto e io ho bisogno di mettermi in gioco proprio con le persone che vogliono vederla morta.
Lydia Gale mette il broncio sul sedile posteriore di un taxi, lì dietro con me, incrociando le braccia al petto proprio come fa una bambina e urtandomi solo maggiormente i nervi.
Dovevo lasciarla al giovane Skinner quella sera alla festa, perché mai mi sono messo a salvare persone adesso?
Io le persone le faccio fuori, non le porto altrove con un taxi.
Per la precisione questo è il terzo sul quale saliamo perché confondere le persone che mi seguono è la mia specialità, così cambiare targa di un auto gialla identica a mille altre, è decisamente una buona cosa. Questa qui ci sta portando alla mia automobile, lasciata in un luogo tattico della città prima di aver preso altri taxi per raggiungere lei e assicurarmi quanto stesse accadendo come i giorni precedenti.
Ho imparato alcuni dei suoi orari e ho capito che sarebbe stato un ottimo modo per abbattermi sui miei nemici. Che poi chiamarli nemici è ridicolo, ma ho una missione da svolgere e credo che lei al momento sia il mio asso nella manica.
Non appena il taxi si ferma a destinazione, scendo e pago l’autista che in un attimo schizza via sulla strada del ritorno.
Scendendo mi son tirato dietro Lydia, stringendola per un braccio e costringendola a seguirmi, e adesso noto che se lo massaggia con fare teatrale e mi guarda male, ma per fortuna continua a restare zitta e imbronciata.
È piuttosto figa ma non la sopporto. Parla troppo, fa cazzate e ha le tette piccoline. Quelle gliele ho già viste l’altra sera, grazie allo spettacolo che mi ha fornito – senza che io gliel’abbia richiesto – alla festa e a me le tette piacciono grosse. Lei decisamente non è il mio tipo.
A me piacciono donne come Dannika, la escort che di tanto in tanto me lo succhia e che ha due tette da paura. Non me la scopo mai perché non voglio guai, ma la pago per leccare e farmi toccare il seno.
Insomma, io ho una vera e propria ossessione per le tette e due bottoncini così non potrebbero mai interessarmi.
«Smettila di sceneggiare, ti ho stretto appena quel dannato braccio, ragazzina. E vieni con me, la mia auto è qui dietro e ci serve raggiungerla al volo. Non. Fare. I. Capricci» la tratto come una stupida perché penso che lo sia.
Lei mi guarda male, molto male. Il suo volto si fa scuro e quasi più livido di quanto è, credo per via dell’aggressione di sei giorni prima.
Sollevo un sopracciglio e le dico così che con me non attacca nessuna sceneggiata studiata ad hoc per intenerire, io me ne frego di lei e se ha dolore, se le ho fatto davvero male, me ne sbatto doppiamente.
Insomma, lei per me non è nessuno.
«Non ci vengo con te se prima non mi dici che diavolo sta succedendo e perché mi seguivi. E dove andiamo. E perché quelli là mi volevano far del male. E poi manco da casa da ore e Jace sarà già in allarme e mi manderà a cercare» piagnucola.
«’Fanculo tu e ‘fanculo Jace la mammoletta. Non ho tempo di spiegarti un cazzo, ma lo sai cosa ti dico? Non vuoi venire? Resta qui, stupida idiota. Resta e fatti ammazzare!» Me ne frego di lei e inizio ad avanzare a passo celere andando verso la mia macchina.
Sento che mi segue correndo con passi veloci e mi verrebbe quasi da ridere.
«Dove andiamo?» Apro la macchina, spalanco la portiera e la trovo dall’altro lato pronta a fare altrettanto. Mi viene da ridere di nuovo.
«Lontano da qui, forse fuori città».
«Oh Cristo. Che cosa vogliono da me?» C’infiliamo nell’auto insieme, quando siamo dentro si volta e mi guarda. Ha lo sguardo penetrante, ambiguo e profondo.
Però ha anche una cazzo di paura che se ci penso mi eccita, perché la paura mi fa questo strano effetto da sempre.
«Perché hai fatto la stronza con il figlio dell’uomo sbagliato. Quella checca in qualche modo deve avercela con te per qualcosa. Credo per causa mia, a dirla tutta. Per questo ti seguivo e ringraziami, altrimenti non saresti più viva».
«Ma chi diavolo sono questi Skinner e poi… pensavo che li avessi ammazzati entrambi» biascica spaventata, guardando me ma guardandosi anche intorno.
Metto in moto l’auto, ammicco alla sua cintura e allaccio la mia.
«Persone che sarebbe stato meglio non conoscere».
«Va bene, okay, ho capito tutto, o almeno qualcosa».
Mi fa sorridere mentre parla, lascio rombare il motore, ingrano la prima e schizzo via, così quando blatera di nuovo la sua voce è strana, distorta dalla paura per quella brusca partenza.
«Ma tu a proteggermi che diavolo ci guadagni in tutto questo?» chiede ancora, con una vocina simile a chi ha respirato elio.
Mi dispiace ma questo non posso dirtelo, bambina. Aumento la velocità e ingrano una marcia dietro l’altra, m’immetto sulla strada principale, godendo come un riccio quando si aggrappa alla maniglia che pende dalla portiera.
«Tieniti forte, ragazzina, che ti porto sulla luna».
«Non dirmi che sei anche romantico» mormora lei piccata, con una pesante punta di ironia.
Rido, accelero e la faccio sbandare all’indietro con la testa apposta.
«Io sono tantissime cose, Lydia Gale. E tutte da scoprire» le mormoro con fare diabolico e poi lascio che la mia Lamborghini scura ci trascini via.