Nota dell’ autore
Tutti abbiamo provato, almeno una volta nella vita, il desiderio di scomparire.
In un particolare momento di sconforto, la soluzione ci sarà sembrata quella di recarci alla stazione e salire su un treno a caso – magari fuggire anche solo per poche ore, in un assolato martedì mattina d’ inverno. Se l’ abbiamo fatto, non lo racconteremo mai. Ma serberemo per sempre la sensazione liberatoria di spegnere il cellulare e dimenticarci di internet, svincolandoci così dal guinzaglio della tecnologia per lasciarci trasportare dal destino.
Un romanzo sugli scomparsi che ritornano era un’ idea fissa da molto tempo. Anzi, si può affermare che da qui sia nato il personaggio di Mila Vasquez.
Prima di mettermi a scrivere, ho intervistato esponenti delle forze dell’ ordine, investigatori privati e giornalisti. Ma, soprattutto, ho conversato con amici e parenti di coloro che hanno scelto il buio – o sono stati scelti da esso.
In tutti gli incontri, però, ho provato sempre la sensazione che stavo esplorando solo una parte del fenomeno: quella in luce. L’ altra, rimaneva invariabilmente ignota.
La mia ossessione per gli scomparsi sarebbe rimasta senza soluzione se un giorno uno di loro non mi avesse contattato.
Dopo la pubblicazione del Suggeritore, mi è giunta una mail da parte di un uomo che sosteneva di aver «cancellato» la sua esistenza precedente, decidendo di intraprenderne una completamente nuova – con una diversa identità e dando vita a una seconda catena di affetti.
Non avevo gli strumenti per verificare se il suo racconto fosse reale o se, invece, si trattasse di un inganno ben architettato. Ma è cominciata lo stesso una corrispondenza, nel corso della quale ho appreso una serie di verità – tutte molto ben argomentate – che hanno alimentato la suggestione, facendole assumere la consistenza di una storia.
Lo sconosciuto mi ha descritto analiticamente come si realizza quella che dapprincipio è solo una fantasia ma che, con il tempo, diventa un vero e proprio progetto. Le uniche concessioni che mi ha fatto, violando il voto di anonimato, hanno riguardato la sua nazionalità – era italiano – e il nome del suo gatto: Kairus.
Al termine del nostro breve scambio, ho compreso che l’ unico modo per capire cosa significasse sparire nel nulla fosse... sparire a mia volta.
La mia fuga, però, è durata appena poche settimane, il tempo necessario per focalizzare il romanzo. Ovviamente, chi mi stava più vicino ne era informato e non ho mai davvero tagliato il cordone ombelicale che mi legava alla vita precedente. Ciononostante, ho spento il cellulare, ho abbandonato temporaneamente i miei indirizzi email e i profili sui social network. Improvvisamente, sono stato proiettato in un mondo parallelo.
Per ovvi motivi, il mio esperimento è stato alquanto blando, anche perché ero costantemente consapevole che la mia scomparsa avrebbe avuto una scadenza. Tuttavia ho scoperto che non sempre sparire è una liberazione: il buio all’ inizio ti blandisce, poi ti cattura, e ti lascia andare solo alle sue condizioni.
Quando sono tornato a casa, familiari e amici mi hanno chiesto dove fossi stato. Io rispondevo sempre con la versione breve della verità: «In giro per obitori».
Ora sanno che quella un po’ più ampia è questo libro.
Quando si parla di scomparse, si citano sempre le statistiche. Ma è inutile elencare qui delle cifre o rimarcare che ogni giorno spariscono mediamente 21 persone su ogni milione di abitanti – queste informazioni vengono già pubblicate dai giornali.
Quello che nessuno dice è che è impossibile immaginare quanti scomparsi sono intorno a noi in questo momento. Per strada, sull’ autobus, mentre facciamo la spesa. Li guardiamo e non sappiamo.
Ma anche loro, nascosti dietro il paravento di una falsa identità, ci guardano.
Perciò, all’ anonimo autore delle mail che mi hanno fatto capire tutto questo – che fosse un vero scomparso oppure no –, nonché al suo gatto Kairus, va il mio più sentito ringraziamento. Ovunque tu sia e qualunque cosa tu stia facendo, spero per te che ne sia valsa la pena.
Donato Carrisi