NOTE DEL CURATORE
Era detta accademia una «casa, alloggiamento e maneggio dei cavallerizzi, dove la nobiltà impara a cavalcare e a compiere tutti gli altri esercizi che le si addicono» (Dictionnaire de Trévoux). Nel Settecento le accademie che godevano di maggior fama erano quelle di Jouan, a Razade, di Saint-Denis in rue de Courcelles (riservata alle dame) e di Dugard, che si autodefiniva «scudiero del re». Quest’ultima aveva un maneggio molto vasto situato presso le Tuileries, fra l’attuale Terrasse des Feuillants e place Vendôme. Nel 1789 fu trasformata e ospitò le sedute dell’Assemblea costituente. Se Chesterfield può parlare a suo figlio di un «appartamento», ciò dipende dal fatto che le accademie non erano solo luoghi di istruzione, ma anche alberghi. In quella di Dugard, ad esempio, venivano ospitati e nutriti, dietro pagamento di duemilaseicento livres, il giovane allievo, il suo precettore e un domestico. A quella cifra andavano aggiunti il diritto di stallatico, l’affitto delle gaules («bacchetta o verga che serve a guidare il cavallo», secondo Trévoux), la paga dei maestri d’armi, di danza, di volteggio in sella e di matematica, e il costo del tappezziere per i mobili e la biancheria. I pensionanti che non avevano un cameriere personale pagavano sei livres al mese per un valletto che rifaceva loro la camera e li serviva a tavola. Quando parla, senza meglio precisare, di «accademia», Chesterfield si riferisce probabilmente a quella del famoso La Guérinière, scomparso il 2 luglio 1751. Si veda nel Regesto la voce relativa, e A. Folly, Les Académies d’armes (XVIe-XVIIe siècles), in «Bulletin de la Société historique du VIe arrondissement de Paris», 1899, pp. 163-71.
L’allusione è chiarita dai Mémoires pubblicati a firma del marchese di Bouillé, entrato all’«accademia» verso il 1756. Egli osservava tra l’altro che «vi si riscontrava, relativamente al punto d’onore, una suscettibilità eccessiva; era molto raro portare alla fine un corso, della durata di almeno diciotto mesi, senza essere coinvolti in qualche duello». Chesterfield, dunque, mette in guardia con molta fermezza il figlio contro i giovani dai quali sarà circondato, pronti senza alcuna esitazione a provocare una sfida. Se è vero che per arrivare a un duello deve sussistere un’offesa che entrambe le parti giudichino necessario lavare col sangue, lo è altrettanto il fatto che verrebbero considerate provocazioni sufficienti una botta (jeux de main) o un coup de chambrière (un lungo frustino). Tale strumento è considerato umiliante perché destinato ai grandi animali, né del resto un colpo così inflitto al maneggio può dirsi accidentale, poiché in quella sede l’obiettivo della frusta sono i cavalli, non gli uomini, i quali perciò possono esserne toccati solo deliberatamente, o per l’inettitudine di un domestico.
Il Caffè inglese si trovava all’altezza del numero 1 del quai de Conti.
Nell’Embarras des richesses di Léonor Jean Christine Soulas d’Allainval (1700-1753), rappresentato il 9 luglio 1725.
Chesterfield allude probabilmente ad alcune dame di simpatie giacobite residenti a Roma.
«Di costui, romano, diffida».
Allusione ai numerosi editti emanati durante l’Ancien Régime nel tentativo di porre freno alla mania dei duelli. Cfr. François Billacois, Le duel dans la société française des XVIe-XVIIe siècles: essai de psychosociologie historique, Editions de l’EHESS, Paris, 1986.
Chesterfield allude probabilmente alla commedia di Thomas Shadwell The Libertine (1675), che ricalca Dom Juan ou Le festin de pierre di Molière e Le nouveau festin di Pierre de Rosimond; potrebbe però anche riferirsi all’Athée froudroyé di J.B. La Rose, a sua volta ispirato all’Ateisto fulminado di Tirso de Molina.
Nel De vita Caesarum Svetonio parla dell’esistenza privata di Giulio Cesare nei capitoli XLIX-LII della Vita di quest’ultimo. La frase, che Chesterfield riporta in forma censurata, è attribuita a Curione padre: «[Caesarem] omnium mulierum virum et omnium virorum mulierem appellat» [chiama Cesare marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti]. Lo storico romano conclude, con questa antimetabole divenuta famosa, il capitolo LII.
Si tratta di una proprietà di campagna dove Chesterfield aveva una galleria di dipinti.
Chesterfield si limita evidentemente a scherzare sul nome «Piccolomini», che include «piccol» e «omini».
Nei Caractères («Du mérite personnel») La Bruyère ha scritto: «Farsi valere per cose che non dipendono dagli altri ma solamente da se stessi, o rinunciarvi: massima inestimabile...». Troviamo la stessa citazione nella lettera del 4 febbraio 1751.
Ovidio, Metamorphoseis, II, 328: «Cadde vittima di una nobile audacia» (il soggetto è Fetonte).
Orazio, Ars poetica, 28: «Striscia al suolo chi per troppa pavidità teme la tempesta».
Edmund Waller (1605-1687) era cugino di Cromwell per parte di madre, ma la sua fu una carriera che alternativamente si pose al servizio del Lord Protettore e della monarchia. Per sei anni, a partire dal 1663, visse in esilio in Francia, dove trovò modo di legarsi a Saint-Évremond e a La Fontaine. Chesterfield cita il poema Of love, 13-16: «For women (born to be controlled) / Stoop to the forward and the bold; / Affect the haughty and the proud, / The gay, the frolic, and the loud» [Poiché le donne (nate per essere dominate) / si piegano all’insolente e all’audace; / prediligono l’arrogante e il superbo, / il gaudente, l’allegro e il chiassoso].
La corte di Francia non poteva dimenticare il tradimento del Gran Condé, che a partire dal 1654 si era schierato dalla parte degli spagnoli, assicurando loro la ritirata dopo che Turenne ebbe liberato Arras cinta d’assedio. Tale gesto fu però amnistiato con alcune disposizioni ad hoc previste dalla pace dei Pirenei. Pare che Mazzarino fosse stato persuaso a questa concessione da don Luís Mendez de Haro, il quale aveva insinuato che se Condé non fosse stato riammesso in grazia, la corte di Madrid sarebbe stata costretta a conferirgli un’alta carica nei Paesi Bassi spagnoli. Di conseguenza, mantenere in esilio il vincitore di Rocroy avrebbe significato insediare in prossimità del confine nord-orientale francese uno dei più grandi condottieri del tempo. I colloqui di pace all’isola dei Fagiani ebbero inizio il 13 agosto 1659 e terminarono il 7 novembre dello stesso anno. I dispacci segreti di Mazzarino furono pubblicati ad Amsterdam nel 1693.
Chesterfield cita il capo II, libro IV dello Spirito delle leggi; trad. it. a cura di Sergio Cotta, Utet, Torino, 1952, vol. I, pp. 98-102.
Orazio, Ars poetica, 186-87: «Ne pueros coram populo Medea trucidet, / aut humana palam coquat extra nefarius Atreus» [Non sgozzi Medea i propri figli davanti al pubblico, / né l’abominevole Atreo cuocia di fronte a tutti carne umana].
Orazio, Epistulae, I, 4, 8-12: «Quid voveat dulci nutricula maius alumno, / qui sapere et fari possit quae sentiat, et cui / gratia, fama, valetudo contigat abunde, / et mundus victus non deficiente crumina?» [Che potrebbe una balia augurare al suo bimbo di più, / se non che possa un giorno essere saggio, dire ciò che pensa, / e a lui favori, gloria e buona salute tocchino in sorte copiosamente / e una vita discreta, senza che la borsa si svuoti?].
Allegoria religiosa in forma di sogno pubblicata dallo scrittore puritano John Bunyan nel 1678. Vi si narra il pellegrinaggio del cristiano dalla Città della Perdizione alla Città Celeste, delle angosce e dei pericoli che affronta, sino alla vittoria finale. Grazie allo stile semplice, non privo di humour, questo romanzo edificante conobbe in Inghilterra un enorme e duraturo successo. Chesterfield, evidentemente, non lo trova di suo gusto.
L’abate Louis Legendre (1655-1733) pubblicò, rispettivamente nel 1700 e nel 1718-1719, una Histoire de France, contenant le règne des rois des deux premières races e una Histoire de France, depuis le commencement de la monarchie jusqu’à la mort de Louis XIII.
Lo storico François Eudes de Mézeray (1610-1683) pubblicò a partire dal 1643 una Histoire de France, e nel 1668 un Abrégé de l’histoire de France. Ricevette dal re una pensione come storiografo nazionale, e nel 1647 succedette a Voiture all’Académie française. Si spacciava per libertino e fu quanto meno un cinico, che ostentava grande trasandatezza nel vestire, spiccata simpatia per la plebaglia e una viva propensione per il vino di un certo oste della Chapelle Saint-Denis, del quale fece il proprio erede universale.
Nato intorno al 1457 e morto nel 1511, Philippe de Commynes o Comines fu dapprima al servizio di Carlo il Temerario, per ricoprire poi ruoli diplomatici con Luigi XI, Carlo VIII e Luigi XII. I suoi Mémoires (Paris, 1524; London, 1747), in otto libri, che trattano gli anni dal 1464 al 1498 sono uno dei grandi classici dell’esperienza politica europea.
«Perché, Catone, sei venuto a teatro con cipiglio crucciato?».
Chesterfield cita a memoria, con qualche imprecisione, il libro IV, 280 dell’Eneide: «Arrectaeque horrore comac, et vox faucibus haesit» [Gli si rizzarono i capelli per l’orrore, e la voce gli rimase nella strozza].
Cfr. la nota 15.
Allusione a A Rake’s Progress [La carriera di un libertino], serie di otto quadri di costume dipinti da Hogarth a partire dal 1732 (attualmente al Sir John Soane’s Museum di Londra) da cui fu tratta una raccolta di incisioni venduta per sottoscrizione con grande successo. È una satira del mondo poli alla francese visto da un moralista whig. Vi sono rappresentate le vicende del figlio di un nuovo ricco che in poco tempo dilapida la fortuna paterna per imitare i costumi lussuosi e libertini dell’aristocrazia parigina o italiana. Dopo averlo abituato ai piaceri più costosi, maestri di danza, sarti, musicisti e cantanti, castrati e mantenute lo spremono come un limone, tanto che viene rinchiuso in carcere per debiti. Ne uscirà sposando una vecchia facoltosa, ma solo per ricadere nel gioco e nel vizio: finirà nel manicomio di Bedlam.
Si tratta degli articoli ottavo e nono, che riguardavano questioni commerciali e non furono mai ratificati perché sollevavano problemi di politica interna e andavano a intaccare certi interessi britannici. Cfr. Jehan Maintrieu, Le Traité d’Utrecht et les polémiques du commerce anglais, tesi di dottorato, Pichon e Durand-Auzias, Paris, 1909, pp. X-152.
Allusione alla lotta dell’abate Desfontaines (1685-1745) contro il preziosismo, in particolare con il suo Dictionnaire néologique des beaux esprits du temps, avec l’éloge historique de Pantalon Phœbus, Paris, 1726.
Dramma in prosa in cinque atti di Madame de Graffigny (1695-1758), rappresentato per la prima volta il 25 giugno 1750. Una trascrizione in forma di romanzo fu pubblicata a Verneuil nel 1751 dall’editore Valet, con il titolo L’élixir du sentiment. Si veda anche la nota 69.
L’Histoire japonaise de Tanzaï et Néadarné, pubblicata nel 1734, era costata a Crébillon figlio un soggiorno alla Bastiglia. Les égarements du cœur et de l’esprit sono del 1736.
Sotto tale pseudonimo Bolingbroke aveva pubblicato i suoi Remarks on the History of England, from the minutes of Humphry Oldcastle, apparsi dapprima sotto forma di articoli sul «Craftsman» tra il 5 settembre 1730 e il 22 maggio 1731, e poi in volume nel 1743. Un’opinione altrettanto positiva circa il contenuto e la forma dei Remarks è espressa in una lettera di Lord Chatham al nipote, in data 4 maggio 1754.
Commerciante ed economista inglese, Sir Josiah Child (1630-1699) pubblicò a Londra nel 1688 le sue Brief Observations concerning Trade and the Interest of Money, che furono tradotte in francese nel 1754 da Gournay e Butel-Dumont.
Si tratta del Dictionnaire universel de commerce di Jacques Savary des Brulons (1723), il cui padre aveva pubblicato nel 1675 Le parfait négociant. Una precisa distinzione fra le due opere e i rispettivi autori, che restituisce a ciascuno il suo, si trova in Maria G. Pittaluga, L’évolution de la langue commerciale: «Le parfait négociant» et le «Dictionnaire universel de commerce», Biblioteca di Letteratura, Genova, 1983, Monografie 2, pp. 126 sgg., e in Jean-Claude Perrot, Les dictionnaires de commerce au XVIII’siècle, in «Revue d’histoire moderne et contemporaine», XXVIII, gennaio-marzo 1981, pp. 36-37.
Orazio, Carmina, I, 27, 15. «Venere, di qualsivoglia natura essa sia, non ti brucerà di fiamme che fanno arrossire».
Ai biglietti amorosi era dato il nome di poulets. Il poulailler era colui che forniva pollame e selvaggina avicola alla corte.
Marziale, Epigrammi, I, 32: [«Non t’amo, Sabido, né dir so il perché: / Posso dir solo questo, non amo te»: trad. it. di Guido Ceronetti, Einaudi, Torino, 1964, p. 49]. Questo epigramma ispirò all’umorista e autore di satire Tom Brown (?-1704), definito da Addison «di faceta memoria», un’imitazione inglese divenuta famosa: «I do not love you, Dr. Fell; / The reason why, I cannot tell; / But this I’m sure I know full well, / I do not love you, Dr. Fell» [Non ti amo, dottor Fell, / e non so dire il perché; / so però per certo questo: / dottor Fell, non amo te]. A Oxford Fell era decano del college di Christ Church, e tentò di far espellere Brown – donde questi versi vendicativi – per il suo pessimo comportamento.
Secondo una tradizione costante, nel passo «C’è un uomo...» Chesterfield alluderebbe all’erudito Samuel Johnson, il quale, a dire del suo biografo James Boswell, avrebbe avuto motivo di accusarlo di alterigia e anche di disprezzo nei suoi confronti.
Dryden, Amphitryon, atto III. «Quando più in basso giace, l’amante afflitto si piega per conquistare, si inginocchia per sollevarsi».
Eroina degli Égarements du cœur et de l’esprit di Crébillon figlio.
Thomas Blanchet (1614-1689) è a Roma tra il 1635 e il 1654. A questo periodo, in cui egli si ispira a pittori romani, risale probabilmente la copia dal Domenichino acquistata per Chesterfield dal figlio. Cfr. Lucie Galactéros de Boissier, Thomas Blanchet, 1614-1689, Arthéna, Paris, 1991, p. 149.
Personaggi della commedia di Terenzio Adelphoe.
Papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, 1502-1585) affidò a un gruppo di esperti (padre Clavio, Lilio, il cardinale Sirleto) lo studio di un progetto di riforma del calendario giuliano, che risultava sfalsato rispetto al tempo reale della meccanica celeste. Furono «soppressi dieci giorni, e l’indomani del 4 ottobre 1582 divenne il 15 ottobre. L’Inghilterra anglicana si allineò alla riforma solo con un decreto del Parlamento del 1752, in base al quale l’indomani del 2 settembre divenne il 14. Cfr. Gregorian Reform of the Calendar: Proceedings of the Vatican Conference to Commemorate its 400th Anniversary, 1582-1982, a cura di G.V. Boiyne s.J., M.A. Hoskin e O. Pedersen, Pontificia Academia Scientiarum, Specola Vaticana, Roma, 1983, pp. XXIV-321.
La corte cui qui si allude è quella della principessa di Galles, vedova, e di suo figlio, il futuro re Giorgio III (1738-1820), nipote di Giorgio II (1683-1760). Palesemente, Chesterfield spera di legare la carriera del figlio a quella del futuro re.
Gli Entretiens sur la pluralité des mondes di Fontenelle apparvero nel 1686. L’opera è un trattato di astronomia secondo il sistema cartesiano redatto, nei termini della più squisita galanteria, in modo tale da essere alla portata di una giovane marchesa ignorante.
Non è stato possibile individuare la «lettera del re di Prussia» qui citata da Chesterfield, il quale del resto rimanda anche a un altro testo di propaganda relativo alle questioni internazionali del momento, ovvero la Représentation impartiale de ce qui est juste à l’égard de l’élection d’un roi des Romains pubblicata all’Aia nel 1715. Tale opuscolo era la traduzione, ad opera di Isaac Colom du Clos (probabilmente un rifugiato ugonotto), di Unpartheyische Vorstellung desjenigen was nach den Reichs-Gesetzen und den Reichs-Herkömmen wegen der Wahl eines Römischen Königs Rechtens isl, in 4°, Frankfurt-Leipzig, 1751, testo comunemente attribuito a Jacob Schmauss, uno specialista di diritto pubblico dei paesi di lingua tedesca, probabilmente reclutato per l’occasione per un lavoro di propaganda.
Nel catalogo dell’asta Araignon-Aperen (marzo-aprile 1751, pp. 9-10) si legge: «Due quadri pendant, di Tiziano, l’uno rappresentante il ritratto di Dieu-donné de Gouzon, gran maestro dell’ordine di Malta, con un bambino in atto di presentargli un elmo sormontato dalla sagoma del drago che affliggeva l’isola di Rodi, insieme al cane da lui addestrato all’uopo; un bello sfondo di paesaggio: lo si può far risalire al miglior periodo dell’autore, ed è ben conservato. L’altro è una duchessa di Parma vestita di bianco che tiene per mano una bambina in verde: la qualità è inferiore a quella del precedente; misura sette piedi in altezza per cinque di larghezza. La donna non figura nella lista [dell’asta del defunto principe di Carignano]». La puntualità della descrizione fornita dal catalogo consente di identificare nel primo quadro il Tiziano attualmente conservato al Museo di Kassel. Si tratta di un magnifico ritratto il cui modello, secondo Wethey, The Paintings of Titian, Phaidon Press, London, II, p. 168, potrebbe essere stato Giovanni Acquaviva, duca di Asti. L’affermazione di Chesterfield aggiunge un tassello all’articolo di Karl Justi, Das Tizianbild der königlichen Galerie zu Kassel, in «Jarhbuch der königlichen preussischen Kunstsammlungen», XV, 1894, pp. 160-74. Comprendendo Araignon-Aperen nell’elenco dei successivi proprietari del quadro, si arriva alla seguente cronistoria: asta La Chataigneraye, 1732; Carignano, Araignon-Aperen, 1751; Tallard, 1756; acquisto da parte di Hoet all’asta Tallard per la corte dell’elettore di Hesse-Kassel. Da allora l’opera non ha più subito spostamenti, fatta eccezione per un breve ritorno a Parigi, come preda di guerra, tra il 1806 e il 1817. I proprietari precedenti ai La Chataigneraye non sono noti, anche se si dice che il dipinto sia appartenuto a Van Dyck. In definitiva, Chesterfield non concluse l’acquisto: si vedano le lettere del 10 e del 23 maggio 1751.
Altro personaggio degli Égarements du cœur et de l’esprit.
Si tratterebbe del maresciallo di Richelieu, con allusione a un famoso scambio di battute che questi avrebbe avuto con Luigi XV. Per stuzzicare quel ben noto libertino, il re lo avrebbe definito «il più gran briccone di Francia», e Richelieu avrebbe risposto: «Sire, Vostra Maestà dimentica se stessa!». Si veda la lettera del 22 ottobre 1750.
Il riferimento è agli Alti degli Apostoli, 24, 25; troviamo la stessa citazione nella lettera del 5 marzo 1752.
Cfr. la nota 35.
La montre era una parata.
Tacito, Annales, VI, 39, scrive: «Fine anni Poppaeus Sabinus concessit vita, modicus originis ... maximisque provinciis per quattuor et viginti annos impositus, nullam ob eximiam artem, sed quod par negotiis neque supra erat». [Alla fine dell’anno morì Poppeo Sabino, uomo di umili origini... per ventiquattro anni fu preposto alle maggiori provincie non per qualità eccezionali, ma perché era all’altezza del compito e non superiore ad esso]. Si tratta di Caio Poppeo Sabino, console nel 9 d.C., che fu governatore della Mesia dall’11-12 fino alla morte, nel 35 (i ventiquattro anni cui si riferisce Tacito). Lord Chesterfield, che citando forse a memoria si discosta leggermente dalla dizione originale, parla di «tre o quattro fra i peggiori imperatori», ma in realtà il periodo di attività di Poppeo Sabino si svolge sotto Augusto e poi sotto Tiberio. È possibile che le infatuazioni e l’umoralità anche sanguinaria di quest’ultimo costituissero un pericolo per un personaggio di così alto rango.
Boileau, Satires II, 57-62 (l’argomento è il mestiere del poeta): «Sans ce métier fatal au repos de ma vie, / Mes jours pleins de loisirs couleraient sans envie, / Je n’aurais qu’à chanter, rire, boire d’autant; / Et comme un gras chanoine, à mon aise et content, / Passer tranquillement, sans souci, sans affaire, / La nuit à dormir, et le jour à rien faire» [Senza questo mestiere fatale al mio riposo / vivrei senza pensieri giorni pieni di gioia; / dovrei solo cantare, ridere e bere il giusto; / come un grasso canonico, felice e soddisfatto, / trascorrerei sereno, senza cure né affanni / la notte tra le coltri, e il giorno a non far niente].
Si tratta di fra Paolo Sarpi, il celebre servita veneziano autore della Istoria del concilio trédentino, pubblicata a Londra nel 1619 e ferocemente ostile al papato, della quale uscì nel 1683 una versione francese ad opera di Amelot de La Houssaye; cfr. Pierre-François Burger, Deux documents sur Amelot de La Houssaye, in «XVIIe siècle», 131, aprile-giugno 1981, pp. 199-202.
Il giureconsulto Bernard de La Rochefavin (1552-1627) divenne presidente del Parlamento di Tolosa nel 1581. I suoi Treize livres des parlements de France, de leur origine et institution (Bordeaux, 1617, e Genève, 1621) contenevano alcuni passaggi molto arditi nei confronti dell’autorità reale, che valsero all’autore tremila livres di ammenda e la sospensione di un anno dal suo ufficio.
Secondo la consuetudine della Normandia, «è un grido che si lancia, in caso di attacco o di offesa, per chiedere l’intervento della giustizia, oppure se si incontra la parte avversa e la si vuole trascinare in giudizio: in tal caso infatti quest’ultima è costretta a seguire chi le ha lanciato l’haro, ed entrambi i contendenti rimangono in carcere o sono tenuti a versare una cauzione (Trévoux).
Il diritto matrimoniale francese è esposto molto chiaramente nell’articolo di Jean Portemer, Réflexions sur les pouvoirs de la femme selon le droit français au XVIIe siècle, in «XVIIe siècle», 144, XXXVI, luglio-settembre 1984, p. 189.
Tragedia del visconte Jean-Hyacinthe de Grave, pubblicata a Parigi nel 1752.
Anthony Ashley Cooper, conte di Shaftesbury (1671-1713), elaborò una filosofia del sentimento, in contrapposizione al pessimismo di Hobbes, fondata sulla fiducia nella natura umana, capace di commuoversi davanti al bene e al bello e perciò di arrivare alla verità e alla virtù. Tale pensiero diede origine alla concezione di una religione naturale, ed è rigorosamente seguito da Diderot nell’Essai sur le mérite et la vertu. Shaftesbury considera il ridicolo la pietra di paragone della verità, e lo ritiene sufficiente, senza scomodare argomentazioni serie e scientifiche, per contestare taluni errori, soprattutto di ordine morale e religioso. Egli applicò questa idea in particolare ai «tremolanti» delle Cévennes rifugiati in Gran Bretagna, mettendoli in ridicolo nella sua Lettera sull’entusiasmo (1708). Eresse poi tale principio a sistema nel Senso comune, saggio sulla libertà di spirito e sull’uso della ragione, dello scherno e dell’umorismo (1709). I suoi scritti di maggiore importanza furono raccolti in Characteristicks of Men, Manners, Opinions, and Times (1711, ediz. riv. 1714).
Battuta scherzosa sull’ordine danese dell’Elefante, onorificenza che corrisponde appunto all’ordine del Santo Spirito in Francia.
Si tratta delle Letters on the Study and Use of History (1752), dedicate al nipote dell’illustre Clarendon.
La Valtellina apparteneva alle «Leghe grige» (che prendevano il nome dal cantone svizzero dei Grigioni, in tedesco Graubünden). La Spagna, che mirava a tale territorio – in quanto le avrebbe consentito di unire il ducato di Milano al Tirolo –, nel 1620 suscitò una sollevazione degli abitanti contro le Leghe, cui andò però il sostegno della Francia (1621-1632), che inviò in loro aiuto Henri de Rohan con un esercito, restaurandone così il potere.
«Niente fa meglio alla salute di purghe frequenti e comuni». Chesterfield spiega subito dopo che cosa significa «comuni».
Le Lettres d’une Péruvienne di Madame de Graffigny erano apparse nel 1746.
Sulla vicenda, che Chesterfield riassume molto bene, cfr. Julius Swann, Parlement, Politics and the Parti Janséniste: The Grand Conseil Affair, 1755-1756, in «French History», VI, 4, pp. 435-61.
L’Orlando furioso fu uno dei classici dell’Europa delle corti.
La Grammaire générale (1664) di Port-Royale era quella dei due studiosi giansenisti Antoine Arnauld e Claude Lancelot. Nel 1646 uscirono i Synonymes et epithètes françaises di Antoine de Montméran, ma è più probabile che qui ci si riferisca ai Synonymes français dell’abate Gabriel Girard (1736), pubblicati in precedenza con il titolo Justesse de la langue française. Secondo Voltaire, l’opera dell’abate Girard «durerà quanto la lingua francese, e la farà durare».
Lo scrittore Philip Francis adattò per il teatro, con il titolo di Eugenia, la Cénie di Madame de Graffigny, che andò in scena al Drury Lane il 17 febbraio 1752: fu un fiasco, al pari di Constantine, dello stesso autore, rappresentata al Covent Garden. Cfr. la nota 30 e la lettera del 20 febbraio 1752. Chesterfield si interessa molto vivamente alle sorti della versione inglese del dramma, e ne rimpiange il fiasco londinese.
La tragedia di Voltaire Catilina, ou Rome sauvée fu «rappresentata per la prima volta a Parigi dalla compagnia reale giovedì 24 febbraio 1752». Una traduzione inglese fu pubblicata a Londra nel 1763.
Chesterfield contrappone qui l’esercizio scolastico consistente nella parafrasi di un verso adulatorio di Orazio («Mecenate, famoso per le tue origini regie», Carmina, I, 1, 1) al più sofisticato studio della conoscenza del mondo e dello stile attico del poeta, della sua «felicità espressiva che scava nel profondo».
I trattati sottoscritti nel 1648 a Münster dalle potenze cattoliche e a Osnabrück da quelle protestanti (pace di Vestfalia) posero fine alla guerra dei trent’anni.
La pace di Åbo tra Svezia e Russia fu conclusa il 17 agosto 1743, con la cessione allo zar da parte della Svezia della zona sud-orientale della Finlandia.
Chesterfield cita la famosa sentenza: «Oderint dum metuant» [Odino pure, purché temano]. Se mai fu pronunciata, questa celebre frase che Svetonio fa dire a Caligola a proposito dei suoi sudditi (De vita Caesarum, Caligola, 30) era a sua volta una citazione attribuita ad Atreo (cfr. Cicerone, De officiis, I, XXVIII, 97). Chesterfield ne dà una variante meno «machiavellica»: «Purché mi amino, non ho niente da temere». È l’autentico motto del governo dei Lumi.
Equivalente di John Bull, ovvero uno zotico.
Orazio, Epistulae, II, 43: «Se vuoi che io pianga, soffri per primo».